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GIOVANI, NON ABBANDONATE LA SCUOLA!
STATISTICHE, REALTA’ E SUGGERIMENTI
1
Carolla Guido
Il presente breve articolo è rivolto, soprattutto nella prima parte, agli studenti demotivati o meno
motivati, in età adolescenziale ma anche a chi prima o dopo, si trova nelle condizioni di frequentare
l’anno scolastico o accademico a singhiozzo o addirittura con un numero di assenze esorbitanti,
senza poter studiare adeguatamente le varie discipline; quanto si scrive è rivolto anche agli operatori
del mondo scolastico, genitori, autorità e politici.
Non c’è da meravigliarsi per l’abbandono degli studi, anche perché il fenomeno è abbastanza
diffuso in ogni Paese del mondo.
Di recente alcuni giornali si sono occupati dell’argomento, in particolare “La Stampa” con il
corrispondente Paolo Mastrolilli da New York ha disquisito opportunamente, interessandosi degli
studenti americani che abbandonano la scuola o l’università, essendo “la dispersione” una vera
piaga nazionale, perché trattasi di un’emergenza in crescita, che interessa un ragazzo su tre.
James Keefe di 19 anni, da qualche mese è in prigione in Georgia, essendone finito pochi giorni
dopo essersi alzato per sempre dal banco di scuola, essendo stato incriminato per due furti con
scasso. Egli riflettendo davanti alla ABC, la televisione americana, ha detto: “Quando andavo a
scuola, riuscivo anche a stare lontano dai guai. Appena l’ho mollata , sono finito dentro. E’ stato un
peccato non averci pensato prima”.
Il problema qualche tempo fa era stato impostato nella risoluzione al contrario da Thomas West,
giudice del Connecticut, ordinando la frequenza scolastica, come condizione per lasciare in libertà i
criminali più giovani, e faceva rinchiudere in prigione chi non rispondeva presente all’appello in
classe, prima che potesse combinare qualche guaio. Può essere un modo come un altro per
cominciare una vita migliore.
Per fortuna non tutti coloro che marinano la scuola finiscono al penitenziario, ma molti di essi non
trovano un lavoro, guadagnano di meno di chi ha un diploma e secondo le statistiche del governo
americano muoiono anche prima.
Il ministero dell’istruzione americano ha reso noti alcuni dati che sono così negativi che è difficile
crederci: nei 100 distretti scolastici più grandi degli Usa il 31% degli iscritti molla gli studi prima
del diploma e ci sono aree urbane dove l’indice tocca il 50%. Ogni giorno circa 2500 studenti, che
corrispondono a 912500 all’anno, si alzano dai banchi per non ritornarci più. E gli effetti
dell’incrocio con altri dati statistici sono veramente disastrosi se si pensa che chi lascia la scuola
mediamente vive 9 anni in meno di chi si diploma e chi non termina gli studi ha una probabilità
molto più alta di divenire povero: un tale“dropout” mediamente guadagna 19000 $ all’anno contro i
28000 $ di chi possiede il “pezzo di carta”. Come già detto sopra viene a costoro spalancata la porta
verso la criminalità, per cui il 68% dei detenuti sono “dropout”, appunto sono studenti che hanno
abbandonato la scuola.
Anthony White di 17 anni, finito dentro solo 3 giorni dopo aver abbandonato la scuola ha detto
all’ABC : ”Pensavo di essere cresciuto e credevo che nessuno mi potesse dire cosa dovevo fare. Mi
sono messo a sparare in aria , mi hanno arrestato ed ora rimpiango di non aver ascoltato chi mi
consigliava di restare sui banchi”.
Nella classifica mondiale dei paesi con più diplomati gli Usa sono precipitati al 10° posto. La
situazione è grave anche a livello universitario anche se il 25% della popolazione americana ha una
laurea. Ma ora il 50% di chi esce dalle scuole superiori prosegue negli studi e solo il 25% di chi va
1 Docente di matematica e preside in ogni ordine di scuola, ora a r.
avanti raggiunge l’obiettivo del titolo universitario. In America ma anche in tutto il mondo
occidentale, secondo Franklin Schargel, che studia il problema da oltre 20 anni, vi sono quattro
motivi che contribuiscono a tale dispersione: gli errori dei ragazzi che si lasciano tentare dalla droga
e dal crimine; le famiglie ed i loro problemi, quali quelli dei genitori che non hanno terminato la
scuola e preferiscono avviare i loro figli ad un lavoro; la cultura della violenza che prevale nelle
comunità; i modelli arretrati della scuola che non si aggiorna. E Schargel propone una strategia in
15 punti che in sintesi mirerebbero all’aggiornamento dei programmi, all’assistenza degli studenti
con problemi ed a favorire l’accesso al mondo del lavoro.
Per l’Italia le cose non sono tanto diverse ed allo scopo si riporta dapprima il quadro complessivo
che emerge dall'indagine campionaria sulla dispersione scolastica realizzata dall'Ufficio di Statistica
del Ministero dell'Istruzione relativamente all'anno scolastico 2001-02, (l’ultima fatta dal MIUR è
) più avanti, poi si daranno
su http://www.pubblica.istruzione.it/new/2004/allegati/disp_scol.pdf
dati più recenti. La rilevazione riguarda gli studenti delle scuole statali elementari, medie e
secondarie superiori che si sono ritirati con atto formale entro i termini di legge (esclusi comunque
quelli che si sono trasferiti ad altra scuola), gli alunni non valutati agli scrutini finali a seguito di un
troppo elevato numero di assenze, e i ragazzi che sono usciti dal circuito dell'istruzione dopo
l'assolvimento dell'obbligo scolastico senza aver però conseguito il titolo di licenza media.
