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Introduzione Artista Maledetto, tesina
La seguente tesina di maturità tratta il tema dell'artista maledetto.
In questa tesina analizzerò l’evoluzione dell’artista maledetto nel tempo, cercando di capire quanto la sua arte ed il suo stile di vita siano stati influenzati dalla societàa loro contemporanea. Propongo questo argomento perché personalmente trovo sia interessante osservare quanto i vari artisti (poeti, musicisti, pittori) abbiano in comune, nonostante i diversi ambienti di appartenenza: nel primo capitolo analizzerò la poesia simbolista di Baudelaire nella Francia di fine ‘800; nel secondo passerò all’impero asburgico, descrivendo l’esperienza artistica di Schiele, e al Regno Unito di inizio ‘900, dove si annida il pessimismo dei poeti modernisti; nel terzo capitolo invece approfondirò la vita ed il contesto storico (gli anni ’60) di alcune icone del rock che hanno incarnato perfettamente il modello dell’artista maledetto; infine nel quarto capitolo parlerò di come la società ed il mercato abbiano il potere di corrompere e rovinare un’artista, esaminando il percorso di Jean-Michel Basquiat. Ho scelto questo argomento perché l’artista maledetto è ancora una figura attuale, non solo appartenente al passato, ma anche alla contemporaneità, basti pensare alle morti più recenti di Kurt Cobain (leader della band grunge dei Nirvana), nel 1994, e della cantante soul Amy Winehouse, nel 2011.
Collegamenti
Artista Maledetto, tesina
Italiano - La visione simbolica di Baudelaire
Arte - Il disagio di Schiele
Basquiat e il graffitismo
Inglese - Il pessimismo di Joyce
Storia - Le contestazioni giovanili
Filosofia - Marcuse
Musica - Il club 27
essere creato fosse già stato realizzato). I poeti simbolisti furono però in grado di
trovare una via d’uscita da questa opprimente e statica situazione storica e sociale,
attraverso l’arte e, soprattutto, l’esplorazione dell’ignoto: il tema dell’irrazionale è
infatti un punto fisso nella poesia simbolista, poiché rappresenta il rifiuto della
visione scientifica e razionale, che aveva caratterizzato gran parte della letteratura,
in particolare la prosa, francese del periodo immediatamente precedente (basti
pensare al grande romanzo naturalista francese). Questa ricerca, del tutto
soggettiva, si concretizza attraverso simboli, analogie e immagini evocative, che
mirano al disvelamento della realtà nascosta dietro alle apparenze sensibili della
quotidianità, all’essenza più profonda delle cose e dell’universo. Per quanto
riguarda la forma, più di ogni altra cosa viene privilegiata la parola con i suoi suoni
e la sua musicalità. Tutto ciò si manifesta nelle poesie sia con figure semantiche
quali metafore, analogie e sinestesie, sia con figure foniche (allitterazioni,
assonanze e consonanze).
1.4: La visione simbolista di Charles Baudelaire
Nonostante Charles Baudelaire, poeta, critico e giornalista francese, non possa
essere ritenuto un “artista maledetto”, poiché morto qualche decennio prima della
nascita del termine, analizzare alcune delle sue poesie può essere fondamentale
per meglio comprendere lo stato d’animo e la situazione sociale dei poètes maudits,
data la presenza di varie caratteristiche in comune tra Baudelaire e i poeti
successivi.
Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821, da una famiglia borghese benestante e
rispettabile; i suoi genitori, per strapparlo alla vita dissoluta da bohémien della sua
gioventù, decisero di imbarcarlo su una nave diretta in India. Questo viaggio, mai
concluso dal poeta che sceglierà di ritornare in Francia prima di giungere alla meta,
sarà molto importante nella produzione letteraria di Baudelaire, spesso legata al
tema dell’esplorazione e dell’esotismo. Tornato a Parigi, lo scrittore sperperò in
poco tempo l’eredità ricevuta dal padre (morto quando lui era piccolo) e fu poi
costretto a dedicarsi alla critica (sia letteraria che d’arte) per vivere. Fu proprio
grazie al suo lavoro come critico che ebbe modo di conoscere Edgar Allan Poe,
poeta e scrittore statunitense: in lui Baudelaire riconosce uno spirito fraterno,
attratto come lui dalle atmosfere nere e allucinate e come lui incompreso e
sregolato. Il capolavoro di Baudelaire è senza dubbio la raccolta de I fiori del male
(Les fleurs du mal in francese), pubblicata nel 1857 e sottoposta a processo per il
grande scandalo suscitato; la sentenza fu negativa e il poeta fu costretto a
modificare la sua opera, la cui seconda edizione uscì nel 1861. Nello stesso tempo
però il suo fisico era ormai provato dall’uso di sostanze stupefacenti (tra cui oppio
PAGINA 7
e hashish) e dalla malattia, la sifilide, contratta durante la sua giovinezza; l’insieme
di tali aspetti portò alla morte di Baudelaire nel 1867.
