vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Storia dell'arte: Edvard Munch (L'urlo);
Storia: Prima Guerra Mondiale;
Inglese: James Joyce.
Storia dell'arte:
ESISTENZIALE Edvard Munch
"L'urlo"
Italiano:
Giuseppe Ungaretti
ANGOSCIA Storia:
Prima guerra mondiale
Inglese:
James Joyce
1.0 Introduzione
Il termine angoscia è stato utilizzato per la prima volta in termini filosofici da Søren Kierkegaard, il quale
la definì come condizione preliminare dell’essenza umana, che emergeva nel momento in cui l’uomo si
poneva davanti ad una scelta; la libertà sconfinata di scelte che l’uomo può operare, lo getta in preda
all’angoscia. Ogni uomo è abbandonato a sé stesso e costretto a operare delle scelte che possono
prospettarsi errate, pericolose o addirittura lesive per la sua esistenza; esistere significa scegliere,
questo è il compito a cui l’esistenza non può sottrarsi. L’angoscia non è generata da un timore specifico,
come il sentimento della paura, ma da un pericolo indefinito che può presentarsi in qualunque
momento e che si alimenta dell’incertezza umana. L’angoscia è un’inquietudine che ha origine dal
rapporto tra l’uomo e il mondo; è la condizione di chi è stretto tra opposti inconciliabili, di chi è
minacciato da qualcosa di indeterminato; di chi nonostante ciò non può fare a meno di rischiare la
scelta; una scelta che assume i caratteri dell’alternativa (aut-aut). L'angoscia, la tristezza, il dramma
esistenziale sono i temi di quasi tutta la pittura di Munch; il quale ricava una visione della vita permeata
dall’attesa angosciosa della morte. Nei suoi quadri vi è sempre un elemento di inquietudine che rimanda
all’incubo. Ma gli incubi di Munch sono di una persona comune, non di uno spirito esaltato come quello
di Van Gogh. E così, nei quadri di Munch il tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica
molto più profonda e per certi versi più angosciante. Una dimensione di pura disperazione che non ha il
conforto di nessuna azione salvifica, neppure il suicidio. Munch nei suoi quadri riflette la situazione
sociale del periodo della prima guerra mondiale nel quale il sentimento dell’angoscia faceva da padrone
negli animi delle persone. Un’angoscia che nasceva dalle incertezze, dalle paure, dalla morte; tutte
parole che caratterizzano una guerra. L’angoscia caratterizza anche gli scritti del ‘900 segnati dalle due
guerre mondiali Ungaretti ad esempio è angosciato dal male e dalla ferocia che regnano tra gli uomini e
decide di opporvi un ardente richiamo alla fratellanza tramite la sua poesia.
1.1 Edvard Munch
“L’urlo”
Realizzata nel 1893, l’opera è un simbolo
dell'angoscia e dello smarrimento che
segnano tutta la vita del pittore norvegese
che cercò molto a lungo un'ispirazione
adatta ad eseguirla. La scena rappresenta
un'esperienza vera della vita dell'artista:
mentre si trovava a passeggiare con degli
amici su un ponte della città di Nordstrand
(oggi quartiere di Oslo), il suo animo venne
colto dal panico e dal terrore così decise di
imprimere le sue emozioni nel quadro. Lo
stesso Munch descrisse la scena con alcune
righe sul suo diario mentre era malato a Nizza:
« Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di
rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una 'palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla
città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di
paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura. »
Si distinguono chiaramente sullo sfondo due persone che si allontanano lungo il ponte, estranei al
terrore che angosciava il loro compagno. La bocca spalancata dell’uomo in primo piano sembra
emettere dei suoni che sconvolgono il paesaggio, con delle linee curve, ma non la strada, l'unica
consigliera e amica dell'uomo, testimonianza della freddezza di talune persone. L'uomo è rappresentato
in maniera molto visionaria. Ha un aspetto sinuoso e molle. Più che ad un corpo, fa pensare ad uno
spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto da una pelle mummificata. Gli occhi
hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la bocca si apre in un grido
innaturale. L'ovale della bocca è il vero centro compositivo del quadro. Da esso le onde sonore del grido
mettono in movimento tutto il quadro: agitano sia il corpo dell'uomo sia le onde che definiscono il
paesaggio e il cielo. Restano diritti solo il ponte e le sagome dei due uomini sullo sfondo. Sono sordi ed
impassibili all'urlo che proviene dall'anima dell'uomo. Sono gli amici del pittore, incuranti della sua
angoscia, a testimonianza della falsità dei rapporti umani.