L'indagine non è esaustiva dei fenomeni di abbandono ed evasione, ma analizza alcuni rilevanti
aspetti strettamente collegati a situazioni di dispersione scolastica e i cui descrittori possono fornire
attendibili indicazioni al riguardo. Per quanto concerne le scuole elementari, il dato risultante dagli
indicatori di abbandono in senso stretto (iscritti mai frequentanti e interruzioni di frequenza non
formalizzate) complessivamente nei cinque anni di corso è dello 0,08%, di poco superiore a quello
dello scorso anno. C'è da tenere presente comunque che, in un quadro di scolarità quasi piena,
poche unità coinvolte in fenomeni di dispersione possono determinare variazioni di un certo rilievo
quando si è nell'ambito dei centesimi di unità percentuale. Inoltre, la quasi totalità dei casi è
costituita da alunni nomadi le cui famiglie decidono di trasferirsi altrove senza darne avviso o di
non mandare più i figli a scuola: è questo il caso, per esempio, della ripartizione del Centro in cui si
è riscontrato un aumento dello 0,05% rispetto all'anno passato.
Nelle scuole medie, i cui valori sono più elevati (nell'a.s. 2001-02 ha abbandonato lo 0,31% degli
iscritti), il trend degli ultimi anni ha un andamento molto regolare, nel quale i valori dell'Italia si
pongono a metà tra quelli delle ripartizioni meridionale ed insulare e quelli del centro-nord. La
maggiore concentrazione di abbandoni (0,23% nazionale) è presente tra gli alunni "mai frequentanti
sebbene iscritti", con punte dello 0,45% nel sud (0,70% in Calabria) e dello 0,34% nelle isole.
Anche in questo ordine di scuola i valori riscontrati sono influenzati dalle scelte operate dagli alunni
di origine nomade, i quali, però, costituiscono solo una parte di coloro che interrompono gli studi.
Nelle scuole secondarie superiori la percentuale complessiva degli studenti non valutati è stata pari
al 4,62% contro il 4,54% dell'anno precedente. L'aumento degli studenti non valutati si riscontra in
tutti i tipi di istruzione eccetto che nei licei scientifici che invece hanno visto ridursi il loro numero
(dal 2,15% all'1,84%). Dall'esame della tipologia della mancata valutazione si nota che gli studenti
ritirati ufficialmente sono lievemente aumentati (dal 2,77% al 2,93%) mentre quelli ritirati per altri
motivi sono diminuiti (dall'1,77% all'1,68%). Come per il passato la dispersione scolastica colpisce
maggiormente gli istituti professionali (8,93%) e gli istituti d'arte (6,49%) mentre il fenomeno è più
contenuto nei licei scientifici (1,84%). A rischio abbandono soprattutto il primo anno di corso che,
sebbene rispetto all'anno scolastico precedente abbia registrato un lieve calo per alcuni tipi di
istruzione, complessivamente in Italia ha riportato una astensione dagli studi del 6,4% con un picco
nelle isole pari al 10,21%
L’emorragia di cui stiamo parlando è più grave, soprattutto negli ultimi anni, per cui con il 32% di
studenti che non riescono a portare a termine gli studi e abbandonano si è a più del doppio dei valori
UE, che sono del 15%.
Nella ricerca di Daniele Checchi, dell’Università di Milano, su 1000 bambini che sono iscritti alla
prima elementare, 36 abbandonano prima degli 8 anni, 93 si fermano alla scuola media, 77 lasciano
al biennio superiore. Altri si perdono durante le superiori ed al diploma ne arrivano 666. Di questi
214 vanno subito a lavorare e 452 optano per l’università, ma solo 171 arrivano alla laurea.
L’abbandono è maggiormente concentrato nel biennio superiore: in questa età adolescenziale si
hanno due abbandoni su tre. L’innalzamento dell’età dell’obbligo a 15 anni non ha sortito alcun
effetto positivo, anzi da allora, era il 1999, è cresciuta più che proporzionalmente delle 25-30000
unità l’anno che si sono avuti in più con i ragazzi fino ai 15 anni. Si diceva della piaga del biennio,
in cui l’11% di abbandoni si hanno tra i liceali, il 17% negli istituti tecnici, il 28% nei professionali.
Si riporta una statistica per alcune regioni della % della dispersione nelle scuole superiori dal 1°
anno 2001/02 al 5° anno 2005/06: Sardegna 41; Sicilia 38,8; Campania 37,9; Lombardia 37,2;
Liguria 35,1; Piemonte 33,4; Puglia 32,5; Toscana 31,7; Lazio 29,5; Veneto 29,1; Emilia R. 27,9;
Basilicata 26,4; Friuli V.G. 25,8; Abruzzo 25,7; Calabria 24,9; Marche 23,6; Umbria 22,9; Molise
22,1; Media nazionale 33,1.
Ogni anno, quasi uno studente su quattro si perde per strada: lascia gli studi o incappa in una
bocciatura. La scuola superiore italiana è inefficiente? Scorrendo i numeri sembrerebbe proprio di
sì. Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, illustrando il Documento di
programmazione economica e finanziaria per il periodo 2007/2011 ha sostanzialmente bocciato
l'ultimo segmento della scuola pubblica italiana.
Secondo il responsabile dell'economia in relazione ai risultati che riesce ad ottenere, la scuola
costerebbe troppo: 6.518 euro per alunno l'anno. Troppi rispetto ai 5.595 della media dei paesi UE.
Un ruolo fondamentale, più volte richiamato nelle ultime settimane dallo stesso ministro d