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Sintesi
geometrie-ne.jpg Curiosando tra i miei libri di matematica delle superiori mi è capitato sottomano il testo di seconda e in esso ho trovato un capitolo sulle geometrie non euclidee con una semplice presentazione attraverso modelli. In quello stesso periodo alcuni colleghi della SILSIS stavano presentando diverse lezioni sulle geometrie non euclidee per il Laboratorio di Autoaggiornamento B tenuto dalla professoressa Turrini. Tali lezioni erano tutte rivolte a classi quinte e avendo fatto tirocinio nel biennio di un liceo scientifico, mi sono chiesta se potesse essere interessante e utile presentare agli studenti l’argomento in questa fase del loro percorso scolastico.
Nonostante i dubbi iniziali ho scelto questo argomento per diversi motivi: durante il Laboratorio di Tirocinio ho sentito parlare spesso di una didattica di tipo elicoidale, che riprende gli argomenti approfondendoli di volta in volta; le geometrie non euclidee generalmente vengono affrontate in quinta, ma effettivamente potrebbe essere utile cominciare a presentarle agli studenti in seconda proprio in vista di un sapere che si costruisce sulla base di conoscenze già acquisite (le conoscenze vanno via via riprese e ‘ristrutturate’ a un livello superiore).
Inoltre, affrontando l’argomento a partire dalle conoscenze dei ragazzi sulla geometria euclidea, ho pensato che poteva essere utile farlo non troppo lontano dalla prima, classe in cui i ragazzi studiano questo argomento.
Infine, la classe in cui avrei fatto il mio tirocinio attivo si presentava come una classe di soggetti molto svegli, attivi, curiosi e interessati.
Nella prima parte di questo lavoro sono descritti il contesto in cui mi sono trovata ad elaborare il mio intervento didattico nell’ambito del tirocinio attivo e l’intervento didattico stesso nelle sue fasi di progettazione, svolgimento e verifica.
Successivamente, dopo una parte dedicata ad alcune riflessioni sull’esperienza, è riportato un modello del pensiero scientifico elaborato da Einstein, nella cui teoria le geometrie non euclidee trovarono una loro applicazione; in questa stessa parte (Einstein: un modello del pensiero scientifico) si trovano alcune riflessioni sulla matematica e le sue applicazioni in campo scientifico.
In appendice viene, infine, presentato a grandi linee un modo alternativo di introdurre la geometria euclidea rispetto all’impostazione tradizionale che prevede la descrizione degli enti primitivi.
INDICE
INTRODUZIONE 2
CONTESTO 3
INTERVENTO DIDATTICO 4
Progettazione 4
Metodologie e strumenti 6
Svolgimento delle lezioni 6
Verifica 15
RIFLESSIONI 16
EINSTEIN: UN MODELLO DEL PENSIERO SCIENTIFICO 17
APPENDICE - Un modo alternativo di introdurre la geometria euclidea 21
ALLEGATO 1 24
ALLEGATO 2 25
Bibliografia 26
E. Agazzi, D. Palladino, Le geometrie non euclidee e i fondamenti della geometria, Editrice La Scuola, 1998
M. Battelli, Corso di matematica sperimentale e laboratorio, Le Monnier
A.M. Cappelletti, Didattica interculturale della geometria, EMI, Bologna, 2000
R. Courant & H. Robbins, Che cos’è la matematica?, Boringhieri, 1978
N. Dodero, P. Baroncini, R. Manfredi, Nuovi elementi di matematica, Ghisetti e Corvi Editori
F. Fontana & C. Rovelli, Matematica 1, corso di matematica per il biennio della scuola media superiore, a cura di W.Cavalieri e P. Lattanzio, Arnoldo Mondatori Editore
D. Hilbert, Fondamenti della geometria, con i supplementi di Paul Bernays, Feltrinelli, 1970
G. Holton, Einstein e la cultura scientifica del XX secolo, Il Mulino, 1991
W. Maraschini & M. Palma, Format, Spe, Paravia, 2002
W. Maraschini & M. Palma (2), Multi Format, moduli per la formazione matematica nel biennio, 10 Piano euclideo, Paravia, 2000
F. Toscano, Il genio e il gentiluomo. Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività generale, Sironi Editore, 2005

http://www.matefilia.it/argomen/euclide/sommario.htm
http://users.libero.it/prof.lazzarini/geometria_sulla_sfera/geo.htm
cronoein
Scarica la tesi sulla didattica delle geometrie non euclidee
Estratto del documento

RIFLESSIONI

Subito dopo la conclusione del mio tirocinio attivo ho avuto un interessante scambio di

opinioni con l’insegnante accogliente, da cui è emersa la validità dell’esperienza, utile per i

ragazzi sia per l’anno scolastico in corso sia in vista della classe quinta, in cui tratteranno le

geometrie non euclidee con la professoressa del triennio.

