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Sintesi
Filosofia: Immauel Kant

Italiano: Giacomo Leopardi (L'Infinito)

Storia: il bipolarismo; il problema del confine

Arte: Pablo Picasso
Estratto del documento

PREMESSA

Con la consapevolezza di imbattermi in uno dei temi che

per secoli ha diviso letterati, filosofi e scienziati, ho deciso

di attenzionare in questa mia tesina l’idea di limite: il

concetto che ho visto prender diverse forme, nei vari testi

di filosofi e scienziati , mi è sembrato così interessante e

ampio da decidere di approfondirne il significato in questa

sede.

La cosa che più mi ha colpita è il fatto stesso che la

parola non abbia un’etimologia chiara che ne esplichi il

significato in modo univoco: questo termine deriva infatti

da due diversi sostantivi latini ossia limes limitis e limen

liminis. Con il primo dei termini, i latini si riferivano a ciò

che per l’uomo è da ostacolo, quindi la parola assumeva un

significato negativo che stava ad indicare una barriera

invalicabile che relegava l’uomo in una zona oltre il cui

confine non si poteva giungere. Utilizzando il secondo dei

termini il concetto assumeva una valenza del tutto

differente: il limite diventava una soglia oltre la quale

l’uomo era destinato a giungere in una dimensione diversa,

nuova e ricca di orizzonti tutti da scoprire.

A mio parere il limite rappresenta un punto prima e dopo il

quale la realtà e il vissuto di ognuno assumono significati

diversi: esso rappresenta il momento di incontro tra diverse

dimensioni della vita. 1

In seguito alla presa di coscienza di una limitatezza insita

nel suo essere, l’uomo può assumere due diversi

atteggiamenti:

da un lato può accettare questo suo essere “limitato” con

rassegnazione assumendo un atteggiamento, più o meno

sereno, di chiusura rispetto a ciò che questo limite cela;

dall’altro il limite può essere guardato come si guarda a un

punto di partenza oltre al quale l’io è destinato al

raggiungimento di nuove dimensioni. In questo senso il

limite non sarà più visto come una catena che opprime

l’uomo costringendolo a muoversi solo tra quelle cose da

lui conosciute, ma sarà uno stimolo per quegli uomini che

come Ulisse vogliono librarsi in un “folle volo al di là

delle colonne d’Ercole che altri hanno indicato.

2

FILOSOFIA

Immanuel Kant. La filosofia del limite.

Nato in Prussia e vissuto a cavallo tra il Settecento e

l’Ottocento, Immanuel Kant può essere considerato un

tardo-illuminista pre-romantico, con una forte predilezione

per una speculazione metodica e quasi scientifica più che

filosofica.

 Criticismo

Con la sua filosofia “trascendentale” cercò di mettere in

evidenza i limiti ma soprattutto le possibilità della ragione

umana attuando un criticismo teso a stabilire quali fossero

le “Colonne d’Ercole” della filosofia, e più in generale della

conoscenza . Egli s’interrogò quindi sui fondamenti del

sapere, della morale e dell’esperienza .Il suo criticismo, da

considerare come un’analisi delle capacità umane, può

essere pensato come una filosofia di continuazione

dell’empirismo inglese e dell’Illuminismo, con la differenza

fondamentale che egli volle portare al tribunale della

ragione la ragione stessa prima di tutto, e non il mondo.

Egli asseriva infatti:

“I limiti della ragione possono essere stabiliti solo dalla

ragione stessa ”. 3

 Teoria della conoscenza

La teoria della conoscenza di Kant si basa sul dualismo tra

fenomeno e noumeno che rappresentano rispettivamente ciò

che il soggetto percepisce dell’oggetto in relazione al suo

io, e ciò che la cosa è in sé per sé. La prerogativa fondante

della speculazione kantiana risiede comunque nella rinuncia

all’indagine degli aspetti concernenti il noumeno.

