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Capitolo 31 Promessi Sposi - Riassunto  (3) Pag. 1
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Sintesi

Riassunto del capitolo 31 dei Promessi Sposi


Il capitolo inizia con una premessa da parte del narratore: egli infatti si prefigge lo scopo di cercare di narrare nel modo più conciso ma fedele possibile gli avvenimenti a cavallo tra l’autunno del 1629 e il 1630, dato che all’epoca nessuno studioso, nemmeno il Ripamonti, aveva saputo raggiungere tale scopo, viste le notizie spesso in contrasto tra loro e riferite in maniera confusa.

Nell’autunno del 1629 iniziarono a comparire i primi casi sporadici di peste, indicativamente nelle zone dove era avvenuto in precedenza il passaggio dei lanzichenecchi; tuttavia, questi vennero ignorati dalla popolazione, fatta eccezione per coloro che erano stati vittima della peste di san Carlo il secolo precedente, come il benemerito Lodovico Settala.
Essi cercarono di avvertire il tribunale di Sanità, che però non prestò sufficiente attenzione alle testimonianze portate; tuttavia, una volta innalzati i casi, vengono inviati il medico Alessandro Tadino e un magistrato a far luce sulla questione, e questi ultimi alla fine notificano di aver riscontrato la presenza di parecchi casi nelle zone di Lecco, della Valsassina e delle zone costiere del lago di Como.
È bene anche citare la risposta dell’allora governatore Ambrogio Spinola: anch’egli, dal canto suo, ignorò la questione, concentrandosi maggiormente sull’assedio di Casale e preparando una grande cerimonia per la nascita del figlio di Carlo IV.

A questo punto, sebbene tale provvedimento arrivò in ritardo di 1 mese, in cui l’epidemia si era già ben che sviluppata, il tribunale varò un cordone di misure sanitarie per prevenire il contagio e la diffusione del morbo; tuttavia, il popolo accoglie tali misure con grande ostilità, soprattutto per la paura dei cittadini di essere rinchiusi nel lazzaretto, motivo per cui molti non dichiararono di aver contratto tale malattia.
Ma i contagi non diminuirono, e anzi furono favoriti dall’arrivo di numerosi stranieri da territori esterni al ducato, che contribuirono alla diffusione della peste; nello stesso periodo il già citato Lodovico Settala venne aggredito da alcuni cittadini che lo accusavano di mettere in atto una montatura e di raccontare quella che era la realtà in maniera distorta, ma egli riuscì a mettersi in salvo in una casa.

In seguito, viste le condizioni di estrema difficoltà in cui virava la situazione, dal 30/03/1630 il lazzaretto venne affidato alle cure dei cappuccini; una decisione alquanto bizzarra, che però riuscì a portare i suoi frutti dato che venne ristabilito l’ordine al suo interno.
Infine, il tribunale di Sanità riesce a convincere anche i cittadini più restii a credere nella diffusione dell’epidemia mostrando un carro funebre con alcuni appestati sfilare il giorno di pentecoste al cimitero cittadino; non mancarono, però, alcune dicerie infondate che vedevano la causa del morbo provenire da alcuni untori, ossia persone che si occupavano di liberare nell’aria sostanze altamente tossiche e dannose per la salute umana, addirittura mandati o da don Gonzalo per vendicarsi o dal cardinale Richelieu per scopi bellici.
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