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Sintesi
Inglese: Coleridge

Italiano: Pascoli

Storia: Nazismo

Filosofia: Jung

Arte: Dalì e Surrealismo
Estratto del documento

Indice

Introduzione:

Cos’è un simbolo

4

Jung:

Teorie junghiane

4 Collegamento tra libido e simbolo

5 Inconscio collettivo, archetipi, simboli

5 Da Jung a Benemeglio

6

Il surrealismo:

Il sogno, il surrealismo.

8 Salvator Dalì

9

La poesia simbolista:

Caratteri generali

10

Coleridge

11

Simbolismo:

Pascoli 12-13

Accenni di comunicazione analogica

13

Hitler:

Fascinazione delle masse tramite una comunicazione analogica

13 Che cos’è un simbolo? Perché è così importante per l’uomo?

L’uomo usa la parola parlata o scritta per esprimere il significato di quello che egli

vuole comunicare. Il suo linguaggio è pieno di simboli, ma spesso fa uso anche di

segni o di immagini che non sono descritti in senso stretto. Alcuni sono semplici

abbreviazioni o successioni di iniziali, come ONU, UNICEF, UNESCO; altri sono familiari

marchi di fabbrica, nomi di specialità medicinali o insegne. Sebbene siano in se stessi

privi di significato, essi hanno acquistato un significato riconoscibile attraverso l’uso

comune o per un intento convenzionale. Tutti questi non sono simboli. Essi sono segni

e non hanno altro compito che denotare gli oggetti a cui sono riferiti.

Ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine, un nome o anche una rappresentazione

che può essere familiare alla vita di tutti i giorni e che, tuttavia possiede connotati

specifici oltre il suo significato ovvio e convenzionale. Esso implica qualcosa di vago, di

sconosciuto o inaccessibile per noi. Per fare un esempio, prendiamo il caso di

quell’indiano che, dopo aver visitato l’Inghilterra, tornato in patria raccontò ai suoi

amici che gli Inglesi venerano gli animali dal momento che egli aveva trovato aquile,

leoni e buoi nelle vecchie chiese che aveva visitato. Egli non sapeva, né lo sanno molti

cristiani, che questi animali simboleggiano gli evangelisti e derivano dalla visione di

Ezechiele. Ci sono poi altri oggetti, come la croce, che sono conosciuti in tutto il

mondo e che tuttavia hanno un significato simbolico in particolari condizioni.

Perciò una parola, un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di là

del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio,

“inconscio”, che non è mai definito con precisione e compiutamente spiegato. Né si

può sperare di definirlo o spiegarlo. Quando la mente esplora il simbolo, essa viene

portata a diretto contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali.

Poiché ci sono innumerevoli cose che oltrepassano l’orizzonte della comprensione

umana, noi ricorriamo costantemente all’uso di termini simbolici per rappresentare

concetti che ci è impossibile definire o comprendere completamente. Questa è una

delle ragioni per cui tutte le religioni impiegano un linguaggio simbolico o delle

immagini. Tuttavia questo uso dei simboli è soltanto un aspetto del fenomeno: anche

l’uomo produce simboli, inconsciamente e spontaneamente in più modi. La

manifestazione più nota dei simboli è presente nel sogno.

Jung

Carl Gustav Jung è stato il più celebre tra gli allievi di Freud, ma anche il più lontano da

lui. Il principale dissenso tra Jung e Freud nasce dall’interpretazione della sessualità o

più precisamente della libido. Per Freud alla libido corrispondono due tipi di energie o

pulsioni che dir si voglia, che si contrastano fra loro: l’energia sessuale e l’energia

(Eros e Thanatos)

distruttiva ove la prima, risulta essere un propulsore dell’umanità

ovvero senza di essa non saremmo arrivati fin dove siamo ora.