Ne “La critica della Ragion Pura” (1781), Kant si ripropone

quindi di stabilire quali siano i meccanismi di conoscenza

dell’uomo e su che cosa si basino. Entrano in gioco così

due importanti elementi della sua filosofia: le connotazioni

di spazio e tempo, che ci fanno percepire quello che

succede all’esterno e all’interno del nostro essere. Esse

sono per Kant “ nell’uomo ma non dell’uomo” e

rappresentano le coordinate assolute entro cui “l’io penso

unificatore” connette i fenomeni. Il ragionamento del

filosofo prussiano quindi stabilisce gli elementi

fondamentali su cui si fonda la conoscenza. La sua

speculazione atta a demistificare il valore della sola

ragione ci pone di fronte ad assurdi esempi di fallimento

della stessa. Una dimostrazione è data dalle “antinomie”,

coppie di affermazioni , matematiche e dinamiche, tra le

quali non è possibile scegliere, e con le quali il filosofo

vuole mostrare quanto facile sia prendere in fallo la limitata

4

ragione umana che per troppo tempo era stata quasi

divinizzata e pensata come uno strumento capace di tutto.

 Rinuncia alla metafisica

Inoltre ,secondo Kant, “la ragione umana è per sua natura

spinta verso quei problemi che non possono essere risolti”

e per questo è portata a dimenarsi verso e dentro la

metafisica in modo del tutto confusionario senza trovare via

di uscita a quel gomitolo senza capo che ammalia l’uomo

inconsapevole e che lo spinge a dare e darsi risposte e

certezze in realtà aleatorie e del tutto fantastiche.

Criticismo, rinuncia all’indagine del noumeno e

demistificazione della metafisica, sono dunque pilastri

importanti della gnoseologia kantiana con i quali il filosofo

ha prescritto precisi limiti alla ragione umana, facendosi

interprete in altre parole di una “filosofia del finito” che ha

fatto valere in ogni campo il principio del limite.

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LETTERATURA

Giacomo Leopardi: il limite come scintilla creativa.

Se nella filosofia critica il principio del limite è l’elemento

dominante, nel Romanticismo è proprio il superamento di

tale principio ad essere il carattere massimamente

distintivo.

In un ideale discorso dialettico sull’atteggiamento umano

nei confronti del limite, contrapporre una poesia di

Giacomo Leopardi alla filosofia kantiana è di certo una

forzatura: è poco probabile infatti poter erigere dei paragoni

tra una poesia ed un ampio sistema di pensiero solidamente

costruito.

Vorrei però qui considerare il canto “L’Infinito” come un

emblematico concretamento letterario dello spirito di un

secolo , e leggere una buona fetta di produzione letteraria

leopardiana come frutto di un criterio creativo che ha il suo

fulcro in idee estetiche perfettamente delineate nello

“Zibaldone”. Ciò renderebbe il mio ragionamento non così

astruso.

Lo Zibaldone è una raccolta sterminata e asistematica di

riflessioni personali dell’ autore. Il nucleo fondamentale

del pensiero leopardiano è chiaramente ravvisabile in quella

che il poeta definisce “teoria del piacere” secondo cui

l’uomo, essere finito, non può raggiungere il piacere

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infinito e trova consolazione illusoria nell’immaginazione,

quale strumento di fuga dalla realtà vissuta che non è che

infelicità e noia.

“L’anima umana desidera sempre essenzialmente e mira

unicamente, benché sotto molti aspetti, al piacere, ossia

alla felicità […] questa tendenza non ha limiti perché

ingenita e congenita con l’esistenza[…]essa non può avere

fine in questo o quel piacere che non può essere infinito,

ma solamente termina con la vita”. (Giacomo Leopardi.

Zibaldone)

Ciò che stimola l’immaginazione è tutto ciò che è “vago e

indefinito”: si viene a costruire così una vera e propria

“teoria della visione” nella quale gioca un ruolo chiave il

concetto di limite. E’ infatti piacevole, per le idee vaghe e

indefinite che suscita, la vista impedita da un ostacolo: una

siepe, una torre, un albero, una finestra “perché in luogo

della vista lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra

al reale .

