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Sintesi

Collegamenti Percorso fotografia e non realtà



Introduzione: storia della fotografia.
Biologia l’occhio come la macchina fotografica .
Matematicala sezione aurea.
Storia - sbarco in sicilia e in Normandia.
Italiano - il relativismo conoscitivo (Pirandello).
Filosofiail prospettivismo (Nietzsche).
Latino - Il ritratto di Trimalchione
IngleseDubliners (James Joyce).
Pedagogiale sorelle Agazzi e l'educazione all’immagine nel 900.
Estratto del documento

«La fotografia non mostra la realtà,

mostra l'idea che se ne ha»

Introduzione

La parola fotografia deriva dal greco PHOTÒS (luce) e GRAPHìA (scrittura)

denota perciò “scrittura con la luce”. La scrittura con la luce nasce già

nell’antichità con la camera oscura, veniva usata dai pittori in modo da

riportare quadri più realistici, ma rimaneva il problema di fissare l’immagine

senza il bisogno di pitturarla. Questo viene risolto all’inizio del XIX dai

francesi Louis-Jacques Mandè Daguerre e Nicèphore Nièpce. Le prime

fotografie infatti prendono il nome di Daguerre, sono i Dagherrotipi,

immagini fissate su una lastra d’argento attraverso un complicato lavoro

con liquidi chimici. Questo problema viene risolto poco dopo dall’inglese

William Henry Fox Talbot, che inventa l’attuale Negativo, grazie al quale si

può fare un numero infinito di copie con un singolo scatto fotografico. Da

qui nasce la prima vera fotografia. Tutti capiscono l’importanza innovativa di

questa invenzione, che fa subito il giro del mondo: infatti per ricordare

qualcuno con un immagine, non serve più un lungo e costoso ritratto.

Nascono così molti studi fotografici, la fotografia viene usata in modi diversi:

-come strumento scientifico;

-per documentare fatti, persone o cose;

- nell’arte, come nell’impressionismo per cogliere l’attimo fuggente;.

Nel 1888 la fotografia diventa ancora più facile ed economica, perché viene

inventata la prima macchina fotografica portatile, la “Kodak”.( George

Eastman). Dalla fine dell’ ‘800 ad oggi la fotografia si è ancora

notevolmente sviluppata, grazie all’invenzione della fotografia a colori nel 1947 e quella della macchina fotografica digitale, nel 1975, entrambe

dovute alla “Kodak”.

BIOLOGIA – L’OCCHIO COME LA MACCHINA FOTOGRAFICA

L’occhio è quell’organo di senso, dalla struttura sferica del diametro di 2,5 centimetri, che ci permette di vedere e la sua struttura ricorda da vicino

quella di una macchina fotografica, o meglio noi abbiamo costruito la macchina fotografica "copiando" quello che la natura aveva già inventato.

L’apparato visivo è costituito da due organi, pari e simmetrici, posti anteriormente nel cranio: gli occhi, o bulbi oculari, collegati direttamente dai

nervi ottici, servono a trasmettere ciò che noi vediamo al cervello. Quando fissiamo un oggetto, la luce che proviene da esso entra nei nostri occhi,

attraversa una serie di lenti naturali, che sono in sequenza la cornea (attraverso cui la luce entra nel nostro occhio), l’iride (un anello muscolare

pigmentato che conferisce all’occhio il suo colore) ed il cristallino (una lente che ha il compito di mettere a fuoco i raggi luminosi). Tali lenti naturali

corrispondono alle lenti dell'obiettivo di una macchina fotografica, la luce va ad "impressionare" una pellicola fotosensibile la retina, che di

conseguenza eccitata dalla luce che la colpisce trasmette informazioni al "regista", il cervello, attraverso un cavo elettrico, il nervo ottico, che

interpreta e decodifica le immagini rimpicciolite e capovolte, rimettendole nella posizione. Una membrana muscolare, l'iride, al cui centro è ricavata

un'apertura, la pupilla, cioè un diaframma naturale di diametro variabile, simile a quello contenuto in una qualsiasi macchina fotografica, il cui

compito è quello di modulare la quantità di luce che va a colpire la retina.

Retina: è l’involucro più interno del bulbo oculare, corrisponde al sensore della macchina fotografica ed è il punto d’inizio della via visiva.

