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La tesina che ho scelto di sviluppare tratta l’argomento relativo alla birra; partendo da un’analisi etimologica della parola attraverso un percorso storico, che ha avvio nell’Antico Egitto e Mesopotamia fino ai giorni nostri. Ho deciso di approfondire questo tema, in quanto ritengo la birra una tra le bevande più consumate nella nostra epoca contemporanea. Considero inoltre importante conoscere il processo tecnico di fabbricazione della stessa, poiché ti permette di essere consapevole rispetto a ciò che si assume, soprattutto per quanto riguarda il tasso alcolico.
In questa tesina di maturità relazionerò, in modo molto particolareggiato, attraverso anche l’ausilio di grafici e tabelle tecniche, i processi produttivi che portano al prodotto finale della birra, partendo prima di tutto dalla materia prima, il malto, e successivamente occupandomi dei vari passaggi di composizione, approfondisco inoltre i temi legati alle muffe dei cereali che sono quegli elementi che apportano variazioni nel gusto della birra.
Ecologia: Le muffe dei cereali.
Tecniche di produzione: Il processo produttivo della birra.
Inglese: La Guinness.
Diritto: Le leggi che regolano l'esportazione e l'importazione delle birre.
Storia: Le origini della birra.
Indice analitico
Capitolo 1. La Birra
1.1 Etimologia della parola birra.
Poesia “ninkasi” realizzata da una Dea sumerica.
1.2
Capitolo 2.Storia della birra.
2.1 La birra in antico Egitto.
2.2 La birra in Mesopotamia
Capitolo 3 Tecniche di produzione
3.1 Processi di produzione della birra.
3.2 Essiccamento, ed eventuale torrefazione.
3.3 Processi di fabbricazione del malto e della birra.
3.4 Ammostamento.
3.5 Cottura del mosto e aggiunta di luppolo.
3.6 Fase di fermentazione e maturazione.
3.7 Stoccaggio ed imbottigliamento.
3.8 I Lieviti.
Capitolo 4 Ecologia agraria.
4.1 Le muffe.
4.2 Mal di piede dei cereali.
Capitolo 5 Inglese
5.1 La Guinness
Capitolo 6 Diritto.
6.1 Leggi che regolano l’esportazione e importazione. 3
Capitolo 1
1.1 Etimologia della parola birra
Fin dall’antica età del Bronzo (circa 2.200 -1.650 a.C.) in Italia settentrionale e nel resto
dell’Europa centro-occidentale, dalla tradizione della ceramica “di accompagnamento” del Vaso
Campaniforme emergono forme di boccali monoansati a pareti convesse, con capacità media di
norma inferiore ai 50 cl.: sembrano destinati a bevande forse fermentate ma senza particolari
di “sboccamento” di schiuma e pula, forse ancora idromele o vinelli di frutti (vite
esigenze
selvatica, corniolo, sambuco, more di rovo), secondo le attestazioni ricorrenti tra i ritrovamenti
nelle stazioni palafitticole. rivolgerci all’età del Ferro e al
Se vogliamo cercare le origini della birra moderna dobbiamo
mondo celtico, diffuso per coincidenza nell’Europa dell’età del Ferro nello stesso areale in cui è
endemico il luppolo. Del resto la stessa parola “birra”, ted. bier, fr. bière, viene probabilmente
dalla stessa radice del celtico brace, riferito da Plinio, che indicava una specie di cereale (la
scandella o orzo distico) e il malto fermentato per la fabbricazione della birra (cf. il francese
brasser ed il tardo latino di derivazione gallica braciare). L’ita liano antico cervogia e lo
spagnolo cerveza si rifanno invece al celtico ceruesia, *keruisia, lat. cervisia: era questa
presumibilmente la birra scura, per lo più d’orzo, derivando tale nome dalla radice indoeuropea
per “animale con corna, cervo” nel senso di determinazione di colore, come il nostro uso
moderno del termine “camoscio”. Una voce celtiberica ci restituisce invece il nome celtico della
birra chiara ricavata dal frumento, celia o cerea (cfr. l’inglese ale, i.e. *alu, imparentato
probabilmente con il celtico alausa o il latino alica, bevanda di cereali priva di alcool); questo
nome, la cui origine linguistica non è chiara, doveva essere utilizzato anche in Gallia Cisalpina,
a fianco di cervisia o cervogia, visto che sembrerebbe ricorrere in divers e radici toponimiche.
