Concetti Chiave
- Persio, poeta satirico romano, nato a Volterra nel 34 a.C., è influenzato dalla filosofia stoica e diventa allievo di intellettuali come Seneca e Lucano.
- Scrive sei satire caratterizzate da esametri e un prologo ed epilogo in versi coliambi, critiche alla letteratura contemporanea e alla superficialità della cultura del suo tempo.
- La sua satira I denuncia la vanità dei poeti moderni e la moda delle recitationes pubbliche, preferendo contenuti morali al mero intrattenimento.
- Persio esalta i valori stoici e i mores, usando la satira per curare i vizi morali attraverso un "scherzo non volgare", con un intento didascalico ed etico.
- La sua opera culmina nella satira VI, una lettera ad un amico, dove afferma il valore del metrites, ovvero il senso della misura, un tema caro anche ad Orazio.
Persio, poeta satirico romano di età imperiale, nasce a Volterra nel 34 a.C. Diviene allievo della scuola stoica, che gli permette di entrare in contatto con intellettuali come Lucano e Seneca. Nel 62 d.C. muore presso la sua villa a La Spezia, secondo alcuni in seguito a una grave malattia che colpisce lo stomaco, all'età di ventotto anni.
Persio scrive sei satire in esametri, accompagnate, in funzione di prologo ed epilogo da un brano di quattordici versi coliambi (o trimetri giambi scazonti). Le sei satire furono pubblicate postume da Lucio Anneo Cornuto, filosofo stoico, liberto della famiglia di Seneca e precettore di Lucano: la sua dottrina è improntata su un rigido rigore etico di stampo stoico e il suo allieve Persio la recepisce tanto da far nel’argomento della sua produzione poetica.
All’interno delle sue satire, Persio critica la letteratura dei suoi tempi, in particolare nella satira I in cui critica la cultura contemporanea rappresentata dalla vanagloria dei poeti moderni che secondo Persio scrivono per convenienza. In particolare critica la moda delle recitationes pubbliche, letture di poesia, in cui l’arte è ridotta a oggetto di piacere e intrattenimento ed è scarsa perché priva di consistenza morale: a una raffinatezza formale corrispondono contenuti vacui e immorali. A Persio, più che la raffinatezza stilistica, interessa il Verum e afferma esplicitamente di avere come modello Lucilio: così come Lucilio si addentrava con la satira ad personam, Persio nelle sue satire “sfoga la propria nausea” per la realtà circostante dando voce al suo disprezzo. Bisogna precisare però che Persio non rinnega completamente l’elaborazione formale tanto cara ad Oranzio, esprimendo al contempo il desiderio di una forma non fine a sé stessa, ma subordinata a contenuti adeguati.
Al centro della satira di Persio, oltre al verum, ci sono i mores, ossia i comportamenti umani, di cui sono simbolo i plebei. I mores sono definiti pallentes, ovvero pallidi per la malattia della corruzione. Il poeta satirico dunque, con una sorta di intervento medico, deve curarli con l’ingenius ludus, ovvero con lo “scherzo non volgare” che permette di colpire a fondo il vizio. Persio quindi propone sempre un fine didascalico ed etico: si pone come un rettore di coscienza che vuole guarire i vizi dei suoi interlocutori. Viene meno la molteplicità dei punti di vista della satira oraziana, perché manca la varietà di interlocutori che per Orazio erano i suoi amici. L’unica verità è la filosofia stoica e al dialogo oraziano subentra il monologo interiore.
Persio si scaglia contro la degenerazione dei poeti contemporanei che sono fortemente esibizionisti,nonché animati da uno spasmodico desiderio di successo dando vita ad una produzione poetica n vuota e inutile.
Persio sottolinea l’importanza di rivolgere agli dei preghiere oneste e pie e non prive di senso come la richiesta di ricchezza e fortuna, pensando di poter comprare con le offerte il favore degli dei.
Nella prima parte racconta di una mattina di un tipico”giovin signore” trascorsa non ad approfondire argomenti filosofici, bensì a smaltire la sbornia della sera appena trascorsa ( la tematica del giovin signore è stata ripresa poi da Parini nell’opera il giorno). Persio dunque sottolinea la necessità dei giovani di avere come modello la filosofia stoica che fornisce le norme fondamentali per comportarsi rettamente. Nella seconda parte afferma che le malattie dello spirito sono più gravi di quelle fisiche e che la corruzione è un morbo morale.
Persio critica aspramente chi, per ambizione e superbia, aspira alle massime cariche senza conoscere a fondo il proprio animo perché non è concepibile chi si presenta a divenire un modello per gli altri, esercitando funzioni importanti, senza praticare il nosce te ipsum (conosci te stesso) socratico. Tutti si preoccupano di criticare il prossimo senza conoscere veramente se stessi.
Dopo aver individuato i modelli letterari, Persio esprime profonda amicizia e sincera gratitudine verso Anneo Cornuto, che lo ha istruito da giovane iniziandolo alla filosofiua stoica. Inoltre Persio chiarisce che l’idea stoica libertate opus est (è necessario essere liberi) significa che la libertà consiste nel vivere recondo ragione: l’uomo veramente libero è saggio. Quindi anche l’uomo che non è schiavo può divenirlo a causa delle passioni.
SATIRA VI
E’ un’epistola diretta ad un amico del poeta cui afferma di condurre una vita misurata, contento dei suoi beni e lontano sia dalla prodigalità che dalla spilorceria: è il tema oraziano del metrites, ossia del senso della misura.
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza della scuola stoica nella vita di Persio?
- Qual è la critica principale di Persio nella Satira I?
- Cosa sottolinea Persio nella Satira II riguardo alle preghiere agli dei?
- Qual è il messaggio di Persio nella Satira IV riguardo all'ambizione e alla conoscenza di sé?
- Come Persio esprime la sua gratitudine verso Anneo Cornuto nella Satira V?
La scuola stoica è fondamentale per Persio, poiché gli permette di entrare in contatto con intellettuali come Lucano e Seneca e di sviluppare una dottrina improntata su un rigido rigore etico, che diventa il tema centrale della sua produzione poetica.
Nella Satira I, Persio critica la degenerazione dei poeti contemporanei, accusandoli di esibizionismo e di produrre opere vuote e inutili, mosse da un desiderio spasmodico di successo.
Nella Satira II, Persio sottolinea l'importanza di rivolgere agli dei preghiere oneste e pie, criticando le richieste di ricchezza e fortuna che tentano di comprare il favore divino con offerte.
Nella Satira IV, Persio critica chi aspira a cariche elevate senza conoscere a fondo il proprio animo, sottolineando l'importanza del "nosce te ipsum" socratico e la necessità di conoscere se stessi prima di criticare gli altri.
Nella Satira V, Persio esprime profonda amicizia e sincera gratitudine verso Anneo Cornuto per averlo istruito alla filosofia stoica, chiarendo che la vera libertà consiste nel vivere secondo ragione e che anche chi non è schiavo può diventarlo a causa delle passioni.