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Capitolo 32 Promessi Sposi - Riassunto (3) Pag. 1
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Sintesi

Riassunto del capitolo 32 dei Promessi Sposi


Il capitolo si apre con la richiesta dei magistrati cittadini al governatore Ambrogio Spinola di intervenire sulla situazione totalmente catastrofica che si era venuta a creare con l’epidemia di peste diffusasi nel ducato di Milano; tuttavia, egli si non presta ascolto alle loro richieste, perché impegnato nell’assedio di Casale (per cui spenderà tutti i fondi della città, ma che alla fine, come riferito dal narratore, si rivelerà un fallimento assoluto) e delega le responsabilità al gran cancelliere Antonio Ferrer, già incontrato in precedenza nel Romanzo.
Così il consiglio si rivolge al cardinale arcivescovo Borromeo, a cui chiede di organizzare una processione per le vie della città con le reliquie di san Carlo; anche quest'ultimo si trova a rifiutare, in quanto da una parte non vorrebbe che, in caso di fallimento, la sfiducia della popolazione nei confronti del Santo Patrono aumentasse a dismisura, né che il contagio aumentasse visto l’ipotizzabile gran numero di persone che vi avrebbero partecipato.

Nel frattempo, in città si diffondono sempre di più le dicerie sugli untori, e a tal proposito il Manzoni ricorre a un paio di testimonianze relative agli scritti di Ripamonti riguardanti le violenze nei confronti di cittadini innocenti; così, il cardinale Borromeo si trova costretto a fare un passo indietro e a predisporre la processione per le vie di una città ormai deserta, che avviene il 11 giugno.
Tuttavia, nonostante le precauzioni del tribunale di Sanità (accesso limitato agli stranieri, appestati chiusi in casa), i contagi non fanno che aumentare, ma la stessa popolazione preferisce richiamare la causa degli untori, ignorando la gran folla e gli assembramenti verificatisi durante la precedente processione.

Viene a questo punto riferita l’opera di alcuni funzionari nelle case dei cittadini: è il caso dei monatti, che portavano i moribondi al lazzaretto, degli apparitori, che avvisavano i cittadini del loro arrivo, e dei commissari, che sovrintendevano l’operato dei primi due; tuttavia, soprattutto i monatti approfittano della situazione di difficoltà per entrare nelle case e razziarle con estrema facilità, oltre che minacciare in più modi gli stessi cittadini.
Le morti non diminuiscono affatto, e lo confermano i numeri: da 2000 persone, il lazzaretto ne arrivò a contare addirittura 12.000, mentre la popolazione di Milano scese da 200.000 a 60.000 abitanti; allo stesso tempo, però, non mancarono le opere di carità, in gran parte riconducibili ai frati cappuccini, impegnati soprattutto nel lazzaretto (da citare i continui interventi del cardinale Borromeo per infondere speranza e coraggio ai malati) e nello scavare fosse comuni dove seppellire i morti di peste.

Infine, il narratore conclude tale capitolo tornando a parlare delle dicerie messe in giro sul conto degli untori: a poco a poco, queste si fecero sempre più insistenti, e addirittura venivano sostenute dai cittadini mediante riferimenti ad opere di scrittori molto conosciuti, tanto da influenzare anche parecchi dotti e uomini di cultura; tuttavia, come ribadito, questa parentesi relativa ai disordini sviluppatisi in città e all’epidemia trova completamento in questo capitolo, dato che il narratore ci informa dell’imminente ritorno dei protagonisti del Romanzo con il capitolo successivo.
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