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I NTRODUZIONE

Fin dai tempi più remoti, in ogni epoca, l’uomo si è sempre interrogato sul significato della

propria esistenza. Tale quesito, infatti, rappresenta uno dei problemi fondamentali che, prima o

poi, ogni individuo affronta tentando, attraverso i propri mezzi, di trovare una soluzione. Proprio

per questo motivo le spiegazioni sono state e sono tuttora innumerevoli.

Molte di queste risposte, però, sono accomunate dalla visione della vita come di un viaggio, un

cammino intrapreso dall’uomo-pellegrino con uno scopo ben preciso. Questo fine è il

1

talenti

conseguimento della massima realizzazione di tutti quei , presenti in germe in ogni

persona, concessi dalla natura. Si tratta, quindi, del raggiungimento dell’officium stoico, della

Leggenda Personale.

Conseguendo tale convinzione l’uomo, in seguito, ha cominciato a credere nell’esistenza di forze

tÚch

intervenenti nella sua vita. Talvolta le ha ritenute irrazionali come lo è la greca,

responsabile dei successi e degli insuccessi degli individui, ammessa sia da Tucidide che da

Fortuna

Polibio, o, ancora, la romana. Altre volte, invece, quest’essenza è stata concepita

razionale ed agente sempre in aiuto di coloro che sono destinati a realizzare un determinato

progetto.

Nel mio approfondimento mi soffermo su quest’ultimo tipo di forza, interpretata in qualità di

fatum e di Dio, evidenziando come essa si manifesti all’umanità attraverso varie fonti letterarie ed

artistiche. Generalmente, la sua rivelazione non avviene in modo pacifico, bensì tramite segni che

devono essere colti e interpretati per poter divenire comprensibili. Perciò l’uomo, in alcune

circostanze, è riuscito a sentire la sua presenza, mentre in altre si è sentito abbandonato.

Così, nella prima parte del mio lavoro, esamino il cammino di uomini che si sono realizzati dal

fatum

momento che sono stati in grado di cogliere i segni del o di Dio. In questo percorso mi

Libro dell’Esodo, Commedia

avvalgo della testimonianza del dell’Eneide virgiliana, della dantesca,

Ia Orana Maria Maria)

dell’olio su tela del pittore francese Paul Gauguin (Ave e dell’illuminante

L’Alchimista.

romanzo, dell’autore brasiliano Paulo Coelho,

Nella seconda parte, invece, approfondisco il percorso dell’esistenza di individui ciechi di fronte

The Grapes of

alle manifestazioni della forza razionale agente anche nella loro vita, considerando

Wrath, drammatico romanzo dello scrittore americano John Steinbeck, e un altro olio su tela di

Mette che cuce,

Paul Gauguin, realizzato quasi trent’anni prima, in un ambiente completamente

differente rispetto a quello paradisiaco della Polinesia.

La mia analisi, quindi, segue un ordine non cronologico, bensì tematico.

1 Vangelo secondo Matteo, 25, 15

L “ ”

A FORZA RA ZIONALE VISIBILE

Gli uomini, dopo aver realizzato l’azione di una forza razionale nella loro esistenza, le hanno

attribuito nomi differenti, volti diversi indicanti una stessa essenza. Così i Greci ed, in particolar

fatum Dio.

modo, i Romani la definirono mentre il mondo giudaico e cristiano

fatum,

Il concetto di inizialmente, venne elaborato all’interno dello stoicismo, scuola filosofica

fondata ad Atene, da Zenone di Cizio, intorno al 301/300 a.C. e così chiamata per il fatto che le

Sto£ poik…lh,

lezioni si tenevano nella il celebre portico affrescato da Polignoto situato sul

lato nord dell’¢gor£. LÒgoj,

Il concetto fondamentale dello stoicismo, infatti, è il la ragione universale che costituisce

la sostanza del cosmo e di cui anche l’uomo, in quanto essere razionale, è parte. Tale principio è

dio ma, allo stesso tempo, natura che genera e governa gli esseri, ragion per cui coincide con

fatum

l’ordinata concatenazione di cause che costituisce la legge inesorabile dell’universo, il o

e„marmšnh.

