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Sintesi

Introduzione Caso e Democrazia, tesina



Si tratta di una tesina monotematica sul rapporto tra la scienza e la democrazia.
“Come tutti gli uomini di Babilonia,
sono stato proconsole;
come tutti,
schiavo”


Il potente esergo sopracitato è tratto dal racconto La lotteria di Babilonia di Jorge Luis Borges, contenuto all’interno della raccolta Finzioni. Esso narra di un sorteggio, una lotteria anomala che coinvolge l’intera società determinando l’esistenza dei cittadini stessi. La lotteria, infatti, pur nascendo come gioco a premi, successivamente diviene obbligatoria e perde la sua caratteristica positiva: ai compensi per i fortunati, vengono affiancate punizioni o condanne per gli sfortunati. Essa non decide solo la vita o la morte, ma ogni aspetto dell’esistenza: la libertà, la schiavitù, la guerra, l’odio. Il monopolio della lotteria spetta alla fantomatica Compagnia organizzatrice, forse allegoria antropomorfizzata del caso, o del caos. Il caso e il caos sono il disordine, l’ineffabile che sopraggiunge e sfila via certezze consolidate. Razionalmente non prevedibili, questi si insidiano nella sfera umana continuamente tesa a ritualizzarne vanamente gli esiti. Paradossalmente, il caso rende tutti inermi, tutti uguali.
Il caso (o il caos) è più democratico della democrazia stessa. Tutto è aleatorio, tutto è provvisorio, tutto è un gioco. Per quanto si voglia razionalizzare, ritualizzare, istituzionalizzare, qualsiasi cosa è soggetta al caos e al caso: l’economia, la politica, la vita. E’ da qui che prendo spunto per la mia trattazione, la quale si configura nei suoi fini come una proposta utopica, eversiva, ai limiti del paradosso: il caso, o il caos, come strumento di “democrazia sostanziale”. Il mio tentativo è perciò quello di dimostrare scientificamente l’efficacia di un sistema elettorale apparentemente in contrasto con la logica razionale ma che in realtà si staglia sullo scenario politico contemporaneo come un’alternativa possibile ed efficiente all’egemonia della logica partitica e alla ricerca dell’interesse personale.
Ho cercato di configurare dialetticamente la mia tesina di maturità accostando a una prima “pars destruens” relativa all’impossibilità di una scelta democratica basata sui limiti matematici di qualsiasi legge elettorale, una successiva “pars costruens” in cui dimostrerò come la scelta casuale possa, almeno parzialmente, colmare le aporie di un sistema elettorale di per sé “imperfetto”. A ciò seguirà una breve analisi del rapporto tra scienza e democrazia attraverso spunti artistici e filosofici e un ultimo paradosso matematico per concludere circolarmente il lavoro svolto.

Collegamenti


Caso e Democrazia, tesina



Storia e Costituzione -

Concetto di democrazia e sue implicazioni

.
Matematica -

Teorema di Condorcet e Teorema di Arrow

.
Arte -

Muralismo Messicano

.
Filosofia -

Popper e la società aperta

.
Fisica -

Sistemi complessi e simulazioni

.
Estratto del documento

“Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual’è? La

democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza.

Perchè, quando il potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’esser uno e di

dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a

contentar sè stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia

mascherata da libertà.” 3

La votazione a maggioranza, nel bene e nel male, è comunemente vista come il

mezzo attraverso cui il popolo governa, sia direttamente (scegliendo fra

alternative in un referendum) che indirettamente (scegliendo fra candidati in

una elezione).

Al fine di scardinare quel pregiudizio che conferisce alla votazione a maggioranza

l’infallibilità della scelta collettiva come espressione delle singole preferenze

individuali dobbiamo muoverci indietro nel tempo raggiungendo il momento

storico in cui la democrazia non risultava soltanto essere un problema

accademico e non tutti erano già stati convertiti alla causa.

