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Sintesi
Fisica: il campo elettrico

Geografia astronomica: il Gps

Inglese: George Orwell (1984)

Storia: la propaganda nei regimi totalitari

Filosofia
: Friedrich Nietzsche (Così parlò Zarathustra)

Storia dell'arte: Umberto Boccioni (il Futurismo)

Italiano: Filippo Tommaso Marinetti (il Futurismo); Dante Alighieri (Paradiso, XVII canto)

Latino: Quintiliano (l'institutio oratoria)
Estratto del documento

Per che mia donna «Manda fuor la vampa

del tuo disio», mi disse, «sì ch’ella esca

segnata bene de la interna stampa: 9

non perché nostra conoscenza cresca

per tuo parlare, ma perché t’ausi

a dir la sete, sì che l’uom ti mesca». 12

«O cara piota mia che sì t’insusi,

che, come veggion le terrene menti

non capere in trïangol due ottusi, 15

così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto

a cui tutti li tempi son presenti; 18

mentre ch’io era a Virgilio congiunto

su per lo monte che l’anime cura

e discendendo nel mondo defunto, 21

dette mi fuor di mia vita futura

parole gravi, avvegna ch’io mi senta

ben tetragono ai colpi di ventura; 24

per che la voglia mia saria contenta

d’intender qual fortuna mi s’appressa:

ché saetta previsa vien più lenta». 27

Così diss’ io a quella luce stessa

che pria m’avea parlato; e come volle

Beatrice, fu la mia voglia confessa. 30

Né per ambage, in che la gente folle

già s’inviscava pria che fosse anciso

l’Agnel di Dio che le peccata tolle, 33

ma per chiare parole e con preciso

latin rispuose quello amor paterno,

chiuso e parvente del suo proprio riso: 36

«La contingenza, che fuor del quaderno

de la vostra matera non si stende,

tutta è dipinta nel cospetto etterno; 39

necessità però quindi non prende

se non come dal viso in che si specchia

nave che per torrente giù discende. 42

Da indi, sì come viene ad orecchia 7

dolce armonia da organo, mi viene

a vista il tempo che ti s’apparecchia. 45

Qual si partio Ipolito d’Atene

per la spietata e perfida noverca,

tal di Fiorenza partir ti convene. 48

Questo si vuole e questo già si cerca,

e tosto verrà fatto a chi ciò pensa

là dove Cristo tutto dì si merca. 51

La colpa seguirà la parte offensa

in grido, come suol; ma la vendetta

fia testimonio al ver che la dispensa. 54

Tu lascerai ogne cosa diletta

più caramente; e questo è quello strale

che l’arco de lo essilio pria saetta. 57

Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. 60

E quel che più ti graverà le spalle,

sarà la compagnia malvagia e scempia

con la qual tu cadrai in questa valle; 63

che tutta ingrata, tutta matta ed empia

si farà contr’ a te; ma, poco appresso,

ella, non tu, n’avrà rossa la tempia. 66

Di sua bestialitate il suo processo

farà la prova; sì ch’a te fia bello

averti fatta parte per te stesso. 69

Lo primo tuo refugio e ’l primo ostello

sarà la cortesia del gran Lombardo

che ’n su la scala porta il santo uccello; 72

ch’in te avrà sì benigno riguardo,

che del fare e del chieder, tra voi due,

fia primo quel che tra li altri è più tardo. 75

Con lui vedrai colui che ’mpresso fue,

nascendo, sì da questa stella forte,

che notabili fier l’opere sue. 78

Non se ne son le genti ancora accorte

per la novella età, ché pur nove anni

son queste rote intorno di lui torte; 81 8

ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni,

parran faville de la sua virtute

in non curar d’argento né d’affanni. 84

Le sue magnificenze conosciute

saranno ancora, sì che ’ suoi nemici

non ne potran tener le lingue mute. 87

A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;

