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Introduzione Arte della fotografia, tesina
La seguente tesina di maturità liceo scientifico descrive l'arte della fotografia. Gli argomenti che permette di sviluppare la tesina sono: Storia:Grande Guerra e ascesa di Hitler e Mussolini, Inglese:Età vittoriana, Arte:Impressionismo.
Collegamenti
Arte della fotografia, tesina
Arte della fotografia, tesina
Storia- Grande Guerra e ascesa di Hitler e Mussolini
Inglese- Età vittoriana
Arte- Impressionismo
L’arte della Fotografia
alla possibilità di uno specchio concavo per far sì che fossero diritte: questo
concetto sta tutt’oggi alla base delle più moderne macchine fotografiche.
Keplero stesso, durante i suoi rilievi topografici, inserì una lente e uno specchio
sulla sommità della sua tenda da campo trasformandola in una camera oscura
per ottenere, all’interno, l’immagine esterna.
Nel 1685 l’inventore tedesco Johann Zahn creò la prima camera oscura in
grado di raddrizzare l’immagine proveniente dall’obiettivo e la proiettava dritta
sul vetro smerigliato: i pittori potevano appoggiare il loro foglio per ricopiare i
paesaggi ripresi.
Ciò fu possibile grazie all’inserimento di uno specchio posto a 45° al suo
interno: siamo di fronte alla prima reflex!
La camera oscura è ora pronta a riprodurre con una buona qualità le immagini
ad essa esterne ma non è ancora possibile fissarle automaticamente sul foglio
sul quale esse vengono proiettate.
Iniziano dunque gli studi sui materiali fotosensibili: al chimico tedesco e padre
della fotochimica Schultze, al monaco, fisico e matematico italiano Giovanni
Battista Beccaria, e al chimico svedese Scheele dobbiamo i primi
esperimenti sulla materia. Intanto, nel 1788, in quella che sarà la patria della
fotografia digitale – il Giappone – lo scienziato Otzuki descrive la camera oscura,
chiamandola “shashin-kyo”, specchio del vero. Shashin ancora oggi significa
fotografia in giapponese.
Intanto, nel 1806 il medico, chimico e fisico inglese William H. Wollaston
brevetta un dispositivo ottico usato come aiuto al disegno di paesaggi e oggetti,
la camera lucida.
Nel frattempo merita una citazione particolare l’astronomo, matematico e
chimico inglese John Herschel, che contribuì nettamente al miglioramento del
processo e delle reazioni chimiche nel fissaggio fotografico, scoprendo che
l’iposolfito di sodio scioglie i sali d’argento non colpiti dalla luce e che usò per la
prima volta nella storia il termine fotografia, in una lettera inviata a Talbot.
A lui sono attribuiti anche i termini – usati in senso fotografico, ovviamente -
negativo e positivo.
La prima fotografia è datata 1826 (o 1827) ed è stata realizzata da Joseph
Niépce: si tratta della ripresa di un paesaggio (Veduta dalla finestra a Le Gras)
che impressionò una lastra dopo un’esposizione di otto ore.
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Francesco Meini 5°C – Liceo Scientifico F. Enriques - Livorno
L’arte della Fotografia
William Talbot , dopo un esperimento poco riuscito (esponendo alla luce solare
una foglia a contatto con carta imbevuta in una soluzione di sale da cucina e
nitrato d’argento), realizzò il primo negativo della storia della fotografia, in cui
è possibile, con l’aiuto di una lente (come suggerì lo stesso Talbot) contare le
circa 200 tessere di vetro componenti la vetrata. Talbot spiegò che è possibile
ottenere un’immagine positiva da una negativa: questo processo, chiamato
kalos, typos,
calotipia (dal greco bello, e stampa; conosciuto anche come
talbotipia o disegno fotogenico), a differenza della dagherrotipia, permetteva
di produrre più copie di un’immagine utilizzando il negativo.
La riproducibilità delle immagini, però e a quell’epoca, rendeva il prodotto
calotipico meno prezioso rispetto al dagherrotipo, che è unico. Non male come
inizio per quello che sarebbe stato il processo fotografico come lo abbiamo
sempre inteso, ovvero composto da una matrice da cui ottenere un numero
potenzialmente illimitato di copie.
