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OERSTER

11 E’ vero che il prestigio di cui gode la scienza è dovuta agli straordinari successi ottenuti, e che ciò

può essere un buon criterio discriminante. Ma questo vale per le scelte già fatte in passato, mentre

lo scienziato, soprattutto nei momenti di crisi, è chiamato a fare delle scelte assolutamente nuove i

cui esiti saranno valutabili soltanto in futuro. Ogni scelta nuova è dunque una scommessa e

probabilmente non è una buona idea quella di affidarsi al caso.

12 Nella sua opera fondamentale (K , 1969), Kuhn usa il termine “paradigma” con una certa

UHN

indeterminatezza di significato. Come egli dirà in seguito (v. K , 2000) i due significati

UHN

fondamentali a cui si può ricondurre l’uso che inizialmente fa di questo termine si possono così

riassumere: 1) Il complesso di teorie, ipotesi, credenze anche metafisiche, ecc.., in cui la comunità

degli scienziati , specialisti di un determinato settore scientifico, si richiamano in una determinata

fase storica, ai fini della loro attività professionale; 2) L’esempio di uno o più problemi (rompicapo)

risolti con successo e che viene usato come modello paradigmatico per risolvere problemi

analoghi. In seguito egli riserverà il termine solo al secondo significato. In ogni caso la scienza

normale, secondo il Nostro, si svolge all’interno di un paradigma (quando un paradigma è stato

accettato, chi opera al di fuori di esso non è considerato uno scienziato e i suoi risultati sono

dichiarati “non scientifici”). Operare in un paradigma significa risolvere tutti quei rompicapo che si

presentano nell’articolare il paradigma stesso nei casi concreti e nel rapporto con la realtà

(esperimenti). Per es. il paradigma della meccanica Newtoniana fa riferimento, tra l’altro, alla legge

esprimibile mediante l’equazione generale , ma questa va poi articolata nei vari casi (corpi

f = ma

continui rigidi, mezzi elastici, presenza di vincoli o di attrito ecc..) e confrontata, mediante

esperimenti, con la realtà. Un paradigma entra in crisi quando comincia ad accumulare una serie di

difficoltà e di insuccessi nella risoluzione di rompicapo giudicati importanti. E’ allora che un

paradigma rivale (o più di uno) può emergere ed aprire un periodo più o meno breve di

contrapposizione tra diversi paradigmi, fino a che uno di essi, per i successi ottenuti, riesce a

conquistare l’intera comunità scientifica. La rivoluzione scientifica è però compiuta solo quando la

comunità degli scienziati, oltre ad essersi convinta, avrà assunto i nuovi concetti e i nuovi linguaggi

come propria forma naturale di pensiero e non potrà più pensare come prima.

Convegno Nazionale “L’insegnamento della matematica nel quadro delle riforme” 34

Santa Cesarea (LE) 28 set. 2 ott. 2003

Modelli matematici, predittività e progresso scientifico Renato MIGLIORATO

salmente metafisica) che lo vede come un processo di crescita unidirezionale, cumulativo e irreversibi-

le.

La critica storico-epistemologica che si è sviluppata nella seconda metà del XX secolo, ha messo in

luce l’inconsistenza della concezione cumulativa del progresso scientifico, evidenziandone invece il

carattere discontinuo, punteggiato da revisioni e da eventi più o meno “rivoluzionari”. Meno chiara ap-

pare invece la possibilità di veri e propri “eventi regressivi”, tali cioè da determinare il ritorno a para-

digmi già superati e dimostratisi meno fecondi. In ciò che segue analizzeremo un caso storico che può

indurci ad una risposta affermativa anche in questo senso.

4. Il Paradigma della scienza ellenistica

Il caso storico a cui voglio fare riferimento è quello ben noto della geometria di Euclide e della critica al

quinto postulato che qui voglio però riproporre sotto un profilo interpretativo assolutamente nuovo.

13

, l’opera di Euclide può

Come ho sostenuto assieme a G. Gentile in una precedente pubblicazione

essere vista come l’inizio di un mutamento rivoluzionario di paradigma, seguito dopo qualche secolo

(con Posidonio e Gemino) da un mutamento inverso che recupera una concezione più rigidamente a-

ristotelica della scienza.

Che in epoca ellenistica si sia determinata qualche cosa che può essere considerata come una

rivoluzione scientifica non è un fatto nuovo. Già da tempo erano stati osservati molti indizi che

14 15

, ma è soprattutto Lucio Russo a trarre esplicitamente le conclusioni

portavano in questa direzione

più estreme, presentando la rivoluzione scientifica del terzo secolo A.C. come paragonabile a quella

moderna e sostenendo anzi che quest’ultima si sarebbe verificata come una riscoperta, piuttosto

timida e inizialmente impacciata, di quella antica. Ciò che mi sembra limitare la portata esplicativa

della tesi di Russo è la sua definizione della scienza ancora troppo legata all’empirismo logico, sì che

la distinzione tra “scienza” e “non scienza” si presenta in termini di netta opposizione, perdendo quindi

ogni possibilità di individuare passaggi intermedi, e in particolare quelli a carattere regressivo. Ed in

effetti Russo spiega la fine della “visione scientifica” ellenistica, con la conquista da parte dei romani,

incapaci di intendere l’essenza di quella sofisticatissima forma di pensiero. In tal modo, tuttavia, non

sarebbe possibile parlare in termini propri di “rivoluzione regressiva”, ma di una mutazione violenta

prodotta dall’esterno.