per lui fia trasmutata molta gente,

cambiando condizion ricchi e mendici; 90

e portera’ne scritto ne la mente

di lui, e nol dirai»; e disse cose

incredibili a quei che fier presente. 93

Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose

di quel che ti fu detto; ecco le ’nsidie

che dietro a pochi giri son nascose. 96

Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,

poscia che s’infutura la tua vita

vie più là che ’l punir di lor perfidie». 99

Poi che, tacendo, si mostrò spedita

l’anima santa di metter la trama

in quella tela ch’io le porsi ordita, 102

io cominciai, come colui che brama,

dubitando, consiglio da persona

che vede e vuol dirittamente e ama: 105

«Ben veggio, padre mio, sì come sprona

lo tempo verso me, per colpo darmi

tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona; 108

per che di provedenza è buon ch’io m’armi,

sì che, se loco m’è tolto più caro,

io non perdessi li altri per miei carmi. 111

Giù per lo mondo sanza fine amaro,

e per lo monte del cui bel cacume

li occhi de la mia donna mi levaro, 114

e poscia per lo ciel, di lume in lume,

ho io appreso quel che s’io ridico,

a molti fia sapor di forte agrume; 117

e s’io al vero son timido amico, 9

temo di perder viver tra coloro

che questo tempo chiameranno antico». 120

La luce in che rideva il mio tesoro

ch’io trovai lì, si fé prima corusca,

quale a raggio di sole specchio d’oro; 123

indi rispuose: «Coscïenza fusca

o de la propria o de l’altrui vergogna

pur sentirà la tua parola brusca. 126

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,

tutta tua visïon fa manifesta;

e lascia pur grattar dov’ è la rogna. 129

Ché se la voce tua sarà molesta

nel primo gusto, vital nodrimento

lascerà poi, quando sarà digesta. 132

Questo tuo grido farà come vento,

che le più alte cime più percuote;

e ciò non fa d’onor poco argomento. 135

Però ti son mostrate in queste rote,

nel monte e ne la valle dolorosa

pur l’anime che son di fama note, 138

che l’animo di quel ch’ode, non posa

né ferma fede per essempro ch’aia

la sua radice incognita e ascosa, 141

né per altro argomento che non paia».

SINTESI

Dante rivolge al suo trisavolo una domanda piena di trepidazione e di ansietà:

quale sorte gli riserva il futuro? Già molte volte, scendendo lungo i cerchi

dell’inferno o salendo- per i gironi del purgatorio, ha udito oscure profezie che

gli annunciavano anni di dolore e di esilio. Ora il Poeta chiede che la verità sulla

sua vita futura gli sia rivelata con tutta la chiarezza permessa a un beato che

contempla in Dio, prima che essi si avverino, gli eventi. Così risponde

Cacciaguida: Dante dovrà abbandonare la città di Firenze, che si comporterà

nei suoi riguardi come una crudele matrigna. Il suo esilio sarà opera soprattutto

delle macchinazioni politiche di Bonifacio VIII. La colpa delle discordie che

dilaniano Firenze sarà attribuita al partito vinto, ma presto il castigo divino si

adatterà sui Neri e sul pontefice. Dante proverà tutte le sofferenze, le difficoltà,

le umiliazioni della povertà e di una vita randagia. Presto sperimenterà anche

la solitudine più completa, perché abbandonerà i suoi compagni d’esilio,

incapaci e infidi. Troverà il suo primo rifugio a Verona; Bartolomeo e Cangrande

della Scala diventeranno i suoi munifici protettori. Allorché Cacciaguida ha

terminato di parlare, Dante confessa una sua dolorosa incertezza: se egli 10

racconterà tutto ciò che ha visto nell’inferno e nel purgatorio molti gli

diventeranno nemici e gli negheranno aiuto e ospitalità. Ma - risponde

Cacciaguida - egli non dovrà avere alcun timore e dovrà "far manifesta" tutta la

sua visione, perché i suoi versi costituiranno per tutti un vital nutrimento.

Proprio perché gli uomini credono più facilmente agli esempi e alle

argomentazioni evidenti, sono state mostrate al Poeta, nell’oltretomba, le

anime di personaggi famosi. ANALISI

Il dubbio di Dante è il metodo scelto dal poeta per mettere in evidenza in modo

nettissimo il significato e la funzione che egli attribuiva alla propria opera in

stretto collegamento con la sua vicenda personale di esule. Cacciaguida spiega

le ragioni della condanna, illustra le esperienze dei primi tempi d'esilio,

far parte per stesso,

l'orgoglioso fino all'accoglienza a volte generosa

(Bartolomeo della Scala) a volte umiliante:

«Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.» post eventum"

Da questo racconto, nella forma cara a Dante della "profezia

emerge la figura austera del poeta che, escluso da ogni possibilità di

intervenire nel concreto delle vicende politiche ma rivestito di dignità "super

partes" proprio per la sua condizione di esule, è chiamato ad essere testimone

di verità. Il dubbio sull'opportunità di un messaggio poetico troppo severo e

sgradito ai potenti induce Cacciaguida a consacrare l'opera del poeta come

vital nodrimento per chi la leggerà. Commedia

Questo significato altamente morale della non si comprenderebbe

se Dante non fosse certo che per l'umanità sviata è possibile il ravvedimento.

