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Latino: Petronio, il "Satyricon"
Storia dell'arte: E.Munch, "Il grido"
Storia: La condizione delle trincee
Italiano: G.Ungaretti (+ "Soldati")
Inglese: T. S. Eliot, "The wast land" - "The burial of the dead"
Scienze: Le ipotesi scientifiche di una catastrofe imminente
La connessione dell’angoscia con il possibile si
rivela nella connessione del possibile con
l’avvenire.
Il passato genera angoscia solo nel caso in cui si
presenti come possibile futuro, cioè come
possibilità di ripetizione: una colpa passata
genera angoscia solo se non è veramente
passata.
L’angoscia è dunque legata alla condizione
umana: se l’uomo fosse angelo, o bestia, non la
conoscerebbe: essa manca nelle condizioni di
eccessiva felicità o in certi soggetti privi di
spirito.
Se è vero che la povertà spirituale sottrae
l’uomo all’angoscia, non bisogna dimenticare
che l’uomo sottratto ad essa è schiavo delle
circostanze.
«Nel possibile, tutto è possibile». Con questa
espressione Kierkegaard vuole collegare
l’angoscia al principio dell’infinità del possibile,
che la rende insuperabile e la condizione
fondamentale dell’uomo nel mondo.
«La cena di
Trimalchione»,
Petronio.
La
maggior parte dei partecipanti al banchetto
offerto da Trimalchione
è costituita da liberti,
cioè persone che avevano
conosciuto la schiavitù
e che ben sapevano
che cosa fosse
l'incombere della morte.
Assai furbescamente, Trimalchione pensa alla
morte anche per migliorare la propria
esistenza: morire bene gli servirà per essere
accettato, amato e stimato. Ma, per rendere
possibile tutto questo, essa non deve
giungere inaspettata, deve invece essere
qualcosa di lungamente atteso. Ed è proprio
da questa angoscia preparatoria che
Encolpio, protagonista e voce narrante del
romanzo, viene curiosamente colpito nella
prima descrizione del ricco liberto.
Fin dall'inizio, quindi, Trimalchione appare con
le sue più evidenti caratteristiche:
l'angoscia della vita
e l'ossessione
della morte.
L'episodio anticipa di fatto l'atmosfera dell'intera
vicenda, che si snoda attraverso una sorta di
ciclicità fra il tema della morte e quello della
ricchezza o dell'abbondanza: il pensiero della
morte inevitabile stimola infatti, enormemente,
quello della ricchezza, causa prima di ogni
godimento. Ecco perché si è parlato al riguardo
di esorcismo contro l'angoscia del trascorrere del
tempo.
La "Cena" si apre, in realtà, al capitolo 28,
quando Trimalchione, dopo il bagno, viene
trasportato a casa in lettiga, preceduto e seguito
da un piccolo corteo. La cena ha inizio nel tardo
pomeriggio e l’idea della morte visita subito i
commensali.
Fin dall’inizio del banchetto è proposto un motivo
topico dell’antichità: l’opposizione tra vino e
morte.
Gli uomini partecipanti al banchetto possiedono il
senso del mistero e hanno avvertito la minaccia
della fine più che la sua realtà, così come lo
stesso Satyricon ci testimonia.
«Il grido»,
Edward Munch.
Emblema dell’uomo
moderno, della sua
alienazione, del suo
tormento esistenziale
“Il grido”
è l’opera
di E. Munch.
Con questo grido Munch dà voce alla
disperazione del suo animo e del suo tempo,
raffigurando con gelida spietatezza la
condizione esistenziale del primo '900 in uno
stile pittorico crudo e inquietante.
È un urlo sovrannaturale, di paura e
disperazione, che deforma ogni cosa e
tormenta l’uomo sempre più solo in un
mondo ormai estraneo ed ostile.
È un urlo sovrannaturale, di
paura e disperazione, che
deforma ogni cosa e tormenta l’uomo
sempre più solo in un mondo ormai
estraneo ed ostile. È un grido senza
risposta e per In primo piano l'uomo che urla,
questo più angosciante e
l'artista stesso, un corpo lontano da
drammatico.
ogni naturalismo, con la testa completamente calva
come un teschio, gli occhi dallo sguardo allucinato e
terrorizzato, il naso appena accennato nelle narici.
