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Questa tesina di maturità descrive l'aggressività. Sono passati milioni di anni da quando l’uomo usava la clava per difendersi dagli animali feroci e dai suoi simili. Un arco temporale che ci ha portato ad essere i cosiddetti “animali culturali” per eccellenza. I fatti di cronaca, sempre più frequenti, portano a fare qualche considerazione sull’aggressività che l’uomo moderno riversa contro i propri simili e contro sé stesso. C’è sicuramente un malessere sociale che sembra legato alla sopravvivenza. Ora che le necessità primarie sono generalmente soddisfatte l’uomo soffre dei condizionamenti sociali che lo vedono “vittima” di una vita carica di aspettative e di obiettivi difficili da raggiungere. L’aggressività emerge spesso attraverso manifestazioni estreme.
L’uomo si viene a trovare in una società in cui il benessere materiale è stato raggiunto con il consumo: l’uomo è troppo solo in mezzo alla gente e fatica a mantenere la sua immagine sociale che non gli appartiene. Un disagio psicologico che lo rende spesso isolato dalle regole di convivenza sociale. La tesina inoltre permette dei collegamenti con le altre materie di studio.
Filosofia - Freud e la psicanalisi.
Storia - La Prima Guerra mondiale.
Inglese - John Osborne.
Biologia - La trisomia xyy.
Sociologia - L'aggressività di gruppo.
Aggressività fa rima con fragilità.
Sono passati milioni di anni da quando l’uomo usava la
clava per difendersi dagli animali feroci e dai suoi
simili. Un arco temporale che ci ha portato ad essere i
cosiddetti “animali culturali” per eccellenza. I fatti di
cronaca, sempre più frequenti, portano a fare qualche
considerazione sull’aggressività che
l’uomo moderno riversa contro i propri simili e contro
se stesso. C’è sicuramente un malessere sociale che
sembra legato alla sopravvivenza. Ora che le necessità
primarie sono generalmente soddisfatte l’uomo soffre dei condizionamenti
sociali che lo vedono “vittima” di una vita carica di aspettative e di obiettivi
difficili da raggiungere. L’aggressività emerge spesso attraverso manifestazioni
estreme.
L’uomo si viene a trovare in una società in cui il benessere materiale è stato
raggiunto con il consumo: l’uomo è troppo solo in mezzo alla gente e fatica a
mantenere la sua immagine sociale che non gli appartiene. Un disagio
psicologico che lo rende spesso isolato dalle regole di convivenza sociale.
Diamo uno sguardo più attento alla questione
La psicoanalisi, disciplina introdotta da Sigmund Freud, rappresenta un metodo
per conoscere la mente, ed i fenomeni ad essa associati, ed è
un metodo terapeutico. Il principio fondamentale su cui la
psicoanalisi si basa è quello per cui l’Io (ovvero la parte che
conosciamo attraverso la nostra esperienza consapevole),
rappresenta una parte della psiche umana. L’inconscio viene
concepito da Freud attraverso un modello neurofisiologico: si
tratta di un sistema permeato dall’energia con cui l’individuo
reagisce agli stimoli esterni. Nell’inconscio vengono sepolte quelle esperienze
che l’io non è in grado di dominare, e che si manifestano sotto varie forme. Il
termine aggressività può significare allo stesso tempo il collegamento tra
un’emozione ed uno stato psicologico. Freud elaborò una complessa teoria
dell’aggressività: per capire l’origine dell’aggressività ,secondo lo psicanalista,
bisogna partire dal concetto di pulsione. Quest’ultimo è infatti uno degli aspetti
fondamentali della sua teoria. Per pulsione, quindi, si intende la rappresentanza
psichica di una fonte di stimolo in continuo flusso, il quale è prodotto da fattori
isolati e provenienti dall’esterno. In primo luogo, Freud vede la possibile
origine dell’aggressività come conseguenza del mancato soddisfacimento di una
pulsione, l’aggressione si mostra quindi come risposta in relazione
all’impedimento di un comportamento al fine di raggiungere piacere e quindi
evitare dispiacere. L’aggressività, inoltre, si manifesta molto presto nel
bambino, soprattutto
nella forma del complesso di Edipo, in cui appare chiaro il desiderio di uccidere
il padre, il quale viene visto dal bambino come un rivale che gli impedisce di
raggiungere il soddisfacimento sessuale con la madre. Ciò evidenzia il fatto che
l’aggressività sia una componente sempre presente nello sviluppo di ogni
bambino. L’aggressività è vista da Freud come: inizialmente posta al servizio
della libido, ma a poco a poco essa si libera da questo “obbligo”, per essere
posta in relazione con le pulsioni di autoconservazione(insieme dei bisogni
legati alla conservazione della vita, quindi fame sete ecc). Solo successivamente
Freud elabora una teoria delle pulsioni che preveda l’introduzione di una
pulsione di morte, una permanente tendenza aggressiva. La pulsione di morte è
presente in ogni uomo e costituisce la spinta alla riduzione delle tensioni.