I CLASSICI DELLA FOTOGRAFIA

Artisti che hanno saputo usare l'obiettivo con la sensibilità di un poeta, immortalando l'anima delle persone, dei luoghi e degli eventi del secolo

scorso. Per rivivere attraverso gli scatti dei più grandi maestri della fotografia: da Henri Cartier-Bresson a Steve McCurry, da Robert Capa a Josef

Koudelka e Luigi Ghirri, contemporaneo.

1) Henri Cartier-Bresson

“Se il Ventesimo secolo è stato quello dell’immagine, Henri Cartier-Bresson è stato l’occhio del secolo”.

E’ stato un fotografo francese e viene presentato così il più famoso tra i fotografi nella biografia ufficiale della Fondation HCB a lui dedicata. Ed è a

quest’uomo, che forse più di ogni altro a contribuito a rendere popolare la fotografia nel mondo, ha realmente scritto la storia della fotografia,

ispirando un’intera generazione di fotografi e regalandoci una visione che va ben al di là della semplice rappresentazione della realtà, consacrando

la fotografia come arte a tutti gli effetti.

MATEMATICA – LA SEZIONE AUREA

E vorrei partire proprio da una foto dello stesso Bresson per illustrarvi la prima regola di composizione fotografica che ogni principiante impara: la

regola dei terzi. La regola dei terzi è un accorgimento che è stato utilizzato per secoli dai pittori ed è tuttora molto diffuso nella composizione di una

fotografia. Dividendo l'immagine in terzi, da due linee verticali e due linee orizzontali equidistanti tra loro, e ponendo il soggetto in uno dei punti di

intersezione delle linee immaginarie ottenute, si ritiene che l’immagine risulti più dinamica (rispetto ad una composizione che pone il soggetto al suo

centro), ma armonica al tempo stesso. La regola dei terzi è in realtà una semplificazione di un’altra regola matematica: la sezione aurea. Attorno al

1200, il matematico italiano Leonardo Fibonacci scoprì il numero aureo: 1,618033. Nel Rinascimento si diffuse la consapevolezza che questo

numero corrisponda ad un rapporto tra dimensioni che appare molto spesso in natura (come le proporzioni tra gli arti di molti esseri viventi). Infatti,

molti artisti ne fecero uso nella composizione dei loro quadri, delle statue e così via. Si scoprì ben presto che il numero aureo (detto anche sezione

aurea, rapporto aureo o proporzione divina) applicato alle arti figurative permetteva altre figure geometriche: la spirale aurea. La spirale si ottiene

suddividendo l’immagine ripetutamente in rettangoli aurei. Ciò che è importante per il fotografo, individua il punto di maggiore interesse in

corrispondenza a dove si “arriccia”, una linea che può guidare lo sguardo dell’osservatore.

La "Sezione aurea" può quindi essere molto utile in fotografia per calcolare proporzioni e punti specifici definiti "centri di osservazione".

( Matematicamente la "sezione aurea" può essere definita come il rapporto tra la lunghezza (a + b) la sua parte maggiore (a) che è pari al rapporto

tra la parte maggiore (a) e la minore (b). Le forme che obbediscono alle proporzioni della "sezione aurea" sono considerate come le più equilibrate.)

2) Robert Capa non era un soldato, ma visse, la maggior parte della vita nei campi di battaglia proprio come un soldato, con i soldati, la sua

fama è legata alle immagini della guerra. Egli ha infatti seguito tutti i maggiori conflitti fra cui la seconda guerra mondiale e la guerra civile

spagnola. Grazie al suo lavoro ci pervengono immagini straordinarie pubblicate in tutto il mondo, come il famoso miliziano della Guerra

Civile spagnola del 1936 "catturato" mentre moriva colpito da un proiettile, foto che sarebbe diventata simbolo e icona di quella guerra.

In uno scatto, in questo scatto, viene immortalato l’attimo che segna la fine di un’esistenza:

“come fotografo di guerra spero di rimanere disoccupato per il resto della mia vita”.