Fatum autem id appello, quod Graeci eimarmenen, id est ordinem seriemque causarum, cum causae causa nexa

rem ex se gignat. Ea est ex omni aeternitate fluens veritas sempiterna. Quod cum ita sit, nihil est factum quod non

1

futurum fuerit, eodemque modo nihil est futurum cuius non causas id ipsum efficientes natura contineat.

e„marmšnh,

Now by Fate I mean the same that the Greeks call that is an orderly succession of causes wherein

cause is linked to cause and each cause of itself produces an effect. That is an immortal truth having its source in all

eternity. Therefore nothing has happened which was not bound to happen, and, likewise, nothing is going to

2

happen which will not find in nature every efficient cause of its happening.

e„marmšnh,

Chiamo fato quello che i greci chiamano cioè l'ordine e la serie delle cause, tale che ogni causa

concatenata con un'altra precedente produca a sua volta un effetto. Questa è la verità sempiterna, svolgentesi da

tutta l'eternità. Stando così le cose, nulla è accaduto che non dovesse accadere, e del pari nulla accadrà le cui cause,

3

destinate a produrre appunto quell'effetto, non siano già presenti nella natura.

Verso la metà del II secolo a.C., poi, il pensiero stoico giunse anche a Roma grazie a Panezio di

Rodi, iniziatore di quella che è stata chiamata la “Stoà di mezzo”. In questo modo lo stoicismo si

diffuse rapidamente fra gli strati più elevati della società romana che acquisì, quindi, anche il

fatum.

concetto di

Questo principio assunse un’importanza tale, nel corso del tempo, da divenire centrale

nell’Eneide, il capolavoro del poeta latino Publio Marone Virgilio (70 a.C.-19 a.C.), che lo

1 De divinatione,

Cicerone, 1, 125

http://www.thelatinlibrary.com/cicero/divinatione1.shtml#125 1

2 traduzione di W. A. Falconer Pagina

http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cicero/de_Divinatione/home.html

3 http://www.betashare.it/latin/Cicerone/De_divinatione/Liber_I/55

impegnò dal 29 a.C. fino alla morte. Non è un caso, perciò, che sia presente sin dal proemio

dell’opera. Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris

Italiam fato profugus Lavinaque venit

litora, multum ille et terris iactatus et alto

vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram,

multa quoque et bello passus, dum conderet urbem

inferretque deos Latio, genus unde Latinum 4

Albanique patres atque altae moenia Romae.

L’armi canto e ‘l valor del grand’eroe

che pria da Troia, per destino, a i liti

d’Italia e di Lavinio errando venne;

e quanto errò, quanto sofferse, in quanti

e di terra e di mar perigli incorse,

come il trae l’insuperabil forza

del cielo, e di Giunon l’ira tenace;

e con che dura e sanguinosa guerra

fondò la sua cittade, e gli suoi dei

ripose in Lazio: onde cotanto crebbe

il nome de’Latini, il regno d’Alba, 5

e le mura e l’imperio alto di Roma.

fatum.

Il tema centrale del poema è costituito proprio dal Tale vocabolo, prima dell’avvento dello

fari

stoicismo in ambiente romano, era già esistente e, derivando dal verbo “dire”, significava “ciò

fatum

che è stato detto, decretato, preannunciato”. Infatti, originariamente, il termine indicava la

decisione irrevocabile di un dio. Il concetto, poi, acquistò un significato nuovo, su influenza dello

stoicismo, designando il destino, una forza a cui nessuno può sottrarsi, nemmeno gli dei.

Quindi, dal momento che Enea, il protagonista dell’opera virgiliana, dopo la distruzione della sua

città natale, Troia, intraprende un lungo viaggio verso l’Italia per fondare nel Lazio Albalonga, il

fatum agisce in modo tale che possa realizzare questa sua Leggenda Personale, vanificando ogni

tentativo di vendetta di Giunone. La dea, nemica mortale dei Troiani per il torto subito da Paride,

giovane proveniente dalla Troade, che aveva preferito assegnare la mela della bellezza a Venere

fatum,

anziché a lei, può tentare di lottare contro il deviando l’eroe dalla sua rotta, ma non

averne il sopravvento. 2

Aeneis,

Virgilio, I, 1-7

4 Pagina

5 Eneide,

traduzione di Annibal Caro, tratta da VIRGILIO, Casarile (Milano), Casa

Editrice G. D’Anna, 1970

fatum

Durante il suo percorso, gli interventi del in aiuto del Troiano non sono mai diretti.

