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Sintesi

Introduzione Birra tesina



Ho scelto di fare la tesina di maturità sulla birra innanzitutto per curiosità: l’anno scorso mentre ero in un garden mi è caduto l’occhio su un barattolo con disegnato sopra un boccale di birra; incuriosito dal prodotto ho iniziato a documentarmi e ho scoperto che la birra si poteva produrre anche a casa, cosa che prima pensavo impossibile. Successivamente anche a scuola abbiamo iniziato a trattare la birra, sia sotto il profilo teorico che sperimentale: abbiamo realizzato una cotta anche a scuola. Ma la mia curiosità era ancora tanta, così ho provato ad acquistare una di quelle latte con disegnato un boccale di birra (che verranno trattate in seguito come birra da kit) e ho provato a realizzare anche io la mia prima cotta. Abbastanza soddisfatto del risultato ho provato a capire chimicamente e biologicamente come si trasformava il contenuto del kit in birra, ho iniziato a documentarmi, ad approfondire. È nata così la passione e la voglia di conoscere sempre più. Ma su internet e sui libri molti dettagli del mondo pratico vengono trascurati, lacuna che per mia fortuna è stata colmata da uno stage presso un birrificio di Busto Arsizio, dove ho imparato davvero tanto. Una volta messa la passione quello che leggerete nelle prossime pagine della mia tesina si è praticamente scritto da solo, sostenuto anche dalla voglia di condividere la mia ricerca e il mio percorso su questo fantastico argomento, che spero appassioni chi leggerà questa tesina come ha appassionato me.
Devo ringraziare alcune persone che mi hanno permesso la raccolta di dati difficilmente reperibili e l’esperienza diretta sul campo: i professori Piero Gomarasca e Antonio Velonà che mi hanno aiutato a trovare un birrificio nel quale poter effettuare uno stage e che hanno assolto la parte amministrativa; l’esperto di microbirrifici artigianali Lelio Bottero il quale mi ha permesso di rendere il bilancio di settore della birra il più vicino alla realtà possibile, dandomi indicazioni su alcuni costi di produzione difficilmente reperibili in rete; il mastro birraio Cesare Gualdoni e il suo braccio destro Jacopo che si sono dedicati con molta pazienza e infinita disponibilità a uno stagista alla prima esperienza, condividendo le loro conoscenze ed esperienze e dimostrando grande passione e competenza per il loro lavoro, un aspetto al giorno d’oggi molto raro.

Collegamenti


Birra tesina



Tecniche di allevamento animale e vegetale -

L'orzo

.
Valorizzazione delle attività produttive -

Ipotesi di un caso aziendale

.
Economia agraria -

Bilancio globale e di settore

.
Storia -

La birra, dalle origini ai giorni nostri

.
Inglese -

Storia della Guinness

.
Italiano -

Umberto Saba, dopo la tristezza

.
Educazione Fisica -

Gli effetti dell'alcool sul corpo umano

.
Estratto del documento

A. Vajani

- La mia esperienza: il birrificio L’Orso Verde

19

- Tecniche di allevamento vegetale e

24

animale: l’orzo

- Valorizzazione delle attività produttive:

ipotesi di un

caso aziendale

26

- Economia agraria: il bilancio dell’azienda

28

agraria

- Storia: dalle origini ai giorni nostri

34

- English: history of Guinness

37

- Italiano: dopo la tristezza

38

- Educazione fisica: gli effetti dell’alcol sul corpo

40

umano

- Fonti

42

Tesina sulla

birra Prefazione

Ho scelto di fare la tesina di maturità sulla birra innanzitutto per curiosità: l’anno

scorso mentre ero in un garden mi è caduto l’occhio su un barattolo con disegnato

sopra un boccale di birra; incuriosito dal prodotto ho iniziato a documentarmi e ho

scoperto che la birra si poteva produrre anche a casa, cosa che prima pensavo

impossibile. Successivamente anche a scuola abbiamo iniziato a trattare la birra, sia

sotto il profilo teorico che sperimentale: abbiamo realizzato una cotta anche a scuola.

