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Introduzione Alice in Wonderland, oltre la favola tesina
Ho deciso di mettere al centro della mia tesina la favola di “Alice nel Paese delle Meraviglie” perché, oltre ad essere una semplice “storiella”, si è rivelata qualcosa di più complesso. In essa, infatti, si lasciano intravedere una miriade di piccoli spunti estremamente interessanti se collegati all’epoca vissuta dall’autore. Sono possibili analisi e confronti con personaggi della letteratura italiana, in quanto Carroll si mostra insofferente ed estraneo nei confronti del mondo a cui appartene così come Pascoli, e alla letteratura inglese con il Teatro dell’Assurdo di Beckett. É inoltre molto curioso come, nel campo scientifico, scoperte che avverrano un decennio dopo, come quella della relatività, sembrano nel libro anticipate e introdotte al pubblico tramite l’immaginazione e la fantasia di Alice.
Come ogni fase storica ha una sua letteratura che rispecchia la condizione dell’uomo dell’epoca, anche l’età vittoriana in Inghilterra ne ha una, ed è la letteratura realistica a carattere pedagogico e moralista; contemporaneamente, però, nasce il desiderio di rappresentare contenuti diversi da quelli reali, e proprio in questa direzione si muove, sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll, Charles Lutwidge Dodgson, un timido e riservato reverendo e insegnante di matematica dall’impeccabile condotta, tipicamente vittoriana, con il suo Alice in Wonderland (Alice nel paese delle Meraviglie).
La civiltà di Carroll è labile e vuota quanto una sfera di cristallo, e per questo egli ha deciso di romperla, di scoprire cosa c’è dentro, smascherare il finto buon senso borghese. Al rispetto, alla serietà e alla fermezza contemplate dalla società, l’autore oppone un paese dove regnano il non rispetto, il gioco, l’instabilità, un luogo che vuole distruggere la realtà, ridurla al nulla, e rispecchia perfettamente il senso di smarrimento che investe la letteratura degli ultimi cento anni, la perdita di fiducia verso la realtà, il bisogno di smontarla contrapponendole mondi irreali in cui rifugiarsi.
Il fantastico è una possibilità. Nel Novecento il meraviglioso non è più un’eccezionale stranezza in un mondo normale, ma è diventato la regola in un mondo dove tutti gli spazi sono labirinti di un incubo. Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie è il titolo italianizzato dell’originale Alice Adventures in Wonderland, libro pubblicato da Lewis Carroll per la prima volta nel 1865.
Nel pomeriggio di venerdì 4 luglio 1862, i due reverendi e insegnanti a Oxford, Charles Lutwidge Dodgson e Robinson Duckworth, portano le figlie del decano di Christ Church, Alice, Lorina e Edith Liddell, a fare una gita in barca sul Tamigi. Charles è solito intrattenerle con le sue storie improvvisate e questa volta ne racconta una talmente attraente che Alice gli chiede di scriverla. Dopo aver lavorato per circa tre mesi al progetto, nasce un manoscritto illustrato, Alice’s Adventures Underground (Le Avventure di Alice sottoterra), che viene donato alla bambina. Inizialmente è strutturato in quattro semplici capitoli, poi, quando Carroll decide di pubblicare la sua storia, viene arricchito con personaggi e situazioni assumendo la forma che si conosce oggi.
Collegamenti
Alice in Wonderland, oltre la favola tesina
Italiano:
Carroll e Pascoli
.Fisica:
Relatività e paradosso di Schrodinger
.Filosofia:
Il sogno, Sigmund Freud
.Inglese:
The Theatre of Absurd
.Premessa
Ho deciso di mettere al centro della mia tesina la favola di “Alice nel Paese delle Me-
raiglie” perchè, oltre ad essere una semplice “storiella”, si è rivelata qualcosa di più
complesso. In essa, infatti, si lasciano intravedere una miriade di piccoli spunti estrema-
mente interessanti se collegati all’epoca vissuta dall’autore.
