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Sintesi
feynman.jpg In questo lavoro si presenta ed elabora concettualmente la Formulazione di Feynman della Meccanica Quantistica (MQ), i problemi di convergenza dell'integrale sui cammini e la relazione di questa formulazione con i processi stocastici. Dapprima, nella sezione f0.2g, viene derivato l'integrale sui cammini di Feynman attraverso l'utilizzo della formula di Trotter e successivamente, nella sezione f0.3g, sono presentati i postulati della formulazione di Feynman della MQ. Sono poi studiati i cammini di Feynman e le loro caratteristiche peculiari, che offrono uno stretto paragone con i processi stocastici.
Nelle sezioni f0.7g,f0.8g vengono prima mostrate le problematiche di convergenza dell'integrale di Feynman e poi, seguendo la dimostrazione di Nelson del teorema di Kolmogorov, l'approccio di Kac che permette di definire rigorosamente una misura per l'integrale: la misura di Wiener. Nella sezione f0.9g µe mostrata l'equazione del calore e la sua stretta relazione con il moto browniano, esempio più semplice di processo stocastico. Ciò ci permette, nelle due sezioni successive, di paragonare direttamente prima l'integrale di Feynman con quello di Wiener e poi l'equazione di Schroedinger con quella di Fokker-Plank. Da questo confronto si conclude che l'evoluzione temporale di una particella quantistica può essere descritta come un'evoluzione deterministica perturbata da fluttuazioni quantistiche.
Indice
0.1 Introduzione
0.2 Derivazione dell'Integrale sui Cammini di Feynman attraverso la Formula di Trotter
0.3 Formulazione di Feynman della Meccanica Quantistica: Postulati. 4
0.4 Natura e Caratteristiche dei Cammini di Feynman
0.5 Ambiguità di Quantizzazione dell'Integrale di Feynman
0.6 Equivalenza tra la Formulazione di Feynman e la Formulazione Standard della MQ
0.7 Problematiche di Convergenza dell'Integrale di Feynman
0.8 La Formula di Feynman-Kac e la Misura di Wiener
0.9 Equazione del Calore e Moto Browniano
0.10 Integrale di Feynman e Integrale di Wiener
0.11 Equazione di Fokker-Planck e Fluttuazioni Quantistiche
1 Appendice A: Derivazione dell'Integrale di Feynman attraverso l'Operatore Normalmente Ordinato . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2 Appendice B: un paio di De¯nizioni e un Teorema . . . . . . . . 19
Bibliografia
[1] M.Roncadelli, A.Defendi, I Cammini di Feynman, Quaderni di Fisica Teorica, Università degli Studi di Pavia (1992)
[2] R.Feynman, Space-time Approach to non-relativistic Quantum Mechanics, Reviews of Modern Physics 20 (Cornell University, Ithaca, New York 1948)
[3] F.Strocchi, An introduction to the Mathematical Structure of Quantum Mechanics, Advanced Series in Mathematical Physics Vol.27 (World Scientific 2005)
[4] J.W.Negele, H.Orland, Quantum Many-Particle Systems, Frontiers in Physics (Addison-Wesley 1988)
[5] W.Rudin, Analisi Reale e Complessa, (Boringhieri 1996)
[6] P.Dirac, I Principi della Meccanica Quantistica (IV ed.) (Boringhieri 1959)
 Scarica la tesi Integrale di Feynman sui Cammini e Processi Stocastici
Estratto del documento

R

Seguendo invece i postulati di Feynman il risultato è diverso; vediamo in

che senso. Per il Postulato 3 l’ampiezza di probabilità di trovare il generico

cammino x

e

(t) nella regione R ∈ C è:

Z 00 00 0 0

Amp{e

x

(t) ∈ R} = Dx(t)hx , t |x , t i[x(·)].

R

Dunque dall’eq.(14) segue che: Z 00 00 0 0 2

P rob{e

x

(t) ∈ R} = | Dx(t)hx , t |x , t i[x(·)] | . (16)

R

Abbiamo dunque che l’eq.(15) è differente dall’eq.(16)

Z Z

00 00 0 0 2 00 00 0 0 2

Dx(t)|hx , t |x , t i[x(·)]| 6 = | Dx(t)hx , t |x , t i[x(·)] | . (17)

R R

Questo risultato sottolinea la non validità del calcolo delle probabilità clas-

sico in MQ. Ciò suggerisce che i cammini di Feynman non possono essere visti

come possibili traiettorie descritte da una particella in accordo con il senso

comune. Per sottolineare la non realtà di tali cammini lo stesso Feynman sug-

3

gerisce di pensare che la particella percorra simultaneamente tutti i cammini .

E’ noto infatti che in MQ non è possibile attribuire proprietà fisiche ben definite

ad oggetti non osservati!

