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Introduzione Campionamento e musica moderna tesina
La seguente tesina di maturità descrive il mondo della musica moderna. La musica è, tra le arti classiche, quella che più ha influenzato la collettività nel tempo, ma soprattutto quella che più condiziona la mente umana e il suo complicato funzionamento. Essa non è altro che la manipolazione del suono che noi esseri umani eseguiamo seguendo la nostra creatività e immaginazione, per ottenere un prodotto finale che soddisfi il nostro bisogno uditivo. Che sia attraverso l’ uso della bocca, di uno strumento musicale improvvisato o di un complesso sintetizzatore, l’ uomo può usufruire di una quantità di suoni virtualmente illimitata, a proprio piacimento, per forgiare le proprie creazioni musicali. Pensate ai suoni che ci circondano: un battito di mani, il rumore di un pugno che sbatte su un tavolo, la melodia che fischiettate nei momenti di noia, il fruscio delle fronde degli alberi nei giorni ventosi e così via…
Ora provate ad immaginare queste sonorità come parti di una canzone: il battito di mani corrisponde al rullante della batteria, il rumore del pugno alla grancassa, il fischiettio alla melodia portante e il piacevole fruscio delle fronde ad un sottofondo che riporta alla mente la natura e la serenità. Prima dell’ avvento dei metodi di registrazione, catturare questi suoni per poterli riascoltare era impossibile, figuriamoci arrangiarli in una canzone. Anche con l’ invenzione del nastro magnetico a bobina aperta (1930), primo supporto di registrazione elettronica in grado di registrare, duplicare, cancellare e ri-registrare un segnale acustico, le ristrette possibilità di audio editing disponibili impedivano agli artisti più creativi di esprimere le proprie fantasie. Con l’ avvento dei primi sintetizzatori era possibile generare suoni innaturali molto complessi, derivati dalla manipolazione di una o più onde periodiche standard (sinusoidale, quadra, triangolare, a dente di sega); attraverso l’ uso di queste costose apparecchiature era molto difficile, se non mpossibile, riprodurre sonorità naturali. Come fu possibile riuscire a registrare un suono e modificarne le caratteristiche fondamentali, senza doverlo ricreare artificialmente? La tesina inoltre permette anche alcuni collegamenti con le discipline scolastiche.
Collegamenti
Campionamento e musica moderna tesina
Tecnologia applicata all'audio recording e informatica.
Storia dei primi campionatori
L’ avvento dell’ era digitale
Tra gli anni ’50 e ’80 nacquero le primordiali invenzioni che hanno permesso ai produttori e al business
della musica di ottenere e gestire registrazioni audio di alta ed altissima qualità, innescando un vero e
proprio boom culturale che è in continuo sviluppo ancora oggi:
Nel 1957, Max Mathews sviluppò il primo processo di digitalizzazione dei suoni attraverso l’ uso di
un computer;
Nel 1970, James Russell registrò il brevetto del primo registratore e riproduttore ottico digitale;
Nel 1972 la Denon introdusse il primo registratore digitale multitraccia dotato di 8 tracce;
Nel 1979 nasce il primo prototipo di Compact Disc e nel 1982 viene commercializzato in tutto il
mondo, divenendo lo standard di riproduzione.
Nei periodi immediatamente successivi alle ultime tra queste scoperte iniziarono i processi di distribuzione
di massa, raggiungendo un bacino di utenza senza precedenti. Il consumo venne esteso a tutte le fasce
della popolazione mondiale, rendendo la musica un prodotto a portata di tutti. Ciò fu possibile grazie ai
bassi costi di produzione e alla flessibilità dei CD rispetto al vecchio vinile, che rimane tuttavia il mezzo d’
ascolto preferito dagli audiofili più esigenti. Con questi processi e apparecchiature era finalmente possibile
“digitalizzare” il suono, cioè trasformare la variazione della pressione atmosferica (fenomeno fisico) in un
insieme finito di valori, così da poterlo immagazzinare, modificare e duplicare con estrema facilità.