Jung utilizza il termine libido per indicare un’energia psichica che costituisce per

l’uomo una vera e propria “spinta vitale”, la quale non riguarda solo l’ambito sessuale:

- La libido deve essere il nome dell’energia che si manifesta nel processo della vita e

che viene percepita soggettivamente come aspirazione e desiderio […] perciò è più

prudente, parlando della libido, intendere con questo termine un valore energetico

suscettibile di comunicarsi a una sfera qualsiasi di attività; potenza, fame, odio,

sessualità, religione ecc; senza che sia un impulso specifico. -

“Trasformazioni e simboli della libido”

Jung nella sua opera ha specificato che gli esseri

umani non sembrano appagati dalla soddisfazione degli istinti cosiddetti primari: in

ogni essere umano infatti si riscontra anche un’esigenza di creatività che si estrinseca

in varie forme culturali, dalla mitologia alla tecnologia; gli uomini, insomma, agiscono

come se avessero un surplus di energia libidica da applicare in attività creative.

Qual è dunque il collegamento tra libido e simbolo?

Il simbolo, secondo Jung, interviene in questo processo di trasformazione della libido

nel momento in cui la tensione polare all’interno del sistema psichico raggiunge una

certa intensità e l’energia cerca nuovi canali di sbocco. Se una determinata persona

per esempio subisce un trauma o non riesce a raggiungere e ad ottenere l’oggetto dei

suoi desideri andrà a provocare (oserei dire a crearsi da sé) una certa tensione a livello

inconscio. A quel punto grazie alla censura, per evitare di ricadere in patologie

nevrotiche o psicotiche, il preconscio canalizzerà quella data energie provocata da una

distonia (cioè il voler avere contro l’ottenimento) verso un simbolo mistificato. La

massima manifestazione a noi tutti ormai nota è quella onirica. In tutti i sogni, per

quanto strani, vi è sempre l’appagamento di un desiderio inappagato, poiché

nell’inconscio nulla può finire, nulla è passato o dimenticato. Fin qui le parole di Jung

non sembrano differire molto dalle spiegazioni date da Freud nel “Interpretazione dei

sogni”, tuttavia la differenza vera e propria risiede nell’analisi del sogno. Freud nei

sogni che ha analizzato è sempre andato alla ricerca delle componenti sessuali,

arrivando alle volte a fare dei ragionamenti, seppur logici, estremamente contorti, per

scovare quello che magari in realtà, non sarebbe servito alla guarigione del paziente,

ma piuttosto a confermare le sue stesse teorie. Mi spiego meglio: in un sogno, scoprire

che una giovane donzella prima di uscire di casa si fosse ricordata di prendere

l’ombrello anche se fuori c’era un sole enorme, non significa solamente che

desiderasse possedere un oggetto fallico (rivendicazioni sul padre o sul partner) ma

magari, il punto più utile era capire perché avesse la necessità di coprirsi dai raggi del

mettere alla luce,

sole. Forse non voleva dei suoi lati negativi o addirittura nascosti,

chissà.

Ecco Jung invece fa proprio questo, segue il flusso della libido in maniera

pluridirezionale e alla fine sceglie la direzione più marcata per risalire al sintomo o ad

una sua possibile nascita.

Inconscio collettivo – Archetipi – Simboli

Mentre Freud ha sempre parlato quasi ed esclusivamente di inconscio personale,

identificantesi per lo più con il rimosso infantile, Jung ritiene che, al di là di esso, esista

un inconscio collettivo, il quale mette insieme quelle immagini primordiali e meta-

individuali della psiche che sono il frutto della ripetizione di situazione identiche.

L’inconscio collettivo risulta dunque come una sorta di DNA psicologico ereditato dallo

sviluppo dell’umanità e che rinasce in ogni struttura cerebrale individuale.

archetipi

Jung chiama le immagini primordiali dell’inconscio collettivo “ ”, ossia forme

pure e universali, strutture ereditarie uguali per tutti, che vengono riempite da ogni

cultura e da ogni individuo. La presenza di tali archetipi spiega, secondo Jung, un fatto

di per sé singolare: l’esistenza su tutta la terra in forme identiche di elementi e motivi

leggendari comuni. Una parte cospicua dell’attività di Jung consisterà proprio

nell’analisi dell’immenso materiale di miti, leggende e figure presenti nelle culture più

disparate, indipendentemente dalla loro geografia e dalla loro storia. Al di sotto di tale

materiale, Jung scopre una serie di archetipi come la nascita, la morte, il padre, la

madre, l’amore, Dio , la pace, la guerra ecc.