La profezia del cambiamento sarà confermata da san Pietro nel canto XXVII

(vv.142-148) e anche in quel contesto il compito di Dante sarà severamente

(e non asconder quel ch'io non ascondo

riaffermato vv. 64-66). Ma lo stesso

Cacciaguida pronuncia un solenne preambolo (vv.37-45) volto a consacrare le

affermazioni successive sotto il sigillo della verità che procede da Dio.

QUINTILIANO E L’INSTITUTIO ORATORIA

Nella prospettiva di Quintiliano tocca alla retorica proporsi quale strategia

formativa completa, informata da un ideale di "umanità" ampio e articolato: per

la prima volta i lettori di un trattato retorico sono posti davanti non a un'arida

precettistica, ma alla questione dell'educazione globale di un individuo, dalla

prima formazione in famiglia alla scelta del maestro, dagli esercizi scolastico

alle parti del discorso, dalle buone letture alla figura ideale dell'oratore.

Convinto che l'educazione generasse grandi differenze fra gli uomini,

Quintiliano dal suo punto di vista non si poneva il problema di come diminuire

le differenze, bensì quello di costruire un'offerta educativa in grado di 11

attrezzare culturalmente la classe dirigente.

Ma un merito incancellabile dell'Institutio attraverso i secoli rimane il contributo

da essa fornito, con originalità e profondità di pensiero, alla correzione di molte

idee e di molte pratiche distorte che pregiudicavano, nel campo

dell'educazione, l'efficacia e la dignità stessa della scuola antica, fondata

sull'autoritarismo e la costrizione. Oratore e professore

stimatissimo, Quintiliano scrive durante l’età dei Flavi ed è uno dei primi

professori ad essere finanziati dallo stato per iniziativa di Vespasiano. Inoltre

quando si ritira dall’insegnamento, Domiziano gli affida il compito di precettore

dei suoi due pronipoti, gli eredi al trono. Il nome del grande retore negli anni è

diventato un modo per indicare i precettori, come si può vedere dalla satira VII

di Giovenale in cui si parla in tono dispregiativo dei precettori chiedendosi

quanto effettivamente costi un “Quintiliano”.

Quintiliano ha scritto il trattato più completo e sistematico di retorica latina che

era parzialmente conosciuto nel Medioevo ed è stato riscoperto nel ‘400 da

Poggio Bracciolini suscitando grande interesse tra gli umanisti: L’institutio

oratoria. La formazione dell'oratore è un trattato didascalico in 12 libri dedicato

a Vittorio Marcello, in cui Quintiliano si occupa della formazione dell’oratore

partendo dall’infanzia, secondo la sua esperienza personale ventennale di

insegnante.

Quintiliano crede che l’educazione sia un processo continuo, in quanto parte

dalla culla fino alla vecchiaia, e graduale perché la difficoltà degli insegnamenti

sono in linea con le diverse fasi di sviluppo. Inoltre è un processo lento. La

prima formazione è quella morale e avviene all’interno della famiglia: il

bambino nei primi anni di vita osserva, ascolta, tenta di imitare gli adulti. Ed è

bene che questi ultimi siano in possesso di una buona moralità, in quanto ogni

esperienza affettiva e ogni apprendimento lasciano un segno indelebile nella

vita del bambino. Le cause del fallimento sono perciò da ricercare negli errori

compiuti nel processo formativo del bambino nell’infanzia.

Intorno ai 7 anni il bambino viene avviato allo studio in modo

sistematico. Prima di tale età il fanciullo non deve ancora essere sottoposto a

sforzo perché ciò potrebbe fargli odiare lo studio. Perciò il primo studio a cui si

dedicherà sarà il leggere e lo scrivere, insegnato sotto forma quasi di

gioco. Nella scuola il bambino incontra il maestro che dovrà guidarlo nella sua

ascesa alla maturità. Esso è il modello a cui gli alunni si rifanno e si propongono

di imitare. Il maestro deve saper osservare attentamente i suoi alunni e

comprenderne la loro intelligenza emotiva ed intellettuale per permettergli una

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