Poesia “Ninkasi” della Dea sumerica
1.2
Si pensa che in Mesopotamia la traccia più antica in cui compaia la parola birra, sia su una tavoletta sumera
di 6.000 anni fa, che ritrae persone intente a bere una bevanda con cannucce di paglia, da un recipiente
comune. Inoltre vi è una poesia sumera risalente a 3900 anni fa che onora Ninkasi, la divinità patrona della
produzione della birra, la fonte storica ritrovata contiene la più antica ricetta esistente di birra, descrivendo la
produzione di birra a partire dall'orzo per mezzo del pane.
« Ninkasi, tu sei colei che cuoce il bappir nel grande forno,
Che mette in ordine le pile di cereali sbucciati,
Tu sei colei che bagna il malto posto sul terreno...
Tu sei colei che tiene con le due mani il grande dolce mosto di malto...
Ninkasi, tu sei colei che versa la birra filtrata del tino di raccolta,
È [come] l'avanzata impetuosa del Tigri e dell'Eufrate » 4
Capitolo 2
2.1 La birra nell’Antico Egitto
La birra è una delle più antiche bevande prodotte dall'uomo, risalente almeno al V millennio a.C. di cui
rimane traccia su fonti scritte dell'Antico Egitto e della Mesopotamia.
Il pane e la birra erano la base dell’alimentazione degli antichi egiziani e pertanto costituivano
anche la base delle offerte funerarie per i defunti, come riporta la classica formula dell’offerta che
compare sulle stele e su numerosi oggetti dei corredi delle tombe. A conferma dell’importanza di
dei modelli di servitori, caratteristici dell’Antico
questi alimenti venivano deposti nelle tombe
Regno, che raffigurano donne in atto di macinare cereali o di preparare la birra per l’anima del
defunto.
La coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti del popolo egizio, fin dall’epoca
predinastica; come è noto fu favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che lasciando sul
terreno grandi quantità di fertile (limo) permettevano di effettuare anche due raccolti all’anno. Se la
piena era scarsa il terreno coltivabile si riduceva provocando gravi carestie, di cui ci è stata
tramandata notizia da diversi documenti; per questo motivo era importantissima una
regolamentazione delle acque e una rete di irrigazione delle terre.
L’aratura e la semina avvenivano appena l’acqua del Nilo si era ritirata dopo l’inondazione; la
mietitura era effettuata con falci di legno dal manico corto e con lama costituita fino al Medio
Regno da selci seghettate; quindi le spighe venivano battute per separare i chicchi dalla paglia. Una
volta puliti, i chicchi di cereali erano stivati dentro granai a forma di silos, sotto gli occhi attenti
degli scribi che registravano accuratamente il numero dei sacchi versati nei granai. Poiché
nell’antico Egitto non esisteva la moneta, ma solo il baratto, i cereali costituivano spesso lo
stipendio mensile dei lavoratori: un esempio ci è dato dagli elenchi delle paghe degli operai che
scavavano le tombe dei faraoni nella Valle dei Re, che ricevevano mensilmente quattro sacchi di
farro e uno e mezzo di orzo, oltre ad altri beni come legna, pesce e sale.
I cereali coltivati nella valle del Nilo erano essenzialmente tre: il farro (triticum dicoccum), un tipo
di frumento (probabilmente triticum aestivum) e l’orzo (hordeum sativum vulgare). I chicchi
venivano macinati dalle donne nelle case con macine del tipo a sella e la farina ottenuta era
utilizzata per fare pane di vario tipo; il lievito non era conosciuto e per lievitare la pasta di pane si
usava l’avanzo della pasta del giorno precedente. La cottura avveniva in forni domestici, o anche su
lastre di pietra arroventata; per particolari tipi di pane, per usi religiosi e soprattutto per l’offerta nei
templi del pane bianco conico, venivano utilizzate delle forme di terracotta preriscaldate
I pani d’orzo servivano soprattutto alla fabbricazione della birra. Prelevati dal forno prima della
completa cottura, venivano imbevuti di liquore di datteri e lasciati a fermentare; quindi venivano
pressati e filtrati attraverso un setaccio: la bevanda ottenuta consisteva in una birra non molto
alcolica che veniva conservata in giare accuratamente tappate. L’aggiunta di altri ingredienti poteva
variare il sapore e la gradazione della birra; altre bevande più o meno alcoliche venivano inoltre
ricavate dalla fermentazione di diversi frutti o bacche. 5
2.2 La birra in Mesopotamia
La birra è una delle bevande più antiche prodotte dall'uomo, probabilmente databile al settimo
millennio a.C., registrata come abbiamo visto precedentemente nella storia scritta dell'antico Egitto
e della Mesopotamia. La prima testimonianza chimica nota è datata intorno al 3500-3100 a.C..
