darksoul98
Genius
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Concetti Chiave

  • Seneca osserva il decadimento della sua villa e dei platani come metafora del passare del tempo e della vecchiaia.
  • La vecchiaia viene vista non come un momento di sconforto, ma come un'opportunità per liberarsi dalle passioni e schiavitù.
  • Seneca riflette sul significato dei giorni vissuti, ispirandosi a filosofi presocratici e poeti come Virgilio e Orazio.
  • La lettera offre a Lucilio una riflessione sulla morte volontaria, sottolineando l'importanza dei principi oltre le scuole filosofiche.
  • Seneca sfida l'idea che la vecchiaia sia solo un preludio alla morte, evidenziando come essa riguardi sia giovani che anziani.

Osservando i muri sgretolati della villa fatta costruire da lui in campagna e i rami secchi dei platani piantati a suo tempo nel giardino, Seneca constata il passare degli anni e l’incombere della vecchiaia su quanto lo circonda e su se stesso. L’osservazione , lungi dal determinare sconforto, lo spinge a individuare i vantaggi e le piacevolezze dell’età senile, in particolare il distacco dalle passioni che possono rendere schiavo chiunque, e a costatare chi volesse indicarla come anticamera della morte, perché quest’ultima appannaggio dei vecchi come dei giovani.

Nel seguito della lettera Seneca disquisisce sul significato dei giorni che formano l’esistenza umana, citando fra l’altro un filosofo presocratico e Virgilio, e vede che realizza un guadagno chi all’alba si sveglia dopo aver affermato alla fine della giornata precedente di essere vissuto, non diversamente da quanto Orazio aveva affermato in Carmina, I,9 : “ Qualunque giorno la sorte ti darà, segnalo a tuo guadagno”. La lettera si conclude con un importante dono per Lucilio, una sentenza sulla possibilità di darsi volontariamente la morte nel caso se ne presenti la necessità; se l’amico obietta che questa sentenza è di Epicuro , un filosofo non stoico, la sapientia di Seneca può affermare che contano i principi , non le scuole.

“Quocumque me verti, argumenta senectutis meae video. Veneram in suburbanum meum et querebar de impensis aedificii dilabentis. Ait vilicus mihi non esse neglegentiae suae vitium, omnia se facere, sed villam veterem esse. Haec villa inter manus meas crevit: quid mihi futurum est, si tam putria sunt aetatis meae saxa? Iratus illi proximam occasionem stomachandi arripio. “

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