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Letteratura latina: Virgilio, Ovidio e Orazio;
Letteratura inglese: William Wordswoth (Daffodils);
Storia dell'arte: Claude Monet (Il ciclo di ninfee);
Storia: i figli dei fiori.
I fiori nella letteratura dalla fine del ‘700 all’inizio del ‘900
Baudelaire
I fiori nella letteratura in genere sono sottoposti ad un’operazione stilistica costante:
l’allegoria. Con il Simbolismo si accentua tale tendenza, ma il fiore può esser associato a
svariati temi, di varia natura, più o meno innovativi; non è più solo accostato al valore
naturale della purezza e della bellezza come avveniva nella lirica tradizionale. Baudelaire,
presimbolista, scrive nel 1857 . Il titolo consiste nella trasfigurazione di un’idea
Le Fleur du mal
(il male) in un’immagine (il fiore). In tal modo il titolo racchiude in sé anche un effetto
ossimorico a causa dell’abbinamento del fiore al male. Il poeta mostra una lucida
consapevolezza dell’impossibilità di ogni idillio, di ogni evasione. La folla, le grandi città , il
mercato, sono il vero paesaggio della modernità, senza spazio alla natura incontaminata. I Fiori
è una raccolta di polemica e provocazione, che fu scandaloso per l’epoca, rifiutato e
del male
censurato.
D’Annunzio
Con l’Estetismo, i fiori assumono un significato più profondo. La ricerca del bello si traduce
nella ricerca del piacere e nell’esaltazione dei sensi. Si è attenti ai fiori, soprattutto ai più rari,
raffinati, bizzarri, di una bellezza naturale cosi perfetta da sembrare un prodotto artificiale.
Persino i loro profumi, estratti per creare essenze, vengono superati da miscele di elementi
chimici, sperimentati in modo da essere migliori rispetto a quelli naturali (come in Controcorrente
di Huysmans). Ma in D’Annunzio i fiori sono simbolo di un amore che è sfaccettato: egli si
propose di scrivere un ciclo di romanzi, suddiviso in tre trilogie, ciascuna denominata da un fiore
(la rosa, il giglio, il melograno), simbolo delle tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù
delle passioni alla vittoria su di esse. La rosa è il fiore simbolo della voluttà, della passione
invincibile; il giglio è il fiore simbolo del superuomo e dell’amore che si purifica e si spoglia
della sua dimensione più concreta e carnale. Il contrasto fra la rosa e il giglio si riscontano
anche nella vicenda stessa di Sperelli: le sue due amanti rispecchiano perfettamente la
4
I FIORI
ambivalenza dell’amore. L’una, Elena Muti, è passionale, ardente, incarna la donna in cerca
del piacere: per questo è simboleggiata dalla rosa. L’altra, Maria Ferris, è la donna del
giglio, fedele al marito e devota ad un amore platonico. Rappresenta il lato opposto
dell’ideologia dannunziana, quello del nirvana e della spiritualità. Il melograno, frutto della
terza trilogia, invece è il pomo dai molti granelli, simbolo dei frutti che possono derivare dal
dominio delle passioni.
Gabriele d’Annunzio è definito da Alessandro Merci.: uno che dei fiori non ne ha mai avuto
Infatti i fiori accompagnano l’intera avventura artistica del pescarese, dagli esordi di
abbastanza.
Primo Vere alle Laudi, alle prose della maturità e della vecchiaia, seppur con frequenza via
via minore: essi sono l’immagine privilegiata della bellezza, del sogno – e quindi del superuomo,
in particolare di quella sua prima e più autentica incarnazione che è l’esteta – e allo stesso
tempo della sua inconsistenza, del suo tragico destino di morte– quindi del nichilismo sempre
incombente. Un esempio lampante di questa duplice natura dei fiori, celebrativa della vita e
dell’amore da un lato e mortuaria e funebre dall’altro, si trova già nel suo primo e più celebre
romanzo, Il Piacere (1889), fin dalle pagine d’apertura.