Figura 1: Compact Discs Figura 2: Il registratore multitraccia prodotto dall'
azienda giapponese Denon 2
L’ antenato
Nel 1979 i fondatori ed ingegneri dell’ azienda
australiana Fairlight produssero il CMI,
abbreviativo di Computer Musical Instrument,
il primo sintetizzatore/campionatore digitale
che segnò la svolta nel modo di fare musica
soprattutto grazie alle possibilità di audio
editing di cui disponeva.
Nacque dall’ idea di Peter Vogel e Kim Riye, la
quale presero spunto dal Qasar M8, il
precedente progetto di un sintetizzatore
pensato per modificare i parametri di un onda Figura 3: Il Fairlight CMI, da notare che venne commercializzato solo 3 anni
in tempo reale, che venne abbandonato per la dopo l' Apple I
scarsa conoscenza, al tempo, in materia. L’ idea
fu quella di campionare un’ onda sonora naturale per effettuare variazioni sonore, invece di sintetizzare
un’ onda artificiale per poi campionarla: il risultato ottenuto fu estremamente soddisfacente per i
fondatori. Successivamente alla commercializzazione, il prodotto venne acquistato da artisti del calibro di
Herbie Hancock, Mike Oldfield e Stevie Wonder al prezzo iniziale di circa 18.000£, un costo ancora
esorbitante per gli amatori. Tuttavia, il successo iniziale testimoniava come il CMI venisse apprezzato sia da
artisti di stampo “classico”, sia dagli artisti che desideravano sperimentare.
Era dotato di:
73 tasti di pianoforte;
8 voci di polifonia;
Tastiera e monitor simili a quelli di un PC;
8bit/16kHz (Mono), valori di profondità e frequenza piuttosto bassi;
Filtro passa-basso per rimuovere un’ eventuale distorsione (aliasing);
2 processori Motorola 6800
2 lettori per Floppy Disk da 8”.
Nonostante la scarsa capacità di campionamento, permetteva di immagazzinare una modica quantità di
“samples” (campioni) e di modificarne vari parametri, tra cui il “pitch” (intonazione, nota musicale).
Sfruttava la sintesi sonora additiva, ma la caratteristica che lo rendeva unico nel suo genere era la
possibilità di disegnare una forma d’ onda sullo schermo con una light pen (simile ai pennini degli
smartphone moderni) e di suonarla attraverso l’ uso della tastiera. 3
La leggenda
Tra le decine di campionatori disponibili in quel periodo,
quello che più segnò e permise l’ inizio della rivoluzione
culturale, musicale e sociale passata alla storia come
“Hip Hop Golden Age”, fu l’ E-mu SP-1200, prodotto e
introdotto nel mercato dalla E-mu Systems, Inc. nell’
Agosto del 1987 come aggiornamento del suo
predecessore, l’ SP-12.
Divenne apprezzatissimo per le funzioni di cui disponeva,
per la possibilità di strutturare il cuore di un’ intera
canzone e per il suono caldo, consistente e crudo tipico
del vinile.
A differenza della Linn LM-1, progettata per essere
esclusivamente una drum machine a campioni digitali, l’ Figura 4: L' E-mu Systems SP-1200, pezzo storico onnipresente in
SP-1200 era sia un campionatore che un programmatore ogni produzione Hip Hop tra la fine degli anni '80 e '90.
di parti di batteria (drum sequencer); inoltre, il costo
iniziale di 2000$ lo rendeva molto più economico rispetto
al CMI e ad altri campionatori della stessa E-mu Systems.
Divenne lo standard nelle produzioni di leggendari artisti Hip Hop tra gli anni ’80 e ’90 come i Beastie Boys,
De La Soul, DJ Premier, Mobb Depp, Ice-T, Nas, KRS-One, J Dilla, Vanilla Ice, Ski Beatz, Pharoahe Monch, Q-
Tip, The Prodigy, Dr. Dre, Marley Marl, Pete Rock e tanti altri.
