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Sintesi
Introduzione Tesina sulle Cascine lombarde


Questa tesina di maturità descrive le cascine lombarde. La cascina a corte, o più semplicemente cascina, è una struttura agricola tipica della Pianura Padana lombarda e in parte piemontese ed emiliana, dove si usa prevalentemente il termine di corte colonica. Si tratta di una grossa fattoria al centro di un'azienda agricola di decine di ettari, normalmente almeno 40-50, ma a volte superiore ai 100. All'interno della Cascina sono presenti stalle, fienili, sili, granai, caseifici, pozzi-fontane, forni, magazzini, mulini ed abitazioni dei contadini riunite in un'unica struttura. Tali strutture sono sparse in mezzo alla campagna, lontane qualche chilometro dai centri abitati. La pianta di questa struttura è
quadrangolare. Al suo centro è situata la corte (il cortile o aia), attorno alla quale si trovano i vari edifici agricoli. Nelle cascine più grandi si possono incontrare anche due o tre corti (cortili); in tal caso sono dette "a corte multipla". In alcuni casi le cascine più grandi hanno anche il mulino, l'osteria, una piccola chiesa e a volte perfino una scuola. Laddove sono più isolate, le cascine tendono ad assumere l'aspetto di "fortezze", data la presenza di grosse mura perimetrali. Data la loro collocazione soprattutto in Lombardia, le cascine a corte sono state definite anche come cascine lombarde. Il nome della cascina deriva dal cognome del proprietario-fondatore dell'azienda agricola, o dal nome di qualche cappella, chiesa o monastero situati nelle vicinanze o nella cascina stessa. La tesina inoltre permette anche dei collegamenti interdisciplinari.

Collegamenti

Tesina sulle Cascine lombarde


Diritto: L'imprenditore agricolo.
Storia: Le emigrazioni degli italiani.
Italiano: Giovanni Verga.
Inglese: The green belt.
Topografia: La risoluzione del problema assegnato all'esame di abilitazione alla professione.
Estratto del documento

I CONTRATTI AGRICOLI IN CASCINA

I Fittavoli, che erano veri e propri borghesi agrari, avevano un contratto di 9-12 anni.

Durante tutto il periodo del contratto fungevano da "padroni" e, per i contadini che

lavoravano e vivevano in cascina, il proprietario dell'azienda era come se non

esistesse, dato che questo spesso viveva in città e loro erano vincolati

contrattualmente al fittavolo. I contratti agricoli dei contadini che vivevano e

lavoravano in cascina erano: la masseria e il lavoro salariato pagato fisso o a

giornata. I contratti di masseria tradizionale vedevano vincolate dalle 4 alle 6

famiglie coloniche che coltivavano i fondi in parte a mezzadria ed in parte a fitto. La

parte di terreno coltivata a mezzadria fruttava al fittavolo o al proprietario circa 1/2

o 1/3 del raccolto. I salariati fissi risiedevano in cascina, essi avevano un contratto di

un anno che scadeva normalmente a S. Martino (11 novembre). In tal caso essi

avevano di diritto per contratto: il lavoro, l'alloggio, il vitto, l'orto ed il combustibile.

Nel caso fossero Bergamini o Bifolchi-Cavallanti anche al porcile con 1 o 2 maiali. I

salariati saltuari (detti anche braccianti, avventizi o giornalieri) invece risiedevano

nei paesi, nei villaggi e nelle borgate agricole. In qualche raro caso vivevano in case

sparse sui terreni appartenenti alla cascina. In tal caso pagavano un canone d'affitto.

Accadeva spesso che, se vi era surplus di lavoro (durante i raccolti), s'assumevano

temporaneamente contadini salariati che risiedevano per breve tempo in cascina.

Qualora vi erano braccianti agricoli che dovevano lavorare per un prolungato

periodo di tempo, questi avevano un locale apposito della cascina dove alloggiare.

Significativo in tal senso è il caso delle cascine la cui azienda era dedita alla coltura

del riso. Una volta l'anno infatti venivano assunte, per un breve periodo, le mondine

per la monda del riso.

LA PRODUZIONE AGRICOLA

Le tenute agricole delle cascine sono caratterizzate dalla produzione cerealicola

(grano, mais, riso, orzo) alternata da quella foraggera per consentire l'allevamento

bovino. Fino al 1950 circa, le aziende aventi la Cascina come unità produttiva,

avevano 1/3 o 1/4 dei terreni a marcita, e sul restante alternavano rotazioni

quinquennali o settennali tra cereali autunnali (grano, orzo, segale), cereali

primaverili (riso, mais, avena, miglio e sorgo) e maggese. L'intera produzione del riso

nella Pianura Padana (che costituisce il 60% della produzione europea) è

caratterizzata dalla cascina, come unità produttiva. Data la loro collocazione

geografica nella pianura irrigua ed alla presenza di fontanili e rogge, le cascine si son

spesso specializzate nel sistema delle marcite che ha consentito la diffusione

dell'allevamento bovino, attuato contemporaneamente all'agricoltura. Questo

binomio allevamento-agricoltura sullo stesso territorio è stato il punto di forza

dell'agricoltura lombarda a partire dal 1700. Molte cascine situate presso corsi

d'acqua si dedicano alla Pioppicoltura. Infatti la Pianura Padana è molto ricca di