Mentre l’istinto sessuale ha per scopo la conservazione della vita e mira solo
alla eliminazione delle tensioni sessuali, l’impulso di morte cerca di eliminare
tutte le tensioni, e quindi anche quelle della vita stessa. Tale spinta rappresenta
la tendenza presente in ogni uomo a riportare l’organismo allo stato inorganico.
L’aggressività, secondo questa nuova visione, è rivolta inizialmente verso
l’individuo stesso, e poi, solo successivamente, indirizzata verso l’esterno.
Freud ha cercato di capire l’origine dell’aggressività umana cercandola nelle
dinamiche inconsce del singolo individuo: l’uomo è condannato ad una
aggressività naturale e inestirpabile. Per vivere in comunità occorre infatti
rinunciare alle pulsioni aggressive che muovono l’animo umano.
Un’aggressività di fondo
Si può osservare che il primo conflitto mondiale fu in
realtà il momento culminante di processi storici, politici
e filosofici che trovano le loro radici nell’Ottocento.
Risulta riduttivo identificare la causa del primo conflitto
solo nell’attentato a Sarajevo il 28 giugno 1914 contro
l’arciduca asburgico Francesco Ferdinando: esso fu solo
la causa scatenante che fece esplodere trasformazioni
ideologiche e culturali maturate durante la “bella époque”. Uno dei principali
fattori storici ed ideologici che causarono lo scoppio del conflitto fu il
cambiamento di significato del concetto di nazione. La nazione divenne allora
lo strumento di dominio dei popoli sugli altri popoli e perse il significato avuto
in precedenza. Inoltre le cause che portarono allo scoppio della prima guerra
mondiale possono collegarsi anche al "revanscismo" francese: a desiderare
fortemente la guerra come strumento di dominio non furono soltanto i tedeschi,
ma anche i Francesi. Infatti, se i Tedeschi vollero a tutti i costi la guerra poiché
si sentivano rinchiusi in un territorio che, essendo relativamente piccolo, non
corrispondeva al primato economico della Germania, i francesi aspiravano ad
una rivalsa sulla Prussia e quindi sulla Germania che, guidata da Bismarck,
aveva inflitto loro una sconfitta con la guerra franco-prussiana (1870-1871).
La guerra inoltre venne anche intesa come strumento per scaricare all'esterno le
tensioni sociali. La stessa concezione di nazione, in termini aggressivi , trova il
suo riscontro su lato culturale: se per Fichte la nazione era un'entità culturale,
distaccata da ogni imperialismo ma, anzi , contro esso(in quanto minaccia della
purezza culturale del popolo), con Hegel, invece, si afferma sempre più la
convinzione che un popolo debba essere dotato di un forte esercito che non solo
difenda i confini nazionali, ma che si spinga anche al di là di essi per
sottomettere gli altri popoli. Il nazionalismo afferma che la nazione è il simbolo
del popolo, quindi perde ogni significato lo spingersi oltre i confini nazionali
per conquistare nuovi territori in nome della nazione; ed esiste anche la
giustificazione usata per legittimare questo atteggiamento, ovvero la
convinzione che, al di là delle singole nazioni, esista un'unica nazione
germanica. Tale atteggiamento affonda le sue radici nell'irrazionalità di quegli
anni. Inoltre nella seconda metà dell’Ottocento prese piede la filosofia di
Nietzsche, il quale affermò la disuguaglianza tra gli uomini, rifacendosi ad
elementi del darwinismo: sebbene Nietzsche si dichiarasse contro al razzismo, il
mito del superuomo andò lentamente tra sformandosi in mito della super-razza
e i Nazisti poterono così strumentalizzare il pensiero nietzscheano.
