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Sintesi
Follia - Tesina


Tesina che descrive che cosa sia la follia. Gli argomenti trattati sono i seguenti: la follia, la criminalizzazione della follia nel periodo romantico, la figura del folle, Freud. Viene analizzato anche il quadro legislativo relativo a questo tema.
Estratto del documento

I manicomi

Il manicomio nasce con la società moderna, si parla dunque di fine Settecento inizi

dell’Ottocento. C’è da sottolineare che l’istituzione del manicomio era già presente anche nei tempi

precedenti, affermandosi più definitivamente con la società moderna.

La prima legge italiana che regolamentava l’istituzione manicomiale e la relativa assistenza

psichiatrica è la Legge del 14 febbraio 1904, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 22 febbraio dello

stesso anno.

L'elemento caratterizzante di tale legge appariva chiaro già dal primo articolo che recitava:

"Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualsiasi causa da alienazione

mentale quando siano pericolose a sé o agli altri, o siano di pubblico scandalo e non siano e non

possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi"

L'alienato mentale era considerato come un soggetto pericoloso o di pubblico scandalo e quindi:

"L'alienato deve essere relegato in ambienti chiusi , allontanato dal resto della collettività in quanto

incapace di integrarsi con essa, in quanto emanatore di comportamenti difformi rispetto alla norma,

(scandalo pubblico)".

Persone, non solo affette da disturbi mentali, ma anche da sifilide, malattie croniche della pelle,

semplici esaurimenti o perché ritenute scomode dalle famiglie, venivano allontanate dalla società ed

internate in tali istituzioni, depredate delle loro libertà e dei loro diritti.

Il principio di custodia dell'alienato comportava ulteriormente una facilità nel procedimento

utile a determinarne l'internamento nella struttura manicomiale. Il direttore del manicomio possedeva

assoluto potere all'interno della struttura egli determinava la condizione di internamento definitivo

dopo il periodo di osservazione di trenta giorni che sanciva la perdita, da parte dell’internato, della

capacità di agire in senso giuridico. 4

Esso era la sede di tecniche brutali, utilizzate con l’utopia di estirpare le anomalie. L’alienato

era soggetto a cure a base di salassi generali e parziali, ghiaccio sul capo, bagni tiepidi prolungati,

docce fredde, purganti e, le accentuate inquietudini notturne, prevedevano l’utilizzo dell’oppio al fine

di calmarli.

Il sistema di coercizione fisica era prassi quotidiana, nel manicomio si ricorreva anche

all’impiego di camicie di forza, maniche di cuoio, catene di ferro e molto spesso il malato veniva legato

ai muri o addirittura agli alberi dei cortili. Tali pratiche, pur brutali che fossero apparivano

regolamentate in un decreto pubblicato nel 1909, che affermava che potessero essere utilizzate "in casi

assolutamente eccezionali", e previa autorizzazione scritta da parte del direttore o di un medico

dell'istituto stesso.

La legislazione psichiatrica del 1904 , rifletteva sostanzialmente i limiti operativi della

psichiatria dell'epoca, la quale era incapace di un atteggiamento terapeutico, in quanto erano

sconosciuti sistemi terapeutici, fisici o farmacologici, idonei alle cure. Inoltre in essa confluivano

numerosi disturbi psichici su base organica, ( lue, pellagra, paralisi neurogene ed altro), che

determinavano un altissimo numero di ricoverati. Ciò comportava un atteggiamento strettamente

organicistico nell'orientamento psichiatrico, il quale trattava casi di patologie inarrestabili o addirittura

inguaribili.

La Psichiatria subì dei cambianti tra gli anni trenta del 1900, attraverso l’introduzione della

terapia dell'elettroshock, e gli anni cinquanta dove si assistette alla grande rivoluzione

psicofarmacologica.

L'utilizzo dello strumento farmacologico modificò radicalmente non solo la prognosi della

malattia mentale, ma ne permise anche la rivisitazione dei principi stessi tale da conferirle un aspetto

composito. Col tempo infatti, essa si arricchì di approcci multidisciplinari che sollecitarono interessi

culturali diversi, la psichiatria subì influenze provenienti anche da scienze diverse da quella medica.

Fu in tale clima che si diffusero ideologie differenti per quanto riguarda l’approccio medico del

malato, in Italia infatti si affermò, parallelamente alla psichiatria, il movimento Antipsichiatrico

italiano. 5

Il termine Antipsichiatria si riferiva ad approcci che si pongono in contrasto con le teorie e le

pratiche della Psichiatria contemporanea. I cardini fondamentali di tale posizione risiedevano nella

critica degli strumenti utilizzati impropriamente volti al trattamento dei pazienti contro la loro volontà o

in maniera troppo autoritaria. Un esponente di spicco di questo movimento fu Franco Basaglia.

Franco Basaglia

Franco Basaglia nasce a Venezia nel 1924 dove trascorre la sua infanzia ed adolescenza.

Consegue la maturità classica e si trasferisce a Padova per frequentare la facoltà di Medicina e

Chirurgia, specializzandosi poi in Malattie Nervose e Mentali. Decide di lavorare come assistente

presso l’Università di Padova e ottiene la libera docenza in Psichiatria ma le sue idee troppo

rivoluzionarie per quanto concerne la materia lo costringono ad allontanarsi dall’ambiente

universitario.

Si trasferisce a Gorizia dove diventa direttore dell’Ospedale Psichiatrico. Entra così in contatto

con la realtà manicomiale, con la costrizione dei malati mentali, con la camicia di forza e con la tecnica

dell’elettroshock. Basaglia sosteneva con i medici dell’Ospedale che:

"Un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato, prima

di tutto, è una ‘persona’ e come tale deve essere considerata e curata (...) Noi siamo qui per

dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone".