Pioppeti che costituiscono l'unico caso di arboricoltura in Italia. Un tempo, oltre alla

pioppicoltura, era assai diffusa anche la coltivazione dell'olmo e del gelso,

quest'ultimo veniva piantato per l'allevamento dei bachi da seta. Non mancavano

però robinie, platani, salici, ontani e querce. Le tenute agricole delle cascine,

divennero presto all'avanguardia tant'è che le innovazioni agricole avvenute in

Inghilterra nel XVIII secolo erano già in parte utilizzate dalle cascine padane da

qualche secolo.

STORIA DALLA NASCITA AI GIORNI NOSTRI

I precursori storici della cascina a corte si trovano nella villa rustica romana. Al X

secolo risalgano le prime strutture agricole che hanno portato alla cascina a corte.

Le prime notizie di cascine (all'epoca dette "cassine") risalgono al XIII secolo. La

trasformazione delle antiche "cassine" alla struttura con le caratteristiche

riscontrabili ai nostri giorni, avvenne fino al XVIII secolo. La diffusione massima delle

cascine avvenne tra il 1700 ed il 1800 epoca a cui risalgono la maggior parte degli

edifici attuali. A partire dal 1750 circa infatti, le cascine si diffusero tantissimo in

quanto la struttura stessa della Cascina era perfetta per la razionalizzazione della

produzione. Oggi le cascine più antiche risalgono al 1400/1600. È infatti alla fine del

XV secolo che nasce la Cascina così come la conosciamo oggi. In questo secolo

avviene la trasformazione dell'allevamento bovino-equino transumante a quello

stanziale. Quando vennero espropriati terreni agricoli alla Chiesa, vari monasteri si

trasformarono in cascine. A partire dal 1900 esse sono state progressivamente

abbandonate sia per effetto dell'abbandono delle campagne che ha caratterizzato il

Novecento, sia perché i contadini ritennero più confortevole e sicuro vivere nei

centri abitati, piuttosto che in mezzo alla campagna. Oggi, molte cascine sono state

abbandonate o, a seguito dell'urbanizzazione, si son trasformate in parrocchie,

scuole, edifici comunali, villette a schiera, ristoranti ed hotel. Tuttavia la loro

presenza nelle campagne è ancora assai diffusa, anche se spesso le famiglie

contadine preferiscono vivere nei centri abitati. Spesso, se sono di una certa

dimensione, le cascine hanno uno spaccio che vende al dettaglio direttamente al

consumatore i prodotti dell'azienda, sono le cosiddette "farmers markets".

DIFFUSIONE

Le cascine sono molto diffuse in tutta la Pianura Padana della Lombardia, del

Piemonte centrale e orientale ed in piccola parte dell'Emilia-Romagna. La maggior

parte delle Cascine a Corte però si trova nel Bassa Pianura Irrigua delimitata a Nord

dall'asse Milano-Torino, a sud dal fiume Po, ad est dal fiume Mincio e ad ovest dal

fiume Sesia. Una cascina a corte molto particolare si trova a Prato, in Toscana e fu

voluta da Lorenzo il Magnifico. Si tratta di un insolito edificio quadrato a corte

centrale e torri angolari e circondato da un fossato, il complesso detto Cascine di

Tavola è attribuito a Giuliano da Sangallo. Si accede alla corte interna da un unico

ingresso ad arco. La corte è circondata da portici ed accoglieva al suo centro, fino al

XVIII secolo, una grande vasca adibita a vivaio di pesci.

DIFFERENZE CON ALTRE STRUTTURE AGRICOLE

Le masserie del Mezzogiorno,si differenziano dalle cascine per 3 aspetti:

1. La struttura più imponente e caratterizzata da un numero maggiore di

famiglie che vi lavoravano (nella masseria 2-3; nella cascina almeno 10-15).

2. Un numero maggiore d'edifici ed una precisa struttura quadrangolare che

ruota attorno alla corte.

3. Una agricoltura ricca caratterizzata dall'alternarsi di vari cereali tra loro e

integrata con l'allevamento. Una struttura capitalistica caratterizzata da una

produzione destinata soprattutto alla vendita, un'azienda inserita in un

meccanismo di mercato ed una organizzazione specialistica e salariale del

lavoro. Rispetto alle case coloniche del centro Italia, ai casolari sparsi del

nord-est ed alle fattorie dell'Emilia-Romagna, la cascina ha una struttura

plurifamiliare non unifamiliare oltre che essere costituita da più edifici al

posto che uno solo. Inoltre la dimensione dell'azienda agricola facente capo

alla cascina è almeno 5-20 volte maggiore rispetto a quella del podere.

