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Filosofia: Sigmund Freud;
Italiano: il Simbolismo, Luigi Pirandello
Alice nel Paese delle Meraviglie
Sogno e realtà da Freud a Pirandello
Jessica Guglielmino
Liceo Classico Gulli e Pennisi
Classe III D
Anno Scolastico 2007/2008
La tana del Coniglio, regno dell’inconscio 1
«Siamo tutti matti qui. Io sono matto, tu sei matta.» ribatté il Gatto. «E da cosa
giudichi che io sono matta?» «Devi esserlo, perché altrimenti non saresti qui. »”
Il viaggio di Alice inizia nella tana del Bianco
Coniglio: qui l’immaginazione esercita un potere
assoluto, influenzando e stravolgendo le percezioni
sensoriali, in una dimensione confusa e precaria
che sfugge ad ogni logica.
L’appartenenza al tempo e allo spazio va via via
sgretolandosi, ed ecco che si ha accesso all’area
più recondita della psiche: l’inconscio. Qui niente è
ciò che sembra, ed è inutile sforzarsi di applicarvi
le leggi della realtà esterna.
Sarebbe tuttavia sbagliato affermare che le
avventura di Alice, per quanto paradossali, non
siano reali.
Alla fine del racconto scopriamo che le peripezie capitate alla protagonista non
sono altro che frutto di un sogno all’ombra di un albero; e il sogno, per quanto
possa apparire slegato dalla coscienza umana e dai suoi meccanismi, è in realtà
la sua manifestazione più pura. Partendo da queste considerazioni, S. Freud
nella sua considera l’inconscio come luogo della non
Interpretazione dei sogni
consapevolezza, in cui vengono “immagazzinati” tutti i desideri irrealizzabili e i
traumi che, per non danneggiare la stabilità psicologica dell’individuo, vengono
“bloccati” in un substrato della coscienza. Tuttavia non è impossibile accerdervi:
proprio il sogno è la che permette l’appagamento, in forme
via regia all’inconscio,
allucinatorie e mascherate, di un desiderio rimosso.
L’importanza della parola: simbolismo e contenuto latente
Perché, in sostanza, bisogna credere che il contenuto di un sogno sia da
non-
considerare “reale”? Il Paese delle Meraviglie è il luogo dell’assurdo, del
sense, del paradosso: tutto appare slegato dalla realtà e dalle sue leggi. La
chiave di lettura va allora ricercata non in quello che viene detto, ma nel in
modo
cui ciò accade.
Il sogno utilizza un vocabolario fortemente simbolico che, grazie ad un gioco di
rimandi e di libere associazioni, mette in scena la “rappresentazione teatrale”
onirica: il cioè l’insieme di atti, parole, gesti che in sé appaiono
contenuto manifesto,
assolutamente privi di logica. Questa modalità di rappresentazione è dovuta alla
l’Io, il filtro della coscienza, trasforma i contenuti provenienti
censura onirica:
dall’inconscio, che potrebbero risultare perturbanti per l’individuo, in una forma
enigmatica e difficilmente riconoscibile. Ciò che questa mediazione vuole
“mascherare” e dissimulare dietro il non-sense è il il vero
contenuto latente,
materiale di cui si compone l’inconscio.
Se è vero che l’inconscio è il “magazzino” di esperienze vissute o desiderate
che sono state archiviate e censurate, il sogno non può che essere dunque
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,
profondamente la più sincera espressione dell’animo umano, pur essendo
reale
manifestata in forma simbolica.
Da qui nel racconto di Alice nel Paese delle Meraviglie scaturisce l’assoluta
importanza del rispetto al significato.
significante
«Vuoi un po’ di vino?» disse allora con tono quasi incoraggiante la Lepre Marzolina.
«Non vedo vino.» osservò Alice. Infatti aveva guardato sulla tavola e non aveva visto
altro che tè.
«Non ce n’è, infatti.» disse la Lepre.
Ogni proposizione non ha una reale funzione logica,
e non rimanda apertamente a niente di
concretamente riconoscibile: nel contenuto
manifesto tutto si esaurisce nella sua significazione.
Non a caso sono frequenti i giochi di parole, di suono
e le figure etimologiche, ma maggiore rilevanza
spetta in questo senso agli indovinelli:
Le sole parole che il Cappellaio disse furono: «Perché
un corvo assomiglia a uno scrittoio?»
Il quesito è in realtà irrisolto: puro Alice non vi risponde, non trova
non-sense.
niente; né tantomeno ne sa niente il Cappellaio che, da parte sua, risponde alla
bambina di non averne la più pallida idea.
