Concetti Chiave
- Il genere satirico di Persio e Giovenale si distingue per la destinazione sociale diversa: mentre Lucilio e Orazio si rivolgono a un pubblico ristretto e amichevole, Persio e Giovenale mirano a censurare i vizi pubblicamente.
- Persio, fortemente influenzato dallo stoicismo, utilizza la satira per esprimere la sua polemica morale, adottando un linguaggio comune ma complesso ed enigmatico, caratterizzato da un uso potente di metafore.
- Giovenale, pur ispirandosi a Lucilio e Persio, sviluppa una nuova forma di satira tragica, caratterizzata da attacchi violenti contro il degrado sociale e i vizi della società romana.
- La VI satira di Giovenale è una critica feroce all'immoralità delle matrone romane, con un particolare focus sulla figura di Messalina, rappresentata come simbolo della decadenza morale.
- Giovenale si distingue da Orazio per la sua indignazione contro la corruzione, rifiutando il moralismo bonario romano e manifestando un rancore profondo per la sua condizione di emarginato.
Indice
Il genere satirico
Il genere satirico di Persio e Giovenale presentano tratti comuni con la poesia satirica di Lucilio e Orazio, ma non possiamo ignorare le forti differenze.
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La destinazione sociale: I secondi si rivolgono ad un pubblico amico, quindi ristretto, mentre i primi mirano ad un pubblico di ascoltatori, in quanto censori del vizio e dei costumi.
La forma del discorso: Orazio instaura il sorriso, la complicità tra autore e ascoltatore, mentre i primi negano ogni vicinanza o identificazione, prediligendo l’invettiva a fine di correggere gli uomini.
Classicismo vs Manierismo: dallo scritto si passa alla recitazione, all’esecuzione orale.
Persio
Nasce in Etruria nel 34 d.C. da ricca famiglia equestre. Orfano di padre fin dall’età di sei anni, fu inviato a Roma presso le migliori scuole di grammatica e retorica. Qui subì l’influenza dello stoico Anneo Cornuto, che gli trasmise la passione per gli studi filosofici. Frequentando gli ambienti anti-neroniani, entrò in contatto con figure di spicco, tra cui Lucano e Seneca. Morì molto giovane, all’età di 28 anni.
Non pubblicò nulla in vita, e delle pubblicazioni postume si occupò l’amico Cesio Basso. Il libro delle Satire fu accolto con immediato successo. I sei componimenti sono preceduti, o conclusi - dubbia è la funzione - da 14 choliambi, i trimetri giambici tipici dell’invettiva, nei quali l’autore polemizza contro le mode letterarie del tempo. In particolare possiamo ricordare la III satira, indirizzata al “giovin signore” (ci ricorda Parini), che conduce una vita ignava e dissipata, e lo esorta ad intraprendere il cammino dello stoicismo. La V satira si concentra maggiormente sul tema dello stoicismo, appunto, infatti è indirizzata al maestro Cornuto.
Il suo spirito polemico trova il genere satirico come miglior alleato per le sue necessità espressive e per l’esortazione morale.
Dal maestro oraziano delle Epistulae, volenteroso di insegnare con benevolenza vicino alla filosofia epicurea, troviamo al polo opposto Persio, mai amichevole, incline all’invettiva, che invita alla virtù e alla deprecazione del vizio, più vicino alla filosofia stoica (trovando rifugio in quello che diremmo l’angulus oraziano). Questo comporta il suo prezzo, perchè spesso lo si vede deriso e ignorato, perciò si sfocia in un “monologo confessionale” o all’esame di coscienza, un esercizio per sé soltanto.
Rispetto alla poesia viziata dalla degenerazione, Persio si pone come poeta semipagandus, “semirustico”, che si contrappone alla fatua ricercatezza. La sua è un’esigenza realistica atta all’operazione di chirurgia morale.
Ricorre al linguaggio del corpo e del sesso, attorno ai quali ruota l’esistenza dell’uomo; quest’ambito viene alterato sotto il filtro moralista. Sempre antiteticamente ai poeti che seguono la moda, adotta un linguaggio ordinario, comune, per quanto il suo stile sia tutt’altro che semplice e piano. La lingua quotidiana è contrapposta alle idee sgradevoli, ai messaggi criptici e alle ricorrenti metafore, che permettono potenza espressiva. L’oscurità è il prezzo da pagare a un’arte capace di bagliori accecanti!!