Certamente questo non è un lavoro proponibile in una qualsiasi seconda di un liceo

scientifico; questa classe si era rivelata particolarmente adatta per l’interesse, l’impegno e la

9

curiosità dimostrati da gran parte degli studenti . Ciò non ha impedito di riscontrare

comunque problemi dovuti soprattutto alle riflessioni astratte su cui si basa l’argomento, alla

difficoltà con cui si presta ad essere visualizzato e a una trattazione forse un po’ veloce:

avendo a disposizione più ore di lezione si potrebbe insistere maggiormente su alcuni aspetti,

anche per dare agli studenti la possibilità e il tempo di assimilare i concetti. Essi, comunque,

hanno avuto modo di farsi un’idea sulle geometrie non euclidee e hanno apprezzato

soprattutto i tentativi di renderle il più visualizzabili possibile attraverso immagini e disegni.

L’esperienza si è, poi, rivelata interessante per me, non solo per la relazione instaurata con i

ragazzi, ma anche perché ho avuto modo di sperimentare quanto sia importante coinvolgere e

stimolare l’intera classe e quanto sia più facile, invece, interagire solo con chi interviene più

spesso ed è capace di farsi ‘sentire’. Come appreso anche nei corsi di Scienze

dell’Educazione, mi sono resa conto di persona di come spesso un insegnante è portato a

dimostrare maggiore attenzione nei confronti degli allievi che considera migliori; il ‘contatto

10

oculare’ deve essere, invece, frequente con tutti gli studenti affinché anche i più timidi e i

meno bravi possano sperimentare fiducia e stima nei loro confronti.

9 Parlando con l’insegnante accogliente quando ancora il tirocinio attivo era in fase di progettazione, era stata lei

a propormi questa classe per un eventuale lavoro di questo tipo, facendomi notare quanto i ragazzi fossero

‘svegli’

10 Espressione utilizzata nei corsi di Scienze dell’Educazione a proposito dello sguardo con cui un insegnante

può e deve far sentire ogni allievo al centro dell’attenzione

16

EINSTEIN: UN MODELLO DEL PENSIERO SCIENTIFICO

Al termine delle lezioni uno studente si è avvicinato per chiedermi: ″E’ vero che Einstein

aveva 2 in matematica?″; al di là della risposta la domanda riassume bene la generale curiosità

dei ragazzi per questo grande scienziato, a cui ho accennato in conclusione delle mie lezioni.

Ciò mi ha stimolato ad approfondire la sua conoscenza e in particolare il modo in cui egli sia

arrivato a formulare le sue teorie. Discutendo di questa esigenza con il docente supervisore ci

siamo imbattuti in un interessante documento contenuto nell’articolo degli atti di un

seminario; lo schema del modello di pensiero scientifico di Einstein in esso riportato ci ha

dato lo spunto per approfondire la questione: ″come nasce una teoria scientifica?″.

Einstein era profondamente consapevole della necessità di una riflessione filosofica unita alla

pratica scientifica, non solo per la rilevanza delle discussioni sulle basi, gli obiettivi e i metodi

della scienza che egli ebbe modo di sperimentare, ma anche perché, secondo lui, uno

scienziato è necessariamente portato a considerazioni epistemologiche: ″il fisico non può

semplicemente lasciare al filosofo la considerazione critica delle basi teoriche; poiché egli

11

stesso sa meglio e sente con maggiore sicurezza dov’è il punto dolente″ .

In particolare Einstein sentiva la necessità di un modello del pensiero scientifico; egli ne

presenta uno, in modo semplice e schematico, in una lettera del 1952 all’amico Maurice

12

Solvine, in cui scrive :

«Io vedo schematicamente la cosa in questo modo:

(1) Ci sono date le E (esperienze)

(2) A sono gli assiomi, dai quali traiamo conclusioni.

Da un punto di vista psicologico le A poggiano sulle E. Non c’è comunque una via logica che

conduce dalle E alle A, ma solo una connessione intuitiva (psicologica), e sempre ″sino a

nuovo ordine″.

11 A. Einstein, tradotto e curato da S. Bargmann, New York, Dell, 1954

Ideas and Opinions,

12 Quella riportata è una traduzione, tratta da cfr. G. Holton; lo

Einstein e la cultura scientifica del XX secolo,

schema è, invece, una copia di quello disegnato dallo stesso Einstein nella lettera in questione

17

(3) Dalle A, per via logica, si deducono particolari enunciati S - deduzioni che possono

pretendere di essere vere.

(4) Le S sono poste in relazione con le E (confronto con l’esperienza).

A un’attenta considerazione, questa procedura appartiene pure alla sfera extra-logica

(intuitiva), poiché le relazioni tra i concetti che compaiono in S e le esperienze E non sono di

natura logica. Questa relazione tra le S e le E è, tuttavia (pragmaticamente), molto meno

incerta della relazione tra le A e le E. Se tale corrispondenza non si potesse raggiungere con

grande certezza (anche se non è logicamente dominabile), gli strumenti logici sarebbero del

tutto privi di valore ai fini della ″comprensione della realtà″.»

La conoscenza scientifica, dunque, parte dall’esperienza e termina in essa.