IL PARADOSSO DI CONDORCET

Nei tempi in cui la democrazia era già una possibilità ma non ancora una attualità

si combattè, parallelamente alla battaglia militare per decidere se metterla in

pratica, una vera battaglia matematica per decidere come metterla in pratica.

Nel 1785 il marchese di Condorcet (Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat) scoprì

con tempismo un paradosso del sistema di votazione a maggioranza, sollevando

così un argomento aristocraticamente razionale contro il nuovo sistema

democratico che veniva rivoluzionariamente instaurato negli Stati Uniti ed in

Francia.

La votazione a maggioranza anche al tempo sembrava essere un efficiente

metodo di scelta fra due alternative. Con un numero maggiore, un’idea ovvia

era di votarle due a due e di scegliere quella che avesse riportato la maggioranza

contro tutte le rimanenti. Il marchese scoprì che però una tale alternativa,

poteva, non esistere: anche se le preferenze dei singoli votanti rispetto alle varie

alternative sono ordinate linearmente, la votazione può produrre un ordine

sociale circolare.

Dimostrazione

Supponiamo di avere 3 votanti (Cittadino 1, Cittadino 2 e Cittadino 3) che

devono scegliere fra tre opzioni diverse (Partito A, Partito B e Partito C). Ogni

cittadino ha le seguenti preferenze riguardo alle tre opzioni:

Prima scelta Seconda scelta Terza scelta

Cittadino 1 Partito A Partito B Partito C

Cittadino 2 Partito B Partito C Partito A

Cittadino 3 Partito C Partito A Partito B

Pirandello L., Il fu Mattia Pascal, Milano, Mondadori, 2001

3 6

In questa elezione i partiti A, B e C possono rappresentare qualsiasi cosa, vale

a dire anche candidati in competizione; i cittadini 1, 2 e 3 possono rappresentare

sia individui che gruppi di individui di egual numero come Sinistra o Destra o

Centro.

Se si verificasse un'elezione ognuno dei tre partiti A, B e C riceverebbe un voto

come prima scelta, uno come seconda scelta e uno come terza scelta, ottenendo

quindi lo stesso numero di voti (qualunque sia il metodo di conteggio utilizzato)

e non sarebbe possibile decidere un vincitore.

Supponiamo invece di effettuare una votazione a doppio turno: i due partiti che

al primo turno hanno ottenuto più voti si scontrano fra loro in una seconda

votazione per decidere il vincitore (mentre il terzo partito viene eliminato dalla

votazione).

Ipotizziamo che alla seconda votazione il cittadino faccia scalare alla scelta

precedente il partito rimasto, vale a dire che se (per esempio) il Partito A è stato

escluso dalla votazione allora le scelte diventano:

Prima scelta Seconda scelta

Cittadino 1 Partito B Partito C

Cittadino 2 Partito B Partito C

Cittadino 3 Partito C Partito B

In questo caso, quindi, B avrebbe una maggioranza di 2 a 1 su C. Si verifica

facilmente che se B viene escluso alla prima votazione allora C ha una

maggioranza di 2 a 1 su A, mentre se viene escluso C allora A ha una

maggioranza di 2 a 1 su B.

Viene quindi violata la transitività ossia: Se A è preferito a B, B è preferito a C,

ma C è preferito ad A (mentre per la transitività dovrebbe risultare A preferito

a C).

Conseguenze

Il paradosso di Condorcet ci dice che il sistema di votazione a maggioranza non

è indipendente dall'ordine delle votazioni. Vale a dire, benché ogni elettore abbia

un ordine di preferenze ben delineato che non muta con l'ordine delle votazioni,

il risultato delle votazioni viene invece ad essere dipendente dall'ordine.

La maggiore conseguenza di questo è che chi riesce ad eliminare uno dei 3 partiti

potrà in sostanza conoscere in anticipo il risultato delle elezioni, vale a dire che

se il partito A vuole vincere, indurrà gli incerti a votare alle primarie per il partito

B e sarà sicuro di scontrarsi contro di lui al secondo turno.