Sono possibili analisi e confronti con personaggi della letteratura italiana, in quanto
Carroll si mostra insofferente ed estraneo nei confronti del mondo a cui appartene così
come Pascoli, e alla letteratura inglese con il Teatro dell’Assurdo di Beckett.
É inoltre molto curioso come, nel campo scientifico, scoperte che avverrano un decennio
dopo, come quella della relatività, sembrano nel libro anticipate e introdotte al pubblico
tramite l’immaginazione e la fantasia di Alice.
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Sommario
INTRODUZIONE ...................................................................................................Pag.4
ITALIANO: Pascoli e Carroll ................................................................................Pag.6
-Il nido e la tana del Bianconiglio
-La sfiducia nel progresso e la missione nel Paese delle Meraviglie
-Il simbolismo
FISICA: Alice nel Paese della Scienza .................................................................Pag.11
-Tempo e antiparticelle
-Il Gatto Cheshire e il Gatto di Shroedinger
FILOSOFIA: L’universo dell’inconscio ..............................................................Pag.15
-Sigmund Freud
INGLESE: The Absurd and non-sense ................................................................Pag.18
-Waiting for Godot 3
Introduzione
Come ogni fase storica ha una sua letteratura che rispecchia la condizione dell’uomo dell’epoca, anche
l’età vittoriana in Inghilterra ne ha una, ed è la letteratura realistica a carattere pedagogico e moralista;
contemporaneamente, però, nasce il desiderio di rappresentare contenuti diversi da quelli reali, e
proprio in questa direzione si muove, sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll, Charles Lutwidge
Dodgson, un timido e riservato reverendo e insegnante di matematica dall’impeccabile condotta,
tipicamente vittoriana, con il suo Alice in Wonderland (Alice nel paese delle Meraviglie).
La civiltà di Carroll è labile e vuota quanto una sfera di cristallo, e per questo egli ha deciso di
romperla, di scoprire cosa c’è dentro, smascherare il finto buon senso borghese. Al rispetto, alla serietà
e alla fermezza contemplate dalla società, l’autore oppone un paese dove regnano il non rispetto, il
gioco, l’instabilità, un luogo che vuole distruggere la realtà, ridurla al nulla, e rispecchia perfettamente
il senso di smarrimento che investe la
letteratura degli ultimi cento anni, la
perdita di fiducia verso la realtà, il
bisogno di smontarla contrapponendole
mondi irreali in cui rifugiarsi.
Il fantastico è una possibilità. Nel
Novecento il meraviglioso non è più
un’eccezionale stranezza in un mondo
normale, ma è diventato la regola in un
mondo dove tutti gli spazi sono labirinti
di un incubo.
Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie è il titolo italianizzato dell’originale Alice Adventures
in Wonderland, libro pubblicato da Lewis Carroll per la prima volta nel 1865.
Nel pomeriggio di venerdì 4 luglio 1862, i due reverendi e insegnanti a Oxford, Charles Lutwidge
Dodgson e Robinson Duckworth, portano le figlie del decano di Christ Church, Alice, Lorina e Edith
Liddell, a fare una gita in barca sul Tamigi. Charles è solito intrattenerle con le sue storie improvvisate
e questa volta ne racconta una talmente attraente che Alice gli chiede di scriverla.
Dopo aver lavorato per circa tre mesi al progetto, nasce un manoscritto illustrato, Alice’s Adventures
Underground (Le Avventure di Alice sottoterra), che viene donato alla bambina. Inizialmente è
strutturato in quattro semplici capitoli, poi, quando Carroll decide di pubblicare la sua storia, viene
arricchito con personaggi e situazioni assumendo la forma che si conosce oggi.
Il libro si compone di dodici capitoli.
Alice, una bambina di sette anni e mezzo, siede sulla riva del fiume in compagnia della sorella che
legge un libro. All’improvviso vede un Coniglio Bianco col panciotto e l’orologio che corre a passo
svelto e borbotta tra sé e sé su quanto sia in ritardo; così decide di inseguirlo nella sua tana e precipita
lentamente lungo un infinito tunnel sotterraneo, dove incontra un mondo paradossale fatto di nonsensi,
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privato delle comuni regole che governano il mondo.