La linea orizzontale E rappresenta la (o varietà) di immediate esperienze

«molteplicità

sensibili» e può essere pensata come un piano su cui giacciono, in maniera caotica, esperienze

e osservazioni (che non sono ‘pure’, ma dipendono comunque da una teoria osservativa).

″La varietà caotica di «fatti» può essere dominata costruendo su di essa una struttura teorica

13 ; e secondo Einstein ″la scienza è″ proprio ″il tentativo

che miri a stabilire relazioni e ordine″

di rendere la varietà caotica della nostra esperienza sensibile corrispondente a un sistema di

14 .

pensiero logicamente uniforme″

Questo avviene con il passaggio all’insieme A degli assiomi, indicato nello schema da una

freccia curva; essa è staccata dalla linea E perché non esiste un metodo logico che porti dalle

E alle A: ″tutti i concetti, anche quelli più vicini all’esperienza sono, dal punto di vista logico,

15

convenzioni liberamente scelte″ . C’è, dunque, una certa arbitrarietà nella scelta degli

assiomi; essi possono derivare da un’intuizione, una supposizione, una congettura o un

sospetto, comunque suggeriti dall’esperienza (″non esiste nessun filo logico che porti a queste

leggi; soltanto l’intuizione, basata sulla comprensione congeniale dell’esperienza, è in grado

di coglierle. [...] in pratica, il mondo empirico determina in modo univoco il sistema teorico,

16

benché non esista nessun ponte logico tra i fenomeni e i loro principi″ ). A partire da ciò che

suggerisce l’esperienza lo scienziato formula nuovi concetti (frutto a volte di diversi tentativi

e non improvvisati), nella consapevolezza che essi non sono immutabili, ma dati ″sino a

nuovo ordine″.

13 Cfr. G. Holton

14 A. Einstein, tradotto e curato da S. Bargmann, New York, Dell, 1954

Ideas and Opinions,

15 A. Einstein, in Torino, Boringhieri, 1958

Note autobiografiche, Albert Einstein, scienziato e filosofo,

16 A. Einstein, Flammarion, 1934

Comment je vois le monde, 18

Einstein vede la formazione del sistema di assiomi come una ″libera invenzione dell’intelletto

17

umano″ ; questo non significa che egli esalti l’intuizione a discapito della ragione, ma

secondo lui a volte bisogna avere il coraggio di azzardare congetture ed elevarle a postulati,

mettendo magari anche in discussione cose elementari, così come egli fece per la teoria della

relatività: egli assunse come assioma il fatto che la luce si propaga con la stessa velocità in

qualunque sistema di riferimento, sconvolgendo alcune basi ormai consolidate (un’alternativa

era quella di rivedere e riformulare le teorie già conosciute per far rientrare questo concetto,

ma ciò avrebbe allontanato Einstein dalla teoria universale che stava cercando).

Una volta formulati gli assiomi, da essi si deducono per via logica diverse conseguenze S. E’

qui che entra in gioco la ragione, di cui Einstein evidenzia l’importanza nella costruzione di

una teoria; ″se egli argomenta per riconoscere la necessaria componente intuitiva nella

formulazione delle ipotesi fondamentali a livello di A, continua poi dicendo che «la struttura

18 .

del sistema è opera della ragione»″

Vi è, infine, il confronto delle S con l’esperienza: è su questo che si misura la validità o meno

di una teoria, anche se essa non potrà mai avere una conferma definitiva (″l’esperienza può

19 ). Una teoria può avere, infatti, conferme

decidere sulla falsità di una teoria, non sulla verità″

parziali dall’esperienza che fanno aumentare la fiducia nei confronti della sua validità, ma

niente garantisce che in futuro non possano sorgere dei problemi. Come scrive Einstein nella

stessa lettera «il nocciolo della questione è» proprio «la connessione eternamente

problematica tra il mondo delle idee e quello dell’esperienza (le esperienze sensoriali)»

(questa connessione problematica è indicata nello schema con linee tratteggiate che portano

dalle S alle E).

In sintesi: ″l’esperienza è l’alfa e l’omega di tutto il nostro sapere intorno alla realtà [...]

abbiamo assegnato alla ragione e all’esperienza il loro posto in un sistema di fisica teorica. La

ragione assicura la struttura al sistema; i contenuti empirici e le loro relazioni reciproche,

grazie alle proposizioni conseguenti della teoria, devono trovare la loro rappresentazione.

Nella possibilità di una tale rappresentazione consiste unicamente il valore e la giustificazione

20

dell’intero sistema e, in particolare, dei concetti e dei principi che ne stanno alla base″ .

17 A. Einstein, in Einaudi, 1958

Note autobiografiche, Albert Einstein, scienziato e filosofo,

18 Cfr. G. Holton

19 J.J. Sanguineti, in (a cura di F.

Il realismo scientifico - Popper e Einstein a confronto, Il Fare della Scienza

Barone ed altri), numero del 1997 della rivista Contratto, Il Poligrafo, Padova 1997, pp. 97-122

20 A. Einstein, Ed. Schwartz, 1957

Idee e opinioni, 19

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