Ma la mia curiosità era ancora tanta, così ho provato ad acquistare una di quelle latte

con disegnato un boccale di birra (che verranno trattate in seguito come birra da kit) e

ho provato a realizzare anche io la mia prima cotta. Abbastanza soddisfatto del

risultato ho provato a capire chimicamente e biologicamente come si trasformava il

contenuto del kit in birra, ho iniziato a documentarmi, ad approfondire. È nata così la

passione e la voglia di conoscere sempre più. Ma su internet e sui libri molti dettagli

del mondo pratico vengono trascurati, lacuna che per mia fortuna è stata colmata da

uno stage presso un birrificio di Busto Arsizio, dove ho imparato davvero tanto. Una

volta messa la passione quello che leggerete nelle prossime pagine si è praticamente

scritto da solo, sostenuto anche dalla voglia di condividere la mia ricerca e il mio

percorso su questo fantastico argomento, che spero appassioni chi leggerà questa

tesina come ha appassionato me.

Devo ringraziare alcune persone che mi hanno permesso la raccolta di dati

difficilmente reperibili e l’esperienza diretta sul campo: i professori Piero Gomarasca e

Antonio Velonà che mi hanno aiutato a trovare un birrificio nel quale poter effettuare

uno stage e che hanno assolto la parte amministrativa; l’esperto di microbirrifici

artigianali Lelio Bottero il quale mi ha permesso di rendere il bilancio di settore della

birra il più vicino alla realtà possibile, dandomi indicazioni su alcuni costi di produzione

difficilmente reperibili in rete; il mastro birraio Cesare Gualdoni e il suo braccio destro

Jacopo che si sono dedicati con molta pazienza e infinita disponibilità a uno stagista

alla prima esperienza, condividendo le loro conoscenze ed esperienze e dimostrando

grande passione e competenza per il loro lavoro, un aspetto al giorno d’oggi molto

raro. Introduzione

Oggigiorno si sente sempre più spesso parlare di birra, in particolare quella artigianale:

in Italia negli ultimi anni c’è stato un significativo incremento dei microbirrifici, in

particolare nell’Italia settentrionale; dove si è registrata una crescita esponenziale: dai

30 del 2004 agli oltre 600 del 2014. Ma a cosa è dovuta questa crescita? Perché le

persone decidono sempre più spesso di cambiare le loro abitudini e preferire una birra

prodotta da un piccolo birrificio rispetto a quelle prodotte dai grandi marchi? Sono

domande alle quali non è facile rispondere perché molto spesso sono scelte soggettive

basate sul gusto personale; inoltre non esiste una legge che definisca la differenza tra

la birra artigianale e quella industriale. L’unica differenza legislativa è basata sul

volume di birra prodotta: fino a 10.000 Hl/anno viene considerato microbirrificio, oltre

questo volume è considerato a tutti gli effetti un birrificio industriale. Ma quindi

qualitativamente cosa cambia?

Tenendo presente che le differenze possono variare da birrificio a birrificio in linea di

massima i birrifici industriali spesso utilizzano materie prime di qualità inferiori, per

esempio in Italia viene quasi sempre aggiunto il mais, cereale dal costo ridotto, scelta

volta a contenere i costi. Un ulteriore espediente per risparmiare sui costi è quello di

ottenere mosti concentrati (risparmiando così energia, manodopera e tempo) e diluirli

alla fine del processo produttivo (a discapito della qualità). Un’altra grande differenza

riguarda la necessità di conservare il prodotto più o meno a lungo: i grandi birrifici, per

esempio la Heineken, esportano birra in tutto il mondo: da qui la necessità di

conservare il prodotto per lunghi periodi effettuando trattamenti che inibiscano ogni

microrganismo, trattamenti quali la pastorizzazione o la filtrazione a 4 stadi (nel caso

delle birre con marchio Heineken o del suo marchio controllato Moretti) che però priva

la birra di una parte importante dei suoi aromi e impedisce che essa svolga il suo

naturale processo di maturazione in bottiglia. Ovviamente in questi grandi stabilimenti

è impossibile fare a meno di queste tecniche di conservazione: per esempio la

Heineken produce e commercializza più di 16 miliardi di litri di birra grazie ai suoi 140

stabilimenti in giro per il mondo. In alcune birre industriali inoltre possono essere

anche presenti dei conservati per lo stesso scopo.