Da Jung a Benemeglio

E’ forse grazie alle teorie junghiane e non solo che Stefano Benemeglio, psicologo e

ipnotista che ha effettuato studi sul comportamento umano a partire dagli anni ’60, è

psicologia

riuscito a rivoluzionare a creare una nuova branca della psicologia: la

analogica , disciplina che studia le leggi e le regole che governano il comportamento

emotivo dell’uomo. Riallacciandoci al discorso degli archetipi che succede? L’uomo in

ogni sua interazione risale inconsciamente a determinate forme, forme che ha

introiettato nel corso degli anni o forme archetipe che proietterà su un oggetto, un

simbolo o su una determinata persona. Dire che una persona rappresenta un simbolo,

infatti, è una considerazione logica perché, valutando ciò secondo l’ottica

dell’inconscio, la cosa esterna e l’immagine psichica sono la stessa cosa; così un

professore o un superiore, non solo rassomiglia al padre, ma per l’inconscio è il padre.

Cosa vuol dire tutto ciò? L’inconscio ha un suo linguaggio, della sua metafore, per cui

se riusciamo a conoscere queste nuove metodologie di comunicazione possiamo

realmente instaurare un rapporto empatico e non entropico, sia con noi stessi, con il

nostro io bambino (inconscio) che con gli altri. Benemeglio insieme ad altri ricercatori

come Robert Langs dell’istituto di Palo Alto, hanno distinto due tipi di comunicazione:

una informativa, direttiva e una emotiva che coinvolge e interagisce direttamente con

l’inconscio. Come vi riesce? Tramite dei simboli.

Ognuno di noi, secondo Benemeglio, attribuisce i suoi problemi, i suoi conflitti e le sue

tensioni a tre simboli: padre, madre e il senso di impotenza per non aver posseduto

l’oggetto della disputa, quest’ultimo simbolo precostituito prende il nome di Ego, in

quanto rappresenta l’origine dell’egocentrismo umano, ossia quel processo

identificativo dell’uomo nella consapevolezza di se stesso. Padre, madre ed ego, sono

rappresentati rispettivamente da tre forme: asta, triangolo e cerchio e durante le

nostre conversazioni o più in generale siamo soliti effettuare, inconsapevolmente un

simbolismo comunicazionale che richiama queste tre forme. Basta comunque pensare

che intorno a noi siamo circondati da questi tre elementi geometrici. Addirittura il

corpo dell’uomo può essere suddiviso e rappresentato da questi tre simboli:

E’ sufficiente pensare, ai segnali stradali, alle strisce per terra, ai divieti, agli obblighi,

ai semafori, per renderci conto che siamo circondati continuamente da cerchi, aste

(spade) e triangoli. Anche l’esoterismo per esempio si basa su essi e anche la

religione ci indica l’aureola come un cerchio, il triangolo come la trinità. La scienza

egiziana si basava sul triangolo. Ma che cosa vogliono rappresentare dunque questi tre

simboli? Essi si riferiscono esattamente al comportamento umano e all’eterno

turbamento che vive l’individuo e che più precisamente ha vissuta nella sua infanzia.

Questo “turbamento antico” ci accompagnerà fino alla morte e si manifesterà sempre,

inconsciamente, nel nostro vivere quotidiano attraverso, appunto, il nostro inconscio,

che esprime mediante il segno, il gesto e il comportamento. Imparare a decifrare

questi messaggi inconsci ci aiuterà come abbiamo già detto ad entrare in maggior

sintonia col nostro interlocutore e ad ottenere di più dalle nostre interazioni.

“Se un giorno qualcuno mi avesse detto che la causa dei mie problemi era mia madre,

mi sarei anche potuto offendere a morte. Avrei detto che la mia mamma non mi ha

mai creato problemi, anzi, lei è sempre stata molto affettuosa con me, avvolgente,

preoccupata dei miei problemi che addirittura era lei a cercare di risolvermeli, che si

angustiava perfino del fatto che io non mi mettessi la maglietta pesante ed ogni volta

che uscivo di casa controllava che la maglietta ci fosse. Solo più tardi mi accorsi che

inconsciamente, avevo imparato a non tollerare la maglietta sulla carne; essa mi

procurava un turbamento, non l’avrei più portata per tutta la mia vita.

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