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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Artisti allo specchio
Autore: Gabriele Torri
Descrizione: il mio percorso parla principalmente di alterego letterari e del rapporto che questi hanno con gli autori attraverso riflessioni e interpretazioni.
Materie trattate: italiano, inglese, arte, storia, filosofia
Area: umanistica
Sommario: Uno dei soggetti più interessanti per un artista è se stesso, nel corso della storia molti hanno provato a raccontarsi e analizzarsi, ma è nel novecento che grazie alle teorie psicanalitiche e a particolari condizioni storiche e sociali si sono raggiunti i risultati più interessanti. Il mio percorso vuole analizzare il pensiero di alcuni autori, italiani e stranieri, che hanno sviluppato la propria opera in quella direzione tra i quali Pirandello, Svevo e Wilde. Quello che presento è però una mia interpretazione personale della loro opera, e non pretende quindi di essere né completa né assoluta, ma solo un punto di vista. Un significato assoluto di opere così complesse non credo nemmeno si possa trovare, come è dimostrato dal dibattito critico ancora aperto e vivace. Interpretazioni diverse non si escludono a vicenda, ma si esaltano dimostrando la stratificazione di significato ottenuta dall'autore. citando Oscar Wilde "La diversità di opinioni intorno a un'opera d' arte dimostra che l'opera è nuova, complessa e vitale".
LA CREAZIONE ARTISTICA
Lo sviluppo della mia tesi comincia con la nascita dell’opera d’arte, infatti è proprio lì che
il rapporto tra l’artista e l’opera è massimo.
In questo processo possiamo riconoscere tre fasi: una di analisi in cui l’autore raccoglie e
sviluppa le idee, una di sintesi, il colpo di genio in cui l’artista effettivamente crea e infine
la fase di produzione materiale dell’opera. L’importanza delle tre componenti varia molto
a seconda dell’arte presa in considerazione, del periodo storico e dalla sensibilità
personale dell’artista.
Ad esempio, pensando all’arte figurativa, possiamo osservare un’evoluzione storica che
va dal simbolismo medioevale (in cui prevale la fase di analisi) all’arte rinascimentale
(ricerca della perfezione formale) per arrivare all’arte moderna in cui ciò che conta non è
più la forma ma il messaggio.
Uno dei periodi più interessanti è il ‘900, in cui questa distinzione non solo viene
reinterpretata, ma tende a diventare sempre più labile: la forma diventa essa stessa frutto
di ragionamento e intuizione, l’intuizione viene rappresentata (pensiamo alle epifanie di
Joyce) e le opere tendono a diventare sempre più stratificate e aperte.
In un contesto di questo genere di fatto le alternative sono due: percorrere le strade della
sperimentazione formale (in questo campo ebbero grande importanza le avanguardie
storiche) oppure porre l’individuo al centro della propria indagine.
LE AVANGUARDIE STORICHE
Le avanguardie storiche furono un fenomeno di grande importanza e diffusione nato
all’inizio del XX secolo. Il termine avanguardie deriva dal linguaggio militare e rappresenta
la voglia di questi artisti di trovare nuove forme espressive e rompere con la tradizione.
I vari gruppi spesso non si limitavano a una sola forma espressiva,
ma comprendevano artisti di ogni tipo, pensiamo ad esempio al
gruppo Die Brücke che raduno i primi espressionisti quali Ernest
Ludwig Kirchner, Erich Heckel ed Emil Nolde ma che permetteva
l’ingresso anche ai non artisti; o al futurismo che oltre a
comprendere pittori, architetti e scrittori teorizzò addirittura una
nuova concezione del mondo e della società.
Generalmente la produzione artistica era regolata dai manifesti di
carattere ideologico o tecnico in cui venivano esposti i presupposti
teorici comuni al gruppo.
