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Sintesi
Fisica: la meccanica quantistica

Italiano: la trasformazione del personaggio del romanzo novecentesco
Estratto del documento

Le ipotesi e le regole

L'ipotesi di partenza di Feynman è la legge di Planck [nota a]:

E = hf (1)

che lega l'energia E alla frequenza f attraverso il quanto di azione h. Fin dall'inizio, Feynman evita

di parlare esplicitamente di "particelle" o di "onde" per non creare associazioni mentali fuorvianti;

citando da QED. La strana teoria della luce:

“Noi sappiamo quale è il comportamento degli elettroni e della luce. Ma come potrei chiamarlo? Se

dico che si comportano come particelle, do un’ impressione errata, ma anche se dico che si

comportano come onde. Essi si comportano nel loro proprio modo inimitabile che tecnicamente

potrebbe essere chiamato il “modo quanto-meccanico”. Si comportano in un modo che non

assomiglia a nulla che possiate aver mai visto prima. La vostra esperienza con cose che avete visto

prima e incompleta. Il comportamento delle cose su scala molto piccola è semplicemente diverso”

Vediamo perché le associazioni mentali, evocate dall’uso di certe parole, sono fuorvianti. Noi

chiameremo per brevità oggetto quantistico l’oggetto che si comporta in un “modo quanto-

meccanico”: potrà essere l’elettrone o la luce o un atomo o anche un oggetto molto complesso con

massa elevata, perché il comportamento quanto-meccanico è osservabile non solo in particelle

elementari o molto semplici, ma in via di principio in qualunque oggetto, basta mettersi nelle

condizioni adatte ed avere la tecnica di rivelazione adatta².

Esaminiamo prima il comportamento di un oggetto massivo, perché classicamente sappiamo

descriverlo più facilmente con la meccanica newtoniana, in particolare facciamo l'ipotesi che nello

spazio in cui andiamo a esaminare il suo moto non ci siano campi di forza, quindi il moto è,

classicamente, "rettilineo-uniforme". Per fissare le idee pensiamo a un elettrone, ma nei calcoli

lasceremo poi la possibilità di variare la massa m dell'oggetto per esplorare che cosa succede per

masse diverse.

Supponiamo di avere in un certo punto A una sorgente da cui partono gli elettroni con una certa

energia cinetica E, e di mettere in un punto B, posto a una certa distanza D, un rivelatore: per fissare

le idee, la sorgente potrebbe essere un filamento caldo come quello di un tubo televisivo, e il

rivelatore una emulsione fotografica o uno schermo fosforescente, o un qualunque dispositivo che

segnala l'arrivo dell'elettrone.

[nota a]: Max Planck, durante un lavoro scientifico di termodinamica, pubblicato nel 1900, utilizzò per la prima volta

un’ipotesi di quantizzazione per l’interpretazione dello spettro di energia della radiazione elettromagnetica emessa da un

sistema ideale costituito da una cavità termicamente isolata di cui si può variare a piacere la temperatura interna e

recante un piccolo foro dal quale può uscire la radiazione che in essa si viene a creare. La superficie interna di tale

cavità si suppone costituita da particella cariche elettricamente e oscillanti (risonatori), le quali possono emettere e

assorbire radiazioni elettromagnetiche aventi la loro stessa frequenza di vibrazione. Tale sistema rappresenta con

un’ottima approssimazione il comportamento di un corpo nero, cioè di un corpo che è in grado di assorbire tutta la

radiazione che giunge su di esso. Secondo Planck, lo spettro della radiazione emessa da un corpo nero può essere

interpretato teoricamente con successo se si ammette che l’energia E possa assumere solo valori multipli di una quantità

n

fondamentale, secondo la relazione E =n h f, dove n è un numero intero e h una costante che rappresenta

numericamente la più piccola quantità di energia che può essere emessa o assorbita da un risonatore. Tale quantità

venne denominata da Planck quanto di azione.

2 L’oggetto più massivo e più complesso per il quale sono stati finora rivelati comportamenti quanto-meccanici è il

fullerene, che è una molecola formata da 60 atomi di carbonio, cioè da 60 nuclei di carbonio e da 360 elettroni!

