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Sintesi
Fisica: Aerodinamica, Teorema di Bernoulli

Italiano: D'Annunzio e la rapidità

Storia dell'arte: Giovanni Dottori e l'aeropittura
Estratto del documento

Mappa concettuale:

• Introduzione

• Teorema di Bernoulli

• Coefficiente di forma

• Portanza

• Angolo d’attacco e angolo di stallo

• Forze in gioco

• Aerodinamica nella Formula 1

• Il “flap”

• Turbolenze

• D’Annunzio e la “rapidità”

• Gerardo Dottori e l’Aeropittura

• Il progresso della Lotus

Bibliografia e Sitografia:

“D’Annunzio Il fuoco-Forse che sì forse che no” Newton Compton

editore– “Alcyone” G. D’Annunzio, Garzanti libri – “Dell’Arte e degli

artisti 4” casa editrice G. D’Anna – “Perché vola un aereo Brevi

Cenni di Aerodinamica” CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali)

– Grande Dizionario Enciclopedico Utet - lotuscars.com –

f1-country.com

Motivazioni:

La mia scelta è dettata da un interesse prettamente scientifico e

ingegneristico, oltre che da una personale passione per le auto da

corsa. Aerodinamica

Un filo sottile che collega l’aereo all’automobile

L’aerodinamica è una scienza che studia il flusso di un gas (principalmente l’aria) che

interagisce con un corpo solido. Questa interazione permette la formazione di una

forza, determinante per lo sviluppo di mezzi come l’aereo o l’autovettura da corsa. In

particolare la forza aerodinamica può tendere ad alzare il corpo con cui interagisce

(aereo) o ad abbassarlo (auto da corsa).

Nel primo caso la portanza, ovvero la componente verticale della forza aerodinamica

agente sulle ali del velivolo, permette di far volare l’aereo generando una depressione

nella parte superiore dell’ala e una sovrappressione in quella inferiore, essendo la

velocità maggiore sull’estradosso (parte superiore); nel secondo caso la depressione

viene a crearsi nella parte superiore dell’autovettura in modo tale da schiacciarla e

aumentarne l’aderenza con la pista.

Tutto ciò può essere spiegato grazie al principio di Bernoulli.

Teorema di Bernoulli

Il teorema di Bernoulli determina matematicamente quel principio per il quale con un

incremento di velocità si ha anche una diminuzione di pressione in un fluido.

1 2 =k

p+ pgh+ p v

2

L’equazione di Bernoulli permette di

indicare come costante l’energia della

massa fluida, la quale viene espressa

come somma tra energia di pressione ( 1 2

p v

p pgh

), energia potenziale ( ) e energia cinetica ( ); quindi non è

2

nient’altro che un’applicazione del principio di conservazione dell’energia su, per

esempio, un tratto di condotta dove scorre un fluido. Aumentando la velocità “v”, a

parità di pressione, si avrebbe un aumento dell’energia cinetica e quindi della somma

totale, dovendo essa essere costante ciò non è possibile; pertanto ad un aumento della

velocità deve corrispondere una diminuzione di un altro fattore, ovvero della

pressione.

Coefficiente di forma

Il coefficiente di forma, o coefficiente di resistenza aerodinamica è strettamente legato

alla forma dell’oggetto su cui incide il flusso d’aria, oltre che alla velocità

d’incidenza.

In particolare a un coefficiente di resistenza aerodinamica (Drag Coefficient) molto

basso corrisponde una velocità limite molto alta.

Prendendo un oggetto in caduta libera, abbiamo una

velocità finale pari a:

√ 2 mg ;

=

V f ρS C d

dove “m” è la massa dell’oggetto, “g” è l’accelerazione

gravitazionale, “ρ” è la densità dell'aria, “S” è la sezione

dell’oggetto perpendicolare al moto di caduta e “C ” è il

d

coefficiente di resistenza aerodinamica. Per ottenere una

velocità limite elevata occorre dunque aumentare C , che

d

si trova al denominatore.

In figura sono riportati alcuni dati di coefficienti in base

alla forma.

Portanza

La portanza (“L”) si calcola con la

formula generale:

1 2

L= ∙ ρ∙ V ∙ S ∙C ;

L

2

dove “ρ” è la densità dell'aria, “V” è la velocità di volo; “S” è la superficie di

riferimento (nel caso di velivoli si tratta di superficie alare).