Adesso che abbiamo capito in linea di massima le differenze tra birre industriali e

artigianali andiamo ad analizzare il processo produttivo: dai campi al bicchiere.

Tesina sulla

birra Gli ingredienti

Il malto

L’ingrediente fondamentale per una birra di buona qualità è il malto d’orzo (o il

frumento in caso si voglia ottenere una birra Weizen, il quale viene però sempre

mischiato a una percentuale, in genere superiore al 50%, di malto d’orzo).

Per ottenere un malto di ottima qualità bisogna partire da un orzo di buona qualità: è

essenziale che venga coltivato orzo distico e che non gli vengano somministrate

eccessive dosi di azoto; questo per ridurre il quantitativo di proteine nelle cariossidi

che causerebbero intorbidimento nella birra. Effettuata la raccolta (umidità massima

17%) le cariossidi vengono conservate al 13% di umidità (al quale possono essere

portate anche tramite essiccamento artificiale). Verranno poi immerse in acqua per un

tempo variabile compreso tra le 40 e le 70 ore e poi poste nelle camere di

germinazione, dove temperatura e umidità sono ideali per permettere lo sviluppo

dell’embrione presente all’interno della cariosside. Dopo due settimane circa saranno

visibili la piumetta e la

radichetta. In questa fase

vengono attivati i due

enzimi (citasi e diastasi)

che permetteranno (in

particolare la diastasi)

all’amido contenuto

all’interno della cariosside

di trasformarsi prima in Figura 1: destrina

destrine (fig. 1), non

fermentabili, e poi in maltosio (fig. 2), fermentabile, in modo che possa essere

utilizzato successivamente dalle cellule di lievito. A seconda del tipo di malto, varia la

proporzione dei due glucidi: in genere la presenza di destrine dà alla birra il “corpo”,

mentre la presenza di maltosio aumenta la gradazione alcolica (essendo fermentabile

viene completamente trasformato in alcol etilico dai lieviti). La fase successiva

consiste nel tostare i chicchi d’orzo per bloccare completamente la germinazione e

conferire gli aromi tipici del malto: a seconda della durata, dell’intensità della tostatura

e dell’umidità delle cariossidi al momento della tostatura cambiano gli aromi (per

esempio se si tostano da asciutte assumeranno l’aroma di biscotto, mentre se invece

si tostando da bagnate assumeranno l’aroma di caramello). Il colore del malto è dato

dalla tostatura e si misura con due unità diverse:

- Lovibond (usata negli Stati Uniti)

- EBC (European Brewery Convention, usata in Europa)

Un EBC è uguale a 1,97 Lovibond.

Figura 2: maltosio (formato da due

molecole di glucosio unite da un

legame α)

Per i vari tipi di malto bisogna fare una distinzione: oltre che per il colore e l’aroma che

apportano alla birra bisogna anche considerare se possiedono gli enzimi necessari per

trasformare l’amido in zuccheri più semplici (destrine e maltosio). In base alla quantità

di enzimi che possiedono si possono dividere in 3 categorie:

Malti con enzimi in eccesso: possiedono enzimi in quantità superiore alle loro

 esigenze;

Malti con enzimi solo per se stessi: possiedono quantità di enzimi che riescono a

 trasformare in glucidi semplici solo il loro stesso amido;

Malti senza enzimi: non possiedono enzimi, per poter scindere gli amidi devono

 essere abbinati a malti con enzimi in eccesso.

