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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: Condizione tragica e assurda dell'uomo teatro

Autore: Cristina Serreli

Descrizione: obiettivo della tesina è quello di mostrare come il teatro novecentesco abbia riflesso la crisi dell'uomo in quel secolo

Materie trattate: storia, filosofia, italiano, spagnolo, inglese, francese

Area: umanistica

Sommario: Introduzione Il tema che verrà  affrontato in questa trattazione, potrà  sembrare ad alcuni banale, ma nell'approfondire questo argomento mi sono resa conto di come il teatro, più che la letteratura e le altre arti, sia riuscito a mettere in scena la condizione tragica e assurda dell'uomo novecentesco. Si potrebbe affermare che il teatro sia "lo specchio dell'animo umano", e nei drammaturghi di questo periodo si delinea, infatti, un conflitto interiore dato dalla crisi che già  era nata nel XIX secolo e che è andata degenerando nel secolo successivo. Le cause possono essere ricercate nella modernità  e in primo luogo negli sconvolgimenti mondiali che travolsero le civiltà  di tutto il mondo. Il teatro del Novecento scardina la tradizionale divisione di genere fra tragedia e commedia: il dramma presenta personaggi comuni, vicende quotidiane, finale aperto. Non ci sono più eroi, come nella tragedia classica, e la risata della commedia è sempre amara. Ciò che voglio mettere in evidenza non è tanto l'evoluzione del teatro dal punto di vista strutturale bensì da quello sociale inquadrandolo in una serie di malesseri, disagi e paure che covavano all'interno della società . Nella trattazione, questo argomento verrà  esaminato, dopo un breve contesto storico, analizzando le opere di alcuni autori emergenti di diverse nazionalità . Dal positivismo alla crisi di passaggio tra "800 e "900 in ambito storico-culturale Per secoli, si può dire fin dalla sue origini greche, la cultura occidentale, pur rinnovando continuamente le sue concezioni, era rimasta ancorata a principi conoscitivi razionali, oggettivi e assoluti, a valori morali e a canoni estetici universali, a una visione sostanzialmente ottimistica della storia e della vita. Nell'Ottocento, poi, la civiltà  occidentale aveva raggiunto il più alto grado di ottimismo razionale, esprimendo â€" con l'idealismo, il positivismo e il marxismo â€" una fondamentale fiducia nei poteri della ragione e nel progresso della civiltà . Ora, proprio alla fine del secolo, scienziati, filosofi, letterati, artisti, seppur per vie diversissime, convergono nel mettere in dubbio e talvolta persino nel disconoscere il patrimonio culturale consolidato della civiltà  occidentale. Le certezze filosofiche si sgretolano sotto i colpi di una critica spietata, i canoni realistici dell'espressione artistica sono stravolti dalle nuove poetiche soggettivistiche, che rifiutano ogni regola e convenzione precedente,

Estratto del documento

"Camminavo sulla strada con due amici, il

sole tramontava, sentii come una vampata

di malinconia, il cielo divenne

improvvisamente rosso sangue. Mi

arrestai. Mi appoggiai al parapetto,

stanco da morire…rimasi là, tremando

d’angoscia e sentivo come un grande

interminabile grido che attraversava la

natura".

[Edvard Munch] - 2 -

Dal positivismo alla crisi di passaggio tra ‘800 e ‘900 in ambito

storico-culturale

Per secoli, si può dire fin dalla sue origini greche, la cultura occidentale, pur rinnovando

continuamente le sue concezioni, era rimasta ancorata a principi conoscitivi razionali, oggettivi e

assoluti, a valori morali e a canoni estetici universali, a una visione sostanzialmente ottimistica della

storia e della vita. ottimismo razionale,

Nell’Ottocento, poi, la civiltà occidentale aveva raggiunto il più alto grado di

esprimendo – con l’idealismo, il positivismo e il marxismo – una fondamentale fiducia nei poteri

progresso della civiltà.

della ragione e nel Ora, proprio alla fine del secolo, scienziati, filosofi,

letterati, artisti, seppur per vie diversissime, convergono nel mettere in dubbio e talvolta persino nel

disconoscere il patrimonio culturale consolidato della civiltà occidentale. Le certezze filosofiche si

sgretolano sotto i colpi di una critica spietata, i canoni realistici dell’espressione artistica sono

nuove poetiche soggettivistiche,

stravolti dalle che rifiutano ogni regola e convenzione precedente,

le teorie scientifiche vengono ribaltate, la stessa immagine della scienza fortemente rivoluzionata.

Il termine “crisi”, usato dapprima in ambito economico e politico, si diffonde progressivamente ai

più diversi aspetti della cultura: si inizia a parlare di “crisi di valori”, “crisi della ragione”e così via.

