Fabrizio Del Dongo
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Indice

  1. Presentazione del trattato
  2. La seconda stesura
  3. Chi era Apicio? Diverse ipotesi
  4. Provenienza degli ingredienti

Presentazione del trattato

Seneca scrive che fu la paura a morire di fame spinse Apicio al suicidio. Egli era rimasto con soltanto dieci milioni di sesterzi (da calcoli di esperti un sesterzio poteva valere fra 4 e 5 euro di oggi) ed ebbe paura di non potere più imbandire quei i per i quali era diventato famoso nella storia della gastronomia della Roma antica. Il desiderio di soddisfare l’ingordigia dei partecipanti portò ad Apicio verso la magnificenza di una tavola adatta ai nuovi ricchi, ai nuovi m e ai potenti “novi equites”. Si pensa che il testo di Apicio - De Re Coquinaria - sia stato scritto verso la fine del I secolo d.C, un periodo in cui non esisteva più la frugalità e la modestia che aveva precedentemente caratterizzato il periodo repubblicano. Nel trattato di Apicio non si fa cenno a Lucullo che era morto nel 57 d.C.. Eppure esso era noto per lo sfarzo e la succulenza dei suoi banchetti, a tal punto che ancora oggi utilizziamo l’aggettivo “luculliano” per indicare un pasto fastoso e raffinato. E nemmeno viene citato Petronio Arbiter Elegantiae, cortigiano di Nerone ve autore dell’opera Cena di Trimalcione, in cui sotto le spoglie di un commensale, rappresenta se stesso e nelle vesti di rozzo e grossolano afitrione, l’imperatore Nerone.

La seconda stesura

Nel IV secolo dopo Cristo, il De Re Coquinaria fu notevolmente ampliato e siamo molto distanti dalla semplicità di Orazio, dalla frugalità di Virglio, dalla compostezza di Mecenate, dall’ingenuità di Catullo e dall’erotismo di Properzio. Nell’edizione ampliate, si salva soltanto l’epicureismo di Lucrezio.
Oltre alla creazione di piatti fantasiosi con carne di struzzo, di gru o di beccafico, troviamo nel testo una quantità notevole di salse, stuzzicanti quanto sofisticate, tutte legate da un prodotto collante che l’autore chiama “amido”.

Chi era Apicio? Diverse ipotesi

Dobbiamo premettere che questo nome era molto diffuso nella Roma antica da cui sono giunti fino a noi quattro individui con tale nome, di cui tre dediti al buon cibo. Del primo sappiamo che si era scagliato contro la legge Fannia del 161 a.C. che cercava di porre un limite allo sperpero durante i banchetti e al numero degli invitati.
Il secondo visse durante l’impero dodi Augusto e di Tiberio e alcuni studiosi ritengono che sia l’autore della prima stesura del De Re Coquinaria.
Il terzo, visse sotto Traiano, inventò un procedimento per mantenere fresche le ostriche e pare che sia stato lui ad ampliare il testo, tenendo conto delle proprie esperienze. Il fatto che si chiamasse Claudio Apicio o Celio Apicio e che Claudio sia un nome romano e Celso un nome etrusco, gli studiosi credono che si sia trattato di due persone diverse che hanno mano, separatamente all’ampliamento del trattato.
L’unica dato certo di cui disponiamo è che tra il I° e il IV° secolo, a Roma esisteva un cuoco - Apicio - che ai suoi ricettari dette il nome di Libri di Apicio. Tuttavia, poiché nella tarda romanità il nome di “Apicio” indica genericamente “un esperto di arte culinaria”, il titolo potrebbe intendersi come “Libri dell’esperto di arte culinaria. Occorre anche ricordare che, a quel tempo, “apice” era anche la verghetta d’olivo guarnita di lana che sormontava il copricapo dei Flamini. E vale anche la pena di notare che in provincia di Benevento esiste tutt’oggi un centro abitato – Apice – da tempo importante mercato agricolo dell’olio, una materia prima a cui nel De Re Coquinaria si fa continuamente riferimento.

Provenienza degli ingredienti

Si possiamo anche chiedere da dove provenissero tutti i componenti esotici delle ricette. Per rispondere, ci è di aiuto la Tabula Peutigeriana ,conservata nella biblioteca di Vienna, in cui sono disegnate le “itinera” cioè i percorsi stradali esistenti all’interno dell’Impero romano, con le varie soste. Anche se le distanze in miglia non sono esatte perché il compilatore si è preoccupato di far entrare nel rotulo tutto l’impero, in essa sono comunque indicate l’Africa, l’Italia meridionale e le province orientali.

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