
Nonostante la maggioranza della popolazione fosse contraria al conflitto, a prevalere furono le posizioni di chi premeva per prendervi parte. E addirittura un mese prima della dichiarazione di guerra, le autorità italiane si accordavano in gran segreto con l'Intesa, stabilendo di fatto con largo anticipo la partecipazione italiana alla Grande Guerra. Un evento che con molta probabilità potrebbe essere trattato alla Maturità 2023: cerchiamo allora di ricostruire i passaggi che portarono l'Italia in guerra.
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L'Italia divisa sulla Grande Guerra
Il dibattito attorno alla Grande Guerra animava le piazze e i lavori alle Camere già da mesi. Il Paese era sostanzialmente diviso in due schieramenti. I neutralisti (cattolici, liberali giolittiani, socialisti) erano la maggioranza nel Paese e alla Camera, ma tra loro divisi. Al contrario, gli interventisti (repubblicani, radicali, socialriformisti, sindacalisti rivoluzionari, associazioni irredentiste) erano favorevoli all'entrata in guerra. Anche questa fazione era costituita da diversi gruppi politici e culturali.Tra questi, i Nazionalisti volevano che l'Italia conquistasse le terre italiane ancora sotto il dominio straniero, e consideravano la guerra strumento necessario per l'affermazione del prestigio italiano. Gli Irredentisti si rifacevano invece ai valori risorgimentali: ciò che contava era l'Unità della Patria. E' chiaro, dunque, che un conflitto con l'Austria-Ungheria appariva loro come inevitabile per sottrarre agli austriaci le terre italiane che occupavano: l'Alto Adige, la zona di Trento, la Venezia Giulia con le città di Trieste e Gorizia.
Il Trattato di Londra: l'Italia entra nell'Intesa
Quale che fosse il dibattito pubblico sul tema, il Presidente del Consiglio Salandra, il ministro degli Esteri Sonnino e il re Vittorio Emanuele III avevano già deciso, firmando in gran segreto il 26 aprile il Trattato di Londra con Inghilterra, Francia e Russia. In cambio dell’alleanza, l’Intesa offriva il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, la Venezia-Giulia, l’Istria, tranne la città di Fiume, e la Dalmazia. In pratica, il completamento del processo Risorgimentale e la garanzia di un ruolo di rilievo a livello internazionale alla fine del conflitto.Una decisione che remava controcorrente rispetto agli umori del Paese: in molti, tra cui l'ex premier Giovanni Giolitti, pensavano che l'Italia non fosse pronta a uno scontro armato di tali dimensioni. Per evitare il voto contrario al Trattato – e all'entrata in guerra – il 20 maggio la Camera approvò la concessione di pieni poteri all'esecutivo. Il 23 maggio fu dichiarata guerra all’Austria, mentre il giorno successivo iniziarono le operazioni militari.
24 maggio 1915: l'Italia entra in guerra
Quel 24 maggio di 108 anni fa è una data passata alla storia. L'Italia scendeva in guerra al fianco di Gran Bretagna, Francia, Serbia e Impero Russo contro gli Imperi Centrali di Germania e Austria Ungheria, supportati dall'Impero Ottomano. Forse il Piave mormorava davvero “calmo e placido”, come recita la celebre canzone degli alpini, ma ad attendere i fanti italiani vi furono solo sofferenza e morte. I militari italiani si trovarono impegnati su un fronte lunghissimo, che andava dal confine con la Svizzera al mare Adriatico, attraversando vette alpine e ghiacciai.I generali, come tutti i loro pari grado dell’epoca, utilizzavano tattiche ottocentesche che non tenevano conto delle innovazioni tecnologiche: a partire dalle mitragliatrici che falciavano con estrema freddezza i soldati lanciati alla carica. Entro la fine dell’anno, tra le fila italiane si sarebbero contati già oltre 250mila fra morti e feriti. Più di tre anni dopo sarebbe arrivata una vittoria, conseguita a caro prezzo, in termini di vite umane ma anche economici: perché le guerre danneggiano le economie nazionali e ne influenzano le dinamiche negli anni a venire.
Il prezzo della vittoria mutilata
La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati. I confini, soprattutto europei, sarebbero stati cambiati radicalmente dalla Grande Guerra. L’Impero Austro-Ungarico si disgregò, la Germania subì sanzioni durissime e il centenario Impero Ottomano cessava ufficialmente di esistere.L’Italia ottenne quanto promesso, anche se la questione dell’annessione della città di Fiume avrebbe fatto a lungo parlare di “vittoria mutilata”. Nei quattro anni e tre mesi di ostilità persero la vita circa 2 milioni di soldati tedeschi insieme a 1.110.000 austro-ungarici, 770mila turchi e 87.500 bulgari; gli Alleati ebbero all'incirca 2 milioni di morti tra i soldati russi, 1.400.000 francesi, 1.115.000 dell'Impero britannico, 650mila italiani, 370mila serbi, 250mila rumeni e 116mila statunitensi. I fortunati superstiti ebbero la possibilità di assistere alla storia che faceva il suo corso, ridisegnando i confini d'Europa all'alba del 1919.