Tutta la figura è mossa dal basso e dalle mani verso
la cavità della bocca aperta, verso il centro
compositivo dell'opera, dalla quale si dipartono le
onde sonore del grido; una serie di pennellate
sinuose innestano in tutto il quadro un movimento
concentrico come cerchi nell'acqua, che contagia la
natura circostante, il cielo e il paesaggio.
Il corpo è un corpo "mentale" ondulato e fluttuante
nell'aria, di identità sessuale vago, proprio come
appare la figura nel quadro.
La tipica deformazione espressionista vuol far
sgorgare e liberare l'angoscia interiore, facendola
esplodere con un grido liberatorio.
Per più di due terzi la superficie della tela è
occupata da colori caldi, dal giallo al rosso; nel
terzo residuo il blu è lavorato con tratti profondi di
rosso e di giallo. Fra i chiari e gli scuri non c'è
concerto ma violenta contrapposizione.
Giuseppe
Ungaretti.
Nacque nel 1888 ad Alessandria d’Egitto
da una famiglia di Lucca. Durante i suoi
primi studi si appassiona alla letteratura
soprattutto di Dante, Petrarca e Leopardi.
Nel 1912 si reca a Parigi, dove è a contatto
con i simbolisti. Nel 1914 è a Milano,
dove l’anno successivo appaiono alcune
sue poesie sulla rivista ‛Lacerba’; è nel
1915 che Ungaretti si arruola volontario nella
I Guerra Mondiale, e viene mandato sul Carso,
in un
reparto di trincea di prima linea.
Finita la guerra, fa diversi viaggi, fino a tornare
in Italia nel 1921, e a Roma aderisce al
Fascismo.
Muore nella notte tra il 1° e il 2 giugno del
1970.
Ungaretti ha sentito la poesia come una
vocazione e una missione: per lui esperienza
umana e esperienza poetica tendono a
coincidere. La poesia
è la parola carica di esperienza
umana che misura il mistero
dell’interiorità. Egli ritiene che la conoscenza
della realtà interiore ed esteriore della
coscienza si raggiungono per via analogica:
questa via consente di scoprire le relazioni
esistenti tra gli esseri umani.
Quindi la sua poesia contiene la storia
dell’itinerario del poeta: dall’angoscia
esistenziale, che deriva dal senso di dolore,
alla fede in Dio; dalla condizione di “uomo di
pena” alla condizione di “uomo di fede”.
Questa sua ideologia spiega il titolo “Vita di
un uomo” che egli assegnò alla raccolta delle
sue opere.
Nelle poesie della I Guerra Mondiale sono
contenuti vari temi, quali: il sentimento
dell’attaccamento alla vita (il suo cuore è
ancora più straziato “dalle case sbriciolate”
Ungaretti sentì la guerra come una fatalità
certa che si abbatte sulla gente d’Italia, la
quale la subisce con rassegnazione , con
semplicità di gesti e di parole. L’autore
esprime tali sentimenti in poesie molto brevi,
ma molto profonde, rinunciando alla metrica
tradizionale.
«SOLDATI»
Il titolo come in molti componimenti
di Ungaretti è essenziale per la
comprensione del tema trattato nella
poesia. Il poeta paragona la fragilità
di una foglia d'autunno alla vita del
soldato e quindi
alla precarietà della vita.
Dalla frammentazione
dei versi si evince la
continua angoscia
dovuta alle vicenda
esistenziale dell'uomo.
La condizione
delle trincee.
Una caratteristica della I Guerra Mondiale fu la
«guerra di trincea». Le omonime trincee erano
fossati più o meno profondi scavati nel terreno e
difesi con cumuli di terra o sabbia e filo spinato;
avevano anche posizioni di tiro, dalle quali i soldati
potevano sparare. Inoltre queste erano collegate tra
loro per mezzi di camminamenti, tramite cui si
portavano alla prima linea ordini, viveri, rifornimenti.
Le due trincee nemiche erano separate dalla «terra
di nessuno», un vero e proprio ammasso di
cadaveri e crateri provocati
dalle granate;
all’interno di
esse le truppe
vivevano in
condizioni
molto difficili.
Di notte i
soldati erano
sottoposti a
massacranti
turni di guardia.
Molti soldati morirono a causa della scarsa igiene
e di gravi malattie, altri impazzirono o
disertarono: tuttavia, in alcuni casi, per ogni
soldato scappato, venivano condannati a morte
e poi fucilati anche interi reparti.