Il sogno si manifesta così come un accostamento di idee, suoni, gesti: il tempo,
lo spazio, le regole logiche che vigono nella realtà si trovano private della loro
valenza e del loro potere di “dettare legge”: nel mondo onirico si ha un
ribaltamento di prospettiva e vengono messe in discussione persino le leggi che
consideriamo “naturali”, come il principio di non contraddizione o il nesso
causa-effetto.
Nel caso del quesito posto dal Cappellaio, la via per accedere al contenuto
latente non è la soluzione dell’indovinello (che difatti non ha nessuna
importanza), quanto piuttosto dell’indovinello stesso.
la formulazione
Un tè di matti: una questione di tempo
Come si è detto, privando di ogni valore le regole che stanno alla base della
razionalità, i legami con la realtà vengono spezzati. Una funzione particolare
riveste il Tempo, interpretato nel racconto come un’entità da sperimentare
soggettivamente, piuttosto che come “legge” che scandisce la vita.
L’orologio del Cappellaio segna solamente i giorni del mese; quando Alice gli
domanda stupita perché non segni le ore, come tutti gli orologi “normali”, quello
risponde indispettito:
«E perché dovrebbe segnarle?» borbottò il Cappellaio. «Il tuo orologio, per caso,
segna gli anni?» «Naturalmente no!» rispose pronta Alice. 3
Nella sua apparente assurdità, la domanda è perfettamente lecita: chi ha deciso
che un orologio debba per forza segnare le ore? Nel Paese delle Meraviglie sono sempre
tavola è grande, ma non c’è tempo per lavare le
le 6 del pomeriggio, l’ora del tè: la
tazze; bisogna scalare di posto per averne qualcuna pulita. Quella che potrebbe
sembrare una prigionia è in realtà la capacità di cogliere il Tempo nella sua vera
essenza: è statico ed è sempre uguale a sé stesso, ma sotto la spinta della
fantasia e del desiderio personale può piegarsi a ciascun bisogno individuale.
«Se tu conoscessi il Tempo come me, non parleresti di
perderlo! Scommetto che non hai mai parlato con lui.» «Non
mi pare» rispose Alice prudentemente «ma so che quando
studio musica debbo batterlo.» «Adesso capisco!» disse il
Cappellaio. «Ma lo sai, almeno, che lui non sopporta le
bastonate? Se tu riuscissi a restare in buon accordo con lui, ti
farebbe tutto quello che desideri tu.»
Il Tempo dunque, nel Paese delle Meraviglie, esiste solo
nella forma che ogni individuo decide di dargli,
manifestandosi così nella sua essenza originaria come
l’ennesima esplicazione di un desiderio: il desiderio che arrivi
presto l’ora del pranzo, o che sia sempre l’ora del tè.
L’unico personaggio che sembra sfuggire a questa totale libertà è il Coniglio
Bianco. Con il suo orologio nel panciotto si trova ad essere perennemente in
ritardo: vive una vita frenetica, sempre costretto a correre e a soffrire
dell’assenza di regole che “governa” il Paese delle Meraviglie. Nel suo caso il
Tempo si trova sempre a precederlo: il Coniglio non capisce che per liberarsi non
deve continuare a inseguirlo, ma semplicemente fermarsi.
Emerge una chiara volontà di abbattere tutti i limiti imposti dal mondo reale, a
partire da una creatura inventata dall’uomo di cui egli stesso è diventato
schiavo: il Tempo. Ancora una volta il sogno è la via di fuga che permette di
dare spazio alla creatività e ai bisogni di “libertà” dell’inconscio: nella realtà un
sogno dura pochi secondi, eppure al risveglio sembra sempre che sia durato
diverse ore.
Alice: una «maschera nuda»
Alice si trova dunque in una situazione a lei sconosciuta: si sente spaesata e a
volte sente l’irrefrenabile impulso di piangere. Ma proprio in un momento di
disperazione, all’inizio del racconto, quando sta per essere sommersa dalle sue
stesse lacrime, rimprovera a sé stessa:
«Ti consiglio di smetterla immediatamente!» aggiunse con tono deciso. Infatti questa
strana bambina pretendeva alle volte d’essere due persone. «Ti dovresti vergognare di
te stessa, una bambina grande come te!»
Ricordando i consigli dei genitori in merito al fatto che per una brava bambina
non sia conveniente mettersi a strillare, Alice impartisce a sé stessa l’obbligo di
tacere e di mostrarsi “adulta”, interiorizzando i valori e le leggi della società
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