Spinta dalla curiosità, tipica dell’essere bambina, mangia pietanze e beve sostanze che appaiono dal
nulla e che le fanno cambiare continuamente dimensione.
Nel suo viaggio non è mai sola e incontra di volta in volta dei personaggi molto bizzarri: mentre
sguazza nel mare di lacrime da lei stessa versate, trova un Topo in compagnia di altri animali, Dodo,
Anitra e Aquilotto, che la conducono su dal fiume. Il Topo inizia a raccontare una noiosa storiella e
successivamente tutti incominciano a giocare correndo confusamente in cerchio senza alcun criterio.
Alice si allontana e si imbatte nuovamente nel Coniglio Bianco che la scambia per la sua governante
Marianna.
Prosegue il suo cammino e incontra un Bruco intento a fumare Narghilè; gli racconta ciò che le sta
accadendo ma egli sembra considerarlo normale e consueto, tanto che incomincia a capire di essersi
smarrita in un mondo straniante e privo di certezze. Poi raggiunge quindi la casa della Duchessa: questa
sta cullando nervosamente un bambino piuttosto brutto che piange e starnutisce di continuo per il
troppo pepe nell’aria, la cuoca urla lanciando stoviglie in aria e sulla mensola poltrisce un insolito gatto
che sogghigna, il Gatto del Cheshire che scompare e riappare a suo piacimento. Dopo aver fornito
consigli inutili ad Alice sulla strada da imboccare, scompare e la bambina sceglie un percorso che la
porta a prendere un assurdo tè con la Lepre Marzola e il Cappellaio Matto. Infastidita dalla loro
impertinenza e maleducazione se ne va raggiungendo il giardino della Regina di Cuori dove incontra
un mazzo di carte da ramino con sembianze di soldati. La Regina è molto aggressiva, pretende che tutti
seguano i suoi capricciosi ordini, pena la decapitazione; invita Alice a giocare a croquet ma è
un’attività confusa e senza regole, impossibile da imparare.
Conosce un Grifone che a sua volta la conduce dalla Tartaruga d’Egitto la quale, triste e ingobbita,
incomincia a raccontare di quando studiava in fondo al mare e le mostra la quadriglia di aragoste, un
ballo assieme al Grifone. Nel bel mezzo delle dimostrazioni Alice rammenta l’inizio del processo al
fante di cuori che era stato accusato di aver rubato le crostate.
Il processo si rivela un assurdo avvenimento; i giurati compiono azioni paradossali, i testimoni sono
matti e si disquisisce su argomenti totalmente irrilevanti. Ma Alice non si stupisce, si è abituata a quelle
regole così diverse dalle sue; anzi, ora più che mai si sente in dovere e in diritto di esprimere a voce alta
il suo disappunto per tutto quello che la circonda. L’ultimo testimone chiamato a parlare è proprio lei e,
nel bel mezzo del suo discorso ribelle, riconquista le sue dimensioni normali, il soffitto fatto di carte le
crolla addosso creando un vortice che la invade, si dimena e si sbraccia per allontanarlo da sé,
all’improvviso apre gli occhi e si ritrova sulla riva del fiume con la testa appoggiata al grembo della
sorella che le sta scoprendo la faccia dalle foglie cadute dagli alberi. Era tutto un sogno che Alice
racconta alla sorella. 5
Pascoli e Carrol
Nel corso dell’Ottocento la cultura europea si interessa
sempre più al mondo dell’infanzia, prima dal punto di
vista pedagogico generico, poi in senso più strettamente
psicologico. Seguendo l’insegnamento di Rousseau, i
Romantici accostano l’età puerile a uno stadio
primordiale dello sviluppo umano, una sorta di età
aurea dove tutto è incontaminato e non ancora violato
dall’avvento della civiltà.