Scheda tecnica:
Fino a 100 pattern (sequenze di campioni) memorizzabili;
Fino a 100 canzoni memorizzabili;
Fino a 5000 note memorizzabili per le sequenze;
Un lettore per Floppy Disk da 8”;
1 Mono mix output, 8 Outputs individuali, Output individuale del metronomo, MIDI
In/Out/Through;
Algoritmo di sincronizzazione standard “SMPTE”;
12bit/26.04kHz, solo 10 secondi campionabili e circa la metà della qualità di un Compact Disc;
4 banchi per un totale di 32 campioni utilizzabili.
Data la scarsa durata massima di campionamento, veniva comunemente utilizzata una tecnica secondo la
quale si campionavano vinili a 33 giri alla velocità di un 45 giri, ottenendo un aumento del pitch.
Successivamente il campione veniva riprodotto ad una velocità di molto inferiore attraverso l’ uso delle
funzioni “Multipitch” o “Tune/Decay”, con un’ inevitabile perdita di qualità. Questa tecnica venne utilizzata
dalla maggior parte dei produttori fino all’ arrivo sul mercato del campionatore che, finalmente, darà la
possibilità anche ai non-professionisti di usufruire di queste rivoluzionarie tecniche di audio editing. 4
La novità dall’ Oriente
Chiedete a qualsiasi artista o produttore qual è il
campionatore che più è rimasto impresso nella sua
memoria: molto probabilmente la loro risposta sarà
“Akai MPC60”.
Questo strumento nasce nel 1988 dalla
collaborazione tra l’ azienda giapponese Akai e il
designer industriale californiano Roger Linn, celebre
pioniere della progettazione di drum machines e
campionatori, ispiratosi ad alcune precedenti
macchine come la Linn LM-1 e la Sequential Circuits
Studio 440. Figura 5: L’ Akai MPC60, storico campionatore che più ha influenzato la
Le innovazioni e i miglioramenti apportati all’ MPC60 cultura musicale d’ oggi giorno.
diedero vita a nuove più precise tecniche, segnando
per sempre il modo di comporre i famosi “beats” dei classici dell’ Hip Hop e di tanti altri generi musicali. La
rivoluzionaria interfaccia a 16 pad permetteva non solo di arrangiare complesse e articolate sequenze
ritmiche, ma anche di utilizzarlo dal vivo: ciò permise lo sviluppo di un
nuovo tipo di performance, chiamato “fingerdrumming”, che consiste,
appunto, nel suonare parti di batteria, loop e strumenti solamente
attraverso l’ uso delle mani. Una sorta di fusione tra il virtuosismo di
un pianista e di un batterista, una pratica che vanta, tra i suoi maggiori
esponenti, artisti del calibro di AraabMuzik, Jeremy Ellis ed M4Sonic.
Scheda Tecnica: Figura 6: AraabMuzik, tra i migliori esponenti del
"fingerdrumming".
16 drumpads di gomma sensibili alla pressione;
4 banchi di campioni per un totale di 64 suoni disponibili;
16bit di profondità e 40kHz di frequenza, finalmente il campionamento raggiunge lo standard del
Compact Disc;
750Kb di memoria (13.1 secondi), espandibili a 1,5 Mb (26,2);
2 MIDI Inputs, 4 MIDI Outputs;
20 canzoni, 99 patterns, 99 tracce immagazzinabili, capacità di 60.000 note;
MIDI Clock e timing SMPTE, Floppy drive da 3” e ½;
8 Outputs assegnabili + 1 Stereo Output + 1 Effects Send/Return-
Dopo l’ enorme successo riscosso dall’ MPC60 (MIDI Production Center), l’ Akai da il via alla produzione di
una serie di campionatori targati “MPC” che manterranno il primato mondiale nella produzione musicale
fino all’ arrivo dei moderni e più attuali computer. Essendo dotati di quantità di memoria RAM
estremamente maggiore dei campionatori, un computer può svolgere l’ intero processo di produzione,
registrazione, missaggio e mastering attraverso l’ uso di software “DAW” (Digital Audio Workstation). 5
Dalla prima decade del secondo millennio fino ai giorni nostri
I leggendari campionatori Akai sono tutt’ oggi ancora molto utilizzati grazie alla capacità che hanno di
interagire con i moderni software di produzione (i modelli più recenti sono dotati di entrata USB/MIDI),
oltre all’ MPC Renaissance che è dotata di un software senza la quale non può funzionare.
