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"Quando a ottobre presentai ai miei professori l'argomento della mia tesina rimasero attoniti, bisogna ammettere che non è un argomento abituale, di solito si cercano temi più "ordinari" per presentarsi al colloquio d'esame. Io non amo le cose "normali" per cui era necessario per me trovare un soggetto trattabile, ma allo stesso tempo un po' stravagante; un argomento che potesse, insomma, rispecchiare il mio carattere e il mio modo di essere." Tesina multidisciplinare sulle bolle di sapone.
INDICE
Premessa
Minimi e massimi nello studio di funzione
J. A. F. Plateau e le superfici minime
Reti minime
La proprietà isoperimetrica
La curvatura
La tensione superficiale
Cellule, virus e bolle medicinali
Bolle nella letteratura: Aldo Palazzeschi la leggerezza; Italo Calvino la leggerezza è una virtù della letteratura che deve essere mantenuta nei secoli;
Francese: Alphonse Lamartine
Inglese: Flatland: a romance of many dimensions, by Edwin Abbot
Le bolle nell'arte: Jean Baptiste Siméon Chardin (1699-1779) Les bulles de Savon; la Souffleuse de Savon di Boucher, Manet Gamin faisant bulles de savon.
Architettura: la fondazione di Cartagine, Frei Otto e le tensile structures, la visione utopica.
Bibliografia
PREMESSA
L'IDEA
Quando a ottobre presentai ai miei professori l'argomento della mia tesina rimasero attoniti, bisogna ammettere che non è un argomento abituale, di solito si cercano temi più "ordinari" per presentarsi al colloquio d'esame. Io non amo le cose "normali" per cui era necessario per me trovare un soggetto trattabile, ma allo stesso tempo un po' stravagante; un argomento che potesse, insomma, rispecchiare il mio carattere e il mio modo di essere.
La traduzione da teorico a pratico della mia idea non è stata semplice, chi mi ha supportato (o sopportato?!) in questi mesi lo sa bene: oltre a trovare i "collegamenti interdisciplinari" era per me doveroso riuscire a creare qualcosa di semplice da seguire e che riuscisse a coinvolgere anche chi non ama la matematica e le materie scientifiche, perni di questa tesina.
L'ARGOMENTO
Le bolle di sapone sono uno degli argomenti più interessanti in molti settori della ricerca scientifica: dalla matematica alla chimica, dalla fisica alla biologia, ma non solo, anche nell'architettura e nell'arte, nel design e perfino nella pubblicità.
Un fisico britannico di fine '800, Charles Vernon Boys, in un suo affascinante libro sulle bolle di sapone scrisse: «ci sono più cose in una comune bolla di sapone di quante non ne sappia immaginare chi si limiti a vederla come un gioco». Effettivamente per i matematici le bolle di sapone sono modelli di una geometria delle forme molto stabili, e per gli artisti sono il simbolo della vanità, della fragilità delle ambizioni umane, della vita stessa.
Le bolle, non solo di sapone, le troviamo ovunque: nell'industria alimentare, nella schiuma da barba, nei serbatoi delle navette spaziali, nelle plastiche, nel nostro corpo,…
L'ESECUZIONE
Questa tesina è nata con la volontà di trattare come argomento principale un tema relativo alla matematica, materia spesso odiata dagli studenti forse perché, per così dire, è impantanata in un linguaggio di simboli estranei alla maggior parte di noi; almeno l'arte la si può vedere, anche la filosofia e la letteratura, per quanto a volte oscure, hanno se non altro il vantaggio di poter essere espresse in una lingua!