Le dimensioni della sorgente in A e del rivelatore in B siano completamente trascurabili rispetto alla

distanza D e a qualunque altra distanza che entrerà in gioco. 6

Figura 1

Figura 1

Vediamo prima che cosa ci aspettiamo per un elettrone che ha un comportamento classico e che

segue quindi una traiettoria rettilinea (per semplicità supponiamo che fra A e B non ci sono campi

di forza): perché arrivi in B basta che sia emesso da A con una direzione della velocità compresa in

un cono che intercetta la zona in cui c'è il rivelatore.

Figura 1.1

Se mettiamo, nella zona fra A e B, degli ostacoli che possano bloccare interamente un elettrone di

quella energia, possono succedere solo due cose, nettamente distinte:

nessun ostacolo intercetta la traiettoria dell'elettrone e allora l'elettrone arriva in B come se

 gli ostacoli non ci fossero (Figura 1.2a),

uno degli ostacoli la intercetta e allora l'elettrone non arriva più per nulla (Figura 1.2b).

 Figura 1.2

L'effetto è quindi di tipo " SI o NO": non ci sono situazioni intermedie (con il rivelatore vedremmo

che l'intensità del segnale resta immutata oppure che va a zero). Nel seguito, faremo riferimento a

una situazione semplificata, schematizzata in Figura 2, in cui c'è un ostacolo, posto a distanza D

A

dalla sorgente, con una fenditura di larghezza D proprio in corrispondenza della traiettoria

trasv 7

dell'elettrone: l'elettrone passa, indipendentemente della larghezza della fenditura, quindi siamo

nella situazione di tipo " SI "(a meno che la larghezza fosse così piccola da bloccarlo, si passerebbe

bruscamente alla situazione di tipo" NO

"). Figura 2

Per un "oggetto quantistico" invece non si può pensare a niente di simile a una "traiettoria", cioè

a una sequenza di posizioni ben definite e perfettamente determinabili se si conosce la velocità

iniziale e il campo di forze. Per Feynman l'oggetto quantistico di energia E è definito, oltre che dalle

grandezze già note dalla meccanica classica, quali massa, velocità e quantità di moto, anche dalla

frequenza f, legata all'energia E dalla relazione di Planck (1).

E’ proprio questa frequenza la caratteristica nuova dell'oggetto quantistico, che manca

assolutamente nell'oggetto classico e dalla quale seguono le proprietà peculiari dell'oggetto

quantistico che ne determinano il moto.

La prima proprietà è che, avendo una frequenza propria, l'oggetto quantistico ha una "periodicità

intrinseca", con un periodo T pari all'inverso della frequenza. Feynman infatti parla di un "orologio

interno" ("stopwatch"), che gira nel tempo con un periodo T= 1/ f

.

La seconda proprietà è che, come per tutti i fenomeni periodici, lo stato dell'oggetto quantistico si

ripete in modo identico solo a distanza di un periodo, ma, all'interno del periodo, lo stato passa

attraverso fasi diverse, che si ripetono identicamente nel periodo successivo (come fanno ad

esempio le oscillazioni verticali di una molla, che passano per una fase in cui l'ampiezza

dell'oscillazione è massima verso il basso, poi tornano alla posizione di equilibrio iniziale per

proseguire con una oscillazione verso l'alto e così via). Feynman suggerisce di visualizzare la fase

pensando alla lancetta dell'immaginario orologio e definire la fase come l'angolo fra una direzione

di riferimento e la direzione a cui essa punta a un certo istante, come in figura 3. Chiameremo

vettore di fase il vettore di lunghezza unitaria associato a questa lancetta ideale.

Figura 3 8

La terza caratteristica è il cammino percorso dall'oggetto quantistico mentre la sua fase fa un giro

completo di 2. Tale cammino dipende dalla quantità di moto p dell'oggetto e si calcola dalla

relazione di de Broglie [nota b]: = h / p (2)

Naturalmente non dobbiamo prendere alla lettera la rappresentazione dell'orologio interno e

immaginare l'oggetto quantistico come una specie di "signore" che viaggia effettivamente con un

orologio al collo e guarda continuamente dove punta la sua lancetta! Si tratta solo di un artifizio per

rendere più chiaro il significato del calcolo matematico e nel seguito lo utilizzeremo proprio in

questo senso, cioè come una rappresentazione "pittorica" della fase. Un esempio è visualizzato in

Figura 3.1: l'oggetto quantistico è diventato un omino che parte da A e viaggia con il suo orologio e

relativo vettore di fase, il cammino che segue non è necessariamente rettilineo, ciò che importa è

che, mentre percorre il cammino, l'orologio gira passando periodicamente per le stesse fasi e dopo

un percorso pari a l torna ad avere la stessa fase.