Tuttavia, dai primi anni 2000 ad oggi, il music business ha visto l’ ascesa dei personal computer che hanno
permesso lo sviluppo di software dedicati ad ogni aspetto della produzione musicale, dall’ inizio alla fine.
Le grandi aziende che hanno fatto la storia dei sintetizzatori e dei campionatori, hanno commissionato
delle riproduzioni software digitali dei loro migliori prodotti, rendendoli disponibili per chiunque ad un
prezzo di molto inferiore ai prodotti fisici originali.
L’ esempio più concreto di unione tra software e hardware è sicuramente quello della Native Instruments
Maschine, un campionatore hardware che dipende esclusivamente dal software dedicato, di cui sono un
soddisfattissimo possessore.
Dunque, oggi assistiamo ad una “massificazione” della musica, in quanto chiunque può permettersi quei
prodotti che, pur essendo economici, fanno molto bene il proprio lavoro.
Prevalgono, perciò, le figure di “DJ/Producer”, cioè il DJ che si auto produce la musica, e del “Beatmaker”,
ossia il produttore di tracce strumentali per conto dei rapper o dei cantanti più famosi.
Figura 7: La Maschine Studio che posseggo, dotata dell' interfaccia tipica dell'
MPC Figura 8: La tipica forma d' onda di uno "snare" (rullante)
mostrata sulla sezione "Sampling" della Maschine Studio 6
Cenni teorici
La conversione analogico/digitale
Il campionamento non è altro che uno dei processi portanti del processo di digitalizzazione di un segnale
analogico continuo: è preceduto da un filtraggio anti-alias (analogico) e seguito dalla quantizzazione e
codifica del segnale digitale in uscita. Andiamo ad analizzare questi 4 processi singolarmente.
1) Filtraggio anti-aliasing
: è il processo in cui viene ristretta la banda di frequenze del segnale
originale attraverso l’ uso di un filtro anti-alias o passa basso, cioè un dispositivo che consente il
passaggio di frequenze al di sotto di una soglia (threshold) stabilita. E’ un’ operazione fondamentale
in quanto permette di evitare l’ aliasing (“scalettatura” in italiano), ossia la distorsione che occorre
naturalmente nel suono.
Figura 10: Filtraggio anti-aliasing
2) Campionamento : è il passaggio successivo e consiste nel “discretizzare” il segnale filtrato
Δ t
prelevando un numero preciso di campioni (samples) ogni secondi (intervallo di f =
campionamento). Questo intervallo stabilito determina la frequenza di campionamento c
Δ t
1/ , cioè la frequenza con cui i campioni vengono prelevati. Il processo è impreciso e comporta la
perdita di informazioni, per il semplice fatto che un segnale continuo potrebbe essere digitalizzato
∞
,
f =
alla perfezione assoluta solamente se frequenza teoricamente irrangiungibile.
c
Per ottenere un segnale discreto di qualità sufficiente ed evitare l’ aliasing, occorre utilizzare una
frequenza di campionamento almeno doppia di quella massima e quindi applicare il teorema
fondamentale del campionamento, o teorema di Nyquist-Shannon.
s(t)