I soggetti rappresentati suggeriscono uno stato emotivo di angoscia. L'associazione delle linee ondulate
con le linee diagonali crea un senso di movimento che provoca tensione nell'osservatore. L'uso della
luce contribuisce a far scaturire nell'osservatore un senso di inquietudine e dramma della natura poiché
conferisce il senso dell'immediatezza dell'evento rappresentato, colpendo la figura principale
frontalmente come se fosse illuminata dalla luce di un flash. Anche la composizione degli elementi
costitutivi del quadro è orientata a sottolineare l'aspetto espressivo dell'opera mettendo in primo piano
il soggetto che emette l'urlo, staccandolo dallo sfondo attraverso la frapposizione dell'elemento ponte.
Munch anticipa l’Espressionismo, avanguardia storica che si affermerà all’inizio del ‘900 in vari campi
artistici in gran parte d’Europa. La deformazione plastica e pittorica dei personaggi e della natura, che
già si era vista con Van Gogh, anticipa questa caratteristica della prima tra le avanguardie storiche del
‘900.
L’artista ci offre il ricordo, lo scatto di quel momento per lui inspiegabilmente terrificante attraverso i
suoi occhi. Filtra il reale attraverso il suo stato d’animo, la sua intima sofferenza. Munch parla con il suo
linguaggio unico e drammatico dell’impotenza dell’uomo di fronte alla supremazia della natura, di fronte
alla quale siamo piccoli ed inequivocabilmente soli, noi uomini che viviamo della falsità dei rapporti
umani, della cecità che porta gli amici dell’artista ad allontanarsi ignari di fronte all’orrendo spettacolo di
cui egli è intimo testimone
L'urlo di questo quadro è una intesa esplosione di energia psichica. E' tutta l'angoscia che si racchiude in
uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. Ma nel quadro non c’è alcun
elemento che induca a credere alla liberazione consolatoria. L'urlo rimane solo un grido sordo che non
può essere avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe uscire da noi, senza mai
riuscirci. E così l'urlo diviene solo un modo per guardare dentro di se', ritrovandovi angoscia e
disperazione.
Edvard Munch (1863-1944) è senz’altro il pittore che più di ogni altro anticipa l’espressionismo,
soprattutto in ambito tedesco e nord-europeo. Egli nacque in Norvegia e svolse la sua attività
soprattutto ad Oslo. In una città che, in realtà, era estranea ai grandi circuiti artistici che, in quegli anni,
gravitavano soprattutto su Parigi e sulle altre capitali del centro Europa.
Nella pittura di Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo:
dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della
morte, dalla incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e militarista.
Del resto tutta la vita di Munch è stata segnata dal dolore e dalle sofferenze sia per le malattie che per
problemi familiari. Iniziò a studiare pittura a 17 anni, nel 1880. Dopo un soggiorno a Parigi, dove ebbe
modo di conoscere la pittura impressionista, nel 1892 espose a Berlino una cinquantina di suoi dipinti.
Ma la mostra fu duramente stroncata dalla critica. Il sorgere dell’espressionismo rese sempre più
comprensibile la sua opera. E al pari degli altri pittori espressionisti fu anche egli perseguitato dal regime
nazista che dichiarò la sua opera «arte degenerata». 82 sue opere presenti nei musei tedeschi vennero
vendute. Egli morì in piena guerra, nel 1944, presso Oslo, lasciando tutte le sue opere al municipio della
città.
