Concetti Chiave
- La lettera di Hikmet a Mehmet si presenta come un testamento spirituale carico di vigore e dignità.
- Il poeta, in esilio, esprime il timore di non rivedere più il figlio e condivide i suoi valori fondamentali.
- I temi principali includono l'amore per la terra, la dignità umana e la ricerca di giustizia sociale.
- Hikmet, proveniente da un'élite culturale ottomana, si avvicina con passione al popolo turco oppresso.
- La sua vita è segnata da prigionia politica e esilio in Unione Sovietica, dove morirà lontano dalla Turchia.
Il testamento spirituale del poeta
L’autore può partire dal ricordo del luogo dove è nato, da un esame del suo stato d’animo, da un’immagine suggestiva, addirittura dall’impressione di essere molto vicino alla morte; quello che però scaturisce sempre alla fine della poesia è una specie di testamento spirituale: il poeta dice cosa per lui è il mondo, cosa significa vivere, quali sono i motivi per i quali vale o meno la pena di farlo.
Lettera a Mehmet
Forse la mia ultima lettera a Mehmet è un testamento spirituale di straordinario vigore e dignità. Il poeta turco Nazim Hikmet, in esilio in Russia, scrive al figlio bambino Mehmet, che teme di non riuscire più a rivedere. La prima parte, più personale, nella quale si alternano ricordi e immagini del futuro, si scioglie gradualmente in un vero e proprio testamento nel quale il poeta spiega con semplicità e passione i suoi valori fondamentali: l’amore per la terra, della quale “non ci si può saziare”, la dignità dell’uomo, la ricerca di giustizia per il popolo “atrocemente miserabile”, la speranza.
Nazim Hikmet e il suo esilio
Nazim Hikmet proveniente da una famiglia dell’élite culturale e politica dell’impero ottomano, di Salonicco, a diciotto anni si avvicina in maniera appassionata e totale al popolo della Turchia, consegnato da secoli a una povertà disumana. Sceglierà come metodo di analisi e di lotta politica il marxismo, che viene a conoscere direttamente quando fugge in Unione Sovietica, nei primi anni della rivoluzione.
In Turchia, fra il 1928 e il 1951, sarà rinchiuso in carcere per motivi politici. Andrà poi in esilio in Unione Sovietica, a Mosca, dove morirà senza poter ritornare nel suo paese.