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Sintesi
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Indice

1. Premessa pag. 2

2. Il tempo pittorico pag. 3

3. Introduzione pag. 4

4. Le nuove concezioni pag. 4

5. Il tempo nella narrazione letteraria pag. 6

6. Il Vecchione pagg. 7-13

7. Analisi pagg. 13-15

8. Ulisses pag. 15

9. Analisi pagg. 15-16

10.Il tempo come flusso di coscienza pag. 17

11.Conclusioni pag. 18

12.Capitolo X “Le simplegadi-Le strade” pagg. 18-22.

Riferimenti bibliografici

M.Guglielminetti e A. Cavaglion (a cura di ) La coscienza di Zeno,, Italo Svevo,

Editrice La Scuola, 1991.

M. Lavagetto (edizione diretta da) Italo Svevo Tutte le opere , vol. I Romanzi e

«continuazioni», Collana “I Meridiani”, ed. Arnoldo Mondadori 2004.

Moloney Brian, Italo Svevo narratore- Lezioni Triestine-Libreria editrice

Goriziana, 1998.

James Joyce , Ulisse. (Versione e note di )Bona Flecchia, ed. Shakespeare and

Company, 1995.

A.Tagliaferro (a cura di) James Joyce, Gente di Dublino, ed. Oscar Mondadori,

1978. 2

PREMESSA

In un’ epoca come la nostra di cosi rapide trasformazioni tecnologiche, culturali,storiche,

interrogarsi sulle tematiche dell’irreversibile scorrere del tempo è un’esigenza profondamente

sentita da tutti e in particolare da noi giovani, protesi verso il futuro ed impegnati ad acquisire

capacità di orientamento e di interpretazioni della realtà.

Il celebre passo agostiniano (“che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio

spiegarlo …non lo so più…”) è ancora motivo di fascino e di “meraviglia”, nonché oggetto di

innumerevoli studi attraverso cui scienziati, filosofi, storici, scrittori, artisti si interrogano sul suo

incessante fluire, alla ricerca di illuminanti parametri concettuali o di pregnanti espressioni

esistenziali o artistiche che ne catturino, ne fissino, in qualche modo, il senso sfuggente.

Senza avere alcuna pretesa di esaustività, il presente lavoro vuole essere una riflessione sulla

tematica del tempo affrontata da due delle principali figure della letteratura europea del primo ‘900:

Italo Svevo e James Joyce, spunto di riflessione : il X episodio dell’ Ulisse ossia “Le Simplegadi”,

e il cosiddetto quarto romanzo , incompiuto, di Svevo “Il Vecchione” o “Il Vegliardo “. Il contesto

storico politico e culturale preso in esame è la fine dell’ottocento e primi del novecento. 3

Tempo pittorico

Salvador Dalì , nel 1931, dipinge tre orologi che si liquefano in "La persistenza della memoria".

In questo caso il pittore suggerisce una visione del tempo non bloccata al presente, ma che risale al

passato e ricongiunge il tempo interiore a quello originario e primordiale della natura.

Questi orologi liquefatti rappresentano l’aspetto psicologico del tempo il cui trascorrere, calcolabile

scientificamente in modo univoco, assume connotazioni e velocità diverse nella percezione umana.

L’orologio che si scioglie non può misurare il corso del nostro tempo perché esso è relativo. Il

rapido o lento passare dei minuti, delle ore e dei giorni è determinato dallo "stato d’animo" col

quale affrontiamo le situazioni che viviamo. Il tempo scorre lento, provocando sensazioni di noia,

quando la realtà è malvagia o non cattura la nostra attenzione, passa invece fulmineo se siamo

impegnati in attività così piacevoli da farci desiderare che non finiscano mai.

Cezanne (1870) lo

rapp

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a 4

lanc

ette,

a significare l’essenza del

tempo

nella sua pittura.

Introduzione

Fino al tardo 800, nessuno mette in discussione l’omogeneità del tempo: esso scorre uniformemente

e linearmente tanto che può essere diviso in parti eguali. Tale oggettività e universalità appare

comprovata dagli orologi meccanici e dall’introduzione dell’ora ufficiale, valida e coordinata per

ogni nazione, percepita come esigenza sempre più pressante da una economia ormai mondiale, da

una rete di trasporti ferroviari internazionali, da esigenze militari e di centralizzazione politica. Fu

così che nel 1884, a Washington, 25 paesi adottarono come meridiano zero quello di Greenwich e

divisero la terra in 24 fusi orari; lentamente tutto il mondo adotta tale sistema in cui il tempo

pubblico è accettato come indicatore di durata e successione.