Le giornate trascorrevano in attesa del temuto
grido «All’attacco!»: i soldati dovevano superare
il filo spinato sotto il fuoco delle mitragliatrici
nemiche, e coloro che ne uscivano indenni,
dovevano affrontarsi corpo a corpo.
Le virtù richieste ai soldati in tale situazione
sono pertanto obbedienza, pazienza e resistenza
alle sofferenze, alle privazioni e all’angoscia di
trovarsi sempre e solo ad un passo dalla morte.
Molti stringevano amicizie, per aiutarsi a vicenda
nelle situazioni più gravose, per riuscire a non
pensare al destino al quale potrebbero andare
incontro: abbiamo molte testimonianze
dell’angoscia e delle condizioni dei soldati,
grazie a diari di guerra, poesie sul fronte e
molto altro ancora.
«The Waste Land»,
by T.S. Eliot.
It is the central work in the modernist tradition
and an amazing anthology of indeterminate
states of mind, impressions, situations and
personalities: it’s considered by many as the most
important poem of the 20 century.
th
The poem is the hallucinating description of a
vast waste land, both physical and symbolic, in
which myth and reality overlap.
The waste land is a country that
lies under a terrible curse: all
sources dry up and the whole
land becomes sterile (there is
no more water).
This nightmarish world is
inhabited by people who are
spiritually dead, and who
prefer living in winter than
in spring, because this
last one upsets their
condition of “death-in-life”.
The poem is divided into five sections, that show no
realistic or logical continuity:
The Burial of the Dead: opposition between sterility and
fertility, life and death.
A Game of chess.
The fire sermon.
Death by Water.
What the Thunder said.
To express his theme The Waste Land brings together
the images of modern decadence with images and
quotations from ancient myths and legends.
Eliot uses the legend of Arthur, the quest of Grail of a
metaphor of the man’s search of spiritual salvation. He
makes references to the May festivities, the Celting
myth linked to fertility and The Fisher King, that has
brought sterility to the land because of his impotence
or death.
The Eliot’s stream of consciousness’ technique is based
on free associations of thoughts in the human mind.
THE BURIAL OF THE DEAD
April is the cruellest month, breeding [1]
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring [2]
Dull roots with spring rain.
Winter kept us warm, covering
Earth in forgetful[3] snow, feeding
A little life with dried tubers.[4]
[…]
What are the roots that clutch,[5] what branches grow
Out of this stony rubbish?[6] Son of man,
You cannot say, or guess, for you know only
A heap[7] of broken images, where the sun beats,
And the dead tree gives no shelter
(riparo), the cricket no relief, [8]
And the dry stone no sound of water.
[1] generating [2] simulating [3] which makes one forget
[4] (tuberi) [5] (s’aggrappano) [6] (macerie)
[7] (mucchio) [8] (sollievo)
Madame Sosostris, famous clairvoyante, [9]
Had a bad cold, nevertheless[10]
Is known to be the wisest woman in Europe,
With a wicked pack[11] of cards. Here, said she,
Is your card, the drowned Phoenician[12] Sailor,
(Those are pearls that were his eyes. Look!)
Here is Belladonna, the Lady of the Rocks,
The lady of situations.
[9] (cartomante) [10] but, yet [11] diabolic Tarots
[12] (fenicio)
Here is the man with three staves, [13]
and here the Wheel,
And here is the one-eyed merchant, and this card,
Which is blank, is something he carries on his back,
Which I am forbidden[14] to see. I do not find
The Hanged Man. Fear death by water. [15]
I see crowds of people, walking round in a ring.
Thank you. If you see dear Mrs. Equitone,
Tell her I bring the horoscope myself:
One must be so careful these days.
[13] (aste) [14] I cannot [15] drowning
Unreal City,
Under the brown fog of a winter dawn, [16]
A crowd flowed[17] over London Bridge, so many,
I had not thought death had undone[18] so many.
Sighs, short and infrequent, were exhaled, [19]
And each man fixed his eyes before his feet.
[16] (alba)
[17] moved like a
river
[18] killed
[19] breathed out
La fine della
civiltà.
Ormai
si è soliti parlare
di una
possibile ed
imminente fine del mondo.
Ma
quali sarebbero le
cause scientifiche? Una possibile ipotesi avanzata
da tempo è quella che riguarda l’attività del Sole:
una cataclismica eruzione solare. I suoi effetti
riguardano disturbi nelle telecomunicazioni e nei