In seguito vengono presi in esame i principali tipi di malto, con le loro caratteristiche

principali:

- Pilsener: il malto base usato per la maggior parte delle birre in Europa.

Conferisce alla birra un colore chiaro. Ha enzimi in eccesso;

- Pale ale: è prodotto a temperatura leggermente superiore, presenta meno

proteine (minor rischio di intorbidimento), leggermente più scuro e meno ricco

di enzimi rispetto al pilsener, anche se ha sempre enzimi in eccesso;

- Munich, Vienna: prodotti a temperatura superiore rispetto al pale ale, il colore

che conferiscono al prodotto finito va dall’ambrato allo scuro. Hanno enzimi

sufficienti solo per sé stessi;

- Biscuit, Amber: il loro aroma è biscottato e danno un colore ambrato. Non ha

abbastanza enzimi neanche per convertire il suo amido;

- Carapils: di colore chiaro e con aroma tendente al caramello. La sua peculiarità

è che è poco fermentabile, viene usato per dare maggiore corpo alla birra

- Caravienne, Caramunich: anch’essi poco fermentabili, colore ambrato e

dall’aroma leggermente caramellato. Hanno enzimi sufficienti solo per sé stessi;

- Crystal: aroma che tende al caramello e colore che varia dal ramato

all’ambrato;

Tesina sulla

birra - Chocolate: se usato in buone quantità conferisce colore molto scuro alla birra.

L’aroma, come ricordato dal nome, è tendente al cioccolato, ma ha anche

sentori di caffè tostato;

- Malto di grano: favorisce la formazione di una schiuma compatta e duratura.

L’acqua

Altro ingrediente fondamentale per la birra è l’acqua: basta pensare che la birra è

composta per oltre il 90% di acqua e si capirà la sua importanza. L’acqua influenza la

birra sotto due aspetti: il gusto e la produzione.

Nel gusto assumono grande importanza i sali presenti nell’acqua; quali magnesio, ione

cloruro e ione solfato dato che influenzano la percezione dell’amaro del luppolo: in

acque povere di sali una birra tendente all’amaro sarà molto gradevole, mentre in

acque ricche di questi sali avrà un gusto più aggressivo. Grande importanza assume

anche la presenza eccessiva di cloro che a contatto con gli altri componenti della birra

da origine ai clorofenoli, sostanze che apportano un

gusto di “medicinale” al prodotto finito. Inoltre i sali

disciolti in acqua variano anche il pH dell’acqua

+ -

(andandosi a legare con gli ioni H o OH ). Si

premette che il pH ottimale del mosto a

temperatura ambiente per fare lavorare

correttamente gli enzimi è compreso tra 5,2 e 5,7.

++ 4-

Gli ioni Ca (ione calcio) e SO (ione solfato)

tendono a fare aumentare la concentrazione di ioni

+ 3-

H , mentre HCO (ione idrogenocarbonato o

bicarbonato) ha effetto tampone, ovvero diminuisce

le variazioni di pH, causando anche difficoltà nella

correzione del pH attraverso acido citrico o acido

3-

lattico. I valori ottimali dello ione HCO sono sotto le

50 ppm (parti per milione) per le birre chiare e le Figura 3: piaccametro

200 ppm per birre scure (i malti scuri hanno

potere acidificante nella fase di ammostamento). Per diminuire sia la concentrazione

++ 3-

di cloro che di ioni Ca e HCO è utile fare bollire l’acqua: il cloro tenderà a evaporare,

mentre lo ione calcio e lo ione idrogenocarbonato tenderanno a legarsi formando il

sale CaCO (carbonato di calcio) che tenderà a precipitare e depositarsi sul fondo del

3

recipiente di bollitura. Altro problema del che riguarda il pH si può avere nella fase di

filtrazione, dove un pH superiore ai 5,7 potrebbe estrarre dalle trebbie (quel che

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