
La poesia 'Il Cinque Maggio' di Alessandro Manzoni è stata – ed è - infatti tappa obbligatoria nel percorso scolastico di ciascuno di noi. Frutto della penna di uno dei più celebri autori dell'800, 'Il Cinque Maggio' è un'ode che Manzoni ha dedicato a Napoleone: un personaggio di cui, nel bene e nel male, si parla ancora oggi. Tutta carne al fuoco per i maturandi di quest'anno che nel loro studio pre-esame non possono proprio esimersi dal ripassare questo celebre componimento.
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Napoleone, “l'uom fatale” che cambiò l'Europa
Napoleone si incoronò imperatore nel 1804, in un'Europa in fase di transizione. I valori di stampo feudale stavano lentamente cedendo il passo a quelli della rivoluzione francese: una fiamma che dopo il 1789 si propagò su tutto il continente. Lo Stato borghese, rivoluzionario e napoleonico, nella sua essenza e nella sua evoluzione, fu molto apprezzato da diversi filosofi, tra cui Hegel che vedeva nel regime napoleonico una nuova alba per il mondo occidentale. Il punto più alto raggiunto dalla rivoluzione, e il principio dell'Europa moderna. Napoleone fu quello che Nietzsche chiamava 'volontà di potenza': i suoi eserciti marciavano in lungo e in largo per l'Europa, restituendo libertà e un nuovo senso di appartenenza europea a tutti i popoli.Certo non mancarono gli errori da parte di un uomo che aveva mire espansionistiche fuori portata. E, come spesso accade, le ambizioni corrodono l'animo: come spiega il Manzoni nel suo componimento. Napoleone fu anche vittima di questo suo peccato, la battaglia di Waterloo la sua capitolazione. Dopo la breve parentesi dei Cento Giorni, nel 1815 l'Imperatore fu trasferito a Sant'Elena, dove dopo 6 anni morì di cancro allo stomaco.
Il Cinque Maggio: testo della poesia di Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni non ha mai fatto segreto di detestare il regime napoleonico, tuttavia sposava in pieno i principi della rivoluzione francese di cui Napoleone si fece portatore in Europa. Il poeta scrisse l'ode il 5 maggio 1821 e nella poesia ricordò le grandi battaglie vinte da Napoleone con l'esercito francese, mettendo in risalto gli aspetti principali del suo carattere e della sua personalità. Manzoni aveva anche conosciuto Napoleone Bonaparte, e quando gli giunse la notizia della dipartita dell'imperatore - nonché della sua conversione in punto di morte - ne rimase scosso, e con lui tutti gli europei. Così scrisse di getto la lirica del 5 maggio:
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.