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Versione maturità 2009 latino - Cicerone - Traduzione Pag. 1
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Sintesi
CICERONE DE OFFICIIS I,88-89

Testo
Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius, nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia. In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur, ne si irascamur aut intempestive accedentibus aut impudenter rogantibus in morositatem inutilem et odiosam incidamus et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia, ut adhibeatur rei publicae causa severitas, sine qua administrari civitas non potest. omnis autem et animadversio et castigatio contumelia vacare debet neque ad eius, qui punitur aliquem aut verbis castigat, sed ad rei publicae utilitatem referri.
Cavendum est etiam ne maior poena quam culpa sit et ne isdem de causis alii plectantur, alii ne appellentur quidem. prohibenda autem maxime est ira puniendo; numquam enim iratus qui accedet ad poenam mediocritatem illam tenebit, quae est inter nimium et parum, quae placet Peripateticis et recte placet, modo ne laudarent iracundiam et dicerent utiliter a natura datam. Illa vero omnibus in rebus repudianda est optandumque, ut ii, qui praesunt rei publicae, legum similes sint, quae ad puniendum non iracundia, sed aequitate ducuntur.

Traduzione
[88] Non bisogna dare ascolto a quelli che riterranno che dobbiamo arrabbiarci duramente coi nostri avversari, e anzi lo crederanno proprio dell'uomo magnanimo e forte: nulla è più degno di lode, nulla è più degno di un uomo grande e glorioso della mitezza e della clemenza. Fra i popoli liberi e dove esiste l’uguaglianza del diritto giuridica si deve anche esercitare l’indulgenza e quello che è chiamato potere di dominare i sentimenti, per non cadere in una intrattabilità inutile e spiacevole, nel caso che ci adiriamo con chi ci avvicina in maniera inopportuna o con chi con impudenza ci fa delle richieste. E tuttavia la bontà e la clemenza devono essere apprezzate al punto da poter ricorrere anche alla severità in favore dello stato, senza la quale una comunità non può essere governata. D’altra parte ogni punizione e ogni rimprovero devono essere esenti da offesa e non devono essere indirizzati all’utilità di colui che punisce o rimprovera qualcuno, ma a quella dello stato.[89] Si deve anche fare attenzione a che il castigo non sia maggiore della colpa e che per gli stessi motivi alcuni siano colpiti, altri non vengano neppure chiamati a dare conto. Nel punire deve inoltre essere trattenuta la collera; infatti chi si accosterà adirato alla punizione non conserverà mai quella moderazione, che sta fra il troppo e il poco, che è gradita ai Peripatetici, ed è gradita a ragione, purchè essi non elogiassero l’ira e non affermassero che essa è stata concessa utilmente dalla natura. In tutte le situazioni essa (l’ira) invece deve essere respinta e ci si dovrebbe auspicare che coloro, che sono a capo dello stato, siano simili alle leggi, che sono indotte a punire non dalla collera, ma dal senso di giustizia.
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