Talvolta avvengono mediante dei messaggeri come accade nel IV libro quando Giove, divinità

6

regnator

nella quale la forza si personifica, invia sulla terra Mercurio, il messaggero degli dei. Il ,

infatti, è pensoso nei confronti dell’officium dell’eroe, in quanto si trova a Cartagine presso la

regina Didone, che ama ricambiato, dimentico del proprio compito. Così, fa in modo che gli

venga ricordata l’alta missione che lo attende, ammonendolo a non privare del dovuto onore

anche il figlioletto Ascanio e a partire immediatamente.

«Tu nunc Karthaginis altae

fundamenta locas pulchramque uxorius urbem

exstruis? Heu, regni rerumque oblite tuarum!

Ipse deum tibi me claro demittit Olympo

regnator, caelum et terras qui numine torquet,

ipse haec ferre iubet celeris mandata per auras:

“Quid struis? Aut qua spe Libycis teris otia terris?

Si te nulla mouet tantarum gloria rerum

[nec super ipse tua moliris laude laborem,]

Ascanium surgentem et spes heredis Iuli

respice, cui regnum Italiae Romanaque tellus

7

debetur.” »

«Tu te ne stai sí neghittosamente,

Enea, servo d'amor, ligio di donna,

a fondar l'altrui regno; e 'l tuo non curi?

A te mi manda il regnator celeste,

ch'io ti dica 'n sua vece: "Che pensiero,

che studio è il tuo? Con che speranza indugi

in queste parti? Se 'l tuo proprio onore,

se la propria grandezza non ti spinge;

ché non miri a' tuoi posteri, al destino,

a la speranza del tuo figlio Iulo,

a cui si deve il glorïoso impero

8

de l'Italia e di Roma?"». 3

6 Virgilio, Aeneis, IV, 269 Pagina

7 Aeneis,

Virgilio, IV, 265-276

8 traduzione di Annibal Caro

fatum,

Il però, predilige manifestarsi attraverso segni da interpretare. Tali prove della sua

presenza possono rendersi evidenti sia nel mondo reale che in quello onirico. Infatti, nell’VIII

libro, quando oramai Enea è giunto nel Lazio ed è stato promesso dal re Latino alla figlia Lavinia,

provocando l’ira di Turno, re dei Rùtuli, pretendente la mano della giovane, il dio Tiberino gli

appare in sogno e, dopo averlo esortato a non aver timore, lo avverte che destandosi avrebbe

scorto una scrofa bianca con trenta porcellini che, secondo la profezia di Eleno, sarebbero stati la

conferma dell’essere giunto nella terra del suo destino.

Neu belli terrere minis; tumor omnis et irae

concessere deum.

Iamque tibi, ne uana putes haec fingere somnum,

litoreis ingens inuenta sub ilicibus sus

triginta capitum fetus enixa iacebit,

Alba solo recubans, albi circum ubera nati.

[Hic locus urbis erit, requies ea certa laborum,]

ex quo ter denis urbem redeuntibus annis

9

Ascanius clari condet cognominis Albam.

Le minacce o ‘l grido

non temer de la guerra. Ogni odio, ogn’ira

cessa già de’ celesti. E perché ‘l sonno

credenza non ti scemi, ecco a la riva

sei già del fiume, u’ sotto a l’elce accolta

sta la candida troia con quei trenta

candidi figli e le sue poppe intorno.

Questo fia dunque il segno e ‘l tempo e ‘l loco

di fermar la tua sede. E questo è ‘l fine

de’ tuoi travagli: onde il tuo figlio Ascanio

dopo trent’anni il memorabil regno

fonderà d’Alba, che così nomata

fia dal candore e dal felice incontro

10

di questa fera. fatum

Nei momenti più difficili, dunque, il agisce sempre a favore del suo eroe, disposto a

riconoscerne l’esistenza e ad accoglierne i consigli. Enea non si è mai ribellato a questa forza ma 4

9 Aeneid,

Virgilio, VIII, 40-48 Pagina

Eneide,

traduzione di Annibal Caro, tratta da VIRGILIO, Casarile (Milano), Casa

10

Editrice G. D’Anna, 1970

l’ha assecondata nel corso di tutto il suo viaggio riuscendo, alfine, a realizzare la sua Leggenda

Personale e, conseguentemente, a porre le basi per la nascita del grande impero romano.

viatores, fatum

Neppure Dio abbandona i propri principio che, a differenza del pagano, ricopre

una posizione che non è superiore rispetto ad alcuna divinità in quanto sia la religione giudaica

LÒgoj

che quella cristiana sono monoteiste. Egli coincide quindi perfettamente con il stoico.

La sua azione è evidente in particolar modo nella liberazione del popolo giudaico dall’Egitto e nel

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