Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La tesina ha come scopo la dimostrazione dell'importanza del linguaggio del corpo nella comunicazione.
Italiano- Il teatro e il Futurismo
Storia- Analisi della gestualità dei leader dei regimi totalitari del Novecento (Hitler, Mussolini, Stalin)
Latino- I gesti dell'oratore di Quintiliano e Sant'Agostino
Greco- Aristotele e la precedenza dei gesti sulle parole
Filosofia- Nietzsche e il corpo come filo-conduttore del pensiero
(Inglese- eventuale collegamento a Charlie Chaplin e a "Waiting for Godot")
primo libro di grammatica, scritto in dialetto toscano da Pietro Bembo nel 1525,
veniva tradotto proprio mediante l’uso di gesti ed immagini.
Con l’integrazione della lingua italiana nazionale, i gesti sono stati associati a
maleducazione. Tuttavia, sono rimasti un aspetto fondamentale della
comunicazione. Nonostante i gesti simbolici si usino in
tutto il Paese più o meno con lo stesso
significato, vi sono alcune variazioni
regionali.
Il sistema chirologico (ossia l’insieme delle
tecniche di comunicazione per mezzo di
speciali movimenti delle mani) dei gesti
simbolici italiani risulta ricco e articolato
come quello della Lingua Italiana dei
Segni (LIS). E’ stato individuato che gli
udenti italiani usano 39 forme della mano,
6 orientamenti e 35 luoghi.
LA STORIA DEI GESTI
I gesti sono una parte fondamentale della comunicazione non verbale e sono
stati argomento di interesse durante tutta l’antichità.
Già Aristotele scrisse che l’uomo impara ad inventare i gesti prima di essere in
grado di parlare o di
ascoltare.
Quintiliano nel XI libro
dell’ “Instutio
Oratoria”, in cui vengono
descritti i gesti ed i
movimenti mimici che
devono 5
accompagnare un efficace discorso oratorio, passa minuziosamente in
rassegna i vari movimenti significativi in un ordine sistematico che parte dalla
testa per arrivare alle estremità: posizione del capo, sguardo e movimento
degli occhi, movimento delle palpebre e delle sopracciglia, movimenti della
fronte, delle narici e delle labbra, espressione del volto, movimenti del collo,
della gola, delle spalle, delle braccia, delle mani, dei fianchi e delle gambe.
Troviamo il primo accenno preciso alla dimensione significativa della gestualità
nel dialogo platonico “Il Cratilo”, dedicato appunto al linguaggio. In questo
testo due personaggi, Ermogene e Cratilo, si confrontano, sotto la guida di
Socrate, sulla natura del linguaggio, chiedendosi se esso si organizzi su base
naturale o convenzionale, chiedendosi cioè se la relazione che c’è tra le
espressioni linguistiche e gli oggetti a cui esse rimandano sia una relazione
necessaria, naturale, motivata (questa è la posizione di Cratilo), oppure se
questo rapporto è di tipo convenzionale, ovvero priva di una sua necessità
intrinseca, non motivata da nessuna caratteristica dell’oggetto (posizione di
Ermogene). Socrate fa presente ai suoi interlocutori che le parole potrebbero
configurarsi proprio come i gesti nei confronti degli oggetti a cui si riferiscono.
Viene dunque istituita una fortissima analogia tra i gesti e le espressioni
linguistiche dal punto di vista della loro natura semiotica:
“SOCRATE: Rispondi a questa domanda: se non avessimo né voce né lingua e
volessimo a vicenda manifestarci le cose, non cercheremmo, come ora i muti,
di significarle con le mani, con la testa e con le altre membra del corpo?
ERMOGENE: E come si potrebbe diversamente, Socrate?
SOCRATE: Se, poniamo, volessimo indicare l’in su ed il leggero, leveremmo,
credo, le mani verso il cielo, cercando di imitare la natura medesima
dell’oggetto; e se, al contrario, l’in giù ed il grave, le abbasseremmo verso la
terra. E se volessimo indicare o un cavallo nell’atto di correre o un altro
animale qualsiasi, sai bene che cercheremmo di raffigurarli il meglio possibile
con il nostro corpo e con i nostri gesti” (422e-423a).
Diversi ricercatori come Diderot, Wells e Knolsen, pensavano che lo studio dei
gesti potesse rivelare la natura del pensiero, l’origine della lingua ed essere
così alla base di un linguaggio universale.