I fiori del male è un romanzo in versi, una raccolta di poesie che racconta il
simbolico “viaggio” del poeta e la sua combattuta condizione, in bilico tra “ideale”,
ovvero la bellezza ideale, i valori, l’anima dell’universo che segretamente collega
ogni aspetto della vita, e lo “spleen”, paragonabile all’umor nero degli antichi, una
sensazione di profonda malinconia e disagio interiore. Proprio da questo stato
d’animo l’artista cerca continuamente di fuggire, con vari tentativi: l’alcool, le
droghe, l’amore, la negazione di Dio e la morte, non come fonte di salvezza nel
trascendente ma come disperato tentativo di trovare nell’ignoto qualcosa di nuovo.
L’opera, seppur caratterizzata da un disegno organico, è divisa in sei sezioni:
“Spleen e ideale”, “Quadri parigini”, “I fiori del male”, “La rivolta”, “Il vino”, “La
morte”. Uno dei temi principali, come già ho anticipato, è quello dello spleen, stato
di angoscia provato dall’artista, consapevole del fatto che la società moderna ha
svuotato l’arte di ogni significato, così come ha ridotto la vita a misera e continua
ricerca del profitto. Tale concetto era così importante per Baudelaire al punto di
dedicargli un’intera poesia: “Spleen”.
La poesia “Spleen” è contenuta nella prima sezione, intitolata “Spleen e ideale”. Dal
punto di vista formale, l’autore si è dimostrato fedele alle forme della tradizione;
ciò che veramente colpisce è il modo in cui Baudelaire utilizzò un lessico
quotidiano e immagini sgradevoli per calarci implacabilmente nella sua interiorità,
senza garantirci alcuna possibilità di fuga. Il poeta fece ricorso ad alcune immagini
particolarmente crude e spiacevoli per fare entrare, prima lentamente, poi in modo
vertiginoso, il lettore in una dimensione lugubre e opprimente, attraverso
espressioni del linguaggio comune:
«
Quando come un coperchio il cielo pesa
grave e basso sull’anima gemente
in preda a lunghi affanni, e quando versa
su di noi, dell’orizzonte tutto il giro
abbracciando, una luce nera e triste
»
più delle notti PAGINA 8
In questi primi versi possiamo già percepire l’atmosfera cupa e tenebrosa della
mente dell’autore, che trapela dalla descrizione dal cielo, paragonato ad un
coperchio che ci schiaccia verso il basso:
«
e quando si è mutata
la terra in una cella umida, dove
se ne va su per i muri la Speranza
sbattendo la sua timida ala, come
un pipistrello che la testa picchia
su fradici soffitti; e quando imìta
la pioggia, nel mostrare le sue striscie
infinite, le sbarre di una vasta
prigione, e quando un popolo silente
di infami ragni tende le sue reti
in fondo ad i cervelli nostri, a un tratto
furiosamente scattano campane
come spiriti erranti, senza patria,
che si mettono a gemere ostinati.»
L’atmosfera è qui ulteriormente amplificata, attraverso una serie di similitudini e
metafore. La Speranza viene personificata e paragonata ad un agonizzante
pipistrello; la mente è comparata ad una cella fredda e inospitale, popolata da
ragni. La scelta lessicale assume un forte rilievo: per accentuare ancora di più il
tono di sofferenza che pervade la strofa, vengono impiegate espressioni sgradevoli
quali “cervelli nostri” e “urlo atroce”. Questa prima, lunga, strofa è seguita
solamente da un’altra stanza, di soli cinque versi:
«…E lunghi funerali lentamente
senza tamburi sfilano né musica
dentro l’anima: vinta, la Speranza
piange, e l’atroce Angoscia sul mio cranio
pianta, dèspota, il suo vessillo nero.» PAGINA 9
Le ultime cinque righe forniscono, per mezzo di un linguaggio analogico, la
definizione di spleen: un corteo funebre, la disperata rassegnazione di fronte alla
sconfitta della Speranza da parte dell’Angoscia, che ha ormai ottenuto il totale
controllo sulla mente dello scrittore. Il lettore si sente sprofondare, con il passare
dei versi viene spinto verso il basso fino a ritrovarsi in un ambiente freddo,
inospitale, una sorta di incubo senza via d’uscita.