Nella stesura delle parti relative a materie come fisica, biologia, arte e architettura non ho approfondito troppo la questione, ho dato solo nozioni fondamentali, spesso usando anche termini impropri che però "rendevano meglio l'idea", per poter almeno far intuire la complessità delle bolle (non solo di sapone) e dei principi su cui si basano, tralasciando tanti altri campi quali l'ottica, le superfici metalliche, la scienza dei materiali, la gastronomia (ebbene sì, tante prelibatezze e tante bevande hanno il loro aspetto caratteristico grazie alla schiuma!),…
La letteratura merita invece una spiegazione a sé, poiché nei miei propositi iniziali c'era l'idea di trovare autori che avessero utilizzato di frequente la metafora della bolla di sapone, poi, visto che veramente pochi scrittori hanno scelto come simbolo le bolle, mi sono chiesta quali immagini potessero suggerire le bolle di sapone, la risposta che mi sono data (con l'aiuto delle mie professoresse) è stata "leggerezza e precarietà", per questo gli autori italiani e francesi scelti, sono autori che hanno dedicato parte delle loro opere ad una di queste due sensazioni. Per la letteratura inglese, invece, sono tornata a parlare della sfera in termini più matematici e, forse, più surreali e fantasiosi.
BIBLIOGRAFIA
GENERICO
S. Perkowitz, La teoria del cappuccino, traduzione di S. Coyaud dall'originale Universal Foam, Garzanti, 2001
A. Beutelspacher, Matematica da tasca, traduzione di A. Peroni dall'originale Mathematik für die Westentesche, Ponte alle Grazie, 2003
ARTE&ARCHITETTURA
C. Bassi, www.artdreamguide.com
FISICA
M. Ageno, Elementi di fisica, Boringhieri, 1972
FRANCESE
K.A. Blüher, Oeuvres&Critiques, Paul Valéry Perspectives de la réception, Ed. Jean-Michel Place, 1984
J. Robinson, L'analyse de l'esprit dans les cahiers de Valéry, Librairie José Corti, 1963
J. Charpier, Essai sur Paul Valéry, Ed. Pierre Seghers, 1958
AA. VV., Centenaire de Paul Valéry, Europe – revue littéraire mensuelle, juillet 1971
M. Parent e J. Levaillant, Paul Valéry contemporain, Ed. klincksieck, 1974
INGLESE
E. Abbott, Flatlandia - Racconto fantastico a più dimensioni, traduzione di M. d'Amico dall'originale Flatland - A romance of many dimensions, Adelphi, 2002
ITALIANO
I. Calvino, Lezioni americane – Sei proposte per il prossimo millennio, Mondatori, 2002
A. Palazzeschi, Il Codice di Perelà, SE, 1991
Piero Pieri, Il Codice di Perelà di Palazzeschi. L'altro del fumo, l'oltre dell'uomo, Fascicolo edito dalla casa editrice Gedit e frutto di una collaborazione con il Dipartimento di Italianistica dell'Università di Bologna, 2003
MATEMATICA
M. Cazzanelli, K. Soraruf, I. Tamanini, Matematica e bolle di sapone, un viaggio alla scoperta di strutture geometriche e principi variazionali, Fascicolo del Laboratorio di Ricerca sui Materiali e i Metodi per la Didattica e la Divulgazione della Matematica del Dipartimento di Matematica dell'Università degli studi di Trento, 2001
R. Courant e H. Robbins, Che cos'è la matematica?, traduzione di L. Ragusa Gilli dall'originale What is mathematics? An elementary approach to ideas and methods, Universale Bollati Boringhieri, 2002
M. Emmer, Matematica e cultura 2002, Springer, 2003 AA. VV., Matemilano – percorsi matematici in città, Springer, 2003
I. Petersen, Il turista matematico, Biblioteca Scientifica Sansoni, 2003
<!-- Revisioned on Ven 15 Mag 2015 22:57:04 CEST -->
MINIMI & MASSIMI NELLO STUDIO DI FUNZIONE
Data una funzione è possibile calcolare le sue variazioni, questo tipo di calcolo è chiamato
«differenziale» e nel suo sviluppo storico fu molto influenzato da problemi particolari di
massimo e minimo.
Nel grafico di una funzione, un massimo corrisponde ad una sommità più alta di tutti gli altri
punti vicini, mentre un minimo corrisponde al fondo di una valle, più basso di tutti i punti vicini.
Per definire i punti di massimo e di minimo è del tutto naturale usare la nozione di tangente ad
=
y f (x )
una curva. Nei punti di massimo o di minimo la tangente al grafico deve essere
parallela all’asse x, poiché altrimenti la curva in questi punti salirebbe o scenderebbe.