Nel 1838, infine, dopo aver realizzato nel 1837 il dagherrotipo “L’Atelier
dell’artista” (una natura morta ripresa in interno), il francese Louis Mandé
Daguerre fotografa il Boulevard du Temple e la prima immagine umana: un
gentiluomo (forse un complice di Daguerre, considerando il tempo lungo – oltre
20 minuti - dell’esposizione) fermo dal lustrascarpe.
2. STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELLA FOTOCAMERA
Ogni fotocamera è costituita da due parti fondamentali: un corpo, con
un'apertura per permettere alla luce di entrare (camera oscura), ed una
superficie di registrazione per catturare l'immagine luminosa all'altra
estremità. A questi due elementi di base, nella stragrande maggioranza
dei casi si aggiunge la parte diottrica (lenti) o catadiottrica (specchi), che
va a costituire l'obiettivo fotografico. L’obiettivo è l'elemento che
permette il passaggio della luce all'interno del corpo della fotocamera: è
formato da una o più lenti che “trasmettono” l’immagine reale di un
soggetto inquadrato sul piano focale. Lo specchio è l'elemento mobile
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che permette di inquadrare nel mirino(dispositivo che permette di
scegliere e comporre l'inquadratura) l’immagine vista dall’obiettivo.
Normalmente lo specchio è inclinato di 45° proprio per riflettere verso
l'alto la luce che attraversa l'obiettivo.
Il sensore di una reflex è l’elemento della fotocamera esposto alla luce:
oggi è un componente elettronico che cattura le immagini e le "traduce"
in dati per essere immagazzinati nella scheda di memoria. Ieri, le
immagini venivano catturate e impressionate su una pellicola
fotosensibile. Il diaframma è un’apertura incorporata nell’obiettivo e
controlla la quantità di luce che raggiunge il sensore (o, un tempo, la
pellicola). Può rendere l’immagine più chiara o più scura. Quando si vuole
ritrarre un soggetto poco illuminato è bene aprire molto il diaframma per
far entrare più luce possibile. Raddoppiando l’apertura del diaframma il
sensore riceve una quantità di luce quadrupla.
L’otturatore invece è quel dispositivo che tiene conto di quanto tempo il
sensore delle fotocamere digitali (o la pellicola) resta esposto alla luce.
Allo stesso modo del diaframma, raddoppiando il tempo in cui esso
rimane aperto raddoppia anche la quantità di luce che entra.
Per esempio, facendo un paragone con l’occhio umano l’otturatore è
rappresentato dalle palpebre mentre il diaframma è paragonabile
all’iride.
3. UNA CORRETTA ESPOSIZIONE
Per ottenere una buona fotografia è bene realizzare una corretta
esposizione: L'esposizione è il processo in cui la luce, riflessa da un
soggetto, attraversa l’obiettivo fino a colpire per un determinato tempo il
sensore, dove si forma l'immagine.
L'esposizione è la miscela di tre ingredienti, che formano il triangolo
fotografico:
- l’apertura (o diaframma) dell’obiettivo
- il tempo di esposizione (o di otturazione)
- l’ISO (o valore della sensibilità del sensore)
Il giusto mix tra questi tre parametri costituisce la corretta esposizione.
In particolare, per ottenere un’ottima foto risultano fondamentali i valori
del diaframma e dei tempi.
4. LA COMPOSIZIONE FOTOGRAFICA
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Francesco Meini 5°C – Liceo Scientifico F. Enriques - Livorno
L’arte della Fotografia
Il fotografo statunitense Edward Weston sostiene: “Una buona
composizione è la maniera più forte di vedere le cose”.
Osservare una fotografia che abbiamo scattato o che ci riguarda
direttamente può suscitare in noi ricordi ed emozioni: non è altrettanto
semplice ed immediato raccontare le stesse sensazioni le stesse emozioni
ad altre persone che osserveranno la foto. Ogni immagine porta con sé la
propria personale interpretazione della parte di realtà inquadrata, ma non
c’è una voce narrante che la descrive o un testo allegato che la spiega.
La forma di comunicazione è visiva: per raccontare una storia, gli
elementi presenti nell’inquadratura e le loro relazioni dovranno svolgere un
ruolo ben preciso in modo da veicolare al meglio ciò che vogliamo raccontare.
Tutto questo è la composizione fotografica: e con questo termine
intendiamo tutte le decisioni prese dal fotografo, al momento dello
scatto, riguardo alla scelta del soggetto da rappresentare e alle sue
relazioni con l'ambiente circostante, ordinando tutti i possibili elementi.
