Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
“Così se ne restò lì a occhi chiusi, quasi credendosi nel Paese delle Meraviglie, pur sapendo che le sarebbe bastato riaprirli e tutto sarebbe ridiventato la prosaica realtà...[...] Infine, si immaginò come questa sua stessa sorellina sarebbe diventata anche lei una donna adulta, nei tempi a venire; e come durante gli anni più maturi avrebbe serbato il cuore semplice e affettuoso della sua infanzia; e come avrebbe riunito intorno a sé altri bambini, e avrebbe fatto a sua volta brillare di desiderio i loro occhi con molti racconti strani, forse perfino il sogno del Paese delle Meraviglie di tanto tempo prima; e come avrebbe diviso tutti i loro semplici dolori e goduto di tutte le loro semplici gioie, nel ricordo della sua fanciullezza, e dei felici giorni d’estate.”
La scelta di questo breve estratto è legata ad una chiave di lettura del romanzo che mette in risalto il progresso umano – prima ancora che intellettuale – che Alice compie grazie alla sua avventura nel Paese delle Meraviglie. Nella tesina voglio mostrare come Alice è una bambina che si oppone ai costumi e alle usanze del suo tempo, desidera un altro punto di vista, un “Paese delle Meraviglie” dove possa crescere. Questo mondo non è, però, solo frutto della sua fantasia e del suo desiderio di non perdere la curiosità e la semplicità, ma è anche un modo per farla crescere secondo i cardini di una vita adulta.
Alla luce del concetto di maturità, “The Adventures of Alice in Wonderland” è un viaggio alla scoperta del proprio inconscio e delle proprie emozioni ed un passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Allo stesso tempo, però, Lewis Carroll si serve della figura di Alice per attuare una satira contro la società e per rivoltarsi contro la ragione che troppo spesso invade la sfera sentimentale ed emozionale. Il romanzo vuole essere un invito a non perdere quei sentimenti e quei valori che hanno caratterizzato la nostra infanzia.
"Non importa che età avete,
se siete importanti
o insignificanti:
tutti tornate ad essere bambini"
Sebbene questo testo possa apparentemente sembrare un semplice prodotto di letteratura per l’infanzia, leggendolo attentamente si possono trarre preziosi considerazioni di carattere matematico, psicologico/filosofico e semiotico. la mia tesina di maturità inoltre permette anche vari collegamenti interdisciplinari.
Filosofia - Freud e l'importanza del sogno; accenno all'importanza del tempo.
Italiano - Un cenno alle "centomila maschere" di Pirandello e le caratteristiche del romanzo nonsense.
Storia ed Inglese - L'età vittoriana e lo sviluppo del romanzo.
Matematica - I quaternioni e la critica alla società vittoriana.
Linguaggi multimediali - Le trasposizioni cinematografiche del romanzo.
E sembra quasi vero.
E sempre quando inaridita
Parea l’ispirazione
E lui tentava di sospendere
Stanco, la narrazione:
“Domani il resto...” “Oggi è domani!”
Era l’implorazione.
E così delle Meraviglie
La Terra fu creata,
Con i suoi mille fatti strani...
A storia terminata
Si voga allegri verso casa.
Finita è la giornata.
Alice! Accogli questa fiaba
E con gentile mano
L’intreccio di ricordi e sogni
Riponilo, ma piano,
Come del pellegrino i fiori
3
Che vengon di lontano.
L’origine del libro è oramai divenuta quasi leggendaria: nel proemio dell’opera, “Meriggio
Dorato” Carroll rievoca appunto quel “pomeriggio dorato” del 1862 – probabilmente era il 4
luglio – quando con l’amico Reverendo Robinson Duckworth portò le tre incantevoli
sorelline Liddell a fare una gita in barca sul Tamigi. “Prima” era la sorella maggiore, Lorina
Charlotte, di tredici anni. Alice Pleasance, di dieci anni, era “Secunda” e la sorella più
piccola, Edith, di otto anni, era “Tertia”. Fu proprio in quell’occasione che Lewis Carroll
raccontò loro “la fiaba delle avventure di Alice sottoterra”. Ben venticinque anni dopo
Carroll scrisse: “una delle mie piccole ascoltatrici domandò che la storia venisse scritta per
lei [...] E così, per il piacere di una bambina che amavo (non ricordo alcun altro motivo), 6
stesi manoscritto, e illustrai con rozzi disegni di mia mano [...] il libro che ho recentemente
4
pubblicato in facsimile.”
I carrolliani si sono interrogati parecchio se Carroll fosse “innamorato” della vera Alice. Si
sa che il principale hobby di Carroll – quello da cui derivano le sue gioie più grandi – era
intrattenere bambine: “Amo i bambini (eccetto i maschi).” Egli riteneva estremamente belli i
corpi nudi delle bambine e, se capitava, li ritraeva o fotografava – naturalmente col
permesso delle madri. È probabile che le bambinette di Lewis Carroll lo attirassero
precisamente perché con loro egli si sentiva sessualmente protetto. Nell’Inghilterra
vittoriana c’era la tendenza ad idealizzare la bellezza e la purezza virginale delle bambine: di
certo questo rese più facile a Carroll il dare per scontato che la sua propensione per loro
avvenisse su di un alto piano spirituale. Una lunga teoria di bambine bellissime passò,
quindi, per la vita di Carroll, ma nessuna riuscì a prendere il posto del suo primo amore,
Alice Liddell. “Ho avuto ventine di amichette dai tuoi tempi”, le scrisse dopo le sue nozze,
“ma non sono mai state la stessa cosa.”
