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Passioni:per aspera ad astra
Latino: SENECA VITA E TRAGEDIE
Greco: ELLENISMO CALLIMACO E APOLLONIO RODIO
Inglese: EMILY BRONTE Wuthering Heights
Italiano: D'ANNUNZIO IL PIACERE
Biologia: SISTEMA NERVOSO SNC, SNP E NEURONI SPECCHIO
Storia: DALLA CADUTA DEL FASCISMO ALLA NASCITA DELLA REPUBBLICA
Filosofia: KIERKEGAARD LA FEDE COME PASSIONE
Caratteristiche: Sono le uniche tragedie latine a esserci pervenute in forma non
frammentaria. L'ipotesi più probabile è che fossero tragedie destinate soprattutto alle
recitationes: letture in pubblico.
Appartengono però a pieno titolo al genere tragico: hanno la struttura tradizionale (prologo,
episodi, cori, trimetro giambico).
Le tragedie sono sempre alimentate dalla filosofia e dalla dottrina stoica dell'autore, le
vicende si configurano infatti come conflitti di forze contrastanti, soprattutto all'interno
dell'animo, nell'opposizione tra mens bona e furor, la ragione e la passione. Al centro
troviamo la rappresentazione dello scatenarsi delle passioni sfrenate, non dominate dalla
ragione. Della ragione si fanno spesso portavoce i personaggi secondari: nutrici, servi. Dal
furor sono invece spesso dominati i protagonisti: Medea, Atreo, Fedra.Il logos si rivela
incapace di frenare le passioni e di arginare, quindi, il male.
Oltre al significato moralistico e filosofico, hanno anche un carattere spiccatamente
letterario.
Uno stoico contro le passioni
Seneca, da buon stoico dell'età imperiale, concentra i suoi sforzi su una filosofia dal forte
valore pratico. L'uomo deve inseguire la virtù, ovvero, secondo gli stoici, deve accettare il
proprio destino ed agire secondo la legge naturale del mondo, la ragione. E' saggio colui che
agisce razionalmente ed evita il più possibile di abbandonarsi alle passioni.
Le passioni sono una malattia dell'anima da evitare a qualsiasi costo. Che le passioni siano
una malattia né è prova pratica l'ira. Abbandonandosi ad essa si perde il lume della ragione
e si possono commettere atti di inaudita ferocia, quasi si fosse preda della pazzia. Più l'uomo
è saggio più si rende conto quanto sia necessario ragionare ed evitare le emozioni (l'apatia
stoica). Questo atteggiamento permette di eliminare tutta quella gamma di delusioni e
difficoltà che incontra necessariamente l'uomo passionale, il quale vive un rapporto
conflittuale con la realtà è la portata solitamente eccessiva dei suoi desideri. PAGINA 6
Come abbiamo detto ci sono pervenute alcune
tragedie che vengono attribuite a Seneca, e sono di
tradizione greca, ovvero prendono spunto da miti
greci. Ma di molti altri generi è ricco il mondo
classico. Ad esempio nell’età Ellenistica vi sono
una serie di nuovi generi che nascono e si
sviluppano in questo periodo per poi continuare tra
cui gli l'epillio, l'idillio, il mimo, la commedia
nuova, l'elegia amorosa, l'epigramma, il poema
didascalico. Il termine passione proviene dal greco
“soffrire,
pathe, sostantivo del verbo paschein
subire, patire”; rimanda dunque a uno stato di
ricettività, che innanzitutto non viene attivamente
suscitato. La Passione dell’uomo è
scelto ma
trattata da vari autori ed è presente in varie opere
dell’Ellenismo come per esempio negli Aitia di
Callimaco è nelle Argonautiche di Apollonio
Rodio.
L’ «Ερως» nell’età Ellenistica
Durante l’età Ellenistica, che si fa convenzionalmente inziare con la morte di Alessndro
Magno nel 323 a. C. e il suo sconfinato impero viene diviso fra i suoi generali, si vengono
a creare numerosi regni di varie dimensioni, ma accomunati dalla stessa lingua in prosa, il
superamento delle peculiarità dialettali diede origine alla koinè diálektos, una lingua
“comune”, basata sull'attico, ma priva di alcune sue peculiarità morfologiche e sintattiche.