Basaglia non considerava più il malato mentale come un individuo pericoloso ma al contrario,

voleva che ne fossero esaltate le sue qualità umane. Il malato infatti non doveva essere rinchiuso, ma

doveva vivere la vita della collettività sviluppano tutte le capacità tali da rendere possibile la creazione

di rapporti umani.

La rivoluzione iniziò a Gorizia dove il manicomio fu profondamente trasformato tramite

l'eliminazione di qualsiasi tipo di cura o contenimento e l'apertura dei cancelli, per dar luogo ad una

nuova realtà: la comunità terapeutica. I pazienti tornavano ad essere uomini, ovvero persone e non più

"malati" e "diversi". 6

Basaglia diceva:

“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il

problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Invece

incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il

manicomio ha qui la sua ragion d’essere”.

Per le sue idee Basaglia fu in parte osteggiato anche negli stessi ambienti psichiatrici,

specialmente in seguito ad un omicidio commesso da un paziente psichiatrico dimesso dal Basaglia che

per tale ragione nel 1968 fu incriminato. Assolto, lasciò la direzione dell'Ospedale Psichiatrico di

Gorizia e si trasferì a Trieste.

Basaglia a Trieste rivoluzionò l'ospedale psichiatrico avviando laboratori di pittura e di teatro.

Venne formata anche una cooperativa di pazienti, che iniziavano a svolgere lavori riconosciuti e

retribuiti. Nel 1973 Trieste venne designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell’Oms sui servizi

di salute mentale.

Gli psichiatri che identificarono le loro idee in Basaglia si coalizzarono in Psichiatria

Democratica, tale movimento fu determinante nel dare impulso al superamento del manicomio tramite

una serie di manifestazioni di protesta.

Nel gennaio 1977 nel corso di una conferenza stampa Franco Basaglia e ed il presidente della

Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura dell’Ospedale Psichiatrico della città.

“Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di

vuoto emozionale; viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo

inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il

completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la

malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il

malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del

ritmo dell'internamento”. 7

Il 13 maggio 1978, fu promulgata in Parlamento la legge di riforma psichiatrica, L. n. 180/78.

Secondo Basaglia il movimento di Psichiatria Democratica doveva andare oltre la chiusura dei

manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria, indigenza, tossicodipendenza,

emarginazione, delinquenza, conducono alla follia.

Nel novembre del 1979 Basaglia lasciò la direzione di Trieste e si trasferì a Roma, dove assunse

l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.

Nell'agosto del 1980 Basaglia morì nella sua casa a Venezia, dopo una lunga malattia.

Cos'è la legge Basaglia?

"Noi vogliamo essere psichiatri, ma vogliamo soprattutto essere delle persone impegnate, dei militanti.

O meglio, vogliamo trasformare, cambiare il mondo attraverso il nostro specifico, attraverso la

miseria dei nostri pazienti che sono parte della miseria dei mondo. Quando diciamo no al manicomio,

noi diciamo no alla miseria del mondo e ci uniamo a tutte le persone che nel mondo lottano per una

situazione di emancipazione".

La legge Basaglia è la legge che sancisce la chiusura dei manicomi e regolamenta l’assistenza

psichiatrica sul territorio italiano. Questi sono due elementi fondamentali che si discostano

completamente dalla precedente legge che regolamentava l’assistenza psichiatrica mediante

l’internamento dell’allineato nel manicomio.

Tale legge è la conseguenza di un cambiamento di mentalità che definiva il malato di mente

come una vittima dell'oppressione sociale, che tenta in tutti i modi di 'normalizzarlo', spingendolo verso

il conformismo. È in questo senso che la follia sarebbe dovuta ad una forma di trasgressione dalla

norma sociale, anche laddove si esprima attraverso l’originalità e la genialità.

Le cure somministrate nei manicomi del tempo vengono considerate forme di violenza sociale

su persone fragili, che avevano già dovuto subire violenze da parte della famiglia e della società per il

8

loro mancato adeguamento al conformismo sociale. L’Antipsichiatria vuole invece tutelare i diritti di

queste persone e lasciarle libere di esprimersi e di reinserirsi nel tessuto sociale.

È qui che si creano le basi della legge Basaglia: una legge innovativa che tutela il malato

ridandogli i suoi diritti.

La legge Basaglia, abolì dunque gli ospedali psichiatrici ed istituì i servizi di igiene mentale, per

la cura ambulatoriale dei malati di mente.

A posteriori si può dire che grazie all’Antipsichiatria è stato possibile portare all'attenzione

dell'opinione pubblica i numerosi casi di abuso e di violenza fatti su persone incapaci di difendersi, la

ghettizzazione dei malati, il pessimismo terapeutico che li vedeva come persone ormai definitivamente

perse, che andavano solo sedate ed emarginate, per il bene della società.

Con la legge Basaglia molte persone malate hanno potuto vivere una vita abbastanza normale,

accanto ai familiari, avendo la possibilità di muoversi liberamente, di lavorare, di essere seguiti a

distanza da un équipe terapeutica che si occupava di migliorare, in tutti i modi, la loro esistenza.

La famiglia infatti ha un ruolo insostituibile nella vita di una persona ed i servizi sociali sono

utili solo in quanto riescono ad appoggiare ed aiutare la famiglia dall’esterno.

Purtroppo però, non tutti i familiari hanno il tempo, la forza, le risorse per farsi carico dei tanti

problemi che sorgono quando qualche familiare si trova in condizioni di disabilita mentale.

È proprio in questo punto che la legge Basaglia è stata e viene ancora colpita da molti psichiatri. 9

Basaglia docet, ma l'Europa è meglio

di Redazione (11/04/2008)

Basaglia docet, ma in Europa è meglio. Lo dice Mauro Mancia, professore emerito di neurofisiologia

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