Due eventi importantissimi durante la Seconda Guerra Mondiale, eventi che portarono alla sconfitta della Germania e dell’Italia:

In Sicilia: Nel luglio del 1943 raggiunge la Sicilia, Robert Capa sullo sbarco Anglo-Americano in Sicilia iniziò con un volo in paracadute, lungo il

percorso Capa scatta numerose foto. Furono giorni di intenso lavoro per Capa che realizzò su quelle isolate montagne alcune foto che

diventeranno tra le più famose della sua carriera. le fotografie scattate da Capa raccontano la guerra con grande umanità, Un donna in fuga porta

con sé poche povere cose, sembra intuire lo scatto e vi si presta con fierezza. Un giovane uomo, si fa pulire gli scarponi da un anziano

lustrascarpe. E’ forse, questo, tra gli scatti più emozionanti e vivi della collezione: l’ingenuo entusiasmo, il sollievo della tregua, l’uscita

dall’anonimato che il combattimento impone a tutti, militari e civili, giovani e vecchi: Documentando ancora la guerra sino allo sbarco in Normandia.

In Normandia: Il 6 giugno 1944 partecipa al sanguinoso sbarco del contingente americano ad Omaha Beach, in Normandia. La maggior parte delle

foto scattate durante lo sbarco andò perduta per un errore del tecnico di laboratorio addetto allo sviluppo, scamparono alla distruzione solo undici

fotogrammi danneggiati, che trasmettono comunque tutta la terribile drammaticità dei momenti del D-Day.

3) "Josef Koudelka"

Fotografo della Repubblica Ceca: A chi gli chiede quale sia la cosa più importante per un buon fotografo, Josef Koudelka risponde “un buon paio di

scarpe”. Per alcuni è il maestro assoluto, ineguagliabile e inimitabile cantore della "visione spontanea" della realtà. Per altri è un punto di riferimento

importante nel campo della fotografia di documentazione storica, sociale e antropologica. Per altri ancora, è tra i primi fotografi che hanno trovato la

chiave di volta per raccontare il nostro mondo in maniera spiccatamente soggettiva pur mantenendo una rigorosa aderenza ai fatti.

ITALIANO

Il relativismo conoscitivo

La fotografia può documentare fatti realmente accaduti, riprodurre paesaggi, riprendere scene di vita quotidiana. Dopotutto, non bisogna scordare si

trova sempre qualcuno dietro la camera, proprio come Serafino Gubbio Operatore, qualcuno senza il quale non esisterebbe quella fotografia, che

noi crediamo oggettiva, ma che in realtà, per angolazioni, inquadrature, scelte dei soggetti, rispecchia la soggettività di chi la scatta.

"Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di

continuo e infinitamente mutabile." (Luigi Pirandello, "Uno, Nessuno, Centomila").

Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica secondo cui la realtà tutta è “vita”, e tutto ciò che si stacca dal flutto

eterno e perpetuo della vita diventa “forma”, ovvero illusione e scaturisce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo. Perciò

ciascuna di queste forme che noi ci stessi ci fissiamo o in cui gli altri ci cristallizzano non sono nient’altro che costruzioni fittizie, “maschere”. L'uomo

nasce in una società dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale è obbligato a comportarsi. L'uomo dunque non può capire né gli

altri né tanto meno se stesso, poiché sarà una maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse e inconoscibili. Dal vitalismo

pirandelliano scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: Se la realtà è un perpetuo divenire, non potrà essere fissata in schemi o

moduli d’ordine, di conseguenza è multiforme, polivalente, non esiste un'osservazione precisa, una prospettiva privilegiata da cui osservarla. Le

prospettive di osservazione sono infinite. Non si dà una verità oggettiva, fissata a priori una volta per tutte, perché ognuno ha una sua verità che

nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Proprio come avviene nel linguaggio fotografico: ognuno ha la sua percezione del mondo e di

conseguenza una particolare fotografia non può trasmettere a tutti le stesse emozioni e sensazioni.

FILOSOFIA – IL PROSPETTIVISMO

Prospettivismo si intende una posizione di stampo filosofico secondo cui la conoscenza si basa non su criteri oggettivi, ossia che tutti riconoscano

come certi, ma unicamente soggettivi, essendo priva di punti sicuri di riferimento. Il termine gnoseologico deriva dalle parole di origine greca gnosis

conoscenza, sapere, e logos = discorso, scienza. La posizione filosofica di Nietzsche, che alcuni considerano relativismo, è da lui definita

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