Il termine ha poi pervaso la cultura del Novecento. L’epoca del positivismo e la sua fiducia in una

spiegazione razionale complessiva della realtà, ottenuta con il metodo scientifico, fu attraversata da

dubbi e contrasti sui limiti della conoscenza scientifica: la scienza veniva accusata di essere

bassamente materialista, insensibile alle esigenze più profonde dell’uomo, come sentimenti, ideali,

morale, fede. Su questa base ci fu un ritorno alla religione o a filosofie idealistiche, spiritualistiche,

mistiche: si proclamava la superiorità dell’azione sul pensiero, dell’intuizione sull’analisi razionale,

si denunciava il carattere inferiore, meramente utilitario, della conoscenza scientifica. Queste

correnti acquistarono forza lungo i decenni, fino a configurare alla fine del secolo una generale

rivolta antipositivista.

Nietzsche: “ La Nascita della tragedia”

Nietzsche è forse il miglior interprete della fine di un mondo e del

bisogno di rinnovamento di tutta un’epoca: profeta insieme della

decadenza e della rinascita, il filosofo condivide tutte le ambiguità

delle avanguardie intellettuali e artistiche borghesi del primo ‘900.

La riflessione nietzcheana aveva avuto origine nei primi anni

Settanta, con la pubblicazione della sua prima grande opera: ”La

nascita della tragedia” nel settembre 1871, con la quale egli diede

avvio alla sua azione di smascheramento dei valori della tradizione

culturale occidentale. È un opera composita, nella quale coesistono,

di fatto filologia, filosofia, estetica e teoria della cultura, ma

l’ispirazione dominante dello scritto è comunque filosofica.

La filosofia nietzscheana viene formulata per la prima volta attraverso categorie estetiche: l’arte è in

grado di spiegare l’essenza del mondo e della vita: a essa deve dunque affidarsi la comprensione

filosofica. L’arte viene perciò messa al centro: con l’occhio dell’arte il pensatore riesce a vedere il

mondo dietro il velo delle apparenze. La filosofia risulta così interpretata con l’ottica dell’artista e

l’arte con l’ottica della vita: concezione artistica, filosofia della vita e interpretazione dello spirito

greco si saldano in un tutto, in cui la categoria del tragico viene a costituirsi come la dimensione

caratteristica della realtà. Interpretando tragicamente l’essenza del mondo Nietzsche scopre nella

tragedia, in quanto opera d’arte, lo strumento per la vera comprensione dell’essere: attraverso il

tragico egli vuole interrogare il mondo sui suoi enigmi.

- 3 -

Lo spirito greco: l’apollineo e il dionisiaco

Per esprimere la propria concezione estetica Nietzsche ricorre alle figure del mito greco. La

tragedia è la massima espressione artistica perché in essa si incontrano le due grandi forze che

animano lo spirito greco, l’apollineo e il La duplicità dell’istinto artistico greco si

dionisiaco.

mostra attraverso le maschere di Apollo e Dioniso. Apollo è il dio della luce, della chiarezza e della

forma: l’apollineo si esprime nelle forme limpide e armoniche della scultura e della poesia epica.

Dioniso è il dio della notte e dell’ebbrezza, del caotico e dello smisurato: il dionisiaco si esprime

nell’esaltazione creatrice della (e nella poesia lirica). Nella tragedia, apollineo e dionisiaco

musica

si fondono nella perfetta sintesi costituita dal canto e dalla danza del coro e dall’azione drammatica.

All’immagine della grecità dipinta dal classicismo, fondata sull’esaltazione dell’armonia e della

compostezza, Nietzsche ne contrappone dunque una completamente diversa, in cui questi elementi

“apollinei” sono in profonda tensione con la dimensione irrazionale del dionisiaco. È proprio il

dionisiaco che, nell’interpretazione nietzscheana, viene ad assumere un ruolo centrale. Infatti,

Nietzsche sostiene una tesi sull’origine della tragedia tutta nel segno di Dioniso: la tragedia si forma

dal coro dei seguaci mascherati del dio, del quale ripete le sofferenze: nella morte dell’eroe è

Dioniso stesso che muore, per poi nuovamente rinascere.

La tragedia rappresenta la gioia e il dolore della vita

La sensibilità greca, per Nietzsche, avverte con profondità mai più raggiunta la tragicità della vita e

della condizione umana: la limitatezza dell’esistenza individuale, il suo essere momento di un ciclo

di vita e di morte sul quale l’uomo non ha alcun potere. Il gioco dialettico di apollineo e dionisiaco,

dunque, esprime innanzitutto il sistema di forze e di impulsi che agisce all’interno di ogni singolo

uomo. L’apollineo è l’illusione, il sogno che rende accettabile la vita racchiudendola in forme

stabili e armoniche. Nel dionisiaco si rivela all’uomo tutto l’abisso della sua condizione: la vita si

rivela per come è, gioco crudele di nascita e morte.

Il dionisiaco è l’esperienza del caos, il perdersi di ogni forma stabile e definita nel flusso ambiguo

della vita. In esso vi è dunque il dolore: la tragedia è infatti sofferenza. Eppure nello stesso tempo, è

anche gioia, perché Dioniso è forza generatrice, vita che si afferma continuamente al di là della

morte. Nel dionisiaco l’uomo infrange i divieti e le barriere imposti dalla cultura e, alla vita: si

libera cioè dalle illusioni e si accorda con la natura che è forza, vitalità. Ciò è possibile, in

particolare, nell’esperienza artistica, durante la quale lo spettatore non vive, come voleva Aristotele,

una catarsi, una “purificazione”delle passioni, ma si immerge e si abbandona al flusso di dolore e di

gioia che la tragedia fa vivere sulla scena.

