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Concetti Chiave

  • Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, di origine pagana, divenne un noto retore cristiano e precettore del figlio di Costantino in Gallia.
  • Il trattato "Divinae institutiones" è l'opera più celebre di Lattanzio, volta a sistematizzare i fondamenti del cristianesimo per un pubblico ampio.
  • Nel "De mortibus persecutorum", Lattanzio descrive la punizione divina subita dagli imperatori persecutori dei cristiani, offrendo un'importante testimonianza storica.
  • Il poema "De ave phoenīce" racconta il mito della fenice; la sua autenticità è dibattuta, ma può simboleggiare la resurrezione cristiana.
  • Lattanzio preferiva il dialogo alla polemica diretta, cercando di comunicare efficacemente con un pubblico sia colto che non colto.

Lucio Cecilio Lattanzio

Lucio Cecilio (o Celio) Firmiano Lattanzio, nato da famiglia pagana in una località dell'Africa che non conosciamo, fu un retore rinomato. Divenuto cristiano, dal 316 visse in Gallia, dove l'imperatore Costantino gli affidò l'incarico di precettore del proprio figlio, Crispo. Non conosciamo l'anno della sua morte.

L'opera più estesa e più nota di Lattanzio è il trattato Divinae institutiones, in sette libri, composto fra il 304 e il 313-314. Il titolo (Institutio da instituere, "educare, formare") indica l'intenzione di esporre in modo sistematico i fondamenti della religione cristiana. Fin dall'inizio Lattanzio esplicita infatti il fine didascalico che egli persegue e l'intento di rivolgersi non solo ai docti, ma anche agli indocti, educandoli attraverso un'esposizione piacevole ed efficace. Egli polemizza con la religione e la filosofia pagane, ma evita asprezze e invettive: non cerca lo scontro, ma il dialogo.

Particolarmente interessante è l'operetta De mortibus persecutorum, "Le morti dei persecutori", risalenti al 314-315, e successiva quindi all'editto di Milano. In essa l'autore vuole dimostrare che l'ira di Dio ha colpito, già in vita, gli imperatori che hanno perseguitato i Cristiani. Il libretto contiene molte e particolareggiate notizie sull'ultima "grande persecuzione", durata dal 303 al 311, e costituisce dunque un documento di eccezionale valore storico.

Sotto il nome di Lattanzio si è conservato anche un poemetto intitolato De ave phoenīce, in cui è narrato il mito della fenice, l'uccello leggendario che rinasce dalle proprie ceneri. Lo scritto non si presenta esplicitamente come ispirato dal cristianesimo; per tale motivo una parte degli studiosi ne nega l'autenticità, mentre altri ne situano la composizione nel periodo anteriore alla conversione.
In realtà il mito della fenice, interpretato come simbolo di benefica renovatio, è legato al nome di Clemente Romano (fine del I secolo d.C.). Anche nel carme di Lattanzio, dunque, l'uccello favoloso può essere l'emblema della risurrezione sia di Cristo sia del corpo umano dopo il giudizio universale.

Domande da interrogazione

  1. Chi era Lucio Cecilio Lattanzio e quale ruolo ebbe nella corte di Costantino?
  2. Lucio Cecilio Lattanzio era un retore rinomato, nato in Africa da una famiglia pagana. Divenuto cristiano, visse in Gallia dal 316, dove l'imperatore Costantino lo nominò precettore del figlio Crispo.

  3. Qual è l'opera più nota di Lattanzio e qual è il suo scopo principale?
  4. L'opera più nota di Lattanzio è il trattato "Divinae institutiones", composto tra il 304 e il 313-314. Il suo scopo principale è esporre sistematicamente i fondamenti della religione cristiana, rivolgendosi sia ai dotti che agli indotti.

  5. Cosa si propone di dimostrare Lattanzio nell'operetta "De mortibus persecutorum"?
  6. Nell'operetta "De mortibus persecutorum", Lattanzio intende dimostrare che l'ira di Dio ha colpito, già in vita, gli imperatori che hanno perseguitato i Cristiani, fornendo dettagliate notizie sull'ultima grande persecuzione.

Domande e risposte