Tra loro s’instaura una fitta rete di scambi commerciali e su questo nuovo assetto politico si
sviluppa una nuova cultura; questa cultura verrà chiamata Ellenismo, che abbraccerà tutti i
campi culturali dalla musica all’architettura. Tutti i temi letterari vennero trattati
nell'Ellenismo; anzi, questo periodo vide nascere un nuovo genere letterario: il romanzo. Il
tema amoroso vide la distinzione tra elegia ed epigramma; l'elegia, che precedentemente era
usata per trattare vari temi (bellica, gnomica, amorosa, quotidiana, politica), nell'Ellenismo
si sofferma prettamente sul quotidiano, in quanto l'amore viene ad inglobare tutti gli
argomenti e non rimane settorializzato. Gli autori si dedicarono indifferentemente a cantare
l'amore provato nei confronti della propria donna o quello nel confronti del mito, ma anche
questo secondo caso viene approfondito come il primo perché l'autore cerca di
immedesimarsi nel mito. L'amore cantato è un amore vero, reale, scavato in tutti i sensi e
contrapposto al sentimento del dolore. L'amore viene codificato in έρως (passione d'amore),
imeros (amore in senso generale) e poqos (desiderio d'amore). PAGINA 7
Nell'antica Grecia il l’amore era un sentimento tanto grande ed importante quanto
combattuto, è proprio per colpa dell'amore che si susseguirono diverse guerre; ma tra amore
sensibile sentimentale e incondizionato e la passione d'amore irruenta e travolgente c'era
molta differenza. Il primo, cioè l'amore di sentimento, quello ricambiato e incondizionato è
“αγάπη”, mentre la passione, la sensualità ad essa legata e l'amore carnale era “έρως”. L’eros
è una relazione che vede il «sé» al primo posto , è egocentrico ed è un attirare l’«altro» verso
bramare, cercare incessantemente di possedere. L’agape, invece,
se stessi: è desiderare,
mette l’ «altro» al primo posto è allocentrico ed è un movimento che ci fa andare verso gli
altri: è dare, donare, donarsi. Nel caso delle divinità Afrodite nella religione greca, è la dea
dell'amore, della bellezza, della sessualità, della sensualità, della lussuria mentre Eros nelle
religioni dell'antica Grecia è il dio dell'amore. Nelle origini non era considerato divinità, ma
pura forza ed attrazione: per Omero infatti rappresentava quell'attrazione irresistibile che
due persone sentono uno per l'altro e che può portarli a perdere la ragione o alla distruzione.
In Saffo la differenza tra eros e agape non c’è; per Saffo l'amore è un sentimento così puro
da innalzarsi ad ogni livello per manifestarsi nella sua forma totalitaria, Saffo parla di un
amore che riempie ogni aspetto e che evade dal cuore per toccare ogni organo dell'uomo.
Callimaco
Il maggiore dei poeti alessandrini, è considerato sia il principale teorico sia il migliore
esponente della poesia ellenistica. Nato intorno al 300 a. C. a Cirene, in gioventù visse in
ristrettezze economiche e si guadagnava da vivere insegnando in una scuola di provincia;
poi, non sappiamo come, entrò a far pane della corte, ottenendo il favore dei sovrani. Lavorò
alla Biblioteca come poeta ed erudito, ma sappiamo con certezza che non ne divenne mai il
direttore; tutte le sue opere sono dedicate ai sovrani che lo proteggevano, Tolomeo Filadeflo
e poi Tolomeo Evergete. Le sue opere gli procurarono fama e gloria, ma scatenarono aspri
dibattiti con invidiosi contemporanei. Morì intorno al 240.
Aitia
Gli Aitia erano l'opera più vasta di Callimaco: contenevano circa 4000 versi divisi in quattro
libri. Non si trattava di un'opera ordinata, bensì di una raccolta di numerose elegie, in genere
indipendenti tra loro. Ogni aition era dedicato alla ricerca delle origini di una festa, di una
città, di un mito, di un'istituzione. Oggi ci rimangono il proemio ed alcuni frammenti, tra
cui la Chioma di Berenice. Nonostante l'apparente contenuto scientifico, gli Aitia sono in
realtà un'opera di intrattenimento, uno sfoggio di erudizione in cui risalta soprattutto la
raffinatezza dell'arte di Callimaco. Il proemio è un'invettiva di Callimaco contro i Telchini,
soprannome dato ai poeti invidiosi del suo successo. Il poeta imputa ai Telchini di non rifarsi
ai canoni ellenistici del tempo, ma a quelli classici. La Chioma di Berenice è l'aition che
chiude il quarto e ultimo libro dell'opera. PAGINA 8
Apollonio Rodio
Apollonio Rodio nacque ad Alessandria d'Egitto intorno al 290 a.C. e soggiornò a lungo a
Rodi (da qui l'appellativo di Rodio). L'unica altra notizia certa della sua vita è che divenne
direttore della Biblioteca.