3 Questa idea è analoga all’esperimento delle due fenditure: l’elettrone passa per entrambe.

5

Caratteristiche dei Cammini di Feynman

Iniziamo a considerare l’eq.(11) e notiamo che ai fini dell’integrazione è im-

portante il valore della fase della funzione exp{i...}. Se la fase varia molto

rapidamente si ha che i vari contributi si cancellano a vicenda e che quindi i

cammini che determinano tale fase non contribuiscono in modo essenziale alla

somma. In modo semplice può essere visto che il contributo fondamentale è

dato da quei fattori per cui il termine

µ 2

x − x

j+1 j si mantiene finito per ² → 0

² ²

Da questa considerazione deriva un importante risultato: I cammini che

danno un contributo non nullo all’integrale di Feynman sono solo quelli che

godono della proprietà: 1

∆x(t) ∼ (∆t) (18)

2

Tali cammini (appunto i Cammini di Feynman) risultano essere continui,

ma non differenziabili, infatti:

∆x(t) 1

lim = ∞

= lim

∆t ∆t

∆t→0 ∆t→0 4

Per tale motivo si dice che essi siano frattali con dimensione di Hausdorff uguale

a 2. Questo aspetto sarà rilevante successivamente quando analizzeremo il moto

Browniano.

E’ forse utile a questo punto fare un confronto con una traiettoria liscia x(t)

(differenziabile) cosı̀ da rendere evidente il carattere dei cammini di Feynman.

∆x(t) = O(∆t) traiettoria liscia

1

∆x(t) = O(∆t ) cammino di Feynman

2 1 ) À O(∆t), e quindi si com-

si ha dunque che per ∆t → 0 vale O(∆t 2

prende che la funzione x(t) che descrive un cammino di Feynman varia molto

più rapidamente di una funzione differenzaibile. Per questo motivo si dice che:

I cammini di Feynman presentano un carattere fluttuante.

Essi appaiono come se il punto rappresentativo fluttuasse casualmente attorno

ad una traiettoria liscia. Siccome questo andamento può rappresentare fisica-

mente gli effetti quantistici nell’evoluzione temporale descritta dall’integrale, si

usa spesso paragonare l’eq.(18) al Principio di Indeterminazione.

Di fatti, precisando ulteriormente l’analisi sopra fatta, se desideriamo una

fase dell’esponenziale che sia dell’ordine dell’unità deve essere:

2

(∆x) h̄

∆t m

dunque essendo che ∆x h̄ h̄

· ∆x ≈ =⇒ ∆v · ∆x ≈

∆t m m

otteniamo appunto il Principio di Indeterminazione:

∆p · ∆x ≈ h̄.

4 vedi definizione in Appendice C. 6

0.5 Ambiguità di Quantizzazione dell’Integrale

di Feynman

Fino ad ora abbiamo ragionato utilizzando l’azione classica data dall’eq.(12). Le

altre equazioni ottenute valgono anche nel caso tridimensionale per un’azione

classica del tipo: ¸

·

Z 00

t 1

00 2

t mẋ(t) + A (x(t), t)

ẋ (t) − Φ(x(t), t) (19)

S[x(·)] = dt i i

0

t 2

0

t

con A(x(t), t) un generico potenziale vettore e Φ(x(t), t) generico potenziale

scalare. Tuttavia c’è un’importante differenza che determina appunto l’ambiguità

di quantizzazione. Ponendo l’azione (19) nell’eq.(11), otteniamo in aggiunta un

(x −x ) ∗ ∗

termine del tipo A(x ), dove x sta ad indicare che non è chiaro in

j+1 j j j

² ∗ . Nel caso del-

quale particolare punto dell’intervallo [x , x ] vada calcolato x

j j+1 j

l’azione classica (12) la sommatoria presente nell’eq.(11) definisce formalmente

l’integrale S[x(·)] come Integrale di Riemann, che come tale non dipende dalla

particolare scelta di x nell’intervallo. Mostriamo ora invece che non vale un

j

analogo discorso per quanto riguarda l’azione (19). Consideriamo le due somme

∗ ∗

relative alle due situazioni estreme x = x e x = x :

j j+1

j j

" #

µ ¶

N −1

X 2

m x − x (x − x )

j+1 j j+1 j

² + A(x ) − Φ(x )

j j

2 ² ²

j=1 #

" µ ¶

N −1

X 2

x − x (x − x )

m j+1 j j+1 j

+ A(x ) − Φ(x )

² j+1 j

2 ² ²

j=1

Si vede facilmente che nel limite ² → 0 la loro differenza è:

(x − x )[A(x ) − A(x ))]

j+1 j j+1 j

Dunque se, come supponiamo, [A(x ) − A(x )] ∼ (x − x ), allora si ha che

j+1 j j+1 j

2

la differenza delle due sommatorie è O((x − x ) ). Se i cammini di Feynman

j+1 j

fossero anche differenziabili allora si avrebbe che (x − x ) ∼ ² e quindi tale

j+1 j

2

differenza sarebbe O(² ), perciò le due sommatorie differirebbero per termini

infinitesimi di ordine superiore. Tuttavia sappiamo che i cammini di Feynman

non sono differenziabili e siccome vale la relazione (18) si ha che la differenza

tra le somme è O(²), cioè dello stesso ordine di ².

