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Sintesi
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M. è un alunno affetto da dislessia inserito in una classe quarta. Dopo aver conseguito, con un anno di ritardo per aver ripetuto la classe terza, il diploma di qualifica in operatore servizi di cucina, frequenta il biennio per conseguire la qualifica di secondo livello in tecnico servizi ristorativi. La dislessia gli è stata diagnosticata in 3-4 elementare e quindi gli è stato assegnato da subito un docente di sostegno. Questa tesi partecipa al concorso .
Indice: 1. Il quadro generale - Il contesto legislativo - Il contesto scolastico studiato: una sintesi. - La scuola si confronta con Bisogni Educativi Speciali. 2. Il soggetto. - Il caso osservato. 3. Il contesto ambientale ed organizzativo - Descrizione dell’Istituto: la nascita, il territorio, l’utenza, la struttura. 4. I metodi. - Il percorso curricolare. - Lo stage. - Le metodologie didattiche. 5. I linguaggi specifici. Bibliografia.
Allegati:
A. Programma del Corso di aggiornamento per docenti delle scuole di ogni ordine e grado: “Strategie e metodi per la motivazione agli apprendimenti”.
B. Piano Educativo Personalizzato
C. Dislessia e DSA: strumenti compensativi e misure dispensative
D. Percorso didattico realizzato in Power Point per sviluppare competenze di autonomia personale (organizzazione di un viaggio: itinerario).
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Estratto del documento

Anzitutto va premesso che lo studio di un caso è tipicamente un metodo didattico adottato per

attività di formazione rivolte ad adulti professionisti. Esso permette di ricostruire il percorso che

porta a una possibile soluzione del caso stesso, con l’enfasi posta sul percorso anziché sulla

possibile soluzione trovata (Zanchin, 2002). La differenza sostanziale tra la normale applicazione

didattica di questo metodo e l’uso che se ne fa in questo ambito consiste nella mancanza di un

gruppo con cui confrontarsi sul caso, come invece abbiamo fatto in occasione del corso di

Sociologia dell’educazione tenuto dal Prof. Dovigo. Inoltre va detto che qui il caso siamo noi a

costruirlo, basandoci sulla nostra esperienza, anche perchè essendo docenti siamo tenuti a

sviluppare questo tipo di competenza. In un certo senso si può dire che questi due aspetti (mancanza

del gruppo e costruzione del caso “in economia”) si compensano in guisa che alla fine il lavoro

centrale di ricostruzione del percorso di analisi risulta equivalente a quello che si ottiene col metodo

dei casi “classico”. inserito in una classe quarta. Dopo aver conseguito, con un

M. è un alunno affetto da dislessia (1)

anno di ritardo per aver ripetuto la classe terza, il diploma di qualifica in operatore servizi di cucina

(votazione 61/100), frequenta adesso il biennio per conseguire la qualifica di secondo livello in

tecnico servizi ristorativi. La dislessia gli è stata diagnosticata in 3-4 elementare e quindi gli è stato

assegnato da subito un docente di sostegno. La Diagnosi Funzionale, che insieme al Profilo

Dinamico Funzione (PDF) e al Piano Educativo Individualizzato/Personalizzato (PEI o PEP) è

previsto e descritto nella citata Legge quadro 104/92, è la seguente: “Dislessia e disortografia gravi.

Riduzione dell’autostima” Nei cinque anni in cui è stato iscritto all’Istituto, l’alunno ha avuto

quattro diversi insegnanti di sostegno, ma ha anche una docente di italiano che lo segue dalla prima.