Le stanze andavansi empiendo a poco a poco del profumo ch’esalavan
ne’ vasi i fiori freschi. Le rose folte e larghe stavano immerse in certe
coppe di cristallo che si levavan sottili da una specie di stelo dorato
slargandosi in guisa d’un giglio adamantino
Negli ultimi due decenni del diciannovesimo secolo ritroviamo gli stessi fiori visti nei romanzi,
con significati e simbolismi tutto sommato analoghi. In particolare, nel Poema paradisiaco
(1893) appaiono le rose, che “ ” e “ ” mentre il poeta assaporava
si sfogliavan su ’l balcone morivano
il suo sogno amoroso (Il giogo); oppure le viole, poste a inghirlandare una fronte femminile:
La mia mano viole
su la tua tempia pose;
e, quando tra i miei fiori
la tua fronte si china,
il cuor tutti indovina
gli occulti tuoi dolori.
O ancora il giglio, pallido e lunare: [Consolazione]
Troppo sei bianca, Il volto è quasi un giglio. [Suspiria de profundis]
Io ti veggo alta su’l cielo,…, un giglio nella notte 5
I FIORI
O infine il giacinto, fiore spirituale e misterico : orti recinti / che mai una divina a lo straniero / aprirà
coronata di giacinti / per lui condurre in alti labirinti / di fiori verso il triplice mistero / cantando inaudite sue
[Hortus conclusus].
canzoni
Le ginestre del Trionfo della morte, lontane anni luce nella loro superba noncuranza e pienezza
di vita da quella loro malinconica e umile sorella abitante dei deserti presentata da Leopardi
nel celebre componimento ad essa intitolato. Qui infatti “ la campagna in fiore” “ride” ne “l’immensa
. Li ritroveremo
pace”, “i fiori / a cento a cento […] prorompono in un trionfo vitalistico di gioia e desiderio
venti anni più tardi in Alcyone, dove d’Annunzio si divertirà a combinare ancora una volta
vitalismo sfrenato e ricercatezza linguistica e botanica:
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
piove su i mirti ...E il pino
divini... ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, strumenti
diversi Pioggia nel pineto]
sotto innumerevoli dita. [
Foscolo
I fiori fanno esattamente da cornice alle strutture portanti della sua ideologia, il materialismo
illuministico e il pessimismo preromantico. Vitale è il tema della morte e della caducità della
vita, ripreso dalla poesia sepolcrale inglese. Il poema “I sepolcri” , 1806, si apre:
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?
Chi muore ritorna nel nulla e dal punto di vista oggettivo e razionale la tomba è di fatto
inutile. Al verso 47, le Ortiche sono simbolo di una terra inospitale e arida. Dal punto di
vista sentimentale, del morto resta il ricordo e continua a vivere fin quando c’è qualcuno che lo
ricorda e lo ama. 6
I FIORI
v.272: le palmi e i cipressi di vedovili lagrime innaffiati proteggete i miei padri
È attento alla funzione della tomba e del cimitero, a cui la natura, con i suoi fiori e le sue
piante fa da contorno.
v.125: amaranti e viole crescono sulle tombe...pietosa insania che fe’ cari gli orti de’ suburbani avelli alle britanne
vergini.
Con l’arte si sconfigge il tempo e quel surrogato di sopravvivenza, che consiste nel ricordo degli
altri, può diventare universale e perenne.
v.115 : Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l'urne
per memoria perenne.
Foscolo conferisce la massima dignità all’arte e alla poesia. Il Vero dell’arte non è la vita o
la natura, ma la loro imitazione, che implica selezione, composizione e armonizzazione di
elementi, ma anche preservazione della virtù principale di quelle: il candore, la semplicità,
l’armonia Nell’arte tutto deve parere spontaneo, naturale, eppure nulla in realtà deve esserlo;
storia, scienza e filosofia non fanno l’uomo felice: l’arte invece lenisce e consola.
v.66: il tiglio che ombreggia la tomba del Parini concedendogli e da pace e riposo.
Anche nelle Grazie, riassumibili in un ingentilimento dei costumi e nella sacralizzazione del
senso della vita, è costante il tema della morte. È metaforicamente espresso attraverso il
confronto fra la caducità della vita umana e la presenza costante de i fiori che ne contornano la
tomba. Le Grazie a’piedi suoi destano fiori,
a fiorir sue ghirlande: e quando il biondo
crin t’abbandoni e perderai ’l tuo nome,
vivran que’fiori,o Giovinezza, e intorno
l’urna funerea spireranno odore.