Nell’opera di Munch sono rintracciabili molti elementi della cultura nordica di quegli anni, soprattutto
letteraria e filosofica come la filosofia esistenzialista di Kierkegaard e la psicanalisi di Sigmund Freud. Da
tutto ciò egli ricava una visione della vita permeata dall’attesa angosciosa della morte. Nei suoi quadri vi
è sempre un elemento di inquietudine che rimanda all’incubo. Ma gli incubi di Munch sono di una
persona comune, non di uno spirito esaltato come quello di Van Gogh. E così, nei quadri di Munch il
tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica molto più profonda e per certi versi più
angosciante. Una dimensione di pura disperazione che non ha il conforto di nessuna azione salvifica,
neppure il suicidio. 1.2 Giuseppe Ungaretti
Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888, da
genitori lucchesi. Frequenta l'École Suisse Jacot e si
forma sui classici francesi. Nel 1912 migra a Parigi
dove si iscrive alla Sorbona e si lega ai futuristi italiani.
Nel 1914 rientra in Italia e si arruola come volontario
sul Carso. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a Udine
nel 1916. Al termine della guerra ritornò alcuni anni a
Parigi lavorando per l'ambasciata italiana. Nel 1936 fu
nominato docente di Letteratura italiana
all'Università di San Paolo in Brasile dove rimase fino
1942.
Tornato in Italia fu docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università di Roma. Sempre nello
stesso anno Ricevette la nomina di Accademico d'Italia.
Le raccolte poetiche del secondo dopoguerra risentono dei lutti vissuti dal poeta: prima morì il fratello
nel '37 e poi il figlio Antonietto di nove anni.
Prima di morire nel giugno 1970 a Milano, Ungaretti riuscì a vedere pubblicata da Mondadori la raccolta
definitiva dei suoi versi: Vita d'un uomo.
L’uomo è il tema centrale dell’opera di Ungaretti: l’angoscia esistenziale, la fragilità e la solitudine,
l’ansia di vita, sono le realtà che il poeta mette a nudo, cercando nelle sue esperienze personali le tappe
del vivere, gli esempi di una situazione universale. La poesia di Ungaretti è segnata dalle due guerre
mondiali che lo hanno portato a rinnovare la poesia del tempo.
Il poeta si rifà alle esperienze vissute per comporre un diario fatto di dolori. Egli ha voluto spogliare le
parole di tutti i significati comuni, per esprimere con essa i sentimenti e i caratteri essenziali della vita. Il
poeta subì molto l’influsso dei simbolisti francesi, da cui si spiega, in parte, il carattere fortemente
innovativo della sua poesia: spazi bianchi che isolano la parola conferendole un valore essenziale; poesia
pura, musicale, che deve evocare con immediatezza.
Secondo Ungaretti la poesia deve esprimere la “pena di vivere”, il dolore dell’uomo, che è, il dato
essenziale dell’esistenza, ma, nello stesso tempo, anche le sue speranze. L’uomo viene colto nella sua
dimensione esistenziale e la parola poetica deve cogliere tale dimensione nella sua essenzialità; perciò la
parola poetica per essere essenziale deve liberarsi di ogni inutile ornamento letterario, deve
scarnificarsi. Soltanto facendosi essenziale, nuda e scarna la parola può esprimere l’angoscia, la
disperazione, la desolazione, ma anche le speranze dell’uomo; un linguaggio poetico, quindi, che
paradossalmente esprime, e nel contempo, nasconde un significato.
La poesia di Ungaretti è una poesia pura, caratterizzata dall’assenza di discorsi articolati e persino della
punteggiatura, dalla presenza di spazi bianchi e versi brevissimi, composti anche di una sola parola, che
proprio per questo assume la massima intensità di significato. Partendo da un’esperienza autobiografica
e diaristica, il poeta scopre la precarietà della condizione umana (l’uomo solo di fronte all’universo) ed
elabora il sentimento della fraternità. La guerra rivela la fragilità della condizione dell’uomo; la cruda