Dal XVI al XIX secolo in Europa, e soprattutto in Francia, vi è stato un crescente
interesse per la parte teorica e filosofica del significato dei gesti. Durante
questo periodo, molti autori hanno esplorato il modo in cui l’uomo usa i gesti
sia per interagire con gli altri, sia per esprimere se stesso.
Stefano Guazzo, scrittore italiano vissuto a cavallo tra XVI e XVII secolo,
affermò che i gesti sono un riflesso dell’anima. L’importanza dei gesti, egli
spiega, è paragonabile alla forza dell’anima:
“Questo modo di rendere comprensibili per se stessi gesti e segni è veramente,
da qualsiasi punto di vista, più nobile, soprattutto a causa della sua antichità,
perché è vero (in parole di Aristotele) che l’uomo è nato muto e sordo e, prima
di saper ascoltare e poi parlare, vede molto prima e inventa azioni e gesti ”.
Nella seconda metà dell’Ottocento, con il testo “L’espressione delle emozioni
nell’uomo e nell’animale” (1872), Charles Darwin afferma che l’uomo ha
sviluppato biologicamente i gesti, a partire dalla trasformazione de quadrupede
a bipede:
“Da quando l’uomo ha incominciato ad assumere la posizione eretta e le
zampe anteriori si sono trasformate in mani delicate, esso ha imparato a
6
gesticolare in tutti i modi e le vecchie e pesanti zampe sono diventate nuovi
organi per comunicare”.
COMUNICAZIONE NON VERBALE
La comunicazione è un processo di scambio di messaggi attraverso un canale e
secondo un codice, tra un sistema e un altro della stessa natura o di natura
diversa.
La comunicazione non verbale è essenzialmente la comunicazione non parlata,
che riguarda il linguaggio del corpo prescindendo dal significato letterale delle
parole del messaggio scambiato.
Albert Mehrabian, professore di psicologia dell’Ucla, a seguito di uno studio
condotto nel 1972 ha dimostrato che solo il 7% della comunicazione riguarda
l’aspetto verbale, il resto è rappresentato dalla comunicazione paraverbale
(38%) e dalla comunicazione non verbale (55%).
7
L’efficacia di un messaggio
dipende, quindi, in
minima parte dal significato
letterale di ciò che viene
detto, mentre sono quasi
sempre gli elementi non
verbali a determinare la
percezione del messaggio
trasmesso
all’interlocutore. Ne consegue la maggiore difficoltà di comprensione quando si
è al telefono o dietro ad un monitor piuttosto di quando si parla faccia a faccia.
E’ impossibile non comunicare. Il nostro corpo è veicolo di segni comunicativi,
invia e riceve messaggi fondamentali (visivi, uditivi, sensoriali, estetici,
cinetici), che danno senso alla comunicazione.
I gesti vengono considerati l’epifania (manifestazione) della nostra personalità.
Il linguaggio del corpo deriva dai nostri pensieri: un pensiero negativo crea
emozioni negative, le quali innescano reazioni fisiche che esprimono tale stato
d’animo.
La scienza che studia e analizza i messaggi non vocali trasmessi suddivide la
comunicazione non verbale in quattro parti:
1. Sistema paralinguistico -> è l’insieme dei suoni emessi ed è caratterizzato
da diversi aspetti:
Tono: è influenzato da diversi fattori fisiologici quali età, sesso,
costituzione fisica e contesto sociale in cui si vive.
Frequenza: può essere più bassa o più alta a seconda del contesto in
cui ci si trova.
Ritmo: conferisce maggiore o minore autorevolezza alle parole
pronunciate.
Silenzio per esempio, quello tra innamorati ha un significato
nettamente diverso dal silenzio tra due persone che si ignorano. Nel
silenzio gli aspetti sociali e gerarchici hanno un ruolo fondamentale.
2. Prossemica -> analizza i messaggi inviati in base allo spazio occupato.
Durante una conversazione le persone tendono a disporsi nello spazio in un
8
modo apparentemente casuale. Questo spazio fu suddiviso da Edward Hall,
antropologo statunitense, in quattro zone:
Zona intima (15-46 cm): in questa zona vengono accettati senza
disagio solo alcuni familiari stretti ed il partner. L’ingresso di altre
persone estranee viene percepito come “invasione” e provoca disagio
variabile a seconda del soggetto.
Zona personale (46-122 cm): in questa zona sono ammessi familiari
meno stretti, amici e colleghi e la distanza è sufficiente per cogliere il
movimento e le espressioni degli interlocutori.