Poiché quasi qualsiasi sostanza contenente carboidrati, come ad esempio zucchero e amido, può
andare naturalmente incontro a fermentazione, è probabile che bevande simili alla birra siano state
inventate l'una indipendentemente dall'altra da diverse culture in ogni parte del mondo.
Si hanno testimonianze di produzione della birra addirittura presso i Sumeri. Proprio in
Mesopotamia inoltre pare che sia nata la professione del birraio, e testimonianze riportano che parte
della retribuzione dei lavoratori veniva corrisposta in birra. Due erano le principali tipologie
prodotte nelle case della birra: una birra d'orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un'altra di farro
detta kurunnu. 6
Capitolo 3
3.1processi di produzione della birra
Il processo produttivo della birra può essere definito "birrificazione" o "brassaggio" e richiede numerose fasi
di lavorazione.
La prima di queste fasi può essere definita maltificazione: l'orzo o gli altri cereali dopo essere stati selezionati
e ripuliti, vengono immessi nelle vasche di macerazione, dove ricevono l'acqua e l'ossigeno necessario per la
germinazione.
Questo processo dura in genere tre o quattro giorni durante i quali l'acqua è mantenuta a temperature
comprese fra i 12 e i 15 gradi, e viene continuamente cambiata. Una volta che è stato raggiunto il grado di
umidità sufficiente, l'orzo viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di germinazione o
comunque in un luogo ben aerato.
Il processo viene arrestato quando il germoglio ha raggiunto circa i due terzi della lunghezza del chicco,
tramite essiccazione o torrefazione.
L'orzo maltato viene quindi macinato fino ad ottenere una specie di farina, quindi miscelato con acqua calda
(circa 65-68 gradi). Questa fase è detta ammostatura, in quanto il malto si trasforma in mosto. Precisamente
questo avviene quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in uno zucchero, il maltosio. La massa,
mantenuta in agitazione, viene portata, con opportune soste, alle temperature ottimali per l'attività enzimatica
di degradazione di amido e proteine, favorendone così la solubilizzazione nel mosto.
La parte liquida viene quindi separata dalla parte solida tramite filtrazione all'interno di un tino filtro, in cui il
mosto con le trebbie viene pompato dal basso. Quando tutto il mosto è stato trasferito, si lascia che le trebbie
sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla filtrazione. Per raggiungere un buon livello di
limpidità, il mosto viene fatto ricircolare più volte.
Il passo successivo è la cottura del mosto all'interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame (si tratta
infatti di un buon conduttore termico che non si degrada eccessivamente). Il tempo di cottura è fondamentale
per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in quanto durante questo
processo avvengono la gran parte delle reazioni biochimiche; normalmente varia tra un'ora e due ore e
mezza. Durante la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di acqua bollente ad alta
sterilizzazione del mosto. Sempre durante questa
pressione, si ha anche l'importante processo di 7
operazione avviene l'aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene considerata come il "cuore" del
birrificio.
Nel corso dell'ebollizione, in seguito a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del
malto, si formano complessi insolubili che costituiscono il trub a caldo. Questo tende a precipitare al termine
del processo e l'allontanamento è considerato fondamentale per la qualità e la stabilità della futura birra. Tale
azione è effettuata mediante l'uso del whirlpool, tino nel quale il mosto giunge tangenzialmente generando
una forza centrifuga che determina la raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e permette
la separazione di una fase liquida limpida.
In seguito il mosto viene raffreddato fino a temperature per le quali può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6
gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella alta; viene inoltre insufflato ossigeno in
quanto il processo si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi
La fermentazione si divide in due fasi; la prima, detta fermentazione principale, vede come principale
protagonista il lievito, che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli aminoacidi presenti nel mosto in
alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiae è più
rapido (ci vogliono in genere tre o quattro giorni) di quello a bassa fermentazione, in quanto si svolge a