Non sempre l’insegnante di sostegno che lo seguiva era specializzato e non proveniva sempre dalla

stessa area disciplinare. I più grossi problemi sono sorti in terza, quando ha tentato senza successo

di conseguire la qualifica in “sala bar”. In quell’occasione, nonostante avesse un docente di ruolo su

sostegno, si è trovato in forti difficoltà personali e relazionali con il docente di laboratorio, che era

contrario per principio all’attribuzione di un docente di sostegno agli alunni disabili. Non sorprenda

questa situazione in palese contrasto con la Legge 104 che riconosce all’alunno disabile il diritto al

sostegno, visto che a 15 anni dall’approvazione di tale Legge manca talora nei fatti il presupposto

per la sua applicazione: la personalizzazione come fulcro del processo di

insegnamento/apprendimento. Da quello che ho potuto riscontrare in questo caso, mi sono convinto

del fatto che il nucleo del lavoro dell’insegnante di sostegno consiste nel gestire il sistema delle

relazioni scolastiche ed extra-scolastiche che ruotano intorno allo studente disabile (anzitutto con

insegnanti curricolari, famiglia e compagni di classe) per favorire, monitorare e costruire la sua

integrazione e il suo successo scolastico, che in questo caso consiste nel raggiungimento degli stessi

obiettivi minimi previsti per il resto della classe trattandosi di un percorso di tipo A (non

differenziato), considerando sempre ciascun interlocutore come persona con le sue peculiarità e con

il diritto che queste vengono riconosciute e valorizzate.

In generale, ma soprattutto nell’insegnamento su sostegno, è fondamentale sviluppare l’aspetto

della motivazione alla partecipazione alle attività scolastiche nell’alunno disabile sia attraverso

approcci personalistici, cioè basati sulla personalizzazione dell’insegnamento, come quelli che

propongono Fornasa o Sandrone (ved. in allegato A il programma del Corso di aggiornamento per

docenti delle scuole di ogni ordine e grado: “Strategie e metodi per la motivazione agli

apprendimenti”) sia attraverso approcci, come quelli che propone Ianes (2005), cosiddetti cognitivi.

Con questo termine si fa riferimento alle strategie didattiche metacognitive in base alle quali è

possibile fare leva su tecniche quali il brainstorming o il problem solving per far prendere coscienza

agli allievi di come funziona la loro mente. Inoltre tali strategie fanno leva su concetti quali: locus

of control, senso di autoefficacia, autostima, motivazione.

Ritornando al nostro caso, a seguito delle numerose assenze e insufficienze accumulate M. si è

dovuto ritirare a gennaio per non essere bocciato. M. ha deciso quindi di ripetere la terza,

cambiando però la qualifica e scegliendo quella in operatore servizi di cucina. Questa volta, anche

grazie alla presenza del docente di italiano che lo conosceva dal biennio e allo stesso docente di

sostegno di ruolo per 6 ore settimanali, ha superato i suoi problemi di motivazione ed ha concluso

con successo la classe terza, anche se con molte assenze (di qui il punteggio basso). Attualmente ha

una nuova insegnante di sostegno proveniente dalla graduatoria D04, cioè abilitata all’insegnamento

dell’educazione fisica, in ruolo dal 2001 e in questo Istituto dal 2002. L’attività di sostegno

implementata da parte della docente specializzata è a 360 gradi, su tutte le discipline, anche se

ovviamente la presenza in aula è limitata a poche ore (le ore previste sono 9 alla settimana – ved.

P.E.P. in allegato B).

Di solito M. rimane in classe con l’insegnante di sostegno ma a volte, per preparare alcune

verifiche, preferisce ripassare i contenuti svolti in classe in piccoli gruppi con il suo aiuto, come si

può ritrovare anche nel Piano Educativo Personalizzato (ved. Situazione scolastica nel PEP in

“a differenza della semplice

allegato B). A questo proposito va ricordato che l’inclusione (2),

integrazione, rappresenta il tentativo di promuovere la gamma più ampia possibile di funzionamenti

all’interno dell’esperienza scolastica, così da rendere possibile, da parte degli alunni con bisogni

educativi speciali, l’attivazione di capacitazioni personali che oltrepassino la dimensione

dell’uguaglianza (3), e rileggano la nozione di bisogno alla luce dei criteri di scelta e partecipazione

effettiva” (A. Sen, 1992 - 2000).