Per caratterizzare la direzione di una retta nel piano x, y di solito si considera la sua
«inclinazione» o il «coefficiente angolare».
Per calcolare tale inclinazione, si prende a piacere un
punto P sulla retta l e ci si muove sulla parallela
all’asse x passante per P, da sinistra verso destra, fino l
ad un punto qualsiasi R. Da R ci si muove poi
parallelamente all’asse y, verso l’alto o verso il basso,
fino a raggiungere in un certo punto Q la retta l.
RQ
=
L
Bene, l’inclinazione è il rapporto , calcolato
PR
algebricamente esso dà l’incremento, positivo o
negativo, dell’ordinata di un punto, per ogni unità di
lunghezza dell’orizzontale, quando ci si muova sulla
retta da sinistra verso destra.
Per «inclinazione» o «coefficiente angolare» di una curva in un punto P si intende l’inclinazione
della tangente alla curva in P. Se si accetta la tangente ad una curva come un concetto
matematico dato, rimane soltanto il problema di trovare un procedimento per calcolare il
coefficiente angolare.
Non si può calcolare il coefficiente angolare di
( )
=
y f x P x y
( ) ,
una curva nel punto
considerando la curva nel solo punto P; si deve
invece ricorrere ad un passaggio al limite. P ,
Consideriamo sulla curva un altro punto 1
x y
, . Indichiamo
prossimo a P, di coordinate 1 1
t P
con la retta che congiunge P a ; essa è una
1 1
secante della curva, che si approssima alla
P si avvicina a P. Diciamo
tangente in P quando 1
α t
l’angolo che va dall’asse x alla retta . Se
1 1
x P
ora facciamo tendere a x, si muove lungo
1 1 t
la curva verso P, e la posizione della secante 1
si accosta, al limite, a quella tangente t alla
α indica l’angolo che va dall’asse
curva in P. Se →
x x
x a t, allora per 1 α α
→ → → →
y y P P t t
, , e
1 1 1 1
La tangente è il limite della secante, e il coefficiente angolare della tangente è il limite del
coefficiente angolare della secante. 4
t
Il coefficiente angolare della secante è dato dalla formula
1 − −
y y f ( x ) f ( x )
= =
1 1
t
1 −
−
x x x x
1 1 ∆
ovvero, se si indica l’operazione di differenza con il simbolo ,
∆ ∆ ( )
y f x
= =
t
1 ∆ ∆
x x ∆
t y
Il coefficiente angolare della secante è un «rapporto incrementale»: la differenza dei
1 ∆
x
valori della funzione, divisa per la differenza dei valori della variabile indipendente. Inoltre,
− ∆
f x f x
( ) ( ) y
= =
1
t lim lim
coefficiente angolare di t = limite del coefficiente angolare 1 ∆
−
x x x
1
→ − = ∆ →
x x x x x 0
dove i limiti sono calcolati per , cioè per .
1 1 ∆
y
Il coefficiente angolare della tangente t alla curva è il limite del rapporto incrementale ∆
x
∆
x tendente a zero.
per =
f x y f x
( ) ( )
La funzione originaria dava l’altezza, cioè l’ordinata della curva per il valore x.
Si può ora considerare il coefficiente angolare della curva, in un punto P di coordinate x e
= '
y f x
( ) f ( x )
, come una nuova funzione di x, che indicheremo con e chiameremo derivata
f (x ) .
della funzione f x
( )
L’operazione di «derivazione» fa corrispondere ai valori di una data funzione i valori di
' f x
( )
f ( x )
un’altra funzione secondo una legge ben determinata, esattamente come la funzione
f (x )
è definita da una legge che associa ad ogni valore della variabile x il valore :
=
f x y f x
( ) ( )
= ordinata della curva nel punto x
=
' y f x
( )
f ( x ) = coefficiente angolare della curva nel punto x
Si ha perciò −
f ( x ) f ( x )
=
' 1
f x
( ) lim −
x x
∆ →
x 0 1
=
y f (x )
Immaginando la curva percorsa nel verso corrispondente alle x crescenti, se in un
>
'
f ( x ) 0
punto la derivata è positiva, cioè se , la curva è crescente, se la derivata è negativa,
< =
' '
f ( x ) 0 f ( x ) 0
cioè se , la curva è decrescente, mentre se , la curva ha in quel punto una
tangente orizzontale. In un punto di massimo o di minimo il coefficiente angolare della curva
deve essere 0. =
'
f ( x ) 0 rispetto a x, si possono trovare le ascisse e i punti di
Quindi, risolvendo l’equazione
massimo e di minimo, come fu fatto per la prima volta da Fermat.