Figura 3.1

Vediamo ora come da queste tre caratteristiche si calcola, nel modello di Feynman, il moto

dell'oggetto quantistico. Le regole per il calcolo sono giustificate dal fatto che, applicandole, si

3

riesce a descrivere tutti i dati sperimentali relativi al moto degli oggetti e che si ritrova la

descrizione classica del moto nelle condizioni in cui si può considerare trascurabile l'effetto della

costante di Planck (cioè quando le variazioni dell'azione coinvolte nel moto sono molto più grandi

della costante di Planck: questo è il principio di corrispondenza).

[nota b]: la relazione (2) fu dedotta da de Broglie nel 1921, partendo dall'interpretazione che Bohr aveva dato nel 1911

della quantizzazione dell'energia degli elettroni atomici, cioè del fatto che, apparentemente, gli elettroni atomici hanno

solo certe orbite stazionarie. De Broglie dedusse la sua relazione in un "modello ondulatorio" dell'elettrone, cioè

pensando all'elettrone come un'onda che si propaga nello spazio, con una lunghezza d'onda λ data dalla (2) e una

frequenza f data dalla relazione di Planck (1): in un'onda, infatti, la lunghezza d'onda è definita proprio come la distanza

fra due picchi, cioè come la distanza fra due punti in cui l'onda ha la stessa fase.

Seguendo l'approccio di Feynman, si preferisce non far riferimento esplicito a un modello ondulatorio e quindi non

parlare esplicitamente di lunghezza d'onda di de Broglie, ma definire λ secondo quello che è il suo significato fisico:

distanza spaziale fra due punti in cui l'oggetto ha la stessa fase.

3 Ciò vale anche per le regole che si usano per calcolare la traiettoria classica: esse sono basate su una ipotesi

fondamentale (quella che, punto per punto, l’accelerazione sia proporzionale al valore della forza in quel punto, con

costante di proporzionalità pari alla massa, cioè essenzialmente la legge di Newton F=ma) e la loro validazione è

basata sulle verifiche sperimentali.

Le regole sono le seguenti: 9

a) I cammini

Anzitutto, per andare da A a B, l'oggetto quantistico non è obbligato a seguire una traiettoria

particolare, come farebbe l'oggetto classico (ad esempio la linea retta in assenza di forze, oppure la

traiettoria calcolabile con la legge della meccanica newtoniana in presenza di forze), ma esplora

tutti i cammini possibili: questo perché, abbandonando la legge di Newton, non c'è più nessun

motivo di imporre che la posizione a un certo istante sia necessariamente quella calcolabile a partire

dalla posizione nell'istante precedente secondo la legge di Newton. Diventano invece permessi tutti

i cammini che non sono esplicitamente proibiti: sono cammini proibiti, ad esempio, quelli lungo i

quali c’è un ostacolo impenetrabile.

In Figura 3.2, mostriamo un esempio di cammini possibili, che conducono da A a B (ma ce ne sono

molti altri, che non disegniamo sia per chiarezza sia perché sarebbe impossibile tracciarli proprio

tutti!): Figura 3.2

b) I vettori di fase

Lungo ogni cammino, il vettore di fase gira e compie un giro intero ogni tratto pari a λ quindi i

vettori di fase, con cui l'oggetti quantistico arriva in B, sono diversi per i diversi cammini, come

mostrato in Figura 3.3, perché i cammini hanno lunghezze diverse. 10

Figura 3.3

Attenzione: è lo stesso oggetto che ha contemporaneamente tutti i diversi vettori di fase quando

arriva in B, non sono 5 diversi oggetti quantistici! Questo è ovviamente difficile da capire per la

nostra mentalità classica, perché non riusciamo a immaginare come qualche oggetto possa avere

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