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la seguente tesina tratta l'argomento del cinema
italiano,neorealismo / pirandello
storia,cinema di propaganda
francese,i fratelli lumiere /GUSTAVE FLAUBER
inglese ,virginia woolf
filosofia ,freudl
spagnolo, galdos/Buñuel
Liceo Statale
“G. Lombardo Radice” Catania
Ind. Linguistico Anno Scolastico
2014/2015
Giorgio Caruso
IL CINEMA
ARTE ,ILLUSIONE O COMUNICAZIONE?
“Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato.”
(Stanley Kubrick)
“A differenza di tutte le altre forme d’arte, il cinema è in grado di
cogliere e
rendere il passaggio del tempo, per fermarlo, quasi a possederlo in
infinito.
Direi che il film è la scultura del tempo.”
(Andrej Tarkovskij)
Sono le citazioni di questi famosi registi cosi dirette e cosi semplici nel loro linguaggio che
ci fanno capire l’importanza del cinema.
Cinema inteso come : Illusione, arte , comunicazione.
Il cinema è stato considerato la più importante invenzione dopo la stampa. Qualsiasi altra
forma di rappresentazione non può avere la stessa capacità diretta e immediata di rendere la realtà.
Le sensazioni che riescono a darci certe immagini del cinema non potrebbero essere provocate da
nessun'altra forma di espressione artistica. La comunicazione che esso riesce a stabilire tra autore e
spettatore è profonda e completa. I mezzi di comunicazione nel mondo moderno si sono
moltiplicati, ma uno dei più efficaci si conferma ancora il cinema. Esso del resto costituisce sempre
una delle forme di divertimento più popolare e diffuso, anche se oggi sta subendo la durissima
concorrenza della televisione.
In realtà quando si guarda il film e perché si cerca un'evasione dalla vita quotidiana e si è’
come spinti verso un mondo fantastico che ci permette di capire e vivere sensazioni uniche. Il
pubblico vuole il film per rompere la monotonia della vita quotidiana, vuole una vicenda che offra
qualcosa di diverso da quello che offre la vita comune. Si cerca una realtà immaginaria che non è
quella che noi viviamo, ma quella che vorremmo vivere. Si rifugge comunque dal film che lascia
riflettere. Lo spettatore non vuole partecipare, vuole una distrazione piacevole che non gli ponga
problemi.
Per la maggioranza il cinema è, dunque solo ricerca di divertimento ed evasione dalla vita
quotidiana, per un pubblico ristretto è invece desiderio di conoscere una nuova realtà, di
approfondire la conoscenza delle cose e delle persone. Il cinema deve riuscire a rappresentare la
realtà in modo integrale, non deve limitarsi alla sua riproduzione convenzionale ma dovrebbe
renderla più critica e costruttiva. Abbiamo detto che il cinema riesce, meglio di qualsiasi altra
espressione umana a stabilire un contatto diretto con lo spettatore e, riuscendo nello stesso tempo a
estrapolarlo dal suo mondo interiore, può portarlo a uno stato di partecipazione e di rapimento
migliore di qualsiasi altra arte; ma anche l'influsso negativo sarà altrettanto emozionante e
penetrante. Oggi purtroppo difficilmente sono trattati temi che abbiano un certo valore civile
educativo o morale, difficilmente possiamo assistere alla proiezione di un film che ci proponga, con
la dovuta serenità, aspetti e problemi del nostro tempo, al più si può assistere a una satira in parte
sagace, che ha sempre come scopo principale il divertimento dello spettatore. A questo punto
potremmo rispondere alla domanda: il cinema è arte? Se il cinema riesce a esprimere con i suoi
mezzi e con il suo linguaggio dei sentimenti, è senz'altro arte. Un film va giudicato innanzitutto
come mezzo di comunicazione tra l'autore e gli spettatori .
A tutto si rimedia, meno che alla morte.