Tuttavia proprio l’introduzione dell’ora ufficiale mondiale scatena la teorizzazione di una

molteplicità di tempi personali, che possono variare nell’individuo di momento in momento, oltre

che da un individuo ad un altro e si pose in dubbio che il tempo pubblico fosse il tempo reale.

La contrapposizione tra tempo omogeneo e tempo eterogeneo si sviluppò tra romanzieri, filosofi,

psicologi e sociologi che indagarono il modo in cui gli individui creano tanti tempi differenti quanti

sono gli stili di vita, le concezioni di questa e le forme sociali.

Le nuove concezioni

All’inizio del ‘900 è molto stretto l’intreccio tra i profondi cambiamenti nella qualità della vita e la

nascita di una nuova concezione scientifica di spazio, tempo, materia ed energia .

L’ utilizzazione di massa non solo del telegrafo, ma anche del telefono e della radio permettono

comunicazioni in tempo reale e contribuiscono a sviluppare il concetto di simultaneità, mentre la

nozione stessa di velocità ed il rapporto spazio-tempo sono sconvolti dall’impiego di macchine 5

(automobili e aerei) che consentono spostamenti rapidi e aprono nuove prospettive nella visione

delle cose; inoltre la seconda rivoluzione industriale, per il suo stretto rapporto con la scienza e la

tecnica, rende sempre più artificiale il rapporto tra l’uomo e la natura, come dimostra chiaramente il

nuovo scenario urbano: la folla tumultuante, l’ illuminazione e i tram elettrici, moderne architetture

di vetro e d’ acciaio che divengono simbolo della modernità esaltante, ma anche alienante. L’uomo

potenzia e trasforma le proprie capacità sensorie, mentre la realtà perde consistenza oggettiva,

durata e immobilità.

In questo momento nella percezione del mondo contribuisce in modo rilevante anche quella che è

stata definita una "seconda rivoluzione copernicana", proprio per sottolinearne la radicalità e la

conseguente revisione di tutto il pensiero scientifico: se con Copernico la Terra e quindi l’uomo

hanno cessato di essere al centro del cosmo, determinando il crollo dell’ antropocentrismo, con

Darwin l’uomo si è scoperto geneticamente correlato alla sua origine animale e con Freud rinuncia

persino al dominio della sua coscienza, mentre le nuove teorie fisiche pongono in crisi la

concezione unitaria ed oggettiva dell’universo e la possibilità di quantificare e conoscere i fenomeni

in modo sempre più approfondito e sicuro.

I principi fisici e le formule matematiche, con cui si pretendeva di spiegare il mondo, appaiono, agli

inizi del ‘900, solo ipotesi da sottoporre a verifica e comunque mai definitive né assolute, ma valide

solo all’interno di un sistema di riferimento: "verità", "oggettività" sono categorie interpretative

oramai distrutte dalle nuove teorie scientifiche.

Anche la matematica e la geometria sono profondamente trasformate ai primi del ‘900 dal

matematico Poincarè (riprendendo l’elaborazione ottocentesca di “geometrie non euclidee”, cioè

basate su postulati diversi da quelli elaborati da Euclide trecento anni prima di Cristo, Poincarè

dimostra che anche la matematica, anzi tutta la scienza si fonda su principi che, lungi dall’essere

eterni e incontrovertibili, sono il semplice frutto di dal filosofo francese Bergson e dalla psicanalisi

di Freud .

Manifestazione dell’ interiorità del soggetto in cui sono compresenti passato, presente, futuro.

Per Bergson la conoscenza è soprattutto un fatto oggettivo che si trasforma col tempo. Il tempo non

è più nemmeno principio di dissoluzione, ma anzi è la forma in cui diveniamo consci del nostro

essere spirituale, in opposizione alla morta materia: quella che siamo, la diventiamo non solo nel

tempo, ma grazie al tempo; noi siamo il prodotto non solo di tutti i momenti della nostra vita, ma 6

degli aspetti nuovi che ogni momento acquista col passare del tempo. Anche Freud fa crollare l’idea

della razionalità oggettiva come perno dell’agire umano; egli, postulando l’esistenza dell’inconscio,

distrugge la certezza che ciascuno abbia un carattere definito stabile, e conoscibile: ogni individuo,

viceversa, ha una natura multipla, spesso imprevedibile, contraddittoria e quindi non sa chi è ne può

pianificare la sua azione nel mondo.