” (Leopardi, Zibaldone, teoria della visione)

 La siepe

Giacomo Leopardi ebbe un atteggiamento polivalente nei

confronti dell’idea di limite, limite che nella sua poetica si

configura in un ostacolo quale ad esempio la “siepe”. Se da

un lato infatti il limite rappresentato dalla “siepe che da

tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” poteva

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essere assimilabile al suo ‘confino’ nella città di

Recanati ,oltre il quale ebbe creduto di poter scorgere la

felicità ed entro cui doveva e poteva svilupparsi solo la sua

solitudine, dall’altro lato essa rappresentava nel cuore del

poeta anche il punto di accesso al mondo immaginario che

di certo si sarebbe dissolto se lui avesse potuto vedere al di

là di essa, senza perciò il bisogno di utilizzare la fantasia

che invece lo aveva portato a vagheggiare “infiniti spazi,

interminati silenzi al di là da quelli percepibili

dall’esperienza umana” .

Tra gli altri elementi- chiave della poetica leopardiana

figurano: il concetto di rimembranza, quale ricordo di

fascinazioni subite nella fanciullezza e il riconoscersi di

Leopardi nella poesia degli antichi , presso cui l’

immaginazione non era ancora stata corrotta dal progresso.

L’ideale poetico di Leopardi si ritrova ancora una volta

nelle sue parole dello Zibaldone: la poesia è, secondo il

poeta, “espressione di spontaneità immaginosa e

fanciullesca”.

 Analisi de “L’infinito”

L’infinito, come già detto, è un puro prodotto della mente

umana che per Leopardi si configura in un fluttuare di

percezioni generate dal desiderio assoluto di felicità, che

caratterizza l’uomo e lo porta a ricercare il piacere in un

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numero sempre maggiore di sensazioni, nella vana speranza

di trovare completezza e quiete in esso.

“L’Infinito” di Leopardi è forse uno degli idilli più

illuminanti della sua produzione, in cui l’autore ci dà

un’idea di assoluto temporale e spaziale evocato da un

limite fisico, che porta il poeta da una dimensione

sensoriale a una dimensione “metafisica”.

Il colle e la siepe dapprima

designati con aggettivi che

ne richiamano la vicinanza

fisica (e forsanche

spirituale), come questo e

questa, diventano passaggio

per l’infinito e dopo poco la

stessa siepe diventa “quella”,

già posta in una dimensione

spazio-temporale diversa e

nuova.

Gli aggettivi dunque sono utilizzati da Leopardi in modo

prettamente sensistico e ci danno l’idea di una dimensione

“ove per poco il cor non si spaura” per la nitidezza delle

immagini e delle sensazioni vissute. Lo stesso Leopardi si

sorprende e sente quasi un senso di sgomento causato dalla

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consapevolezza di aver superato i suoi limiti in

un’esperienza ai confini della spiritualità.

Ma il vento, espressione fisica della sua limitatezza, lo

riporta all’esistenza terrena dandogli allo stesso tempo un

nuovo impulso per spaziare e comparare lo “stormir tra

queste piante” a “quello infinito silenzio” che poco prima

aveva avvertito, e nel quale era annegato dolcemente in

modo isperato. 10

STORIA

Il limite come divisione tra i popoli: il problema del

bipolarismo.

L’astrattezza con la quale abbiamo delineato il concetto di

limite potrebbe trarre in inganno ed indirizzare la

riflessione verso direzioni troppo lontane dal vissuto reale.

La storia ci dimostra in modo lampante quanto ciò che

stiamo trattando sia concreto. L’idea del limite confluisce

infatti direttamente nell’idea di confine, prima geografico e

poi culturale.

La mia scelta di trattare il problema del cosiddetto

“bipolarismo” è più che altro simbolica: ci sono infinite

dinamiche in tutto il mondo di pari, se non superiore,

interesse da analizzare, ma gli eventi storici relativi al

secolo scorso sembrano forse i più vicini al nostro tempo ed

al nostro sentire culturale.

Alla fine della seconda guerra mondiale l’Europa risultava

distrutta, e per ogni dove, in senso metaforico e non, le

macerie fumanti davano un’immagine desolante di degrado

e “male assoluto” partorito dai totalitarismi che ebbero, con

la loro “rivoluzione” del sistema culturale e socio-politico,

la capacità di dissipare il sogno di un XX secolo prospero e

ricco di innovazioni, sogno dissoltosi nel 1945, anno in cui

la fine della guerra dava spazio soltanto alla conta delle

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perdite e alla magra consolazione di una vittoria che

puzzava di troppo sangue innocente.

Con la fine del conflitto, sulle rovine di un Europa ormai

ridotta in macerie si ergevano a questo punto due

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