Concetti Chiave
- Cicerone promuove un equilibrio tra senatori e cavalieri, evitando una subordinazione e favorendo un'apertura sistematica tra i due ordini.
- Dopo il 57 a.C., propone il consensus omnium bonorum, una nuova classe politica aperta, basata sull'autorità morale di un leader di prestigio.
- Dopo l'assassinio di Cesare, Cicerone punta a un consensus universorum, ma non approfondisce la sua visione di una concezione imperiale dello Stato.
- Nonostante la sua intelligenza, Cicerone non risolve i problemi fondamentali dello Stato, rimanendo un conservatore legato al regime repubblicano.
- La sua fede nella costituzione e nella forza del dibattito riflette la sua natura intellettuale, ma limita la sua effettiva influenza politica.
Dopo l’assassinio di Cesare nel 44, Cicerone giungerà a porre a base dello Stato il consensus universorum, che supera implicitamente anche la distinzione tra civitas e provinciae in una concezione di “carattere imperiale”, ma il discorso è tutt’altro che approfondito. Per tutta la vita egli è rimasto un “conservatore illuminato”, legato alla difesa del regime repubblicano, che muore con lui. Non ha mai compreso o voluto comprendere che la crisi non era nel sistema ma del sistema ed ha scambiato i sintomi di una malattia mortale (il “blocco reazionario” e la corruttela della nobilitas, la pessima amministrazione delle province, le violenze dei populares, i tentativi di riforma agraria e di cancellazione dei debiti, le tendenze dittatoriali dei capi militari) in distorsioni curabili o da reprimere. Ma nessuno dei contemporanei, tranne forse Cesare, è andato oltre: né la storia del Mediterraneo offriva dei precedenti per la soluzione, ormai indifferibile, del contrasto fra le due “necessità storiche” da salvare contemporaneamente: l’impero universale e la costituzione cittadina. Anche la sua azione politica presenta limiti indiscutibili.
Ha speso la sua intelligenza e la sua azione a cercare di arrestare i pericoli di un rovesciamento dello Stato, ma non ha mai tentato di risolvere uno solo dei problemi che ne erano alla base. Sembra voler accontentare tutti quando deve raggiungere il consolato; diviene ondeggiante e contraddittorio di fronte ai “signori della guerra”, perché si illude, incredibilmente, di piegarli alla legalità repubblicana: sembra (e non è) contraddittorio di fronte ai nobiles, perché pensa di poterne rinnovare, con il loro consenso, la composizione e la mentalità; è costante nella opposizione ai populares, ma non è da sottovalutare il fatto che la loro vittoria si identifica con la dittatura cesariana.
Cicerone ha sempre creduto nella “costituzione”; che le armi dovevano cedere al libero dibattito degli organi costituzionali (cedant arma togae); che egli poteva influire sugli eventi con la sua eloquenza, la sua intelligenza, la sua cultura. Il che ci riporta alla sua natura di intellettuale. La sua debolezza politica coincide con la consapevolezza, ma anche con la sopravvalutazione del peso politico della sua grandezza intellettuale.
Domande da interrogazione
- Qual è la concezione politica di Cicerone riguardo ai cavalieri e all'oligarchia?
- Come si evolve il pensiero politico di Cicerone dopo il suo esilio?
- Qual è la visione di Cicerone dopo l'assassinio di Cesare nel 44?
- Quali sono i limiti dell'azione politica di Cicerone?
- In che modo Cicerone vede il ruolo delle armi e del dibattito costituzionale?
Cicerone sostiene una concezione "bilaterale e mediatrice" che non subordina i cavalieri all'oligarchia, ma li pone su un piano diverso e non disuguale, promuovendo un'apertura dell'ordine senatorio ai migliori dell'ordine equestre.
Dopo il suo esilio, Cicerone modifica il suo pensiero politico, vedendo la salvezza dello Stato nel consensus omnium bonorum, che include una vasta base di consenso tra senatori, cavalieri, cittadini e libertini, per una classe politica più aperta.
Dopo l'assassinio di Cesare, Cicerone propone il consensus universorum come base dello Stato, superando la distinzione tra civitas e provinciae, in una concezione di carattere imperiale, sebbene il discorso non sia approfondito.
I limiti dell'azione politica di Cicerone includono la sua incapacità di risolvere i problemi alla base della crisi dello Stato, la sua oscillazione e contraddittorietà di fronte ai "signori della guerra" e la sua opposizione costante ai populares.
Cicerone crede che le armi debbano cedere al libero dibattito degli organi costituzionali, riflettendo la sua fede nella "costituzione" e la sua convinzione di poter influire sugli eventi con la sua eloquenza e intelligenza.