Di questo contesto culturale europeo, già maturo e
caratterizzato da un gusto e un interesse già formati e diffusi, approfitta, a cavallo tra Ottocento e
Novecento, Giovanni Pascoli per introdurre in Italia un tipo di poesia che mancava dall’epoca di
Giacomo Leopardi: si tratta di un genere creato per offrire al lettore un mondo diverso rispetto alla
realtà in cui vive.
Pascoli vive un’infanzia dapprima felice, poi sconvolta da tragici eventi, primo tra i quali la misteriosa
morte del padre per assassinio.
Il nido e la tana del Bianconiglio
L’organizzazione sociale, con l’avvento della civiltà, ha smarrito i valori puri dell’animo umano
lasciando spazio principalmente alla superficialità e all’apparenza; l’utilitarismo impone un’educazione
rigida che reprime la creatività e l’immaginazione.
Pascoli e Carroll, insofferenti ed estranei nei confronti del mondo cui appartengono, reagiscono a tale
situazione in due modi: il primo consiste nell’attribuire alla propria scrittura un ruolo sociale; il
secondo verte nella costruzione di un mondo proprio in cui evadere, frutto della fantasia, dove poter
tornare fanciulli.
Pascoli esprime l’utilità sociale della sua poetica nella prosa intitolata Il fanciullino, pubblicata nella
rivista fiorentina «Il Marzocco» (1897):
E mi viene in mente che […] ci sia sotto il tuo dire una verità più riposta e meno comune, a cui però la
coscienza di tutti risponda con subito assenso. Quale? Questa: che la poesia, in quanto è poesia, la
poesia senza aggettivo, ha una suprema utilità morale e sociale. […] Chi ben consideri, comprende che
è il sentimento poetico il quale fa pago il pastore della sua capanna, il borghesuccio del suo
appartamentino ammobiliato sia pur senza buon gusto ma con molta pazienza e diligenza.
Anche Carroll assegna alla scrittura una missione moralmente e socialmente utile, e lo si evince dalla
poesia introduttiva al secondo libro, Al di là dello specchio:
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Bimba serena e dall’immacolata fronte
che vai fantasticando stupori e meraviglia!
Sebbene il tempo fugga, ed io a te di fronte
sia nella vita ormai distante miglia e miglia,
saluterai di certo col dolce tuo sorriso
d’una fiaba il don d’amore intriso. […]
Mi basta sol che adesso non manchi d’ascoltare
della mia fiaba il corso nel suo andare.
Fiaba […] i cui echi vivon tuttor nella memoria
sebben gli anni invidiosi dican «dimentica la storia».
Vieni, e ascolta, prima che la tempesta
della temuta voce carca di nuove amare
intimi a una fanciulla mesta
allo sgradito letto subito d’andare!
Noi, cara, null’altro siam che bimbi già invecchiati
che prima vanno a letto meno sono irritati.
Fuori, il gelo, il turbine di neve accecante,
la capricciosa follia del vorticar del vento…
Dentro, del focolar la vampa rosseggiante
e dell’infanzia il nido caldo e contento.
Dalle magiche parole sei come catturata:
piú non t’accorgi della tormenta scatenata.
Egli decide di presentare una storia fantastica, distaccandosi completamente dalla corrente realistica
affermatasi in Inghilterra nel XIX secolo, che, paradossalmente, fa emergere in modo ancora più chiaro
i profondi problemi della realtà. Alice nel paese delle Meraviglie, dunque, è uno strumento, moralmente
efficace a tutti i membri della società che vi si imbattano, per fare propria l’esperienza della giovane
eroina e rintracciarvi il medesimo senso di smarrimento nel mondo moderno.
Pascoli attua la cosiddetta “regressione pascoliana”, ovvero il processo secondo cui la personalità seria
e composta si tramuta in quella incantata del fanciullo: egli si costruisce un nido in cui rifugiarsi, una
culla che lo contenga e lo isoli dalla realtà e dai mali a essa associati; è un mondo dove ciò che
solitamente passa inosservato risulta meraviglioso, e fiori e uccelli si trasformano diventando esseri
umani dotati di voce.
Questo processo si attua soprattutto nella raccolta Myricae. Questa è la prima raccolta di Giovanni