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Capitolo   15 Promessi Sposi - Riassunto (6) Pag. 1
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Sintesi

Capitolo 15 Promessi Sposi


Il capitolo si apre con la narrazione dei fatti immediatamente successivi a quelli del precedente (ricordiamo che Renzo, da ubriaco, era diventato lo zimbello dell’osteria): in particolare, l’oste lo accompagna in camera da letto, poiché lo stesso necessita del suo aiuto per via dell’ubriachezza.
L’oste tenta un'ultima volta di prendergli le generalità, ma anche stavolta Renzo non si lascia ingannare, per cui egli deve desistere; tuttavia, individuata nel farsetto dell’ospite la borsa con i soldi, il padrone si premura di farsi pagare, dando quasi per certo l’arresto di Renzo in un futuro non troppo lontano, che vedremo coincidere con l'indomani.

In seguito, il proprietario dell’osteria lascia momentaneamente la gestione della stessa alla moglie poiché deve recarsi al palazzo di giustizia al fine di rendere chiara la sua posizione e sistemare la faccenda.
Durante il tragitto, il narratore evidenza un suo soliloquio in cui lo stesso definisce Renzo un ingenuo per i guai in cui è finito: infatti, egli concorda con lui sulla questione delle gride, dato che non le sopporta nemmeno lui, ma ribadisce che non è così stolto da gridarlo urbi et orbi; inoltre, l’oste stesso è quasi “obbligato” a chiedere le generalità ai clienti, in quanto se non lo facesse e fosse denunciato potrebbe incorrere in un’ammenda pari fino a 300 scudi.

Una volta giunto a destinazione, il palazzo di giustizia che trova è a dir poco “in fermento” in quanto si stanno attuando tutte le possibili misure per evitare che accadano ulteriori disordini in città; tra gli attori principali vediamo il capitano di giustizia che si occupa di spedire funzionari in incognito in città, com’è stato per Ambrogio Fusella, per controllare la situazione.
In particolare, quando l’oste si rivolge al notaio criminale per discutere della situazione, quest’ultimo risulta già ben informato della questione (e l’oste suppone, correttamente, che ci potesse essere stato “lo zampino” in precedenza di Ambrogio Fusella); durante il colloquio, il notaio stesso si mostra aggressivo e malizioso nei confronti dell’oste, il quale però riesce a mantenere la calma e a difendersi senza timore.

A seguito di un’ellissi del narratore si passa al mattino seguente, in cui Renzo viene svegliato di soprassalto da alcuni sbirri, al cui comando vi è il notaio criminale, che usa un tono stranamente rassicurante nei suoi confronti, soprattutto perché è consapevole della situazione all’esterno dell’edificio.
In particolare, sono presenti alcuni gruppi di rivoltosi in strada che potrebbero intralciare il suo lavoro; nel frattempo Renzo riorganizza le idee e per prima cosa esige la restituzione dei soldi e della lettera che teneva nel suo farsetto.

Infine, il notaio sceglie di uscire e percorrere le vie della città per portare Renzo in galera: per questo motivo, a quest’ultimo vengono applicati i cosiddetti “manichini”, simili a manette, stretti ai polsi; tuttavia, una volta in strada e appresa la situazione, Renzo è astuto e attira l’attenzione dei popolani parlando di giustizia; i poliziotti, dal canto loro, rispondono stringendogli più forte i manichini ai polsi, motivo per cui egli urla di dolore e causa l’intervento della folla, che mette in fuga gli sbirri e il notaio stesso, aiutandolo enormemente.
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