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Francese: l'art du cinéma;
Inglese: american cinema, the Oscar.
Charlie Chaplin, conosciuto soprattutto per aver dato
vita ad un protagonista assoluto di primi entusiasmanti
anni del cinema in bianco e nero, Charlot,
Colonna portante del cinema, Charlie Chaplin è stato
uno dei cineasti più influenti dell'epoca moderna e
contemporanea, capace di influenzare il linguaggio e la
modalità di racconto del cinema
contemporaneo. Eccellente fu anche la sua capacità
interpretativa che, nel corso della sua vastissima
cinematografia, ha dato vita a personaggi immortali e
noti ancora oggi.
Nato il 16 Aprile del 1889 nei sobborghi di Londra da
una famiglia già dedita alle pratiche dello spettacolo e
del teatro, l'infanzia di Charlie Chaplin fu però contraddistinta dalla povertà e dal continuo
passaggio tra collegi e istituti per orfani. Charlie Chaplin si sarebbe poi contraddistinto per
la grande capacità espressiva del suo volto, capace di esplodere con tutta la sua potenza
sullo schermo cinematografico, nonostante la mancanza della controparte sonora: una
capacità, di cui Chaplin imparò i rudimenti lavorando nella troupe di Fred Karno.
La grande svolta, però, non arriva né col teatro né con la pantomima circense: fu
il cinema la passione e l'indiscusso trampolino di lancio di Charlie Chaplin. Il cinema fu un
settore al quale approdò nel 1914 grazie a Mark Sennett che lo scritturò per la Keystone,
sua casa di produzione.
Furono quelli gli anni in cui nacque il personaggio forse più famoso di Charlie Chaplin,
caratterizzato soprattutto a livello visivo: scarpe dalla grandezza smisurata, pantaloni
troppo larghi, e una giacchetta lisa e aderente al corpo; tocco finale una bombetta e un
bastone di bambù che, accompagnate alla straordinaria mimica dell'interprete, ne fecero
una maschera che negli anni successivi riuscì a conquistarsi la celebrità ma soprattutto la
fedeltà del pubblico.
Il personaggio di Charlot (questo il nome del vagabondo personificato da Chaplin) fu
protagonista di moltissimi cortometraggi prodotti da altrettante case di produzione. Quello
a cui veniva data vita sullo schermo era un personaggio comico che, però, racchiudeva al
suo interno un universo variegato di sensazioni che vanno dal patetico , al dramma fino alla
polemica di stampo sociale.
Fu probabilmente questo il motivo che lo spinse non solo a rivestire il ruolo di attore, ma
anche quello di regista: Charlie Chaplin fu quindi un personaggio estremamente versatile,
capace di ricoprire tutti i ruoli maggiori all'interno di una produzione cinematografica.
Attore, sceneggiatore ma anche regista diventò a breve anche produttore: fondando
la United Artists, Chaplin decise di essere artisticamente indipendente.
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Parlando delle sue opere più famose, invece, non si può non nominare “Il Monello”' che,
proiettato per la prima volta nel 1921, consacrò Charlie Chaplin nell'olimpo degli dei del
cinema. Da lì a poco l'attore e regista si aggiudicò, giovanissimo l'Oscar alla carriera: ad
oggi nessuno è ancora riuscito a superare il record.
Non si può poi nominare il bellissimo “Luci della città” con il quale Chaplin si affacciò
per la prima volta al sonoro, pur non abbandonando la pantomima che aveva da sempre
caratterizzato i suo lavori.
Del 1931 è invece “Tempi Moderni”, l'ultima pellicola nella quale compare il personaggio
di Charlot. Avendo preso così tanto piede il sonoro, il personaggio di Charlot che, come
affermava lo stesso Chaplin, 'non poteva parlare', doveva necessariamente essere
abbandonato. Un abbandono che, tuttavia, fu seguito da un altro capolavoro, questa volta
realizzato in modo completamente sonoro. Parliamo de “Il Grande Dittatore”, proiettato
per la prima volta nel 1940 e chiaramente ispirato al personaggio di Hitler, fu il grande
addio a Charlot.