Dopo queste premesse veniamo dunque al caso storico di cui voglio occuparmi. Sosterrò che con

Euclide si determina una rivoluzione scientifica nel senso kuhniano di un cambiamento di paradigma,

e che un ulteriore cambiamento di paradigma di segno pressoché inverso si verifica dopo qualche

13 M , G .

IGLIORATO ENTILE

14 Ibid.

15 R 1997.

USSO

Convegno Nazionale “L’insegnamento della matematica nel quadro delle riforme” 35

Santa Cesarea (LE) 28 set. 2 ott. 2003

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secolo, manifestandosi in modo chiaro con i tentativi di Posidonio e Gemino (Primo secolo A.C.) di

dimostrare il quinto postulato di Euclide. 16

Ho scelto l'approccio kuhniano e quindi il concetto di paradigma , perché mi è sembrato che questo

abbia nell'ambito delle problematiche esaminate un potere esplicativo maggiore, proprio perché sem-

bra potersi applicare non solo a quelle metodologie modernamente considerate scientifiche, ma anche

ad ambiti più generali che comprendono per esempio il concetto aristotelico di scienza dimostrativa.

Ed in effetti, la tesi qui sostenuta può emergere da un attento confronto tra quei caratteri che Aristotele

richiede ad una Scienza dimostrativa e, dall'altro lato, le scienze esatte quali si presentano nel terzo

secolo A.C. a partire da Euclide fino almeno ad Archimede, Apollonio ed oltre. L'esposizione che ne

faremo in questa sede sarà però molto breve e sintetica per cui si rinvia per maggiori dettagli ad una

17

precedente pubblicazione , oltre che a ricerche ancora in corso e di prossima pubblicazione. Qui

diamo intanto per scontato il rigetto dell'affermazione di Proclo secondo cui Euclide sarebbe stato un

convinto seguace di Platone. Diamo ancora per scontata la revisione dello stesso corpo euclideo, met-

tendo in discussione come aggiunte successive almeno le prime sette definizioni del primo libro degli

18 19

, e forse anche di più . Diamo anche per acquisita la constatazione delle differenze termi-

elementi

nologiche riscontrabili in Euclide rispetto a quanto sappiamo della precedente letteratura scientifica.

σεµειον

20 osserva come l'uso tecnico della parola (segno), per indica-

Tra queste ad es. Già Russo στιγµη (punta, foratura), si possa interpretare come una

re il punto geometrico al posto della parola

volontà di rottura con le concezioni precedenti. Concordo poi in modo più generale con Lucio Russo

sul fatto che nel terzo secolo A.C., nell'ambito dei regni ellenistici si sia determinata una rivoluzione

scientifica di cui sembra che si perdano le tracce nei secoli successivi.

Vedremo tuttavia come nella mia ricostruzione di quello che chiamerò “paradigma euclideo” vi sia una

sostanziale differenza interpretativa rispetto a quanto fa più in generale Russo per la scienza ellenisti-

ca nel suo complesso; differenza che discende fondamentalmente proprio dall’adozione del concetto

di paradigma. In qualunque modo la si consideri però, l’idea di una rivoluzione scientifica che abbia

avuto luogo nel terzo secolo a partire da Euclide, non può non mettere comunque in crisi un vecchio

pregiudizio, fino ad ora radicato, secondo cui la scienza ellenistica si sarebbe mantenuta fondamen-

talmente entro i limiti dello schema aristotelico. Concordo quindi con Russo nel ribaltare questa con-

cezione e nel mettere invece in evidenza i tratti originali di una concezione rinnovata della ricerca

16 Con riferimento a quanto già detto alla nota 12, è bene precisare che il concetto di paradigma a cui

farò riferimento è inteso più nel senso generico usato da Khun ne “la struttura delle rivoluzioni

scientifiche” che non nel senso più specifico delle successive precisazioni. Questa scelta, che a

qualcuno potrebbe apparire discutibile, nasce anche dalla difficoltà di ricostruire con esattezza i

passaggi di un processo evolutivo della scienza in una fase storica sulla quale si ha ben poco

materiale documentario originale.

17 M , G .

IGLIORATO ENTILE

18 R , 1998, pp.195-219.

USSO

19 M , G .

IGLIORATO ENTILE

20 L. R 1998.

USSO

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scientifica, capace non solo di produrre apparati concettuali altamente esplicativi, ma di aggiungere

all’esplicatività anche un grado di predittività abbastanza elevato, tale cioè da consentire il controllo

sperimentale ed un ampio ventaglio di ricadute applicative.

In verità, una più corretta analisi del mutamento di paradigma che conduce alla nuova scienza elleni-

stica dovrebbe fondarsi non tanto sul confronto tra la concezione aristotelica e l’opera di Euclide, ma

tra questa e le precedenti opere matematiche. Sfortunatamente nulla ci è rimasto dei testi matematici

che precedono l’opera di Euclide, e in mancanza di dat

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