Socrate e la morte della tragedia

Nietzsche interpreta come decadenza l’intera storia dell’Occidente, a partire dalla vittoria dello

spirito scientifico-socratico sullo spirito musicale-dionisiaco della tragedia greca. La tragedia muore

infatti per il filosofo nel momento in cui il pensiero greco, con Socrate, pretende di racchiudere in

concetti l’esistenza, imponendo così alla vita il primato della ragione. La “tragedia muore suicida”

per mano di Euripide, “maschera” che non rivela più né Apollo né Dioniso, ma un nuovo demone,

Socrate. Euripide, infatti “porta lo spettatore sulla scena” e trasforma l’azione drammatica in

dibattito teorico, riproduce nell’arte la profondità del quotidiano abbandonando la profondità

religiosa del mito. Con Euripide la tragedia sopravvive così nella sua “forma degenerata”, nella

quale il mito tragico decade divenendo pura narrazione realistica di vicende razionalmente

concatenate. Il realismo euripideo è tuttavia conseguenza dell’ottimismo razionalistico socratico.

Nietzsche interpreta quindi l’età di Euripide e di Socrate come un’età di decadenza, in cui la cultura

ellenica, che aveva espresso con Eraclito ed Eschilo una grande capacità di cogliere la tragicità

- 4 -

dell’essere, perde il suo mondo vitale con il mondo del mito e con la comunità delle polis. Si chiude

con Socrate l’epoca di Dioniso e il dionisiaco stesso viene espulso dalla cultura occidentale.

All’uomo si sostituisce l’uomo che con la potenza della ragione e della scienza si

tragico teoretico,

dedica a costruire un maestoso mondo di apparenze per affermare il suo dominio tecnico sulla vita.

Spinto dal bisogno di sicurezza, dall’esigenza di ordine nella vita, egli aderisce alla mentalità

socratica per cui “al giusto non può accadere niente di male”.

Spirito tragico e accettazione della vita

“Oh come diversamente mi parlò Dioniso? Oh come mi era lontano allora tutto

questo rassegnazionismo!”

F. Nietzsche, La nascita della tragedia

Nietzsche supera il rassegnazionismo schopenaueriano: l’uomo non deve fuggire dal mondo, non

deve isolarsi e soprattutto non deve cercare di annientare i suoi istinti. L’uomo deve piuttosto vivere

secondo la sua natura, accettando la vita così come è. Nietzsche vuole essere discepolo di Dioniso,

poiché nell’antica figura greca egli vede il simbolo del suo “Si” totale al mondo, Dioniso è il dio

dell’ebbrezza e della gioia, il dio che canta, ride e danza. Egli è l’incarnazione di tutte le passioni

che dicono “Si” alla vita e al mondo.

La concezione tragica del mondo ritorna nell’opera Wagneriana

Se la tragedia greca è morta con Euripide, il tragico rimane tuttavia una dimensione ineliminabile

della vita. Il conflitto fra concezione tragica e concezione teoretica del mondo resiste e sopravvive,

secondo Nietzsche, al tentativo, compiuto dal pensiero occidentale a partire da Platone e dal

cristianesimo in poi, di costruire filosofie “antitragiche”, cioè finalizzate ad occultare il tragico

attraverso l’ottimistica pretesa di imporre al mondo un ordine razionale. Il fallimento di questa

pretesa, di cui Nietzsche scorge i primi sintomi nella cultura del suo tempo, può aprire la via a un

ritorno della tragedia: una possibilità che il filosofo tedesco vede rappresentata dal dramma

musicale di Wagner. L’ “opera totale wagneriana, in quanto riunisce gesto, parola e musica, è

l’opera d’arte completa, all’altezza della tragedia antica. Nell’arte, e in particolare nella musica, la

tragicità dell’esistenza non solo può trovare espressione adeguata, ma può anche venire trasformata

in esperienza vitale, ossia nella riappropriazione della gioia e del dolore che sono legati alla

contraddittorietà della vita: “ Solo come esperienza estetica l’esistenza e il mondo appaiono

giustificati”.

L’avvento della modernità e l’affermazione della crisi dell’uomo

nel Novecento

Il periodo in cui visse Nietzsche può essere considerato solo l’inizio di una stagione in cui la crisi

delle certezze andrà sempre più ad affermarsi nel corso del Novecento. Le cause possono essere

modernità

ricercate innanzitutto nella che all’inizio del secolo travolse la società, distruggendo il

mondo rurale vecchio stile, creando le città nuove dell’Occidente e le loro funzioni, plasmando la

società di massa. E, tuttavia, il ritmo del cambiamento produceva un’angoscia oscura in chi lo stava

vivendo. Eppure sul piano socio-politico le profonde contraddizioni che si erano create agirono

nell’ombra fino al 1914, mentre l’Europa mostrava il volto apparentemente benestante e sereno

della La diffusione delle ideologie nazionalistiche, il consenso delle masse,

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