Un addio che corrisponde altresì a un'interruzione dell'attività cinematografica, che
Chaplin riprese circa 7 anni dopo con Monsierur Verdouz, dopo il quale la già precedente
accusa del suo filocomunismo divenne più insistente, fino a far diventare Chaplin uno dei
principali bersagli del noto movimento anti-comunista di McCharty. Un'accusa che
divenne concreta nel 1952 quando all'attore e regista fu proibito di soggiornare negli Stati
Uniti.
Dopo due ulteriori produzioni cinematografiche Charlie Chaplin morì la notte di natale del
1977 lasciando il mondo orfano di uno dei più grandi interpreti e registi che la storia abbia
mai conosciuto.
“IL MONELLO” 6 Il primo lungometraggio di Charlie
Chaplin si apre con una dichiarazione che si
rivela una perfetta sintesi della sua
commistione di comico e drammatico.
Abbandonando le marcette, che spezzano
l’azione al ritmo delle gag, Chaplin affida il
sorriso e la lacrima allo stesso tema
musicale, senza permettere che le molte
scene esilaranti interrompano la
drammaticità dell’azione
.
Il prologo, cupo e doloroso, fa sì che
l’ingresso in scena di Charlot sia vissuto
dallo spettatore come una liberazione
dall’atmosfera triste che aveva fin lì avvolto
il film. Da questo momento il punto di vista
sulla storia (e sul mondo) non sarà più esterno, ma sarà quello del vagabondo, individuo al
di fuori degli schemi sociali per antonomasia e del quale Chaplin si serve per le sue critiche
.
Vagabondo e orfanello si completano, prendendosi cura l’uno dell’altro (splendida la scena
in cui il bambino prepara la colazione); attorno a loro, ognuno ha un ruolo che segue
pedissequamente, senza lasciare spazio alla fantasia o ai sentimenti. Il medico, chiamato a
curare il bambino, si rivolge all’orfanotrofio convinto che solo lì possa godere delle
attenzioni appropriate. La lotta tra il direttore e Charlot vede il tentativo di conquista di un
oggetto da una parte, la difesa di un figlio dall’altra. Ma è nei personaggi chiave che
Chaplin allarga il ventaglio della sua critica: il poliziotto, come in tutti i suoi film futuri, è
un ostacolo in ogni situazione, fino ad essere utilizzato nel finale sfruttando ironicamente
proprio il suo ruolo negativo. Nei confronti della madre, che alla fine ritroverà il figlio
abbandonato, non ci va meno leggero: dopo il misfatto ha fatto carriera, diventando ricca e
famosa, salvo ricordarsi del figlio quando, cinque anni dopo, se ne trova un altro tra le
braccia; a poco servono le belle qualità di cui fa mostra, il giudizio chapliniano è
intrinsecamente negativo .
Ma un’alternativa, a questa società imperfetta, non si trova: nel sogno di Charlot gli uomini
hanno tutti l’animo di un bambino, ma non sono immuni alla corruzione e questo slancio
utopistico si conclude tragicamente. Non rimane che adattarsi alla società, ma senza
convinzione: per questo il finale è tirato via, consumato in pochi secondi, l’esatto contrario
di quanto farà quindici anni dopo in Tempi Moderni, nel finale allontanamento da una
società nemica. .
Al di là degli intenti sociali, quest’opera come poche, anche grazie alla sua breve durata,
riesce a vivere interamente della propria poesia: per il gioco della teiera sulla culla, per il
bambino che cresce mostrando gli stessi tic di Charlot, per il suo sguardo quando viene
portato via, l’immagine rende vana ogni parola.
“TEMPI MODERNI” 7
Chaplin, operaio in una grande fabbrica
metalmeccanica, la Electro Steel Corporation, é
addetto a un nastro convogliatore. Il lavoro alla catena
di montaggio ha ritmi estenuanti e tutto accade sotto
gli occhi del padrone, grazie a un impianto televisivo a
circuito chiuso. La legge del profitto non solo porta ad
accelerare continuamente i ritmi di lavoro ma spinge
anche ad escogitare una macchina per l’alimentazione
automatica degli operai, al fine di evitare ogni tipo di
pausa: Chaplin é la cavia designata per l’esperimento,
che si conclude con un fallimento.