(dal film Ladri di Biciclette V. De Sica)
Il Neorealismo è una tendenza che si sviluppò principalmente attorno al 1940 e 1950 ed ha
investito non solo la letteratura italiana, ma anche il cinema. La Seconda Guerra Mondiale e la
conseguente lotta antifascista sono gli eventi storici alla base di un nuovo rivolgimento culturale e
letterario. In Italia il ruolo degli intellettuali cambiò radicalmente, si avvertì il bisogno di un ruolo
concreto nella realtà politica e sociale del paese. Gli autori del Neorealismo diedero luogo a film
diversi. Rossellini preferì una lettura drammatica della società attraversata dalla guerra; De Sica
mise in luce la povertà e la solitudine; Zavattini diede libero sfogo alla fantasia; Visconti esaltò le
grandi rappresentazioni; mentre Zampa si concentrò sulle disgrazie e sui difetti della gente comune.
Questo genere di film fu trascurato preferendo quelli di genere leggero dando spazio alla
produzione statunitense che ritornava in Italia dopo la guerra. Paisà, Sciuscià, Ladri di biciclette,
Germania anno zero, la Terra trema, furono film che passarono nell'indifferenza poiché il pubblico
cercava divertimento estraniandosi dai problemi della vita quotidiana e ma la causa principale e da
addebitare al governo italiano se questo periodo non ebbe rilevanza perché non aiutò ne favorì
questo tipo di pellicole temendo che l'immagine dell'Italia fosse troppo negativa.
Il cinema si è mostrato un valido strumento per fare apprezzare e conoscere nuovi temi per
opere letterarie originali. Infatti il legame Uno dei più grandi interpreti della letteratura italiana del
1900 Pirandello si è ispirato al cinema e alle sue particolari dimensioni per scrivere "Quaderni di
Serafino Gubbio, operatore".
Pirandello però aveva un rapporto contradditorio con il cinema: di accettazione sul piano del
guadagno pratico, di contestazione sul piano conoscitivo. Non credette mai a pieno nel senso
espressivo del cinema: infatti nel cinema muto, lo scrittore intravedeva la coerenza di un sentimento
vissuto, in fondo, con repulsione.
Pirandello
Luigi Pirandello nacque nel 1867 ad Agrigento, il padre dirigeva miniere di zolfo, per cui la
sua condizione era di un agiato borghese. Dal 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il
padre aveva investito tutto il patrimonio familiare provocò il dissesto economico della famiglia e la
pazzia della moglie di Pirandello. Proprio la convivenza con la donna costituì per lui un tormento
continuo tant’è che quest’evento può essere visto come il “germe” della sua concezione dell’istituto
familiare come “trappola che soffoca l’uomo”. La perdita delle rendite costrinse Pirandello a
integrare lo stipendio di docente con un’intensificazione della sua produzione di novelle e romanzi,
inoltre lavorò anche per l’industria cinematografica scrivendo soggetti per film. La vita di
Pirandello fu profondamente segnata dall’esperienza di declassazione da una vita di agio borghese a
una condizione “minore”, questo gli fornì spunto per la rappresentazione del grigiore della vita
piccolo borghese. Nel 1910 Pirandello ebbe il primo contatto con il mondo teatrale e dal 1915 la sua
produzione in questo campo s’intensificò tanto da scrivere quasi solo per il teatro. Egli scrisse una
serie di drammi che modificavano profondamente il linguaggio della scena del tempo, come “Il
berretto a sonagli”,
“Il giuoco delle parti” e “Sei personaggi in cerca d’autore. Nel 1934 gli fu assegnato il
Premio Nobel per la Letteratura negli stessi anni seguiva da vicino gli adattamenti cinematografici
delle sue opere, essendo consapevole che il cinema rappresentava un pericolo per il teatro.
I testi narrativi e drammatici di Pirandello insistono su alcuni nodi concettuali. Alla base
della visione pirandelliana vi è una concezione vitalistica: la realtà tutta è “vita”, intesa come eterno
divenire, come un «flusso continuo, incandescente, indistinto». Tutto ciò che si stacca da questo
flusso, comincia a morire.