L’aggressività come fattore biologico: La sindrome dell’extra Y
Nel patrimonio genetico umano normalmente sono presenti due cromosomi
sessuali: XX nel caso femminile e XY nel caso maschile. In un certo numero di
casi di soggetti ricoverati in manicomi criminali, o
incarcerati per gravi reati,
si è osservata la presenza della trisomia XYY, cioè la
presenza di un cromosoma Y aggiuntivo. Dato che la
frequenza statistica dell'anomalia XYY
appariva piuttosto elevata tra i soggetti internati e
caratterizzati da comportamenti violenti, si è pensato
che questa anomalia potesse essere una causa della
condotta criminale. In realtà c'era un grosso problema in
questi studi: mancava il confronto con un gruppo di non
internati. Può darsi infatti che la frequenza statistica
della sindrome XYY sia la stessa nella popolazione
generale, in cui non è stata misurata. In mancanza di tale confronto con il
gruppo di non internati, non è possibile trarre alcuna conclusione attendibile.
Gli individui affetti dalla sindrome sostanzialmente hanno un alto tasso di
aggressività, legato direttamente alla presenza del cromosoma in più. I soggetti
affetti da tale “sindrome” presentano, inoltre, altre caratteriste particolari, quali
l’alta statura e robusta costituzione, un livello intellettivo inferiore alla norma,
l’assenza dei sentimenti di colpa, comportamenti manipolativi dovuti a desideri
di potere, profitto o guadagni materiali ed hanno una bassa scolarità, presentano
uno squilibrio dello sviluppo psicofisico dovuta ad una inadeguata elaborazione
del proprio corpo e della conseguente reazione impulsivo-aggressiva. Tale
sindrome, studiata per la prima volta nel 1961 da A. Sandeberg, ha una
frequenza di 1 individuo ogni 950 maschi nati vivi. I maschi affetti da questa
sindrome hanno 47 cromosomi. Sulla base degli studi scientifici erano stati
proposti degli screening di massa dei neonati per individuare tali soggetti, allo
scopo di poter intervenire con misure educative e riabilitative contro il presunto
“istinto ad uccidere”. Tale aggressività “innata” si può considerare come
manifestazione diretta della presenza di un cromosoma sessuale in più, che
determinerebbe modifiche in specifiche zone del sistema nervoso centrale, cioè
presente sia in soggetti con la sindrome dell’extra Y, che in pazienti affetti dalla
sindrome di Klinefelter (XXY).
John Osborne: the spokesman of the Angry Young Men
John Osborne was born in 1929, in a London suburb, of lower middle-class
parents. He was educated in London and in a boarding school in Devonshire,
where he developed a passion for acting and for writing plays. He entered the
theatre as actor and assistant stage manager. In 1956 he wrote a new play,
“Look back in anger”, about rebellion against traditional values, that was
accepted at the Royal Court Theatre in London. This theatrical performance was
considered a sort of “meeting” between the old and the new in the British
theatre, and it turned Osborne into one of the spokesman of the so-called Angry
Young Men. The angry and rebellious nature of the post-war generation was
captured by the protagonist Jimmy Porter, angry against all middle-class values
and social injustices. The roots of Jimmy’s anger lie are in the past: for example
in his father’s premature death. He is an outsider in rebellion against the whole
Establishment, which he sees personified in his wife and her family; he is the
personification of the “protester” without a clear, definite cause to fight for. He
is an anti-hero, since he only speaks but never acts. His psychological attitude
clearly shows the consequences of a childhood trauma, a sense of personal
failure. He has established a love-hate relationship with his wife since he wants
to possess her, but at the same time, he is afraid of her and tries to destroy their
relationship; his long monologues, compared to Alison’s silences, underline a
lack of communication between the two. Alison is Jimmy’s victim and she is
the stronger of the two, since she has had the courage to leave her family and to
bear her husband’s rudeness. The language is the most innovative element of
the play; it is spontaneous and vital, crude and violent, provocative and
revolutionary. Jimmy’s vulgar slang expressions could be understood by