Il Tempo nella narrazione letteraria

Il tempo soggettivo

"La Coscienza di Zeno" di Italo Svevo, è una confessione autobiografica che il protagonista, Zeno

Cosini, scrive su invito del suo psicanalista, il dottor S.

Nonostante l'impostazione in prima persona, gli eventi non seguono una successione cronologica

lineare, ma un tempo soggettivo in cui il passato si mescola con il presente. La struttura del

racconto risulta spezzata in tanti momenti distinti in quanto il tempo della narrazione è quello

interiore della coscienza, un tempo definito dallo stesso Svevo "misto", poiché gli avvenimenti che

in esso si svolgono sono sempre alterati dalla volontà del narratore. La narrazione, quindi, va

continuamente avanti e indietro nella sfera temporale seguendo la memoria del protagonista che,

rievocando il passato, lo modifica quando addirittura non lo crea ex-novo. Come il tempo è soggetto

a continue mutazioni, così anche il protagonista, nella sua imperfezione di nevrotico, è disponibile

alle trasformazioni, è pronto a scoprire sempre “l'originalità della vita”, a differenza delle persone

"sane" che sono rigide ed immutabili. Ecco alcune esemplificazioni del trattamento del tempo

effettuato da Svevo:

Il terzo capitolo copre da solo un periodo di circa 44 anni, ma 9 pagine su 19 sono dedicate ad una

singola serata.

Nel quarto capitolo, i cui estremi abbracciano 18 anni, 19 pagine su 24 sono dedicate all’agonia del

padre, che dura una quindicina di giorni.

Nel quinto capitolo, avvenimenti della durata di poco più di un anno si dilatano in ben 77 pagine, di

cui 8 dedicate alla prima visita in casa Malfenti (una singola serata) e ben 53 pagine richiede la

descrizione di cinque lunghi giorni che vanno dall’allontanamento dal salotto dei Malfenti alla

richiesta di matrimonio. 7

Svevo è sempre cosciente del tempo che trascorre e cita maniacalmente il passare da una stagione

all’altra, i mesi, addirittura conta i giorni, le ore, i minuti, tuttavia non offre mai al lettore un preciso

calendario per i fatti del suo romanzo. Il calendario lo deduce il lettore, non senza difficoltà. Il

continuo movimento della memoria prova la validità dell’assioma di Zeno enunciato nel capitolo

del fumo (il terzo): per lui il tempo non è irreversibile, il passato ritorna, incombe sul presente: “

Per me il tempo non è quella cosa impensabile che non s’arresta mai. Da me, solo da me, ritorna”.

“IL VECCHIONE o LE CONFESSIONI DEL VEGLIARDO”

Prefazione

“La cosa avvenne quest’anno, nell’Aprile che ci apportava uno dopo l’altro dei giorni foschi, piovosi, con brevi

interruzioni sorprendenti di sprazzi di luce e anche di calore.

Rincasavo di sera in automobile con Augusta dopo una breve gita a Capodistria. Avevo gli occhi stanchi di sole ed ero

incline al riposo. Non al sonno ma all’inerzia. Mi trovavo lontano dalle cose che mi circondavano e che tuttavia

lasciavo arrivare a me perché nulla le sostituiva: Andavano via prive di senso. S’erano fatte anche molto sbiadite dopo il

tramonto, tanto più che oramai i verdi campi erano stati sostituiti dalle grigie case e le squallide vie, tanto conosciute

che arrivavano previste, e guardarle era poco meno che dormire.

In piazza Goldoni fummo fermati dal vigile e mi destai. Vidi allora avanzarsi verso di noi e, per evitare altri veicoli,

accostarsi al nostro fino a rasentarlo, una fanciulla giovanissima vestita di bianco con nastrini verdi al collo e strisce

verdi anche sulla leggera mantellina aperta, che in parte copriva il suo vestito pur esso di un bianco candido interrotto

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