Particolarmente importante risulta essere anche la riflessione compiuta da
Baudelaire sulla condizione dell’artista all’interno della società, condizione di cui
il poeta parigino sembra essere ben consapevole: l’artista dell’‘800 non era più
apprezzato come in passato, per lo meno non l’artista che si esprimeva
liberamente, seguendo il suo talento e il suo istinto. Nel corso del XIX secolo il
concetto di bello assoluto entrò in crisi e inoltre i grandi cambiamenti sul piano
politico condizionarono il rapporto tra artisti e opinione comune. Sempre nella
sezione “Spleen e ideale” de I fiori del male, Charles Baudelaire creò un parallelo tra
un albatro e se stesso: come l’albatro, il poeta non si sente a suo agio nella società,
non viene compreso dagli altri, anzi viene isolato e schernito:
« Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
10 E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi, zoppicando, fa il verso allo storpio che volava!»
Ma nonostante questo, proprio grazie alla sua diversità, il poeta può avvicinarsi a
ciò che altri non riescono neppure a intuire: la sottile rete di “corrispondenze” che
collega ogni cosa, animata e inanimata. L’artista dell’’800, come lo stesso
Baudelaire, spesso conduceva una vita sregolata, dedita ad ogni tipo di vizio, fuori
dagli schemi della società, ma grazie a questa caratteristica aveva la possibilità di
osservare il mondo da una prospettiva diversa e di coglierne gli aspetti più nascosti,
al di fuori della dimensione del contingente e del razionale, divenendo padrone del
fantastico e dell’irrazionale:
« Il Poeta è come lui, principe dei nembi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
15 fra le grida di scherno esule in terra,
con le sua ali da gigante non riesce a camminare.» PAGINA 10
Un’ulteriore riflessione di Baudelaire sul processo di declassazione dell’artista nella
società si ha nel poemetto “Perdita d’aureola”, contenuto nell’opera in prosa Spleen
di Parigi, pubblicata postuma nel 1869. Il brano racconta di un santo che si trova in
un luogo malfamato chee, per un movimento brusco, perde la sua aureola e, per
non finire travolto da una carrozza, preferisce non raccoglierla. Tale incidente
diventa ben presto una fortuna per il santo, che si rende conto di avere così
l’opportunità di girare indisturbato tra la gente comune. L’autore colse con molta
acutezza ed ironia il mutamento del ruolo dell’artista nella modernità: il santo,
l’aureola, il fango, non sono altro che delle metafore per indicare la “caduta”
dell’artista, da apprezzato intellettuale al servizio dell’aristocrazia a emarginato:
«
Poc’anzi, mentre […] saltellavo nella mota, […], la mia aureola, ad un movimento brusco che ho fatto, m’è
scivolata giù dalla testa nel fango del selciato. […] Ho giudicato meno sgradevole il perdere la mia insegna che
non farmi fracassare le ossa. E poi, ho pensato, non tutto il male vien per nuocere. Ora posso andare a zonzo
in incognito, commettere delle bassezze e abbandonarmi alla crapula come i semplici mortali. […] D’altronde,
la grandezza m’annoia.»
Baudelaire si trovava perfettamente a suo agio ai margini della società: il ruolo che
sentiva a volte come una specie di condanna, dovuta alle sue scelte di vita, si
rivelava al tempo stesso una fonte inesauribile di ispirazione per le sue poesie ed
altre sue opere. Come emerge chiaramente da Les fleurs du mal, sono proprio gli
ambienti dimenticati da tutti e gli argomenti tabù i temi centrali nella poetica di
Baudelaire: il disagio interiore, l’alcool e le sostanze stupefacenti, la corruzione, la
prostituzione, la negazione di qualsiasi possibilità di salvezza legata alla fede.
Infatti, già nella prefazione all’opera, in modo del tutto provocatorio, afferma di
voler «estrarre la bellezza dal male»; ciò spiega anche l’ossimoro contenuto nel
titolo: i fiori rappresentano da sempre qualcosa di puro, sono simbolo di bellezza
e fragilità; in questo caso invece il concetto di fiore viene ribaltato con violenza,
divenendo parte di una vegetazione velenosa e malata, tema ricorrente nella
letteratura di questo periodo e di quello successivo. PAGINA 11
Capitolo 2
Il passaggio tra ‘800 e ‘900
(1890-1914) PAGINA 12
2.1: Il desiderio di cambiamento nell’Europa orientale
Il sentimento di crisi percepito nell’Europa occidentale si diffuse ben presto anche
a est, in particolare all’interno dell’Impero austro-ungarico dove, a partire dagli
ultimi anni del secolo, gli intellettuali iniziarono a sentire il bisogno di una netta
rottura con l’arte del passato e l’accademismo, ormai percepiti come vincoli troppo
forti dagli artisti. Proprio da tale situazione nascerà poi il fenomeno delle
secessioni: a partire dal 1890 ca alcuni giovani artisti decisero di prendere le
distanze dall’arte ufficiale, affermando una nuova libertà d’espressione, mai vista