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Senza entrare in merito alla questione di chi per primo risolse l’equazione di terzo grado, che causò a
suo tempo litigi, insulti e cartelli di sfida (la storia della risoluzione delle equazioni di terzo grado po-
trebbe formare da sola un altro interessante articolo), e senza entrare nel vivo dell’argomento, accen-
nerò brevemente a questo per mostrarne l’importanza.
La formula risolutiva, generale, dell’equazione di terzo grado, pubblicata da Cardano nella sua “Ars
Magna’’ (1545), contiene radici quadrate; ebbene, nel caso in cui si consideri un’equazione con tre so-
luzioni reali, già note, la formula risolutiva presenta operazioni tra le radici quadrate il cui radicando è
però negativo! Era il cosiddetto ``caso irriducibile’’.
16 Cfr. F. Enriques e G. de Santillana op. cit. pag. 247 e anche E. Colerus op. cit. pag. 115.
17 Cfr. F. Enriques e G. de Santillana op. cit. pag. 292 e segg. e anche E. Bortolotti, op. cit. pag. 650 e
segg.
18 Non sono note le date di nascita e di morte ma solo quella di pubblicazione della sua Opera
sull’Algebra: 1572.
Convegno Nazionale “L’insegnamento della matematica nel quadro delle riforme” 5
Santa Cesarea (LE) 28 set. 2 ott. 2003
Una formula magica Silvio MARACCHIA
In altre parole, non si otteneva semplicemente un’espressione priva di senso come poteva capitare
anche nella soluzione di un’equazione di secondo grado, ma sembrava piuttosto, dato che la formula
era esatta e le soluzioni esistevano ed erano reali, che operando in qualche modo su quei simboli privi
di senso, si sarebbero ottenute le soluzioni già note.
Insomma, ne scaturì un’esigenza di trattare quelle espressioni sino ad allora neanche prese in consi-
derazione, in modo da ottenere delle regole da applicare in ogni caso, per poter calcolare le soluzioni
anche quando queste non erano preventivamente note. Ci vollero però molti anni perché si osasse
tanto e ci volle il grande matematico Bombelli (1572).
Da questo, a considerare tali espressioni come numeri veri e propri, il passo fu, relativamente, breve.
Le basi erano tracciate e tale concetto doveva trasformare con Gauss e Cauchy tutta l’analisi moder-
(19).
na
L’algebra italiana non ebbe soltanto questo merito, infatti, passati successivamente alle equazioni di
quarto grado, si trovò, con Ferrari, la formula risolutiva anche di queste, mentre non ci si riuscì con
quelle di grado ancora superiore e per studiare le soluzioni di queste, matematici come Lagrange,
(20) gettarono le basi dell’algebra moderna. Non solo, ma la soluzione generale
Ruffini, Abel e Galois
delle equazioni di terzo grado, permise di superare la stessa geometria di Euclide, uscendo da quello
che era considerato l’unico campo di costruzioni, cioè quello di segmenti uguali, come misura, a nu-
meri interi e ad altri numeri ottenuti operando su questi con le quattro operazioni e la radice quadra-
(21) .
ta
Ebbene, dopo aver indicato l’importanza grandissima dell’algebra rinascimentale italiana che ruotò
attorno alle soluzioni delle equazioni di terzo grado (nell’esistenza delle risoluzioni di queste vi è an-
(22) di Cardano, un sintomo della continuità, concetto
che, con il cosiddetto “criterio dei valori intermedi’’
fondamentale di tutta l’analisi e la logica matematica) e che portò all’addomesticamento di quelle certe
espressioni “silvestri’’. Ricordiamo che lo storico della matematica Attilio Frajese [Cfr. Galileo matema-
tico (Universale Studium, 1964) pag. 13] definisce con una colorita espressione, la risoluzione delle
equazioni di terzo grado come il superamento delle colonne d’Ercole matematiche aggiungendo poco
dopo (pag. 14): “Per comprendere l’immensa importanza di queste ricerche occorre riflettere su quan-
to si è detto, cioè che era la prima volta che i matematici superavano l’opera degli antichi greci: ap-
punto per questo si parla di un superamento delle colonne d’Ercole matematiche ’’.
(forse troppo succintamente in verità) non mi resta da aggiungere
Dopo aver indicato, ripeto, tutto ciò
che qualsiasi espressione “silvestre’’ si può ricondurre ad una scrittura del tipo a + i b con a e b quanti-
19 F. Enriques e G. de Santillana op. cit. pag. 293.
20 F. Enriques e G. de Santillana op. cit. pag. 293.
21 A questo proposito si veda: Attilio Frajese Attraverso la storia della matematica (Roma, Veschi
1962) pag. 273. Si potrà, ivi, vedere come l’insufficienza del campo euclideo è dimostrata, nel caso di
equazioni cubiche, sin da Leonardo Pisano.
22 Cfr. di F. Enriques Continuità in Encicl. Ital. XI, 236; capoverso: Continuità della linea come criterio
di esistenza da Cardano a Dedekind.
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tà reali (ad esempio: 3 + 2i; 7 – 8i; -√2 +1/3 i ecc …) in cui l’assurdo, l’impossibile, il silvestre insomma
(23) definito uguale alla radice quadrata di -1.