Diritto

L’imprenditore agricolo

L’imprenditore agricolo (art. 2135)

Il codice civile definisce imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata per

la produzione o lo scambio di beni o servizi. Da questa definizione si ricavano i requisiti giuridici

dell’imprenditore:

professionalità: è necessario che l’attività svolta dall’imprenditore non sia occasionale, ma si ripeta

nel tempo. Sono considerate professionali anche le attività stagionali purché regolarmente ripetute

ogni anno;

economicità: lo scopo dell’imprenditore è quello di ottenere un profitto;

organizzazione: l’imprenditore organizza cioè coordina tra di loro i vari fattori produttivi (lavoro,

macchine, materie prime, ecc.);

• l’attività svolta dall’imprenditore varia a seconda del settore produttivo a cui l’impresa appartiene:

settore primario e secondario (produzione di beni), settore terziario (produzione di servizi), oppure

grossisti e dettaglianti (scambio di beni ).

L’imprenditore si differenzia dal professionista intellettuale (geometra, avvocato, ecc.) per il requisito

dell’organizzazione. Nel lavoro del professionista prevale la sua attività intellettuale, mentre nel lavoro

dell’imprenditore prevale l’organizzazione della struttura produttiva. Nello specifico il codice civile definisce

imprenditore agricolo chi esercita un’ attività di coltivazione diretta del fondo, di allevamento del

bestiame, di silvicoltura e comunque tutte quelle attività connesse purché rientrino nel normale esercizio

dell’agricoltura (come la vendita dei propri prodotti agricoli in piccola quantità)

Il nostro ordinamento giuridico riserva delle agevolazioni all’imprenditore agricolo:

non deve tenere i libri contabili e il bilancio

non deve iscriversi al registro delle imprese

non è soggetto al fallimento

Queste agevolazioni vengono riservate all’imprenditore agricolo perché oltre al rischio economico è

soggetto al rischio naturale, questo rischio manca nel caso di coltivazioni in serra e in allevamenti in

batteria ( allevamenti in gabbie, vietati in Europa dal 1° gennaio 2012 ma ancora utilizzati in Italia).

L’imprenditore agricolo può svolgere la sua attività da solo o costituendo la società semplice.

La società semplice (art. 2251-2290)

Poiché non è una società commerciale non è soggetta allo statuto dell’imprenditore commerciale. La

costituzione della società semplice non richiede un contratto scritto; l’unico caso in cui è richiesta la forma

scritta è quello in cui vengono conferiti beni immobili. Gli amministratori della società semplice sono tutti i

soci e l’amministrazione può essere congiunta o disgiunta. Se l’amministrazione è congiunta, per compiere

gli atti di gestione è necessario il consenso di tutti i soci amministratori, se è disgiunta invece ogni socio può

agire autonomamente. Nella società semplice non è previsto il beneficio di escussione: questo significa che

i creditori sociali per riscuotere i loro crediti possono rivolgersi direttamente ad ogni singolo socio senza

passare dalla società. Il socio per evitare di pagare deve indicare beni o denaro della società su cui il

creditore possa agevolmente soddisfarsi. Storia

Emigrazione Italiana

Storia dell'emigrazione italiana

Gli italiani sono stati protagonisti del più grande esodo migratorio della storia moderna.

Nell’arco di poco più di un secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di

ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della

popolazione al momento dell’Unità. Si trattò di un esodo che, a differenza di quanto si

crede comunemente, toccò tutte le regioni italiane, con una priorità nel settentrione (il

Veneto, il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte).La situazione si capovolse nei decenni

successivi quando il primato migratorio passò alle regioni meridionali con la Sicilia che

dette il maggior contributo, seguita dalla Campania.

Il fenomeno non si è esaurito. Oggi gli italiani sono ancora al primo posto tra i migranti

comunitari (in Germania, in Francia e in Belgio). Alla Sicilia spettano alcuni primati in

campo migratorio, tra cui per il passato il maggior numero di espatri verso gli Stati Uniti

(su dieci siciliani emigrati, nove si recarono negli Stati Uniti). Negli anni 1950-60 si

assistette a una differenziazione delle mete migratorie dalla regione: dei 400.000

siciliani emigrati circa un 25 per cento continuò a preferire mete transoceaniche, che

questa volta includevano Oceania, Africa e Asia, un 5 per cento si diresse verso i paesi

non europei del bacino del Mediterraneo, più di un quarto si spostò verso le regioni

industrializzate del Centro Nord italiano ed il resto verso i paesi dell’Europa del Nord.

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