Alice Liddell; foto di archivio 7
2.2 Charles Lutwidge Dogson Charles Lutwidge Dogson nacque nel Cheshire il 27
gennaio 1832. La famiglia era del nord dell’Inghilterra,
pur avendo discendenza irlandese. Anglicana e
conservatrice, la maggior parte dei Dogson apparteneva
ad una delle due professioni tipiche della borghesia
medio-alta dell’epoca, l’esercito e la Chiesa. Nei primi
anni della sua vita, Charles studiò a casa, con un
precettore. A dodici anni Charles fu mandato a studiare
presso una scuola privata a Richmond, dove pare si sia
trovato a suo agio. Decisamente meno felice fu il
periodo trascorso alla Rugby School, nonostante Charles primeggiasse dal punto di vista
scolastico.
Dodgson lasciò la scuola di Rugby nel 1850, iscrivendosi nel gennaio successivo alla
vecchia scuola di suo padre, la Christ Church di Oxford; vi era entrato da appena due giorni
quando ricevette la notizia che sua madre era morta. Nonostante ciò Charles non si lasciò
distrarre dai suoi studi: era eccezionalmente dotato e perciò ricevette anche numerosi
riconoscimenti formali per i suoi notevoli risultati, tra cui la cattedra in matematica. Dogson,
meglio conosciuto come Lewis Carroll divenne, dunque, quello schivo ed eccentrico scapolo
che insegnava matematica al Christ Church di Oxford. Gli piaceva molto giocare con la
matematica, con la logica e le parole, scrivere nonsense, ma il suo passatempo preferito era
passare del tempo in compagnia di bambinette attraenti.
Nel 1856 Dodgson iniziò a interessarsi alla neonata arte della fotografia: la fotografia si
rivelò uno strumento ideale per esprimere la sua filosofia personale basata su uno stato di
grazia, di perfezione morale, estetica e fisica che egli trovava nel teatro, nella poesia, nelle
formule matematiche e soprattutto nella figura umana. Il fatto che Dodgson fotografasse o
disegnasse ragazzine nude ha contribuito alla tesi che fosse un pedofilo, anche se in realtà
uno degli obiettivi evidenti della fotografia di Lewis Carroll è quello di liberarsi del pesante
fardello della simbologia vittoriana, ritraendo le sue giovani modelle più come fate, libere
creature dei boschi, che come beneducate damigelle della buona società inglese. 8
L'intelligenza fuori dal comune di Dodgson è dimostrata anche da alcune sue invenzioni:
nel 1891 creò un sistema di scrittura detto nyctografia che consentiva di scrivere al buio;
inventò anche un gioco di carta e matita, il word ladder (la "scala delle parole").
Lewis Carroll morì di bronchite a Guildford il 14 gennaio 1898, cinque anni dopo la
pubblicazione di “Sylvie e Bruno”. 9
2.3 Background storico e sociale
L’opera – come già detto – venne pubblicata da Lewis Carroll nel 1865, in piena età
vittoriana.
Il termine “Victorian” deriva dalla Regina Vittoria, che regnò per un periodo molto lungo
(1837-1901). Questi anni sono in genere suddivisi in tre fasi o periodi:
- un primo periodo – dal 1837 al 1848 – caratterizzato da disordini civili, proteste
popolari, recessione industriale e fame.
- un secondo periodo – dal 1848 al 1870 – caratterizzato da prosperità, riforme – come la
seconda Reform Bill (1867), che estendeva il diritto di voto ai lavoratori, escludendo i
minatori ed i contadini (la terza, risalente al 1884, estendeva il suffragio a tutti i
lavoratori uomini) – e grandi profitti.
- un terzo ed ultimo periodo – dal 1870 al 1901 – caratterizzato inizialmente dal potere
imperiale della Gran Bretagna e successivamente dal Victorian Decline.
L’età vittoriana fu un’epoca complessa, caratterizzata da una contraddizione tra le
convenzioni morali del Victorian compromise ed il degrado sociale delle classi meno
abbienti.
Dal punto di vista culturale l’Arte esplicita quello stato di disagio dei poveri e critica
l’indifferenza della classe borghese.
Per quanto riguarda la letteratura, la critica divide convenzionalmente lo sviluppo del
romanzo vittoriano in due gruppi:
- “the early Victorian group” che include autori come Charles Dickens; la produzione di
questo periodo affronta in genere temi sociali che caratterizzano quest’epoca, come per
esempio le cattive condizioni lavorative, l’educazione, i diritti delle donne, alcolismo e
prostituzione, ecc.