“C ” è un coefficiente adimensionale detto coefficiente di portanza, il quale varia in

L

funzione della composizione dell’ala. Quando nell'ala l'angolo d’attacco è inferiore

all’angolo di stallo, il coefficiente di portanza può essere espresso come:

=C

C α ;

L Lα

dove con “α” è indicata l'incidenza del profilo (angolo formato dalla corda del profilo

con la direzione del vento indisturbato che lo investe). Oltre l'angolo di stallo tale

relazione lineare non è più valida e si nota una brusca riduzione del coefficiente di

portanza.

Angolo d’attacco e angolo di stallo

L’angolo d’attacco è l’angolo che si forma

tra il profilo alare e la direzione del flusso

del fluido (“α” in figura).

La portanza è strettamente legata a tale

angolo, in quanto essa cresce all’aumentare

dell’angolo d’attacco fino a quando quest’ultimo non raggiunge un certo valore, detto

angolo di stallo, oltre il quale la portanza tende a diminuire repentinamente.

Forze in gioco

Il procedimento per il quale l’aereo vola e la macchina da corsa ha una tale velocità

non è così semplice, sulle ali dell’aereo e sui vari componenti dell’autovettura

agiscono più forze, tra cui la portanza, la resistenza (dovute all’interazione con l’aria),

la forza peso, la spinta del motore (dovute alla composizione del mezzo) e la

resistenza dell’aria.

La portanza e la forza peso agiscono verticalmente, quindi la loro risultante permette

di far alzare o abbassare il mezzo.

La resistenza e la spinta del motore agiscono orizzontalmente, pertanto la loro

risultante permette al mezzo di andare più o meno veloce.

Per ottenere un volo rettilineo uniforme queste forze devono essere in equilibrio,

ovvero il modulo della portanza e della forza peso deve essere uguale, così come il

modulo della spinta e quello della resistenza.

I vari costruttori di autovetture da corsa cercano di modellare il mezzo in modo tale da

creare una portanza verso il basso (“downforce”) elevata e una resistenza minima per

poter sfruttare al meglio la spinta del motore.

Anche un costruttore di aerei cercherà di creare una resistenza minima, ma combinata

con una portanza elevata verso l’alto.

In che modo? Passiamo a vedere come viene costruita una monoposto di Formula 1.

Aerodinamica nella Formula 1

Nella Formula 1 l’interesse maggiore è quello di rendere la vettura più aerodinamica

possibile, portandola a velocità maggiori che essa perdi il controllo per l’eccessiva

potenza motore, attraverso alettoni, deviatori di flusso e altri componenti del telaio.

Per migliorare le prestazioni è necessario diminuire la resistenza con il flusso d’aria,

definita nell’automobilismo “drag”. Ridurre al minimo le forze di drag è stato

l’obiettivo dello sviluppo aerodinamico delle vetture di Formula 1 fin dagli anni ‘60,

quando gli ingegneri iniziarono a capire che aumentando la pressione verso il basso,

tramite la downforce, era possibile aumentare il grip tra le ruote e la strada, ossia

l’attrito necessario per poter scaricare la potenza generata dal motore sulla pista.

Oltre all’aumento del grip, una portanza verso il basso maggiore provoca una

diminuzione del pattinamento delle ruote sulla strada, rendendo la macchina più

stabile dopo un cambio di direzione repentino. Rilevante in questo è l’azione dei due

alettoni principali di una vettura di Formula 1: quello anteriore e quello posteriore

(posti su un’autovettura a partire dagli anni ’90).

Già dagli anni ’70 l’alettone

posteriore fu adottato per

migliorare l’aerodinamica

dell’auto, ma solo con la

“Benetton-Ford B191”, nel 1991,

furono adottati entrambi, con

l’alettone anteriore a carico

prettamente aerodinamico,

mentre quello posteriore per un

effetto bilanciante. Nelson Piquet Benetton B191 Ford F1 Silverstone British GP 1991

Un’interessante innovazione dal

punto di vista aerodinamico è stata la recente introduzione del “DRS” (Drag

Reduction System), ovvero un dispositivo che permette la diminuzione della

downforce agente sul veicolo, causando una minore aderenza all’asfalto che provoca

un aumento di velocità e una diminuzione di stabilità (infatti l’uso del “DRS” in

Formula 1 è consentito solo sui lunghi rettilinei).