Giovenale
Pur richiamandosi a Lucilio e Persio, instaura un modo nuovo di fare satira. I suoi violenti attacchi alla società degradata, la denuncia del vizio e della corruzione morale e i toni drammatici determinano quella che è una satira tragica.
E’ Marziale che ci riferisce cenni biografici su Giovenale. Nacque ad Aquino tra il 50 e il 60 a.C. da famiglia benestante; la buona educazione retorica gli fece intraprendere l’avvocatura, con scarsi risultati e guadagni. All’attività poetica arrivò in età matura (morte di Domiziano-dominio Adriano). Visse all’ombra dei potenti nella dura condizione di cliens.
La produzione di Giovenale è costituita da sedici satire in esametri in cinque libri più un frammento di 36 versi scoperto nel 1899. La composizione si colloca tra il 100 e il 127 d.C.
Di rilievo è la VI satira, la più lunga. E’ una feroce requisitoria contro l’immoralità e i vizi delle matrone romane. Le donne sono ormai troppo emancipate e libere, e sono diventate sfrontate, dominatrici, meretrici. La meretrix imperiale per eccellenza è Messalina, la moglie di Claudio, che frequentava i lupanari. Vi era una maggiore tolleranza per le donne di basso ceto sociale, ma non bisogna illudersi dell’assenza di misoginismo: semplicemente veniva dato per scontato.
Al contrario di Orazio, Giovenale non crede nella funzione educativa della poesia, e adotta l’indignatio contro il dilagare del degrado. Respinge il moralismo romano, che incoraggiava a guardare le cose con un sorriso bonario e distaccato e coltivare la virtù, adottando apatheia ed autarkeia. Il suo, però, è rancore, è rabbia per la difficile condizione di emarginato; si vede escluso dai benefici che la società offre invece ai corrotti. La nobiltà non promuove più la cultura e nuota nella lussuria, le donne non sono più caste, la società è inquinata da orientali: prevale l’idealizzazione nostalgica del passato. Negli ultimi due libri, però, si avvicina all’apatheia, al sorriso distaccato, ad un rapporto più conciliato con i suoi tempi.
I monstra (fatti gravi), la distorsione della realtà (personaggi come figure grottesche), le movenze epico-tragiche in correlazione con contenuti bassi e volgari, l’alta forma espressiva in contrasto con la bassezza dei temi trattati determinano lo stile di Giovenale, accusato anche di scolasticismo per i topoi moralistici e l’invettiva.
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali differenze tra la satira di Persio e Giovenale rispetto a quella di Lucilio e Orazio?
- Qual è l'influenza dello stoicismo sulla satira di Persio?
- Come si caratterizza la satira di Giovenale rispetto a quella di Orazio?
- Quali temi emergono nella VI satira di Giovenale?
- In che modo Giovenale si avvicina all'apatheia nei suoi ultimi lavori?
La satira di Persio e Giovenale si distingue per la destinazione sociale e la forma del discorso. Mentre Lucilio e Orazio si rivolgono a un pubblico ristretto e amico, Persio e Giovenale mirano a un pubblico più ampio, utilizzando l'invettiva per correggere i costumi. Inoltre, Orazio instaura un rapporto di complicità con il lettore, mentre Persio e Giovenale mantengono una distanza critica.
Persio, influenzato dallo stoico Anneo Cornuto, utilizza la satira come strumento per esortare alla virtù e deprecare il vizio, avvicinandosi alla filosofia stoica. La sua satira è caratterizzata da un linguaggio ordinario e da un tono polemico, in contrasto con la poesia viziata dalla degenerazione.
Giovenale adotta un tono drammatico e violento, denunciando la corruzione morale e i vizi della società con una satira tragica. A differenza di Orazio, non crede nella funzione educativa della poesia e utilizza l'indignatio per esprimere il suo rancore verso la società corrotta, rifiutando il moralismo romano.
La VI satira di Giovenale è una feroce requisitoria contro l'immoralità e i vizi delle matrone romane, criticando l'emancipazione e la sfrontatezza delle donne, rappresentate emblematicamente da figure come Messalina. La satira riflette un atteggiamento misogino e una nostalgia per un passato idealizzato.
Negli ultimi due libri delle sue satire, Giovenale si avvicina all'apatheia, adottando un sorriso distaccato e un rapporto più conciliato con i suoi tempi. Questo cambiamento riflette un allontanamento dal rancore e dalla rabbia che caratterizzavano le sue opere precedenti.