- “the late Victorian group” che è influenzato dalle teorie di Darwin e dal Naturalismo; i
romanzi pubblicati in questo periodo divengono rappresentativi della crescente crisi dei
valori nelle classi più abbienti dell’epoca. Gli autori più importanti di questa seconda
fase sono Robert Louis Stevenson ed Oscar Wilde. Un altro importante romanziere
vittoriano è sicuramente Lewis Carroll, il creatore del romanzo nonsense. 10
2.4 Il nonsense ed il problema della traduzione
Il nonsense è basato sulla contrapposizione dell’ordine e del caos: la logica e gli elementi
razionali vengono utilizzati per descrivere situazioni assurde e senza senso. L’origine di
questo genere deve essere cercata nella tradizione e nei racconti popolari, nelle canzoni, nei
giochi e nelle filastrocche caratterizzate dall’alternanza di testo ironico al semplice gioco del
suono del linguaggio. Secondo il critico Wim Tigges l'effetto di nonsense è spesso causato
da un eccesso di significato, piuttosto che da una mancanza di esso: nella sua analisi Tigges
fornisce una serie di tecniche che caratterizzano questo genere – neologismi, inversioni,
imprecisioni, infinita ripetizione, ecc.
Nel caso di “The Adventures of Alice in Wonderland” ci troviamo davanti ad un genere di
nonsense molto curioso e complicato, scritto per lettori britannici di un altro secolo. Nessun
altro libro per bambini ha più bisogno di spiegazione di quelli di Alice: gran parte del loro
umorismo è intessuto di fatti ed abitudini vittoriani e per catturare tutto il sapore e lo spirito
del testo non è sufficiente nemmeno prestare molta attenzione – in quanto indirizzati alle tre
sorelle Liddell, a volte neppure i vittoriani potevano capire certi “scherzi” di Carroll.
[...] se il rimedio fosse altrove? Non nella ricerca esasperata di senso [...], ma nel
riconoscimento di quello che ciascuno di noi propriamente è, quindi della propria virtù,
della propria capacità, o, per dirla in greco, del proprio daìmon che, quando trova la sua
5
realizzazione, approda alla felicità, in greco eu-daimonìa?
Tradurre il romanzo è un’impresa in cui moltissimi autori italiani si sono cimentati: i giochi
di parole, le figure retoriche, i proverbi ed i continui riferimenti alla cultura inglese, hanno
spesso stuzzicato a tal punto la fantasia dei traduttori, che ogni traduzione rappresenta un
libro a sé.
“The Adventures of Alice in Wonderland” è, infatti, un testo che presenta innumerevoli
difficoltà traduttive a causa dei nomi propri presenti – i quali nascondono informazioni o
riferimenti alla cultura o all’ambiente dell’autore – e dell’importanza dei suoni e dei segni
dell’originale. 11
I giochi di parole – pun – usati da Carroll possono essere “catalogati”, sebbene non sia così
semplice schematizzarli in quanto sono molto vari:
- giochi di parole basati sul senso: uno dei modi per creare un gioco di parole è quello di
confondere più significati utilizzando una sola parola; ciò è possibile nel caso degli
omonimi – sono parole che si scrivono e si pronunciano esattamente come altre, ma che
hanno significati differenti – o della polisemia – quando i vari significati che si ricavano
da una parola discendono da un significato fondamentale, che viene esteso per metafora
o metonimia a nuovi significati.
- giochi di parole basati sul suono: sono tutti i giochi di parole che funzionano grazie alla
pronuncia simile o uguale di più parole; in questo campo rientrano l’omofonia – un
omofono è una parola che si pronuncia esattamente allo stesso modo di un’altra, ma si
scrive diversamente e ha naturalmente un significato diverso – la paronimia – è lo
scambio di parole simili per suono ma diverse per
significato – e la paronomasia – coppie di parole di suono simile, ma di significato
diverso.
- giochi di parole basati sui rimandi intertestuali: tutte quelle parole, o gruppi di parole, o
frasi, che si riferiscono a elementi culturali della cultura emittente.
- giochi di parole basati sui pronomi: sono quelli che si basano sulle particelle
pronominali, particolarmente favoriti dalla struttura della lingua inglese; tali particelle
sono spesso polivalenti, ovvero possono avere valore e significato diverso a seconda
della frase in cui sono inserite.
Uno degli esempi più famosi è il titolo del IV capitolo del romanzo: “Il Coniglio presenta un
conticino”. Il titolo in lingua originale è “The Rabbit Sends in a Little Bill”, che vuol dire
anche “Il Coniglio manda dentro un piccolo Bill – e Bill è il nome della Lucertola.
Un altro famoso gioco di parole è quello presentato nella scena del t-party:
““Take some more tea.” […] “I’ve had nothing yet, […] so I can’t take more.” “You mean
you can't take less, […] it’s very easy to take more than nothing.”.”
Questo gioco di parole è basato sulla polisemia di una parola banale – more – che in inglese,
a seconda del contesto, può voler dire sia “di più”, sia “ancora”. Due significati per una 12
stessa parola aprono la via a due ragionamenti opposti e paralleli, perfettamente logici e
contraddittori entrambi.
““Prendi dell’altro tè.” [...] “Veramente non l’ho ancora preso, [...] ragion per cui non