'
f ( x ) , esaminiamo una curva come quella proposta di
Per vedere cosa significhi l’annullarsi di
seguito. Vi sono cinque punti, A, B, C, D, E, in cui la tangente a questa curva è orizzontale;
f x f x
( ) ( )
in questi punti. Il massimo di
indichiamo con a, b, c, d, e, rispettivamente, i valori di
nell’intervallo riprodotto è in D, il minimo in A.
Anche il punto B rappresenta un massimo, nel senso che per tutti gli altri punti nelle immediate
f (x ) f (x )
vicinanze di B, è minore di b, benché sia maggiore di b per punti vicini a D. Per
f (x )
questo motivo B si dice massimo relativo di , mentre D è il massimo assoluto.
Analogamente, C rappresenta un minimo relativo e A il minimo assoluto. 5
=
'
f (x ) f ( x ) 0
Infine, in E, non ha né massimo né minimo, anche se . Da ciò segue che
'
f ( x )
l’annullarsi di è una condizione necessaria ma non sufficiente per la presenza di un
massimo o un minimo. y x 6
J. A. F. PLATEAU & LE SUPERFICI MINIME
Se prendiamo una piccola bottiglia di plastica trasparente, la riempiamo a metà con acqua,
aggiungiamo uno schizzo di sapone liquido e la agitiamo, otteniamo una massa di bolle, ognuna
delle quali circondata da acqua insaponata.
Se si omette il sapone, quando si scuote la bottiglia le bolle si formano lo stesso, ma sono troppo
instabili e si rompono nel momento in cui si smette di scuotere. Con il sapone liquido, lo
“shakeraggio” produce una trasformazione radicale: il liquido si mescola sempre di più all’aria e
forma un intruglio quasi immobile e…schiumoso, non c’è altra parola.
Le bolle che si formano sono impilate come arance dal fruttivendolo, ma senza il loro
bell’ordine. Ognuna è una sfera circondata dal liquido che la isola dalle bolle vicine. Con il
passare del tempo la situazione cambia: il liquido diminuisce, le bolle diventano più grandi e
cambiano forma, al posto delle sfere, bolle adiacenti si distorcono in poliedri perfettamente
incastrati tra loro.
A differenza della geometria ripetitiva dei cristalli di sale, però, la struttura schiumosa ha facce
irregolari che possono avere dai tre ai nove vertici. Se ne hanno sei ricordano le celle esagonali
di un’arnia, ma la perfetta simmetria di un favo è ben lontana dalla stupefacente complessità
della schiuma!
IL PIÙ AUTOREVOLE DEI PRIMI SCHIUMOGENI
I tentativi iniziali per districare gli elementi di questa curiosa struttura furono compiuti
nell’Ottocento dal fisico belga Joseph Antoine Ferdinand Plateau (1801-1883). Le sue leggi di
geometria della schiuma sono tuttora valide.
Paradossalmente, Plateau rimase cieco per gran pare della propria vita perché durante certe
ricerche di ottica aveva guardato direttamente il sole. Prima di perdere la vista, studiò la
geometria di pellicole insaponate tese tra cornici di fil di ferro e continuò a farlo anche in
seguito, con l’aiuto di amici e parenti.