Il “flap”

Negli aeroplani un elemento aerodinamico molto interessante nonché essenziale è il

“flap” (o ipersostentatore). Il flap è un componente mobile dell’ala che, azionato,

intensifica la portanza, dando maggior curvatura al profilo alare; come conseguenze

può generare turbolenze e aumentare la resistenza (soprattutto a velocità elevate). Gli

ipersostentatori sono utili in condizioni di atterraggio o di decollo, poiché nel primo

caso si ha bisogno di una velocità

minore e quindi di un aumento della

resistenza, mentre nel secondo caso

si necessita di maggiore portanza a

basse velocità.

Turbolenze

Spesso si sente parlare di turbolenze, riferite a particolari situazioni in cui si può

ritrovare un aereo in volo, le quali causano “sballottamenti”. La turbolenza consiste

nella generazione di moti vorticosi del fluido, il quale non riesce più a mantenere un

moto laminare. I tipi di turbolenza sono molti: quello più pericoloso è quello dovuto

alle correnti temporalesche che generano una corrente ascendente in grado di far

variare il moto di un aereo; un altro tipo di turbolenza è quello da scia, ovvero il

disturbo aerodinamico dovuto alla presenza di un altro mezzo davanti sulla stessa

traiettoria. Di quest’ultimo si tiene conto sia, ad esempio, nelle frecce tricolori, le

quali non devono partire troppo vicine, altrimenti rischiano di essere deviate nel loro

moto, sia nella Formula 1, dove i piloti non dovrebbero stare molti giri troppo

attaccati al pilota che li precede, poiché rischiano di danneggiare i componenti

aerodinamici e quindi subire un calo di velocità.

D’Annunzio e la “rapidità”

Gabriele D’Annunzio trattò spesso del tema della velocità legato all’automobile e

all’aereo, esaltando gli “omini veloci”, ovvero i piloti.

In uno dei suoi più noti romanzi, “Forse che sì, forse che no”, l’autore celebra la

macchina come il realizzarsi della realtà moderna, simbolo di dinamicità e

aggressività.

Nella parte finale del romanzo, il protagonista Paolo Tarsis, in seguito ad una diatriba

con la sua amata, decide di

mettere a repentaglio la propria

vita per compiere un’azione

coraggiosa (per quell’epoca):

attraversare il Tirreno in aereo

senza soste intermedie, partendo

dalla costa occidentale della

penisola italica e arrivando in

Sardegna.

“Il volatore non vedeva più se non acque acque acque in una infinita e chiara

solitudine, senza turbamento, senza mutamento, in cui gli pareva esser sospeso e

immobile su le sue ali adeguate. Era la grande serenità alcionia, come nei giorni

favolosi del solstizio iemale; era l’albasia mattutina, senza soffio, senza flutto. Come

quella quiete aboliva la rapidità, così quel silenzio aboliva il romore. Il moto dei

congegni non aveva risonanza ma era simile al moto del cuore e delle arterie, che

l’uomo non ode quando egli è in armonia con sé e con l’Universo. Il superstite non

più aveva il sentimento del sopravvivere ma del trapassare. Non vedeva a faccia a

faccia il suo pilota, come già nell’apparire dell’arcobaleno, ma era egli medesimo

quel pilota; e la sua anima era la guida della sua anima, e la sua mente era la luce

della sua mente; e le sue mani, che nel lavoro avevano conservata la loro nuova

bianchezza e ch’egli aveva lasciate ignude, gli parevano anch’esse una forma della

vita ideale; ed egli aveva persa la memoria della riva di giù ma non di quel viaggio,

ché egli si ricordava di averlo compiuto. […]

Non clamore, non tuono di trionfo; non moltitudine pallida di facce, irta di mani.

Silenzio selvaggio, erma gloria; e il mattino ancor fresco; e il respiro del mare

fanciullo che le braccia piegate della terra cullavano; e la parola della segreta

nutrice che sa la vita e la morte e ciò che deve nascere e ciò che non può morire e il

tempo di tutto. «Figlio, non v’è dio se non sei tu quello.»”

È resa chiara, in questo estratto, la passione di D’Annunzio per l’aereo e per il volare.

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