La classe che M. frequenta attualmente, una quarta, è praticamente la stessa in cui era inserito l’anno

scorso, con l’aggiunta di cinque nuovi compagni. A livello famigliare i genitori di M. sono

benestanti ma non godono di buona salute (il padre in particolare soffre di una grave malattia).

L’anno scolastico è partito male per quanto riguarda la frequenza, ma il problema è stato risolto

sensibilizzando la madre sulla necessità di far seguire M. da uno psicologo che lo ha aiutato a

sostenere la motivazione migliorando il grado di autostima. In questo caso si è visto come, più che le

opportunità offerte dall’Istituto (l’alunno si rifiutava di usufruire del servizio psico-pedagogico della

scuola, il cosiddetto CIC), si sono rivelati molto efficaci gli interventi di professionisti esterni alla

scuola. In proposito va osservato che non va mai sottovalutata la rete di associazioni ed enti che

possono contribuire efficacemente a vivere meglio il rapporto con l’apprendimento scolastico, pur

essendone estranei. Anzi a volte proprio per il fatto di non rappresentare un’iniziativa interna alla

scuola, queste realtà possono svolgere una ruolo di “terzietà” che le rende più efficaci e credibili dal

punto di vista del soggetto disabile, anche per l’assenza di tutta una serie di effetti alone che possono

condizionare l’efficacia di interventi istituzionali; si pensi ai pregiudizi di alcuni docenti curricolari,

come è stato il caso del docente di laboratorio sala bar in terza. Per quanto riguarda la continuità

didattica tra la terza e la quarta, questa è stata favorita dalla permanenza degli stessi insegnanti,

poiché, fatta eccezione che per i docenti di tedesco e di ristorazione (oltre al già citato docente di

sostegno), non c’è stato altro turn-over. Tutti gli insegnanti sono concordi nel dire che M. è un

ragazzo intelligente e che, se adeguatamente motivato e stimolato a frequentare e studiare, può

ottenere risultati soddisfacenti. Occorre quindi puntare su tutte le forme di gratificazione possibili

per spingerlo a venire a scuola e fargli comprendere che questo è l’unico modo che ha per crearsi un

futuro nel mondo del lavoro. Di qui la necessità di impostare fin dalle scuole secondarie un progetto

di vita futura per l’alunno disabile, anche se purtroppo in questa scuola non è stato approntato alcun

Profilo Dinamico Funzionale. La motivazione professionale dunque per M. è un fattore

importantissimo, ed in effetti in passato si è puntato su questo aspetto approfittando del fatto di avere

a disposizione un docente di cucina molto valido, che poteva così rappresentare il “modello” da

imitare. Inoltre da quando è diventato maggiorenne M. ha potuto prendere la patente, e questo gli è

molto servito per migliorare il grado di autostima. Con la possibilità di guidare una sua automobile

l’atteggiamento di M. verso la scuola è completamente cambiato, anche perchè di solito usa l’auto

per venire a lezione. Purtroppo ancora adesso però una volta in aula l’alunno ha la tendenza a

distrarsi anche su argomenti semplici o quasi banali.

3. Il contesto ambientale ed organizzativo.

Descrizione dell’Istituto: la nascita, il territorio, l’utenza, la struttura.

L’Istituto è diventato nel tempo un valido punto di riferimento per tutti gli operatori turistici e

allarga progressivamente l’ambito della propria utenza all’intera provincia della città e ad alcune

province limitrofe. L’utenza proviene da un vasto territorio che comprende oltre alla città di Milano

(33%), la sua intera provincia e alcune province limitrofe (67%). L'aspettativa prevalente è legata

alla scelta dell’istruzione professionale che viene vissuta come esperienza formativa più breve e con

maggiori opportunità di rapido inserimento nei processi produttivi.

Nel corso degli anni Novanta il tessuto produttivo del territorio ha subito grandi trasformazioni

passando da attività industriali alla forte presenza di imprese terziarie. Fra queste l’industria del

“tempo libero” ha creato le premesse per un forte sviluppo della domanda di istruzione

professionale turistica e alberghiera, sia a livello di base sia a livello di specializzazione. Per la

specificità del corso di st

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