Zona sociale (122-360 cm): è la distanza a cui teniamo gli estranei. In
questa zona avvengono le interazioni con persone sconosciute o poco
conosciute. Si tratta di incontri di tipo formale.
Zona pubblica (da 360 cm in poi): è lo spazio in cui ci teniamo quando
ci troviamo in un folto gruppo di persone (comizi, conferenze,…).
3. Aptica -> è caratterizzata dallo scambio di messaggi comunicativi tramite
contatto fisico, come la stretta di mano, i baci sulle guance, l’abbraccio o la
pacca sulla spalla. In questo campo le differenze culturali sono ancora più
evidenti. Il contatto fisico tra le persone del sud-Europa è decisamente
maggiore rispetto al contatto dei nord-Europei, che lo considerano una
forma di invadenza.
4. Cinesica -> riguarda tutti i messaggi inviati tramite il movimento del corpo,
quali i movimenti oculari, la mimica facciale, la gestualità manuale e la
postura. 9
PAUL EKMAN E LA MISURA DEI
GESTI
Paul Ekman, importante studioso delle
espressioni facciali e dei movimenti e
comportamenti del corpo, nel 1950
iniziò una ricerca concentrandosi sui
movimenti della mano e dei gesti; nel
1965 intraprese lo studio delle
espressioni facciali e nel 1967-1968,
insieme al collega Friesen, si recò in
Papua Nuova Guinea per analizzare il
comportamento non verbale di un
popolo primitivo nel sud-est delle Highlands. Il risultato di questi studi dimostra
l’universalità delle microespressioni.
Dopo questa scoperta, Ekman e Friesen diedero vita al Facial Action Coaling
System (FACS), primo ed unico strumento per misurare oggettivamente il
movimento facciale, utilizzato anche per contrastare il terrorismo.
Nel 1967 Ekman iniziò a studiare l’inganno a partire dai casi clinici di pazienti
depressi, che potevano commettere suicidi quando non erano sotto controllo.
Ekman e Friesen esaminarono i casi rivedendo e risentendo a rallentatore gli
interrogatori, soffermandosi sia sulle microespressioni facciali, le quali rivelano
forti sentimenti negativi che il paziente cerca di nascondere, sia sui toni della
voce.
Gli indizi che svelano l’inganno sono riportati nel libri di Ekman “Telling Lies”, il
quale ha ispirato la celebre serie televisiva “Lie To Me”, in cui il protagonista è il
dottore Cal Lightman (interpretato dall’attore Tim Roth), esperto nella
rivelazione degli inganni. Lightman, analizzando le espressioni facciali, la voce
ed il linguaggio, riesce facilmente ad individuare i sentimenti nascosti. Questa
capacità gli creerà problemi nella vita privata, poiché i sentimenti di amici e
familiari verranno smascherati come se fossero criminali.
Lightman per risolvere i suoi casi, al fine di scoprire se una persona mente ed il
motivo di tale menzogna, utilizza la tecnica suggerita da Eikman delle
microespressioni facciali. 10
LE MICROESPRESSIONI
Le microespressioni sono brevi espressioni facciali, che durano solo una
frazione di secondo ( 1/5 – 1/25 s), a differenza delle macroespressioni normali
che vanno da 1/2s a 4s e si adattano a ciò che viene detto ed al suono della
voce della persona.
Le microespressioni, invece, si rilevano quando una persona nasconde i propri
sentimenti a se stesso e agli altri, applicando una rimozione.
Se l’occultamento è intenzionale, si parla di soppressione; se, invece, è a livello
inconscio, si tratta di repressione.
A differenza della lingua, le espressioni del viso risultano un sistema universale
di segnali, che riflettono lo stato emotivo della persona: individui di diversa
lingua e
cultura
hanno le
stesse
emozioni e mostrano espressioni uguali.
La mimica facciale viene studiata in relazione alle sei emozioni primarie, quali
sorpresa, paura, disgusto, rabbia, felicità e tristezza. Da queste derivano le
11
emozioni secondarie: divertimento, disprezzo, contentezza, imbarazzo,
eccitazione, colpa, orgoglio dei successi, sollievo, soddisfazione, piacere
sensoriale e vergogna.
IL CORPO COME FILO CONDUTTORE DEL PENSIERO – NIETZSCHE
Nel 1885 Nietzsche scrisse una rielaborazione di “Umano, Troppo Umano” ed
una filosofia di Dionisio.
In questi frammenti si teorizza la necessità di un passaggio del pensiero dal
leitmotiv dell’anima al leitmotiv del corpo, una necessità motivata non dalla