è ridotto al simbolo “i’’ (“immaginario’’)
Tale sistemazione simbolica è dovuta a Gauss (1777-1855). In realtà il segno “i’’ fu introdotto nel 1777
da Leonardo Eulero (1707-1782) ma fu Gauss in Theoria residuorum biquadraticorum II (1832) a far-
(24)
ne, per primo, uso costante ed a chiamare “numero complesso’’ il numero a + ib .
Bombelli avrebbe indicato 3 + 2i con 3 p. m. 2 (3 più di meno 2) e 7 – 8i con 7 m. d. m. 8 (7 meno di
meno 8) così come aveva indicato l’immaginario “i’’ con la scrittura R (0 - 1), cioè radice quadrata di 0
– 1, ma tutto ciò nulla toglie alla genuinità e originalità della creazione della matematica italiana, di cui,
a buon ragione il simbolo “i’’ si può considerare come rappresentante.
[e]
(25) come il rappresentante della matematica moderna, quella che
Possiamo considerare tale numero
ha creato l’analisi infinitesimale, il più formidabile strumento di studio e di calcolo raggiunto finora
dall’ingegno dell’uomo.
E’ noto che l’analisi infinitesimale è fondata essenzialmente sul concetto di “limite’’, ebbene il numero
“e’’ è proprio uno dei due “limiti fondamentali’’ per mezzo dei quali è facile ottenere molti altri limiti tra
cui le “derivate fondamentali’’ ed altre formule di estrema importanza nell’analisi. Infatti “e’’ rappresen-
x quando ad x si attribuiscono numeri di valore assoluto
ta il numero a cui tende l’espressione (1 + 1/x)
sempre più grande il che si esprime in simboli con x
1
= +
lim 1
e .
x
→∞
x
senx =
lim 1 .
L’altro limite fondamentale è x
→
x 0
La presenza del numero “e’’ nella matematica ha, però, origini molto più remote della sua stessa defi-
nizione e la sua storia, cui accennerò solo brevemente, è piena di colpi di scena, quali raramente è
dato di incontrare.
Per la rapidità di calcoli numerici, si usarono, sin dall’antichità, vari accorgimenti: dal sistema “digitale’’
(26) al pallottoliere (si noti che calcolo,
(mediante il quale si possono fare anche semplici moltiplicazioni)
23 La parola per denominare le quantità è dovuta a Cartesio (1596-1650)
“immaginario’’ “silvestri’’
[Géometrie 1, Oeuvres ed. Ch. Adam et Tannery pag. 453] così come la parola “reale’’.
24 Cfr. Duilio Gigli Aritmetica generale in delle matematiche elementari’’ vol. 1 parte 1,
“Enciclopedia
note di pagg. 173 e 183.
25 π.
è un numero irrazionale (trascendente) come In vari modi, attraverso le diverse definizioni, si
“e’’
è ottenuto, come si vedrà in seguito: e = 2,7182818…
26 Cfr. Giuseppe Peano: Giochi di aritmetica e problemi interessanti (Paravia 1925) pag. 27.
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dal latino “calculus’’ vuol dire pietruzza, ciottolo e questo già indica un accorgimento pratico per le o-
(27) (pressoché simile alla moltiplicazione
perazioni numeriche); dalla moltiplicazione “fulminea’’ indiana
che oggi qualsiasi studente sa eseguire con l’aiuto di una semplice matita e con la sola conoscenza
della tavola pitagorica), alle macchine calcolatrici moderne di tutti i tipi, di cui, comunque, il pallottolie-
re ne è un primo esempio.
Senza dubbio però, un notevole progresso nei calcoli si ebbe quando si riuscì, con un metodo che ha
(28)
le sue radici nell’ingegno straordinario di Archimede , ad eseguire le moltiplicazioni mediante som-
me, le divisioni mediante sottrazioni e così le potenze e le radici con moltiplicazioni e divisioni! In altre
parole quando si riuscì ad abbassare la difficoltà o, diciamo anche, il grado delle operazioni.
Ciò si poté ottenere dall’osservazione iniziale che scrivendo in maniera opportuna due progressioni,
una aritmetica e l’altra geometrica, per eseguire moltiplicazioni ci si può ridurre a somme. Infatti, presa
ad esempio la progressione aritmetica: 0; 1; 2; 3; 4; … e la geometrica: 1; 2; 4; 8; 16; … (di ``ragione’’
0 1 2 3 4
2, infatti essa può anche scriversi: 2 ; 2 ; 2 ; 2 ; 2 ; … e scritte in modo che allo zero della progres-
0
, cioè l’uno della geometrica, si ha:
sione aritmetica corrisponda 2
0 1 2 3 4 5 6 7 8 …
1 2 4 8 16 32 64 128 256 …
Ebbene si può osservare, ma ciò si potrebbe dimostrare in generale, che per eseguire ad esempio il
prodotto tra 4 e 32 presi nella progressione geometrica, basta considerare in questa il numero corri-
spondente a quello che nell’aritmetica è dato dalla somma dei rispettivi corrispondenti di 4 e 32; ora
essi sono 2 e 5 ma 2 + 5 = 7 e il corrispondente di 7 è 128; ecco ottenuto il prodotto voluto.
Il prodotto è quindi, una volta scritta una tavola del genere, ridotto alla somma e con il procedimento
(29) .
simile la divisione alla differenza ecc…
In tal modo è possibile eseguire le moltiplicazioni solo tra i numeri che si trovano nella seconda pro-
gressione, ma si potrebbero