[Il velo delle grazie, inno III, vv.150-154]
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I FIORI
Leopardi
Lo stesso tema del ricordo e la medesima impronta pessimista è riscontrabile in “ ”,
Le ricordanze
1829. In esso il poeta registra una serie di rievocazioni, ma in questo caso non con una
funzione sociale e collettiva , ma estremamente legate alla vita dello scrittore. Registra la
risposta emotiva e interiore del soggetto, di fronte ad un passato inafferrabile.
vv.14-17:
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; vv.44-49
Il caro tempo giovanil, …
O dell’arida vita unico fiore
vv.111-112
piansi la bella giovinezza, e il fiore
de’ miei poveri dì, che sì per tempo
cadeva,…
I fiori sono parte di una natura il cui ruolo è determinante nella condizione d’infelicità umana.
La crudele matrigna si esplicita con elementi che tendono al Bello, al Sublime, al Piacere,
che per l’uomo sono estremamente lontani, vaghi e effimeri. Al coinvolgimento emotivo, nella
della terza fase della poetica leopardiana, si aggiunge un tentativo di distacco di obiettività.
Ne è frutto “ ” (1836). Si apre una riflessione filosofica in ottica
La ginestra o il fiore del deserto
duramente negativa: nella canzone si parla della coraggiosa e allo stesso tempo fragile
resistenza di questo arbusto, che si oppone alla lava del Vesuvio, il monte sterminatore,
simbolo della natura crudele e distruttiva. Il delicato fiore risorge sulla lava pietrificata,
manifestando la “libido vivendi” e con la sua fragranza sembra rallegrare queste lande desolate.
vv.32-37 Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
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I FIORI Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola.
La natura non è più quella di Recanati, non dà consolazione, ma è infinita e anti-idilliaca.
Il suo destino è tragicamente segnato da una nuova eruzione, capace di annullare non solo la
sua consolante presenza ma – ben più drammaticamente – la presenza dell’uomo in questi
luoghi. La ginestra diviene simbolo della condizione umana: non c’è possibilità di riscatto, né
umanistico( come in Foscolo), né religioso (come nella poesia sepolcrale).
Vv297-304. E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste.
In questo canto mette in contrapposizione la smisurata potenza della Natura con la debolezza
e fragilità e impotenza, del genere umano .La consapevolezza del doloroso vivere dell’uomo
deve divenire coscienza collettiva, perciò avanza una proposta di solidarietà utopica fondata
sulla conoscenza della dura verità . Leopardi si propone come figura titanica e magnanima che
vuole riaffermare la dignità della condizione umana, contro il dolore e la sofferenza che la
appiattiscano. Al contrario della superbia umana, la ginestra si comporta , davanti alla forza
che la uccide, con dignità: cede senza impennate d’orgoglio, benché innocente. Tuttavia non cede
con viltà, né tenta di consolarsi con la fede religiosa dell’aldilà o la fiducia laica dell’eternità.
È un intervento ideologico-politico volto al rifiuto dei miti di progresso e di riforma sociale.
Pascoli
In , Pascoli riprende le Bucoliche di Virgilio e intitola la sua opera con il termine
Myricae
latino delle tamerici, piccoli arbusti che si differenziano dai tipici allori o dalla tradizionali
quercia dell’alta poesia. Attraverso il titolo, fa capire che parla di piccole cose, di argomento
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I FIORI
basso e umile , come sono le tamerici. Pascoli riprende per la sua epigrafe, il verso : “ arbusta
Nei poemi conviviali, invece, riprende la Egloga di Virgilio: “n
iuvant humilisque myricae” . IV on
”, posto come motto d’apertura alla raccolta. Vi è un innalzamento di stile,
omnes arbusta iuvant
formalismo, preziosismo, raffinatezza, tipiche espressioni dell’alessandrinismo.
Altro fondamentale tema nella letteratura che viene trattata attraverso metafore floreali è il