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Seneca, Lucio Anneo - Vita e Opere (7) Pag. 1
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Sintesi

Seneca



Nasce nel 4 a.C. a Cordova in Spagna, è figlio di Seneca il Vecchio, un maestro di retorica che trasferì tutta la famiglia a Roma e Seneca frequenta la scuola di filosofia stoica. Dal 26 d.C. soggiorna in Egitto dove suo zio era governatore di una regione. 31 d.C. opera a Roma e comincia la sua attività pubblica.

Era già famoso e suscita la gelosia di Caligola, l’imperatore, e rischia una condanna ma la sua carriera continua. Nel 41 d.C. c’è la relegatio in Corsica a opera dell’imperatore Claudio per aver coperto l’adulterio della sorella di Caligola ma forse c’era qualche altro motivo.

Rimane fino al 49 d.C. quando viene richiamato a Roma grazie ad Agrippina, la madre di Nerone, che vuole Seneca come educatore del figlio. Dal 54 d.C. al 59 d.C. c’è un periodo moderato chiamato quinquennio felice. Afranio Burro educava Nerone alle armi, nel 62 d.C. muore, nel 59 d.C. muore Agrippina e finisce il periodo felice con Nerone.

Tigellino condivideva la nuova visione del potere più sanguinaria. Dal 59 d.C. l’aria politica è cambiata e Seneca è in difficoltà. Dal 62 d.C. non esce più di casa, non deve farsi vedere. Nel 65 d.C. viene coinvolto nella congiura dei Pisoni fatta da un gruppo di famiglie senatorie con lo scopo di tornare alla repubblica.

La congiura viene scoperta da Nerone che manda a morte tutti. Alcune famiglie erano originarie della Spagna. Seneca non ha partecipato perché non ha mai sostenuto la voglia di tornare alla repubblica; però probabilmente sapeva della congiura e li ha coperti. Nerone così coglie l’occasione per liberarsi delle figure che non voleva più; quindi manda una lettera nella quale costringe al suicidio Lucano, Seneca e Petronio. E così nel 65 d.C. Seneca muore.
Estratto del documento

Seneca:

Nasce nel 4 a.C. a Cordova in Spagna, è figlio di Seneca il Vecchio, un maestro di

retorica che trasferì tutta la famiglia a Roma e Seneca frequenta la scuola di filosofia

stoica. Dal 26 d.C. soggiorna in Egitto dove suo zio era governatore di una regione. 31

d.C. opera a Roma e comincia la sua attività pubblica. Era già famoso e suscita la

gelosia di Caligola, l’imperatore, e arrischia una condanna ma la sua carriera

continua. Nel 41 d.C. c’è la relegatio in Corsica a opera dell’imperatore Claudio per

aver coperto l’adulterio della sorella di Caligola ma forse c’era qualche altro motivo.

Rimane fino al 49 d.C. quando viene richiamato a Roma grazie ad Agrippina, la madre

di Nerone, che vuole Seneca come educatore del figlio. Dal 54 d.C. al 59 d.C. c’è un

periodo moderato chiamato quinquennio felice. Afranio Burro educava Nerone alle

armi, del 62 d.C. muore, nel 59 d.C. muore Agrippina e finisce il periodo felice con

Nerone. Tigellino condivideva la nuova visione del potere più sanguinaria. Dal 59

d.C. l’aria politica è cambiata e Seneca è in difficoltà. Dal 62 d.C. non esce più di

casa, non deve farsi vedere. Nel 65 d.C. viene coinvolto nella congiura dei Pisoni fatta

da un gruppo di famiglie senatorie con lo scopo di tornare alla repubblica. Al congiura

viene scoperta da Nerone e manda a morte tutti. Alcune famiglie erano originarie

della Spagna. Seneca non ha partecipato perché non ha mai sostenuto la voglia di

tornare alla repubblica però probabilmente sapeva della congiura e li ha coperti.

Nerone così coglie l’occasione per liberarsi delle figure che non voleva più quindi

manda una lettera nel quale costringe al suicidio Lucano, Seneca e Petronio. E così nel

65 d.C. Seneca muore.

Le opere:

De clementia: scritto nel quinquennio felice è indirizzata a Nerone per educarlo.

Viene affermato che l’impero è inevitabile, è una forma di governo giusta. Nell’elogio a

Nerone (pg 187) dice che l’uomo deve giovare agli altri perché è la sua natura. La

prima modalità per esprimere questo suo logos è educare l’imperatore. Il de clementia

è scritto per educare l’imperatore alla clemenza. L’imperatore ordina ai sudditi, dà un

fondamento teorico all’impero.

Le opere sono tramandate sotto il nome di “Dialoghi” è l’etichetta ripresa da Platone,

anche se la forma non è dei dialoghi, vengono chiamate così perché trattano di

filosofia. Scrive anche tre “Consolatio”, “Consolatio ad Marciam” “Consolatio

ad Eviam” “Consolatio ad Polibium”.

“Epistulae morales at Lucilio” è l’ultima opera di Seneca, dedicata all’amico Lucilio

che ha meno esperienza di lui. Siamo nell’ambito delle lettere filosofiche, dialogo coi

discepoli attraverso la lettera. Accompagna il discepolo in un momento di crescita, le

lettere diventano più complesse man mano. Introduce nella I un tema importante cioè

il tema del tempo.

Seneca Lucilio suo salutem

Usa l’imperativo per sollecitare ad un percorso che porta alla saggezza, vivere la vita

con profondità e quindi abbracciare la filosofia stoica, stessa cosa per il congiuntivo

esortativo. “Ita” prolettico, la maniera è detta dopo. “Vindica te tibi” parte del

linguaggio giuridico, essere padroni della propria persona. Non è un costrutto tipico

latino, linguaggio dell’interiorità, connotato dall’uso del pronome, c’è infatti un

poliptoto. Tiene presente sé stesso, condurre la vita secondo i principi in cui si crede.

L’uomo signore dell’universo che risponde di sé stesso, il principio del divino è

nell’uomo. Vivere educandosi a un’amorevole rapporto con gli altri, una solidarietà.

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