Questa caratteristica di collettivizzazione dell’arte rende questo Marcel Duchamp,
genere di artisti poco interessanti rispetto al mio percorso; infatti L.H.O.O.Q., Ready –
l’aderenza al manifesto, dando dei riferimenti comuni, esalta l’artista made rettificato
non per la sua vicenda biografica ma per la capacità di esprimere il
messaggio comune in modi nuovi e creativi. 4
L’ARTISTA COME SOGGETTO NEL NOVECENTO
La situazione culturale d’inizio Novecento tuttavia non può essere limitata alla nascita
delle avanguardie e alla sperimentazione formale: la rivoluzione fu notevolmente più
profonda e radicale ed ebbe origine principalmente dagli studi rivoluzionari sulla psiche
compiuti da Sigmund Freud. Egli smontò infatti la concezione dell’uomo come unico e
compatto svelando, invece in esso una complessità intrinseca.
Oltre al grandissimo interesse nato nei confronti del mondo onirico che interessò ogni tipo
di artista (pensiamo ai pittori surrealisti o a Joyce che scrisse Finnegan’s Wake per
ricreare il mondo della notte e quindi del sogno), un risvolto di massima importanza della
rivoluzione psicanalitica si ebbe nel genere del romanzo, che con Svevo e Pirandello
raggiunse in Italia altissimi livelli.
Questi due autori strutturano i propri romanzi in forma di romanzo di formazione
introducendo in esse il loro pensiero filosofico e la loro esperienza personale al fine di
sviscerare la natura della mente umana.
LUIGI PIRANDELLO
Il fulcro del pensiero di Pirandello può essere riassunto con il
titolo di uno dei suoi romanzi: “Uno, nessuno e centomila”.
L’uomo non è unitario, ma è un individuo diverso per i centomila
che lo vedono e, nonostante per se stesso sembra uno solo, in
realtà è nessuno, poiché quello che credeva essere se stesso in
realtà è una maschera, una rappresentazione che non coincide
con la realtà.
Le soluzioni a questo dilemma sono per l’autore due: accettare
la propria maschera e continuare a vivere la propria vita o
abbandonarla e prendere atto dell’inesistenza di un’identità.
In quest’ultimo caso le conseguenze sono tragiche: Vitangelo
Moscarda, il protagonista di uno, nessuno e centomila finisce pazzo agli occhi di tutti che
non riconoscono più la sua maschera, e ha come unica soluzione il vivere a contatto con
la natura in un ricovero psichiatrico da egli stesso costruito.
Come si può notare il messaggio di Pirandello è fortemente nichilista: la società non è più
umana, gli individui sembrano diventare automi e chi si sforza per ragionare e
approfondire finisce escluso. 5
ITALO SVEVO, LA COSCIENZA DI ZENO
L’opera di Svevo per certi versi può essere avvicinata a
quella di Pirandello, esistono però tra le due differenze
sostanziali: egli supera la concezione pirandelliana di
un individuo poliedrico introducendo l’idea
dell’evoluzione della personalità.
Anche se a prima vista il ragionamento filosofico de “la
coscienza di Zeno” può sembrare vicino a quello di
Pirandello, le differenze tra i due autori sono enormi:
Svevo non scompone l’individuo in tante parti diverse e
contemporanee, ma sottolinea il fatto che questo è
soggetto ad una continua evoluzione.
Questo inoltre non è un punto di arrivo, bensì un punto di partenza per un’analisi
psicologica tanto profonda quanto complessa, tanto che il dibattito critico è ancora aperto
e le varie interpretazioni sono spesso in contrasto fra loro.
La visione che voglio presentare io è un mio punto di vista personale, non vuole quindi
essere un’analisi assoluta che oltretutto non penso nemmeno esista. La grandezza di
quest’opera, e di tutte le grandi opere d’arte in generale è quella di aprire una serie di
porte che sarà poi l’osservatore a varcare. Oscar Wilde disse:
“It is the spectator, and not life, that art really mirrors”
“L’arte rispecchia lo spettatore non la vita”
Limitare l’arte alla presentazione di un punto di vista è riduttivo.
La mia riflessione comincia dal rapporto tra Svevo e Zeno, in particolare nell’ultimo
capitolo, visto da molti come uno sfogo personale dell’autore nei confronti del mondo.
Queste sono le pagine in questione:
24 Marzo 1916
Dal Maggio dell'anno scorso non avevo piú toccato questo libercolo. Ecco che dalla Svizzera il dr. S. mi
scrive pregandomi di mandargli quanto avessi ancora annotato.