Un giorno, mentre lavora alla catena di montaggio,
Chaplin ha una crisi da "esaurimento nervoso" che lo
induce a ripetere meccanicamente i gesti cui é stato costretto, applicandoli a qualsiasi cosa
o a chiunque gli capiti sotto tiro. Finisce in manicomio e, una volta dimesso, conosce la
disoccupazione, quella della grande crisi. Nel corso di uno scontro tra operai e polizia, per
un equivoco viene ritenuto il capo dei dimostranti e arrestato. In prigione, sotto l’effetto
della cocaina che ha involontariamente assunto, impedisce una rivolta di detenuti, il che gli
consente di ottenere una posizione privilegiata, ma purtroppo anche un’anticipata
scarcerazione. Di nuovo disoccupato nonostante le credenziali ottenute dal direttore della
prigione, incontra una ragazza che, orfana di madre, perde ben presto anche il padre e che,
per non finire con le sorelle in un orfanotrofio, si unisce a lui. Insieme andranno a vivere in
una baracca. Ora la fabbrica riapre, ma solo per il tempo necessario a far sì che Chaplin si
esibisca nella gag della manutenzione dell’enorme macchina. Poi l’operaio trova impiego
come guardiano notturno in un grande magazzino. Qui, dopo aver vissuto con la ragazza
per qualche ora da "signore", viene sorpreso da alcuni ex compagni di lavoro nella nuova
veste di scassinatori, e tutto finisce con un
ennesimo licenziamento. Mentre Chaplin
cerca la propria "libertà " facendosi di nuovo
incarcerare, la ragazza viene ingaggiata come
fantasista in un cabaret; in seguito riuscir a
far assumere anche Chaplin nella duplice
veste di cameriere e cantante. Sarebbe la
felicità se l’intervento della polizia, che
vorrebbe portare la ragazza all’orfanotrofio,
non costringesse i due a una nuova fuga.
Questa volta lontano dalla città, dai "tempi
moderni", e con un motto di speranza: "Non darti per vinta, ce la caveremo” .
Il film nasce in un momento critico per l’industria americana: la grande depressione degli
anni ’30 si fa ancora sentire e la scelta del taylorismo é traumatica; fa parte della nuova
filosofia industriale della competizione spinta agli eccessi, esasperata, che mette in piedi,
cinicamente, un’organizzazione del lavoro senza precedenti, dagli effetti alienanti,
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stranianti, tali da preannunciare ai lavoratori un futuro di completa squalificazione
professionale e una sofferenza senza precedenti nella storia moderna del lavoro.
Chaplin con "Tempi moderni" sceglier di soffermarsi, con un impegno di carattere
artistico, soprattutto sui maggiori fenomeni di povertà e sfruttamento, in particolare su
quei casi in cui è ancora possibile l’ironia e
la ribellione; lo fa senza abbandonare mai
l’idea di spettacolo, e riuscendo a dare ai
problemi un significato nuovo, felicemente
associato ad aspettative plausibili,
attraversate e illuminate dall’idea
dell’amore, inteso come via alla felicità ,
fortuna preziosa e ineguagliabile, generoso
dono della natura elargito a molti, da cui può
nascere anche un più deciso e lucido
progetto di lotta per la sopravvivenza e
l’affermazione del diritto alla gioia.
CATENA DI MONTAGGIO
Una catena di montaggio è un processo di assemblaggio, diretto ad ottimizzare il lavoro
degli operai e a ridurre i tempi necessari per il montaggio di un manufatto complesso. Una
catena di montaggio è generalmente costituita da un nastro, definito “nastro
trasportatore”, che scorre portando con sé i diversi oggetti da assemblare per ottenere il
prodotto finito; ogni operaio può così assemblare un unico pezzo, tramite movimenti
ripetitivi e meccanici, permettendo un notevole risparmio dei tempi di produzione: da
quando questo metodo entrò in funzione, negli stabilimenti della Ford, i tempi necessari a
produrre una singola autovettura si ridussero da 12 ore ad un’ora sola .
Il concetto di catena di montaggio nasce gi dai primi anni dell’800, nei cantieri della
marina militare britannica, ad opera dell’ingegnere Marc Isambard Brunel. Fu solo nel
1906, tuttavia, che la catena di montaggio divenne una procedura standard utilizzata
nell’industria manifatturiera civile; questo evento si deve fondamentalmente all’americano
Henry Ford, proprietario dell’omonima fabbrica automobilistica, che perfezionò il metodo
della catena di montaggio ed introdusse il principio della divisione dei ruoli degli operai,