La possibilità non è soltanto teorica, e sembra essersi presentata alle elezioni

presidenziali del 1976 negli Stati Uniti: Jimmy Carter vinse su Gerald Ford, dopo

7

che Ford aveva vinto la nomination su Ronald Reagan, ma i sondaggi mostravano

che Reagan avrebbe vinto su Carter (come poi accadde effettivamente nel 1980,

benché con un diverso elettorato).

Un esempio di voto strategico è già raccontato da Plinio il Giovane nelle Lettere

(vili.14): al processo contro i liberti accusati per la morte del console Afranio

Destro, i senatori favorevoli alla condanna a morte (prima preferenza) votarono

invece a favore dellesilio (seconda preferenza), per evitare la vittoria dell

assoluzione (terza preferenza) in una votazione a pluralità.

Poiché la votazione a maggioranza su più di due alternative è un sistema

largamente applicato in assisi locali, nazionali e sovranazionali, l'interesse del

paradosso é evidente. Esso spiega furiose battaglie procedurali sull’ordine delle

votazioni, essenziali per pilotare il risultato finale nella direzione voluta,

relegando le votazioni al ruolo di copertura democratica di veri e propri colpi di

mano.

Vale la pena di sottolineare che, affinchè il paradosso sia possibile, una delle

alternative deve essere ritenuta da almeno uno dei votanti la peggiore. Infatti,

se A vince su B per maggioranza, almeno la metà più uno dei votanti preferisce

A a B: se B vince su C per maggioranza, almeno la metà più uno dei votanti

preferisce B a C; dunque almeno uno dei votanti preferisce A a B e B a C e C è

considerata l’alternativa peggiore da qualcuno. Per simmetria, lo stesso vale per

A e B. Affinchè l’ordine sociale generato dalla votazione per maggioranza possa

essere circolare, è dunque necessario che ogni alternativa sia considerata la

peggiore da qualcuno.

Questo fatto espone un'incompatibilità fra libertà individuale, che permette a

ciascuno di scegliere un qualunque ordine di preferenze, e armonia sociale, che

richiede invece una certa uniformità fra gli ordini individuali. E spiega anche sia

l’adeguatezza della votazione a maggioranza nei momenti di stabilità politica,

che la sua impotenza nei momenti di rivolgimento: nei primi esistono alternative

(quelle di centro, in un ordinamento da sinistra a destra) che nessuno considera

le peggiori, mentre nei secondi la radicalizzazione delle preferenze crea le

condizioni per il paradosso.

IL TEOREMA DI ARROW

Condorcet, pur mostrando le difficoltà nei sistemi di votazione noti, non fermò

la storia: la ghigliottina fu ben più tagliente del paradosso, e la democrazia si

dimostrò, benché logicamente inconsistente, storicamente ineluttabile.

L’argomento di Condorcet cadde nell’oblio, venne riscoperto periodicamente (ad

esempio da Lewis Carroll nel 1876), e fu puntualmente ridimenticato.

Infine, esso fu ritrovato nel 1951 da Kenneth Arrow, un giovane economista.

La formazione logica di quest’ultimo gli permise di porsi esplicitamente questo

quesito: se il paradosso mostra che un particolare sistema di votazione (quello

a maggioranza) non permette di estendere la transitività dalle preferenze

individuali a quelle sociali; esiste allora un sistema di votazione che permetta di

farlo? In termini più espliciti: è possibile la democrazia? 8

La risposta sorprendente che Arrow trovò fu negativa: nessun sistema di

votazione che soddisfi certe condizioni minimali preserva la transitività delle

preferenze.