È una domanda curiosa, ma non ho nulla in contrario di mandargli anche questo libercolo dal quale
chiaramente vedrà come io la pensi di lui e della sua cura. Giacché possiede tutte le mie confessioni, si
tenga anche queste poche pagine e ancora qualcuna che volentieri aggiungo a sua edificazione. Ma al
signor dottor S. voglio pur dire il fatto suo. Ci pensai tanto che oramai ho le idee ben chiare.
Intanto egli crede di ricevere altre confessioni di malattia e debolezza e invece riceverà la descrizione di
una salute solida, perfetta quanto la mia età abbastanza inoltrata può permettere. Io sono guarito! Non solo
non voglio fare la psico-analisi, ma non ne ho neppur di bisogno. E la mia salute non proviene solo dal fatto
che mi sento un privilegiato in mezzo a tanti martiri.
Non è per il confronto ch'io mi senta sano. Io sono sano, assolutamente. Da lungo tempo io sapevo che la
mia salute non poteva essere altro che la mia convinzione e ch'era una sciocchezza degna di un sognatore
ipnagogico di volerla curare anziché persuadere. Io soffro bensí di certi dolori, ma mancano d'importanza
nella mia grande salute. […] la vita non può essere considerata quale una malattia perché duole.
Ammetto che per avere la persuasione della salute il mio destino dovette mutare e scaldare il mio
organismo con la lotta e sopratutto col trionfo. Fu il mio commercio che mi guarí e voglio che il dottor S. lo
sappia. 6
Attonito e inerte, stetti a guardare il mondo sconvolto, fino al principio dell'Agosto dell'anno scorso. Allora io
cominciai a comperare . Sottolineo questo verbo perché ha un significato piú alto di prima della guerra. In
bocca di un commerciante, allora, significava ch'egli era disposto a comperare un dato articolo. Ma quando
io lo dissi, volli significare ch'io ero compratore di qualunque merce che mi sarebbe stata offerta. Come
tutte le persone forti, io ebbi nella mia testa una sola idea e di quella vissi e fu la mia fortuna. L'Olivi non
era a Trieste, ma è certo ch'egli non avrebbe permesso un rischio simile e lo avrebbe riservato agli altri.
Invece per me non era un rischio. Io ne sapevo il risultato felice con piena certezza. Dapprima m'ero
messo, secondo l'antico costume in epoca di guerra, a convertire tutto il patrimonio in oro, ma v'era una
certa difficoltà di comperare e vendere dell'oro. L'oro per cosí dire liquido, perché piú mobile, era la merce
e ne feci incetta. Io effettuo di tempo in tempo anche delle vendite ma sempre in misura inferiore agli
acquisti. Perché cominciai nel giusto momento i miei acquisti e le mie vendite furono tanto felici che queste
mi davano i grandi mezzi di cui abbisognavo per quelli. […]
Il dottore, quando avrà ricevuta quest'ultima parte del mio manoscritto, dovrebbe restituirmelo tutto. Lo
rifarei con chiarezza vera perché come potevo intendere la mia vita quando non ne conoscevo quest'ultimo
periodo? Forse io vissi tanti anni solo per prepararmi ad esso!
Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella vita stessa una manifestazione di
malattia. La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti
e peggioramenti. A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe
come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena
curati.
La vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo s'è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata
l'aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e
mettere al proprio servizio delle altre forze. V'è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una
grande ricchezza... nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci
guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!
Ma non è questo, non è questo soltanto.
Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un
solo progresso, quello del proprio organismo. […]Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del
suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si
comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre piú furbo e piú debole. Anzi si capisce che la
sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo
braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma,
oramai, l'ordigno non ha piú alcuna relazione con l'arto. Ed è l'ordigno che
crea la malattia con l'abbandono della legge che fu su tutta la terra la
creatrice. La legge del piú forte sparí e perdemmo la selezione salutare.
Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del
maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.
Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo
alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno piú, un uomo fatto come
tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un
esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente
esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto
anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' piú ammalato, ruberà tale