Così avviene dell’identità personale dell’uomo: per Pirandello noi non siamo che parte indistinta
nell’«universale ed eterno fluire della vita», ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali, in
una personalità che è un’illusione e scaturisce dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del
mondo. Inoltre non solo noi stessi ci fissiamo in questa “forma”, bensì anche gli altri, vedendoci
ciascuno secondo la sua prospettiva particolare, ci danno determinate “forme”. Noi crediamo di
essere «uno» per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda della
visione di chi ci guarda. Ciascuna di queste “forme” è una «maschera» che noi stessi ci imponiamo
e che ci impone il contesto sociale. Sotto questa maschera non c’è «nessuno», o meglio vi è solo un
fluire incoerente di stati in perenne trasformazione, per cui un istante più tardi non siamo più quelli
che eravamo prima.
Questa teoria di frantumazione dell’io rappresenta la crisi dell’idea d’identità e di persona
nella realtà contemporanea dovute sia all’espandersi della grande industria (e all’utilizzo delle
macchine), che meccanizzano l’esistenza dell’uomo e riducono il singolo a semplice “rotella di un
meccanismo”; sia al formarsi delle grandi metropoli moderne, in cui l’uomo smarrisce il legame
personale, con gli altri.
Pirandello è uno degli interpreti più acuti di questi fenomeni, e li riflette nelle sue teorie e
nelle sue costruzioni letterarie.
Alla base di tutta l’opera pirandelliana si può scorgere un bisogno disperato di autenticità. Anche se
la sua vita si svolge sui binari del perbenismo esteriore, Pirandello è nel suo fondo un anarchico: per
lui le finzioni su cui la vita sociale si fonda, le maschere e le «parti» fittizie che la società impone,
vengono nelle sue opere irrise e disgregate, tant’è che egli definisce la famiglia come l’istituto in
cui meglio si manifesta la “trappola” che imprigiona l’uomo, cogliendo il carattere opprimente
dell’ambiente familiare.
L’unica via di salvezza che Pirandello da ai suoi eroi è la fuga nell’irrazionale:
nell’immaginazione o nella follia.
Il romanzo pirandelliano “Si gira…” o “I quaderni di Serafino Gubbio operatore”,
rappresenta uno dei punti di contatto tra la letteratura e il cinema, cogliendo allo stesso tempo la
concezione della vita di Pirandello: Serafino è un operatore cinematografico che, come si evince dal
romanzo, è il tipico “eroe pirandelliano”, un estraniato dalla vita, che contempla l’affannarsi degli
uomini per inseguire illusioni che essi credono realtà oggettive. La sua professione diviene la
metafora di questo distacco contemplativo: nell’era delle macchine e dell’industria dello svago, non
è più possibile l’autenticità dei sentimenti e delle azioni. Di fatti l’estraneazione di Serafino lo porta
a diventare un tutt’uno con la cinepresa, a diventare “cosa”. Pirandello, inoltre, esprime nel
romanzo la sua repulsione per la macchina e la realtà industriale, che contribuiscono a rendere
meccanico il vivere degli uomini e a trasformare tutto in merce.
Pirandello fu un grande innovatore del teatro del ‘900. Il suo è un teatro che gioca sulla
deformazione e sull’assurdo, che si può inserire in un contesto borghese e che sostanzialmente
s’incentrava sui problemi della famiglia e del denaro, fondandosi sulla verosimiglianza alla vita
quotidiana. L’autore porta la logica delle convenzioni borghesi alle estreme conseguenze: i ruoli
della società vengono assunti con estremo rigore, sino a giungere al paradosso e all’assurdo, e così
vengono smascherati nella loro inconsistenza. Nei suoi drammi Pirandello sconvolge due capisaldi
del teatro borghese naturalistico, la verosimiglianza e la psicologia. Gli spettatori vedono un mondo
stravolto, ridotto alla parodia e all’assurdo che li lascia sconcertati e spaesati. I personaggi sono
scissi, sdoppiati e contraddittori nelle loro forme astratte e assurde. A questo processo di riduzione
all’assurdo concorre anche il particolare linguaggio adottato da Pirandello: un linguaggio concitato,
convulso che da l’idea dell’agitarsi delle passioni come nel vuoto e impediscono l’identificazione
emotiva degli spettatori, inducendoli a vedere la scena in una prospettiva straniata, a leggerla
criticamente. Pirandello inoltre si avvicinò in particolare al teatro «grottesco» dandone anche una
definizione chiara e pregnante: «Una farsa che includa nella medesima rappresentazione della