Conseguenza di questo fatto è che:

si ha una differenza non trascurabile se si considera A(x ) o A(x ).

j+1 j

Dipendendo dunque l’integrazione dalla particolare scelta di x si ha che l’inte-

j

grale del propagatore con l’azione (19) non è neppure formalmente un integrale

di Riemann, ma un oggetto simile agli integrali stocastici.

7

0.6 Equivalenza tra la Formulazione di Feynman

e la Formulazione Standard della MQ

Utilizzando l’eq.(2) e il propagatore quantistico dell’eq.(13) calcolato da (x , t)

k

a (x , t + ²), con ² infinitesimo (cioè hx , t + ²|x , ti), otteniamo l’equazione

k+1 k+1 k

[2]: Z

ψ(x , t + ²) = exp[(i/h̄)S(x , x )]ψ(x , t)dx /A (20)

k+1 k+1 k k k

dove A è il fattore di normalizzazione. Tale equazione è corretta solo nel

limite ² → 0 e noi la considereremo esatta solo al primo ordine in ². Una

giustificazione è data dal fatto che se consideriamo i fattori dell’eq.(11) che ci

portano ad un intervallo finito di tempo T , essi sono T /². Se in ognuno di essi,

2

per esempio quello rappresentato nell’equazione (20), c’è un errore di ordine ² ,

2

allora l’errore totale risultante è (² T /²) = ²T e tende ad annullarsi per ² → 0 .

Ciò che si vuole mostrare è che tale eq.(20) equivale, nei limiti indicati,

all’Equazione di Schrödinger di una particella unidimensionale in un potenziale

V (x).

Esplicitando l’azione classica unidimensionale otteniamo:

( " #)

µ ¶

Z 2

i² m x − x

k+1 k

ψ(x , t + ²) = exp ψ(x , t)dx /A.

− V (x )

k+1 k k

k+1

h̄ 2 ²

Ci è comodo ora porre: x = x, x −x = ξ quindi x = x−ξ. Dunque:

k+1 k+1 k k

· ¸

Z 2

imξ i²V (x)

ψ(x, t + ²) = exp − ψ(x − ξ, t)dξ/A

2²h̄ h̄ 2

Ora essendo ² molto piccolo allora l’esponenziale di (imξ /2h̄²) oscilla molto

rapidamente nell’integrazione di ξ, eccetto che nella regione in cui ξ ≈ 0. Più

1 . Siccome ψ(x−ξ, t) ha una dipendenza da

precisamente ξ dell’ordine di (h̄²/m) 2

ξ meno marcata, allora la regione in cui l’esponenziale oscilla molto contribuirà

poco all’integrazione. Solo piccoli valori di ξ sono rilevanti e quindi si può

sviluppare il serie di Tylor la funzione ψ(x − ξ, t):

µ ¶Z µ ¶ · ¸

2 2 2

i²V (x) imξ ∂ψ(x, t) ξ ∂ ψ(x, t)

ψ(x, t+²) = exp − exp · ψ(x, t) − ξ + − ... dξ/A.

2

h̄ 2h̄² ∂x 2 ∂x

(21)

R +∞ 1

2

Sapendo il valore degli integrali: ,

exp(imξ /2h̄²)dξ = (2πih̄²/m) 2

−∞

R R

+∞ +∞ 1

2 2 2 .

exp(imξ /2h̄²)ξdξ = 0, exp(imξ /2h̄²)ξ dξ = (h̄²i/m)(2πih̄²/m) 2

−∞ −∞ 3

E’ inutile sviluppare oltre l’equazione (21) essendo che l’integrale con ξ è nullo

2 2

e quello con ξ è dell’ordine di ² .

Sviluppando ora anche il primo membro dell’equazione (21) fino al primo

ordine e sostituiamo il valore degli integrali. Risulta dunque:

µ ¶ · ¸

2 2

i²V (x) (2πh̄i²/m) h̄²i ∂ ψ(x, t)

∂ψ(x, t) = exp − · ψ(x, t) + + ...

ψ(x, t)+² 2

∂t h̄ A 2m ∂x

Affinchè ambo i membri possano coincidere all’ordine zero deve essere che

1

A = (2πh̄²i/m) . Ci resta ora da sviluppare anche il termine esponenziale e

2 8

otteniamo: ¶

µ · ¸

2

∂ψ(x, t) i²V (x) h̄²i ∂ ψ(x, t)

ψ(x, t) + ² = 1 − · ψ(x, t) + 2

∂t h̄ 2m ∂x

Moltiplicando ambo i membri per ih̄ e considerando solo il primo ordine in

², troviamo proprio la ben nota equazione di Schrödinger, come (1). Lungo

il procedimento abbiamo potuto notare come siano importanti, al fine dell’in-

tegrazione, i valori di ξ ≈ 0. Per questo la maggior parte del contributo a

ψ(x , t + ²) viene dai valori di x in ψ(x , t) che sono molto vicini a x . In

k+1 k k k+1

2

particolare si può vedere che, siccome (imξ /2²) ≈ h̄, allora ξ ≈ (h̄/2im) ². Si

riottiene co

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