La sorpresa sta nel fatto che sia i razionalisti alla Bentham che gli idealisti alla

Kant avevano supposto che l’ordine sociale esistesse, e differivano solo nel

credere che esso fosse deducibile (il comportamento individuale è volto ad

accrescere l’utile sociale) o indipendente dagli ordini individuali (gli imperativi

{

pragmatici degli individui devono accordarsi al principio dell’imperativo

categorico per definizione interpersonale). Il realista Arrow dimostra invece che

entrambi hanno torto, e che l’ordine sociale non esiste.

Dimostrazione

Le condizioni minimali ma disarmanti che possono assicurare tale risultato,

sono, secondo Arrow:

• Libertà individuale: ogni ordine transitivo di preferenza individuale è

accettabile

• Dipendenza dal voto: il risultato della votazione fra due alternative è

determinato dai voti su di esse (in base agli ordini di preferenza individuali),

e solo da essi.

• Monotonicità: se un’alternativa vince in una votazione, continua a vincere

in ogni votazione in cui prenda più voti. L’ordinamento si conserva tra una

votazione e l’altra.

• Rifiuto della dittatura: non esiste nessuno le cui preferenze individuali

dettino il risultato di ogni votazione, indipendentemente dalle preferenze degli

altri votanti.

Facciamo le seguenti ipotesi. Siano l'insieme dei voti, e i candidati. Per

semplicità, consideriamo il caso senza schede nulle o bianche e senza possibilità

di pareggio (casi che sono sempre riconducibili a questo eliminando da i voti

nulli o in bianco, e ricorrendo eventualmente al ballottaggio). Detto l'insieme

dei voti per , risulta completamente determinato , in quanto non è altro che

il complementare, .

Un'altra ipotesi è che se è sufficiente ad per vincere, egli vince anche se

prende più voti. Nelle votazioni a maggioranza, il minimo di tali insiemi di voti è

la metà più uno di . Ogni insieme che permetta la vittoria di un candidato

(poniamo ) è detto insieme decisivo.

Chiamiamo l'insieme degli insiemi decisivi a favore di .

In termini matematici abbiamo postulato che, detto un insieme decisivo per

su :

1. Se è contenuto in Y, allora Y appartiene ad .

2. Ogni voto sta in o nel suo complementare.

3. O o il suo complementare è decisivo. 9

Queste proprietà sono molto vicine a quelle di un filtro su , mancando

solamente quella della chiusura rispetto all'intersezione. Mostreremo dunque che

l'ipotesi della monotonicità (ossia che se vince su , e vince su , allora

vince su ) è equivalente alla chiusura rispetto all'intersezione degli insiemi

decisivi di .

Supponiamo che non sia decisivo. Allora, per la proprietà 3, lo è il suo

complementare . Quindi, se fa vincere su , e fa vincere su

, vediamo come ogni votante esprimerebbe le sue preferenze:

1. per ogni elettore di vince su , e su ( );

2. per ogni elettore di su , e su ( );

3. per ogni elettore di su , e su ( );

4. per ogni elettore di su , e su ( ).

Allora vince su perché è decisivo, vince su perché è decisivo Y e

vince su perché è decisivo. Quindi abbiamo il paradosso di

Condorcet.

Viceversa, dato un qualunque ordine delle preferenze, siano , e

rispettivamente i votanti che preferiscono a , a ed a . Tutti e tre

sono decisivi. Vediamo ora che ogni votante di preferisce a , e a

, e poiché l'ordine individuale è lineare, a . Dunque . E dunque,

poiché è decisivo, lo è anche .

Per le proprietà viste prima, gli insiemi decisivi che rispettano la chiusura rispetto

all'intersezione formano un ultrafiltro, e dato che l'insieme dei votanti è, per

fortuna, finito, anche un filtro principale. Esiste, dunque, un singolo votante, che

Arrow chiama il dittatore, che da solo determina il risultato della votazione: egli

è l'intersezione di tutti gli insiemi decisivi.

Conseguenze

Benché il risultato di Arrow sia un teorema piuttosto elementare, per

esorcizzarlo lo si chiama spesso paradosso. La sua importanza però non fu

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