La composizione di una foto può avvenire in due modi, uno razionale ed
uno istintivo.
Nel primo caso il fotografo organizza la sua ripresa in funzione di un
risultato che è ben chiaro nella sua mente e che intende perseguire
nei modi più opportuni.
Nel secondo caso esiste un coinvolgimento più emotivo con il soggetto o
con l’ambiente, per il quale gli schemi logici vengono sostituiti da schemi
emotivi e grazie ai quali si possono realizzare splendide immagini che non
rispondono a nessuna regola: prospettive improbabili, scene di mosso,
inquadrature sfuocate.
5. FOTOGRAFARE E VEDERE
Abbiamo già parlato di come alcune semplici funzioni della fotocamera
possono essere comparate a quelle di parti del nostro occhio. Però, la
visione umana è controllata in parte dall’occhio, in parte dal cervello.
Questo fa sì che la visione sia selettiva: si possono “notare” immagini
formatesi sulla retina e ignorarne altre. In altre parole, la visione selettiva
elimina gli elementi che ci distraggono. La macchina fotografica non può
farlo: registra tutto quello che c’è, e tutti gli oggetti posizionati alla stessa
distanza ci appaiono ugualmente chiari. Perciò prima di scattare una foto
è bene assicurarsi di non far entrare nell’inquadratura niente di cui non
abbiamo necessità di ritrarre, specie ai margini.
Inoltre, come il nostro occhio mette a fuoco automaticamente i soggetti
che guardiamo, allo stesso modo possiamo regolare la messa a fuoco
della nostra macchina fotografica: una volta scattata l’immagine però,
l’oggetto non a fuoco resterà cosi per sempre.
Altra differenza è il fatto che il nostro cervello rielabora due immagini
identiche che arrivano da due “obiettivi” diversi, gli occhi destro e
sinistro, mentre la fotocamera ha un solo occhio e non deve procedere a
questa operazione. Pagina 8
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L’arte della Fotografia
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L’arte della Fotografia
La fotografia nella storia.
6. La Grande Guerra
Dal momento del suo avvento, la fotografia è stata buon testimone di
eventi storico-sociali che hanno caratterizzato l’era moderna. Tra questi,
sicuramente la Prima Guerra Mondiale che proprio quest’anno celebra i
cento anni dal suo inizio.
L'uso del mezzo fotografico assume, infatti, grande importanza a fini
strategici, tattici, documentari, nonché propagandistici. Gli eserciti
impegnati nel conflitto dispongono di appositi reparti, che possono contare su
innovazioni tecniche in rapido progresso.
Nel corso della prima guerra mondiale, la ricognizione aerea, ad esempio,
diventò determinante per la tattica degli eserciti e gettò le basi per lo
sviluppo di nuove tecniche per realizzare le carte topografiche. Infatti la
fotografia aerea fu impiegata fin dal 1915, e in un crescendo continuo, passò
dalle riprese di singoli obiettivi alla realizzazione di mosaici fotografici che
consentivano ai comandi di avere una visione chiara del fronte.
Fotografare il nemico dall’alto poteva permettere di meglio disporre le
proprie forze e vincere la battaglia. Sapere per tempo che il nemico stava
preparando un’offensiva, dava senz’altro modo di organizzare una
corretta difesa.
Rilievo aerofotografico di zona di guerra. Pagina 10
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L’arte della Fotografia
Al tempo stesso, fotografare i soldati al fronte, magari in posa con fucili e
mitragliatrici, dava al tempo stesso sensazione di serenità (se la foto era
spedita a parenti) e di forza ed efficacia (se usata a fini propagandistici).
Si diffuse infatti l’uso di foto-cartoline. Esse ritraevano soldati che
volevano con il loro sguardo tranquillizzare familiari ed amici, testimoniando
momenti di tranquillità, l'ascolto
in trincea del grammofono, la gentile
cura ricevuta da infermiere della
Croce Rossa.
Ospedale da campo, Maggio 1917. Ritratto di un soldato italiano (fronte – retro)
All'immagine si accompagnava sempre la parola: un messaggio d'affetto,
un bacio all'amata o alla moglie e ai figli, un saluto e la preziosa
informazione di godere ancora di buona salute.