Nel 1873 pubblica il risultato di quindici anni di ricerche: "Statique expérimentale et théorique
des liquides soumis aux seules forces moléculaires". In quel libro si pongono molti problemi che
riguardano le lamine e le bolle di sapone. Nasce la moderna teoria delle superfici minime, le
superfici che hanno l'area più piccola tra tutte quelle di una famiglia definita in base a qualche
proprietà. Una delle cose più stupefacenti che osserva Plateau è che se si soffia con una
cannuccia in una soluzione di acqua saponata, comunque sia elevato il numero di lamine di
sapone che vengono a contatto fra loro, non vi possono essere altro che due tipi di
configurazioni. Precisamente le tre regole sperimentali che Plateau scopre a proposito delle
lamine saponate sono che:
1. un sistema di bolle o un sistema di lamine attaccate a un supporto in fil di ferro è costituito
da superfici piane o curve che si intersecano tra loro secondo linee con curvatura molto
regolare;
2. le superfici possono incontrarsi solo in due modi: o tre superfici che si incontrano lungo una
linea o sei superfici che danno luogo a quattro curve che si incontrano in un vertice;
3. gli angoli di intersezione delle superfici lungo una linea o delle curve di intersezione in un
vertice sono sempre eguali, nel primo caso a 120°, nel secondo a 109° 28'. 7
SUPERFICI MINIME: PIANO, ELICOIDE, CATENOIDE
I problemi di massimo e minimo possono essere molto difficili e spesso le nostre conoscenze non
sono sufficienti per risolverli mediante formule analitiche o costruzioni geometriche. Talvolta
anche la dimostrazione di esistenza è particolarmente impegnativa: si ricorre allora a
simulazioni effettuate al computer o tramite speciali dispositivi fisici. A volte la realizzazione di
una certa situazione o di un qualche fenomeno può essere convincente quasi quanto una prova
anche se non può mai sostituirla. Il motivo più profondo che spiega ciò è che gli oggetti
dell’esperienza fisica sono soltanto delle raffigurazioni di corrispondenti concetti matematici.
Così le lamine saponose e i contorni metallici che le sostengono forniscono una rappresentazione
suggestiva delle superfici, ma, per quanto sottili e levigate, non sono esattamente la stessa
cosa. È quindi necessario tenere sempre separato il risultato di un esperimento dalla soluzione
teorica del problema riprodotto. Elicoide
Catenoide
Sella di Shreck 8
RETI MINIME
Quando trattiamo problemi di “ottimizzazione”, nella vita di tutti i giorni, incontriamo senza
volerlo problemi di massimi e minimi.
Reti elettriche, telefoniche, stradali, ferroviarie, reti con cui veniamo a contatto praticamene
ogni giorno, possono essere viste come un insieme di linee che si incrociano in vari modi,
collegando fra loro diversi punti.
Qual è il tracciato più breve per collegare un certo numero di punti? La risposta è semplice se i
punti fissati sono due: un segmento di linea retta risolve il problema, ma se i punti sono tre o
quattro?
La risposta si può avere empiricamente usando una pellicola insaponata, essa indica
automaticamente il percorso giusto, attaccandosi su un plastico a piccola scala che riproduce la
distribuzione geografica dei vari punti.
Le tre lamine si incontrano formando, a coppie, un angolo di 120° simile a una Y. Se
modifichiamo la posizione dei pioli, la situazione è sempre caratterizzata da un incrocio interno
con angoli di 120° a meno che un vertice del triangolo non abbia un angolo interno maggiore o
uguale di 120°, allora la situazione è data dai due lati adiacenti a quest’angolo.
E nel caso di quattro punti? È sempre una soluzione in cui i segmenti partono dai vertici e si
incontrano in un punto centrale (forma a X)? La risposta è no, tenendo presente la prima legge di
Plateau che ci dice che le lamine si possono incontrare tre alla volta e formando angoli di 120°,
possiamo accorgerci che se scegliessimo la forma a X gli angoli avrebbero una misura inferiore e
quindi il percorso può essere migliorato. Se infatti cerchiamo configurazioni a forma di H storta
o a doppia Y, ci accorgiamo che questa soluzione è più breve proprio perché ci sono due
intersezioni, ciascuna formata da tre lamine piane, disposte ad angoli di 120°. 9
Consideriamo ora cinque punti disposti nei vertici di un pentagono regolare. La configurazione
lamine ottenuta e rappresentata da tre intersezioni, ciascuna generata da tre segmenti che si
incontrano, come sempre, a 120°.