Apollonio Rodio viene generalmente visto in contrapposizione con il suo ex maestro,
Callimaco; in realtà questa rivalità è per alcuni aspetti solo apparente. Apollonio aveva in
effetti uno stile molto diverso da quello dì Callimaco, e riteneva di poter scrivere un’opera
Scrisse effettivamente un’opera gigantesca,
di carattere epico in età ellenistica. le
Argonautiche, unico poema ellenistico a noi pervenuto.
Le Argonautiche sono un poema in esametri lungo circa seimila versi divisi in quattro libri.
Narra le vicende della spedizione degli Argonauti, dalla partenza da Iolco fino al ritorno in
Grecia. Il I, il II (che descrivono il viaggio di andata nella terra della Colchide) e il IV
(dedicato al ritorno in patria) sono molto pesanti, ma il terzo, che racconta l'amore tra
Giasone e Medea, è considerato uno dei capolavori dell'ellenismo. Eccettuato il terzo libro,
si può affermare che Apollonio non si inserisce a viva forza nel mito, mutandolo o
spezzandolo, ma lo mantiene sostanzialmente inalterato; ad esempio, il poema inizia con la
descrizione dei partecipanti alla spedizione, che ricalca l'elenco delle navi che presero parte
alla guerra di Troia contenuto del II libro dell'Iliade. Giasone viene messo in evidenza (è
l'ultimo ad essere nominato), ma di lui sono descritti i tratti più umani, ha dei sentimenti,
ma non c’è uno scavo psicologico profondo. Egli vuole raggiungere il proprio fine
(conquistare il vello d'oro), ma non scavalca il suo mondo sentimentale (come invece fece
Enea). Giasone resta freddo (mentre il Giasone di Euripide ha un suo mondo sentimentale
in cui crede), a metà strada tra uomo e eroe.
Il III libro narra della passione amorosa di Medea per Giasone. Eeta, re dei Colchi e padre
di Medea, impone a Giasone durissime prove da affrontare prima di entrare in possesso del
vello d'oro con la speranza che il greco muoia nel corso delle prove. Ma Medea, colpita da
una freccia di Eros, s’innamora a prima vista di Giasone; la ragazza trascorre una notte
agitata da angoscianti sogni, nei quali la vergine fedele al padre si scontra con la donna
colpita dalla passione per l'amato. Nella mente di Medea balena anche l'idea del suicidio,
ma il bel ricordo della vita trascorsa la fa tornare sui suoi passi e, momento dopo momento,
matura l'idea di salvare Giasone, procurandogli delle pozioni indispensabili per superare la
prova. Il mattino seguente Medea, con il cuore che le sobbalza in petto (cuore reso con
kardia, a rilevare la fisicità del sentimento di Medea), incontra Giasone che si avvia per
affrontare la prova e, offrendogli le pozioni, gli confessa il suo amore. E Giasone la rassicura
dai suoi timori assicurando che la porterà con sé in Grecia, dove, onorata da tutti per l'aiuto
reso agli Argonauti, vivrà per sempre accanto a lui: questo è il suo pegno d'amore. Poi
Giasone, grazie all'aiuto di Medea, supera la prova. PAGINA 9
Dal III libro evince la forte passione amorosa dei due protagonisti, che però è talmente forte
che Medea arriva quasi al punto di suicidarsi, ma è proprio l’attaccamento alla vita e il
ricordo del passato che la salva da questo delitto. Guidata dalla passione riesce a dominare
l’amore per il giovane Giasone e ad aiutarlo. L’eros che caratterizza questo componimento
è in grado di essere placato dalla ragione e salva allo stesso tempo la vita a Medea. Tramite
la sofferenza amorosa però e l’aiuto della ratio raggiunge l’obiettivo e il lieto fine.
Altri generi letterari sono fondamentali in questo periodo tra cui L’epigramma con ad
esempio Asclepiade e Nosside. La sua caratteristica fondamentale fu la brevitas, che
permetteva di raggiungere immediatamente l'acme della poesia e di mantenerlo per tutto il
componimento: la cura formale era infatti essenziale per i poeti dell'ellenismo. Un’altra
caratteristica peculiare fu la spiccata soggettività: l'autore si poneva in prima persona nel
componimento e fissava in pochi versi uno stato d'animo o una vicenda della vita. I temi
trattati erano svariati: l'amore il vino, la morte, un paesaggio, una disputa letteraria, la